Piacenza
comune italiano, capoluogo dell'omonima provincia in Emilia-Romagna / Da Wikipedia, l'enciclopedia encyclopedia
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Piacenza (ascoltaⓘ, Piaśeinsa[4] [ˌpia'zəisɐ] in dialetto piacentino) è un comune italiano di 102 660 abitanti[1], capoluogo dell'omonima provincia dell'Emilia-Romagna.
Città più occidentale della regione[5], ha forti relazioni con la Lombardia, con la quale confina, e in particolare con Milano[6][7][8] nella cui area metropolitana è inserita[9][10][11][12]. «Terra di passo», come la definì già Leonardo da Vinci nel Codice Atlantico[13][14] in virtù della sua cruciale collocazione geografica[15], Piacenza integra caratteristiche dei vicini territori liguri e piemontesi sommate ad una prevalente influenza lombarda[16][17], favorita dalle comunicazioni con la vicina metropoli[18], che ne attenuano l’impronta emiliana[19][20][21][22][23][24]. La centralità all’interno della megalopoli padana e la fitta rete di arterie stradali e ferroviarie nelle quali è inserita, hanno reso la città un polo logistico terziario di importanza europea[25].
Centro di antichissima fondazione[26] e prima capitale del Ducato di Parma e Piacenza[27], è soprannominata la Primogenita perché nel 1848 fu la prima città italiana a votare con un plebiscito l'annessione al Regno di Sardegna[28].
Dal 2000 ha fatto parte stabilmente del Circuito Città d'Arte della Pianura Padana[29], fino al suo scioglimento avvenuto nel 2018[30].
Territorio
Piacenza è situata nella pianura Padana a un'altitudine di 61 m s.l.m.[31] È posta sulla riva destra del Po[32], tra le foci del fiume Trebbia a ovest e del torrente Nure a est. A una quindicina di chilometri in direzione sud compaiono i declivi dei colli piacentini, prime propaggini dell'Appennino ligure. La posizione geografica, al crocevia fra Lombardia, Piemonte, Liguria ed Emilia, ne ha da sempre determinato le sorti strategico-militari e ne ha fatto un importante nodo autostradale e ferroviario[33].
Clima
Piacenza presenta un clima temperato caldo, stabilmente umido, con estate molto calda (classificazione Köppen-Geiger Cfa[34]) tipico della pianura Padana.
La lontananza dal mare accentua le caratteristiche di continentalità del clima piacentino rispetto al resto della regione[35]; di conseguenza le temperature massime invernali risultano inferiori rispetto alle altre città della regione[36] e le precipitazioni sono maggiori. Le minime invernali registrate sono inoltre inferiori a quelle delle vicine città lombarde. La vicinanza della città al fiume Po porta come conseguenza che, in tutti i periodi dell'anno, il clima sia caratterizzato da una forte umidità: d'inverno si manifesta con una certa frequenza il fenomeno della nebbia, generato dall'inversione termica[37], pur diventata gradualmente meno frequente - nel trentennio 1971-2000 si verificavano in media 79 giornate nebbiose all'anno[38], mentre nel decennio 2011-2021 gli stessi sono scesi a 39,1[39]. D'estate, invece le condizioni meteorologiche sono spesso caratterizzate dall'afa, generata dall'alta umidità relativa nella parte di atmosfera più vicina al terreno[35].
Sino alla fine degli anni ottanta sono state registrate nevicate record. Nei giorni della nevicata del 1985 che colpì il nord Italia si superarono i 90 cm di neve con una temperatura record di −22,5 °C registrata alla stazione meteorologica di Piacenza San Damiano. La neve a Piacenza è sempre caduta durante il periodo invernale, fenomeno alquanto naturale, ma negli anni 90 il fenomeno si è rarefatto con un calo della frequenza e dell'intensità delle nevicate[40]. Nell'inverno del 2008/2009 si sono registrate precipitazioni nevose record. Il mese più freddo dell'anno è gennaio con una temperatura media di 0,8 °C mentre il più caldo è luglio, con una temperatura media di 22,9 °C[41].
Il territorio nel quale sorge l'odierna Piacenza era abitato fin dall'antichità da popolazioni di stirpe ligure e si trovava al centro degli scambi tra Etruschi e Greci; tuttavia, la città fu fondata dai Romani nel 218 a.C. come colonia con il nome di Placentia su un preesistente insediamento celtico[42].
Piacenza fu, insieme alla vicina Cremona, la prima colonia romana di diritto latino nell'Italia settentrionale[43], svolgendo l'importante ruolo strategico di avamposto militare contro le armate di Annibale, che muoveva dalla Spagna per giungere in Italia e portarvi devastazione[44]. La città resistette agli attacchi punici e fiorì come centro commerciale sulla via Emilia. Da Piacenza passava anche la via Mediolanum-Placentia, strada romana che metteva in comunicazione Mediolanum (Milano) con Placentia (Piacenza) passando da Laus Pompeia (Lodi Vecchio)[45][46].
La cristianizzazione della città avvenne anche per opera di martiri come sant'Antonino, centurione romano ucciso durante il regno dell'imperatore Diocleziano che divenne, poi, patrono della città e a cui venne dedicata la prima cattedrale piacentina, costruita tra il 350 e il 375 d. C[42]. Nel 476 d.C. nelle vicinanze della città si tenne la battaglia tra mercenari germanici e le ultime truppe romane che portò alla deposizione dell'ultimo imperatore romano d'occidente, Romolo Augusto, ad opera del re degli Eruli Odoacre[42].
Divenuta sede di un ducato longobardo, quindi conquistata dai Franchi, la città acquistò maggiore importanza intorno all'anno mille, trovandosi lungo il percorso della via Francigena. Dal 1126 fu libero comune e nel 1167 fu tra le città che costituirono la Lega Lombarda nell'ambito degli scontri con il Barbarossa, il quale fu sconfitto dall'alleanza tra i comuni nel 1176 a Legnano[47]. Nel 1183, presso la basilica di Sant'Antonino, vennero firmati i preliminari della pace di Costanza tra i delegati della Lega Lombarda e i delegati imperiali[48]. Dopo due secoli di lotte tra le famiglie nobili di opposta fede guelfa e ghibellina, a partire dal 1335 la città fu assoggettata alla signoria della famiglia Visconti. In seguito rimase, con l'eccezione di brevi periodi, sotto il dominio milanese fino al 1521 quando passò sotto il controllo dello stato della Chiesa[43].
Nel 1545 fu eretta a ducato ad opera del papa Paolo III insieme alla vicina Parma, divenendo, inizialmente, la capitale del Ducato di Parma e Piacenza governato dalla famiglia Farnese[43]. Dopo l'assassinio del duca Pierluigi Farnese in seguito a una congiura di nobili piacentini capitanata da Giovanni Anguissola, la città ritornò brevemente sotto il controllo milanese[49], prima di ritornare parte del Ducato di Parma e Piacenza governato dal figlio di Pierluigi, Ottavio Farnese nel 1556[50].
Con l'estinzione della famiglia Farnese, a partire dal 1731 fu governata dalla famiglia Borbone[51]. Conquistata dalle truppe francesi durante il periodo napoleonico, venne aggregata all'impero come parte del dipartimento del Taro. Dopo la restaurazione il ducato venne ricostituito assegnandolo a Maria Luigia d'Austria, che lo mantenne fino alla propria morte, in occasione della quale lo stato ritornò ai Borbone[51].
Con un plebiscito tenutosi il 10 maggio 1848 Piacenza fu la prima città a chiedere l'annessione al Regno di Sardegna, nucleo del futuro Regno d'Italia, guadagnandosi l'appellativo di città primogenita d'Italia[52]. Piacenza entrò, poi, a far parte definitivamente dello Stato sabaudo nel 1860, in seguito al plebiscito delle province dell'Emilia[51].
Importante centro della resistenza partigiana durante la guerra civile nel 1943-1945, venne liberata dai partigiani il 28 aprile 1945, poche ore prima dell'arrivo degli alleati[53]. Nel referendum istituzionale del 1946, il 62% degli elettori del comune di Piacenza votò per la Repubblica, mentre solo il 37,9% per la monarchia[54].
Dal secondo dopoguerra la città attraversò un forte sviluppo agricolo e industriale che portò alla sua impetuosa espansione urbana, soprattutto sul versante meridionale fuori dalle mura farnesiane, negli anni sessanta e che le conferì un ruolo di primo piano nel settore della logistica dalla fine degli anni novanta[55]. La città e la provincia furono interessate, come mezzo secolo prima, da una rinnovata emigrazione all'estero, ma poi da un'immigrazione interna dalle campagne e dal Sud e, in seguito, da paesi slavi, africani e arabi. In seguito, ottenuto il riconoscimento di città d'arte da parte della regione Emilia-Romagna[56], Piacenza ha sviluppato negli ultimi decenni anche una vocazione turistica.
Simboli
Lo stemma di Piacenza, secondo il regio decreto del 27 settembre 1938, è uno scudo:
«partito al primo di rosso al dado d'argento; al secondo d'argento alla lupa d'azzurro, lampassata di rosso, passante[57]»
In realtà nello stemma in uso la lupa è di colore nero.
La parte rossa in cui è raffigurato un quadrato bianco o argenteo costituisce anche lo stemma della provincia di Piacenza. Sull'origine di questo partito gli studiosi si dividono: per alcuni questa metà rimanderebbe alle insegne della legione Tebea o Tebana, ai tempi di Diocleziano, nella quale era arruolato il martire cristiano e patrono Antonino. Nella tradizionale iconografia, infatti, il santo protettore è ritratto mentre regge il vessillo militare. La placca quadrata probabilmente rappresenta il tipico accampamento romano, il castrum. Altri mettono in dubbio sia l'appartenenza di Sant'Antonino alla Legione Tebea sia la storicità di questa legione così come è tramandata e sostengono che il quadrato sia la stilizzazione di un dado, da ricollegarsi al passaggio di Giulio Cesare e alla sua famosa frase all'attraversamento del Rubicone, "il dado è tratto". A generare l'incertezza sono gli stessi piacentini[senza fonte] che lo chiamano comunemente "il dado". Sono state ipotizzate anche la raffigurazione di una focaccia chiamata placenta tra i Romani e lo stemma a scacchi della famiglia Pallavicino. Secondo altre teorie, la figura geometrica non nasconderebbe alcun simbolismo, come accadeva in quasi tutte le figure araldiche medievali[58]. Essa, inserita in una bandiera, è scolpita sopra la prima pietra del palazzo Comunale posata nel 1281[58][59].
Nella parte bianca viene raffigurata la lupa capitolina, emblema di Roma. Ciò simboleggia lo stato di "civitas romana" (e il conseguente dono delle insegne con la lupa) di cui la città, la prima colonia fondata dai romani insieme alla gemella Cremona nel 218 a.C., fu omaggiata.
Il gonfalone, rosso con al centro un rettangolo di tessuto bianco recante lo stemma cittadino, recita: Città di Piacenza, Primogenita d'Italia. Secondo la blasonatura del decreto esso dovrebbe essere interamente bianco. L'appellativo "Primogenita" sta a significare il fatto che la città nel 1848 è stata la prima a chiedere l'annessione al nascente Regno d'Italia, allora Regno di Sardegna.
Il mosaico dell'antico stemma è visibile all'interno del cortile del palazzo Comunale (il corrente stemma è invertito rispetto all'antico).
I due elementi caratterizzanti lo stemma sono stati adottati anche da altri Comuni della zona. Il “dado” ricorre negli emblemi di Pontenure (PC) e Borgonovo Val Tidone (PC), mentre la lupa romana in quello di Codogno (LO)[58].
Onorificenze
La città di Piacenza è tra le 27 Città decorate di medaglia d'oro come "benemerite del Risorgimento nazionale" per le azioni altamente patriottiche compiute dalla città nel periodo del Risorgimento, nel periodo compreso tra i moti insurrezionali del 1848 e la fine della prima guerra mondiale nel 1918. Inoltre è tra le città decorate al valor militare per la guerra di liberazione perché è stata insignita della medaglia d'oro al valor militare il 9 aprile 1949.[61]:
— Roma, 27 gennaio 1941 (regio decreto n. 322)[62]
— 8 settembre 1943 – 28 aprile 1945[61][63]
Nel 2016 viene premiata dall'ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali, come "Capitale Antirazzista 2016", per aver vinto un concorso nazionale a cui il comune ha partecipato nel corso del 2015[64].
Architetture religiose
- Cattedrale, chiesa madre della diocesi di Piacenza-Bobbio, costruita in due fasi, tra il 1122 e il 1150 e il 1202 e il 1235 (o tra il 1207 e il 1250 secondo altre fonti) in stile romanico con aggiunta di elementi gotici nella seconda fase. Il progetto dell'edificio sarebbe opera di Niccolò, con cui avrebbe collaborato anche Wiligelmo[65]. L'interno presenta la cupola affrescata nel seicento dal Morazzone e dal Guercino. Presbiterio e coro furono affrescati ad opera di Camillo Procaccini e Ludovico Carracci verso la fine del cinquecento: buona parte delle loro opere sono state spostate dalle loro collocazioni originarie nel corso di restauri ottocenteschi[66]. Sotto la cella campanaria quadrifora è sospesa una gabbia in ferro voluta da Ludovico il Moro nel 1495, sorta di deterrente per i malfattori dell'epoca.
- Basilica di Sant'Antonino, costruita tra il 350 e il 375 in stile romanico, fu più volte rimaneggiata, l'ultima delle quali, tra il 1915 e il 1930 ad opera dell'architetto Giulio Ulisse Arata. Presenta un campanile ottagonale, un chiostro risalente al 1483 nel lato sud e un ingresso, detto Portico del Paradiso, realizzato nel 1350 per opera di Pietro Vago. Conserva al suo interno le reliquie di Antonino di Piacenza, martire cristiano ucciso presso Travo[67].
- Basilica di San Savino, realizzata per opera del vescovo Sigifredo e consacrata nel 1107, è situata nel luogo dove san Savino, secondo vescovo di Piacenza, aveva fondato una basilica nel IV secolo d.C. Durante il Settecento l'edificio fu radicalmente rimaneggiato alterando l'originale stile romanico con l'aggiunta di stucchi e altri ornamenti all'interno e la ricostruzione in stile neoclassico della facciata, avvenuta nel 1721[68].
- Basilica di San Francesco d'Assisi situata in piazza Cavalli. È realizzata in stile gotico lombardo tra il 1278 e il 1373. Sulla facciata sono visibili due contrafforti, un rosone, una cuspide e alcune guglie, mentre archi rampanti sono presenti sui lati; su quello destro è ancora esistente parte dei chiostri di cui rimane un porticato. Al suo interno, ornato di affreschi del XV e XVI secolo, venne proclamata l'annessione della città al Regno di Sardegna nel 1848. Il portale mediano della basilica reca al sommo una lunetta con il rilievo di San Francesco stigmatizzato, e all'interno, sulla parete destra del deambulatorio, v'è un bassorilievo con Rettore in cattedra e frati, eseguiti nella bottega di Giovanni Antonio Amadeo intorno al 1490. Nella basilica è sepolto il patriota Giuseppe Manfredi, presidente del Senato del Regno d'Italia, morto nel 1918.
- Basilica di San Giovanni in Canale, fondata nel 1220 dai domenicani, venne ampliata con la realizzazione di tre campate alla metà del XVI secolo; nella stessa epoca venne anche ampliato il coro. Tra i vari monumenti sepolcrali presenti, vi è una tomba dipinta, unica a Piacenza, e il grande sarcofago della famiglia Scotti. Il sepolcro di Guglielmo da Saliceto, del 1501, posto nel chiostro denota i caratteri dello stile dell'Amadeo[69].
- Basilica di Santa Maria di Campagna, edificio in stile rinascimentale costruito tra il 1522 e il 1528 su progetto di Alessio Tramello in sostituzione di un preesistente santuario[70], si trova in piazzale delle Crociate, così chiamato perché qui, durante il concilio di Piacenza del marzo 1095, papa Urbano II annunciò la prima crociata, bandita ufficialmente nel successivo concilio di Clermont[70]. Inizialmente a croce greca, venne, in seguito trasformata a croce latina rovesciata tramite l'allungamento del presbiterio[71], il quale venne completato in 6 anni. La cupola e due cappelle sono decorate con affreschi opera di Giovanni Antonio Sacchi detto il Pordenone[72][73]. All'interno sono presenti opere di Galeazzo, Antonio, Giulio e Bernardino Campi, di Camillo Procaccini, del Guercino, del Malosso e di Jan Geernaert. Contiene, inoltre, due organi a canne fabbricati dai Serassi di Bergamo. Quello più grande, collocato in cornu Epistolae, venne costruito tra nel 1825 e nel 1838 su progetto dell'organista e compositore organistico padre Davide da Bergamo[74]. Invece, l'organo più piccolo, collocato nella navata sul pavimento, è stato costruito nel 1836, in origine strumento di "casa" dei Serassi ed è stato collocato nella basilica nel 1991 proveniente dal teatro Municipale.
- Chiesa di San Sisto basilica rinascimentale che vanta un prezioso coro ligneo del 1514. Edificata nel XIV secolo dove antecedentemente si trovava un tempio costruito nell'874 per volere dell'imperatrice Angilberga, moglie di Ludovico II il Giovane ed è la prima opera religiosa dell'architetto Alessio Tramello nella sua maturità. Ospita la copia del capolavoro di Raffaello Sanzio, la Madonna Sistina: l'originale, eseguito per la chiesa piacentina, venne venduto dai benedettini nel 1754 ad Augusto III, re di Polonia ed elettore di Sassonia. In seguito all'unità d'Italia, il complesso è stato separato in due con la chiesa che ha continuato a svolgere la sua funzione religiosa e il monastero che è stato occupato dal 2º Reggimento genio pontieri[75].
- Basilica del Santo Sepolcro, basilica[76] realizzata da Alessio Tramello tra il XV e il XVI secolo. La facciata presenta contrafforti e un portale di stile barocco. Al suo interno il pittore Antonio Beduschi realizzò un Martirio di Santo Stefano e una Pietà[77]. Il nome forse deriva da un pellegrino piacentino che, tornato dalla visita del Santo Sepolcro a Gerusalemme, nel 938 fece edificare un luogo di culto che poi andò distrutto. In epoca napoleonica fu riadattata come ospedale militare e solo nel 1903 fu nuovamente riconsacrata alla preghiera.
- Basilica di Sant'Agostino, risalente al XVI secolo, presenta una facciata in granito in stile neoclassico, realizzata da Camillo Morigia. È l'unica chiesa della città che presenta una pianta a cinque navate. Frammenti di affreschi del Malosso sono visibili sulle pareti del transetto. Sconsacrata dopo l'epoca napoleonica, è diventata sede di una galleria dedicata all'arte contemporanea[78].
- Chiesa delle Benedettine, edificata tra il 1677 e il 1681 da Domenico Valmagini per volontà di Ranuccio II Farnese. Originariamente parte di un complesso con monastero, chiuso nel 1810, è diventata successivamente di proprietà del demanio[79].
- Chiesa di San Lorenzo, risalente al XIV secolo. Al suo interno si potevano ammirare gli affreschi del Ciclo di Santa Caterina, opera di un maestro lombardo della cerchia di Giovannino de’ Grassi, e spostati nel Museo Civico sito in palazzo Farnese nel novecento dopo che la chiesa era stata sconsacrata e adibita a magazzino e rifugio[80] e teatro[81].
- Chiesa di San Dalmazio, dedicata a San Dalmazzo di Pedona, la chiesa con annesso monastero formava un complesso religioso già documentato nel 1040[82], sorto su una chiesa preesistente i cui resti nella cripta possono essere fatti risalire secondo gli storici al VII secolo, come dipendenza dell'abbazia di Val Tolla sorta anch'essa nel VII secolo ad opera del vescovo di Piacenza Catarasino, già monaco francese benedettino[83], e gestita dai monaci dell'abbazia di San Colombano di Bobbio, sotto la cui influenza ed egemonia ricadeva allora la val Tolla. La chiesa di San Dalmazio, nata come priorato dell'abbazia, divenne in seguito parrocchia. Soppressa nell'Ottocento dal vescovo Giovanni Battista Scalabrini, fu eretta ad "oratorio ducale" da Maria Luigia d'Austria il 24 ottobre 1826, titolo che Carlo III di Borbone, il 3 febbraio 1850, sostituì in quello di "oratorio reale". Ad occuparsi della conservazione della Chiesa di S. Dalmazio e degli edifici annessi di sua proprietà a seguito di donazione da parte di Maria Luigia d'Austria, è la Confraternita dello Spirito Santo.
- Chiesa di San Donnino, risalente al XII secolo e poi ricostruita nel 1236 in stile romanico, presenta una facciata rifatta nel 1889 da Camillo Guidotti[84].
- Chiesa di Sant'Anna, costruita una prima volta nel XII secolo e poi ricostruita nel 1334, conserva al suo interno una statua lignea di San Rocco, opera di Giovanni Angelo Del Maino del 1534.
- Basilica di Sant'Eufemia, anch'essa in stile romanico. In questa chiesa sono state sepolte le spoglie del vescovo Aldo Gabrielli da Gubbio, che consacrò l'edificio. Al suo interno conserva una figura femminile, scultura lignea del 1516 circa, opera di Giovanni Angelo Del Maino.
- Chiesa di San Pietro, riedificata dai gesuiti nel 1587 sopra un preesistente edificio anteriore al Mille. Accanto alla chiesa sorge il palazzo del collegio dei Gesuiti, completato nel 1593 e diventato sede della biblioteca Passerini Landi[85][86].
- Chiesa di Santa Brigida d'Irlanda, dedicata alla patrona d'Irlanda Santa Brigida, venne fondata fra l'826 e l'850 come monastero benedettino di Santa Brigida[87][88] dall'irlandese San Donato vescovo di Fiesole per ospitare i pellegrini irlandesi. La chiesa, assieme all'annesso xenodochio, ospedale e ospizio dei pellegrini, dedicato alla Santa Risurrezione, con vari possedimenti e beni venne donata il 20 agosto dell'850 all'abbazia di San Colombano di Bobbio[89]. La donazione fu confermata nell'862 in un inventario dei beni bobbiesi in Piacenza, arricchito di altre proprietà feudali[90] e mezzi tra cui le spettanze di olio e ferro da parte della corte di Soriasco di Santa Maria della Versa, da parte dell'imperatore Ludovico II[91].
- Chiesa di San Paolo, edificio in stile barocco risalente al seicento su un preesistente luogo di culto trecentesco, a sua volta succeduto a una chiesa antecedente al Mille. La chiesa ha una facciata molto semplice con interno a unica navata con sei cappelle laterali. Le opere conservate all'interno di San Paolo sono San Biagio guarisce un fanciullo e San Biagio accolto in paradiso dal Redentore di Giovanni Evangelista Draghi. Di Robert de Longe sono Martirio di San Biagio. Di un pittore trecentesco anonimo è la Madonna con Bambino in trono. Di Pietro e Bartolomeo Baderna sono gli Episodi della sacra scrittura e l'affresco con la Caduta di San Paolo sulla via di Damasco. Gli affreschi raffiguranti le Beatitudini sono di Luciano Ricchetti mentre le decorazioni della volta sono di Angelo Capelli. Il pergamo di Giovanni Leoni è un progetto del piacentino Andrea Guidotti.
- Monasteri regi di San Tommaso e di San Siro (scomparsi), di fondazione regia longobarda come dipendenza dell'abbazia di val Tolla[92], e gestiti dai monaci dell'abbazia di San Colombano di Bobbio. I diplomi dei re longobardi Ildebrando (744) e Rachis (746) sancirono il passaggio al vescovo di Piacenza del possesso dei monasteri regi cittadini di San Tommaso e di San Siro, assieme a quelli rurali di Fiorenzuola, Gravago e val di Tolla; un rector li reggeva in nome del vescovo. Sui resti del monastero di San Siro è sorta, nel 1931, la galleria d'arte moderna Ricci Oddi.
Architetture civili
- Palazzo Comunale, detto il Gotico, considerato come il simbolo della città. Edificato a partire dal 1281 per volere di Alberto Scoto, reggente ghibellino[93] della città.
- Palazzo Mulazzani, presenta uno scalone d’onore obliquo, realizzato probabilmente dal Cervini, e il dipinto opera di Sebastiano Galeotti Aurora e Cefalo[94].
- Palazzo Mandelli, costruito da Francesco Tomba su progetto di Gian Andrea Boldrini tra il 1745 e il 1755; fino al 1827 fu di proprietà della famiglia Mandelli, per poi diventare sede ducale di Maria Luigia nel 1831 con il trasferimento del governo da Parma a Piacenza per un semestre e, dopo l'unità d'Italia, sede della prefettura. Dal 1913 ospita la sede piacentina della Banca d'Italia[95].
- Palazzo Scotti da Fombio, costruito nel 1490 su iniziativa di Paride e Ercole Scotti, presenta una facciata in mattoni a vista decorata con un fregio. Sull'angolo dell'edificio il fregio presenta una scultura rappresentante due persone atte a sorreggere lo stemma degli Scotti. Nel 1492 venne terminato il portale, realizzato da Gregorio Prini in marmo di Candoglia, dal quale si accede al cortile interno, dotato di loggiato. Divenuto di proprietà della famiglia Morigi nel 1869, divenne sede di un istituto per la formazione maschile, divenuto, poi, il collegio universitario Morigi[96].
- Palazzo Landi, edificato negli ultimi anni del XV secolo per volontà di Manfredo Landi, sulle fondamenta di un palazzo preesistente, anch'esso di proprietà dei Landi. Nel 1578 venne requisito dal duca Ottavio Farnese a seguito della partecipazione di Agostino Landi alla congiura contro il padre Pierluigi. Divenuto di proprietà statale, venne adibito prima a Supremo Consiglio di Giustizia e, poi a tribunale delle finanze. La facciata, decorata con un fregio in terracotta con sirene, medaglioni e trofei, venne realizzata da Giovanni Battagio da Lodi, già autore del tempio dell'Incoronata di Lodi e da suo genero Agostino De Fonduli. Il portale di accesso in marmo, ornato da due medaglioni con figure virili, si richiama agli archi di trionfo ed è opera dello scultore Giovan Pietro da Rho. L'edificio ospita la sede del tribunale[97].
- Palazzo Costa, realizzato per volere della famiglia Costa alla fine del seicento su progetto del Bibiena. Presenta una struttura a U con facciata in stile rococò e un giardino all'inglese. Ospita la sede del museo della fondazione Horak[98].
- Palazzo Rota Pisaroni, realizzato da Giuseppe Rota nel 1762, divenne di proprietà della cantante lirica Rosamunda Pisaroni nel 1830, ospitando in quegli anni parecchi esponenti del mondo dell'arte e della cultura. Divenuto in seguito di proprietà della Cassa di Risparmio di Piacenza, ospita la sede della Fondazione di Piacenza e Vigevano[99].
- Palazzo Somaglia, edificato a partire dal 1688 per volontà del conte Orazio Cavazzi della Somaglia, presenta una facciata con tre ordini di finestre e tre balconcini in ferro battuto e uno scalone che si affaccia sul loggiato, aggiunto probabilmente intorno al 1730 su progetto di Domenico Cervini, caratterizzato da quattro rampe divergenti oblique con balaustra realizzata in arenaria[100]
- Palazzo Farnese, costruito a partire dalla preesistente cittadella viscontea, venne realizzato a partire dal 1561 su desiderio di Ottavio Farnese, secondo duca di Parma e Piacenza, e di sua moglie, Margherita d'Austria, figlia di Carlo I di Spagna. Dopo essere stato inizialmente affidato a Francesco Paciotto nel 1558, il progetto dell'edificio venne portato a termine dal Vignola nel 1561. I lavori di costruzione proseguirono, alternando avanzamenti dei lavori a pause fino al 1603, anno in cui furono definitivamente interrotti quando il progetto del Vignola era giunto alla metà del suo completamento. Dopo essere stato spogliato di tutti i beni e delle opere d'arte a seguito dell'ascesa di Carlo di Borbone, già duca di Parma e Piacenza, sul trono delle Due Sicilie, nel 1734, il palazzo conobbe un periodo di degrado venendo adibito anche a caserma, subendo ulteriori saccheggi da parte delle truppe napoleoniche e diventando ricovero per sfollati dopo la seconda guerra mondiale[101]. A partire dagli anni '60 del XX secolo iniziò il recupero dell'edificio che subì diverse campagne di restauri divenendo sede dei musei civici di Piacenza[102] e dell'Archivio di Stato[103].
- Palazzo del Governatore, edificio risalente al 1787, realizzato in stile neoclassico dall'architetto Lotario Tomba, ospitò fino all'annessione al Regno di Sardegna, il governatore della città Sulla facciata presenta un orologio ai cui lati sono posti una meridiana solare e un calendario perpetuo realizzato da Gian Francesco Barattieri. La facciata si caratterizza per l'altezza limitata con due torrette laterali alte esattamente come il rialzo centrale dove si trova l'orologio. Il palazzo ospita la sede della locale camera di Commercio, mentre al piano terra si trova una galleria commerciale coperta aggiunta durante gli anni '50 del Novecento[104].
- Palazzo dei Mercanti, situato nell'omonima piazzetta, fu costruito tra il 1676 e il 1697 su progetto dell'architetto piacentino Angelo Caccialupi per volere del collegio dei Mercanti, da cui prende il nome. Dopo la soppressione del collegio dei Mercanti, avvenuta in epoca napoleonica, fu sede del collegio elettorale, del tribunale del commercio e del Teatro della Filodrammatica, per poi diventare sede del comune[105].
- Teatro Municipale: Progettato dall'architetto Lotario Tomba in sostituzione del teatro della Cittadella, andato distrutto nel 1798 in seguito a un incendio, e inaugurato nel 1804, presenta una facciata ispirata a quella del teatro alla Scala di Milano; gli interni furono decorati da Alessandro Sanquirico, scenografo presso il teatro milanese. Al di sopra della sala principale, si trova l'ex sala degli scenografi, che è stata trasformata negli anni '70 in un auditorium da 320 posti[106].
- Teatro dei Filodrammatici, realizzato all'inizio del novecento trasformando la chiesa del monastero di Santa Franca, sconsacrata dopo l'epoca napoleonica. I lavori furono guidati dall'ingegner Giovanni Gazzola che realizzò esterni in stile liberty con decorazioni ad ali di farfalla e parti in ferro battuto, mentre gli interni presentano un gusto più ottocentesco con decorazioni floreali[106].
Architetture militari
- Castello di Mucinasso: situato nell'omonima frazione e costruito in epoca imprecisata, nel medioevo venne distrutto dalle forze di Enzo di Svevia. Divenne di proprietà della famiglia Radini Tedeschi nel 1486. Nel 1503 Giovanni Radini Tedeschi inoltrò una richiesta di ricostruzione del maniero, che si trovava in cattive condizioni, al re di Francia Luigi XII. L'edificio rimase alla famiglia Radini Tedeschi anche quando questa perse il feudo di Mucinasso. Nel 1916 venne alienato dalla contessa Leopolda Radini Tedeschi, diventando di proprietà dei marchesi Malvicini Fontana di Nibbiano. La costruzione è stata pesantemente rimaneggiata nei secoli, mentre il fossato è stato interrato nel Novecento[107].
- Torre della Razza: Originariamente di proprietà della famiglia Raggia, da cui deriva, in maniera alterata, il nome della costruzione, nel 1687 venne concesso dalla Camera Ducale farnesiana un appezzamento di terreno posto nei pressi della torre al conte Giovanni Battista Radini-Tedeschi, tuttavia non è noto se in esso fosse compresa anche la costruzione. Alla torre fu in seguito addossato un podere agricolo che dipese dall0opera parrocchiale di San Giovanni in Canale e pervenne, infine, al demanio. La torre, di probabile edificazione cinquecentesca, è posta nelle vicinanze della via Emilia e del ponte sul torrente Nure[108].
Altro
- Viale pubblico passeggio, chiamato Facsal (o Faxhall) : è un viale alberato lungo poco meno di 2 km posto su una parte della cinta muraria rinascimentale[109]. Ombreggiato da platani secolari e in posizione predominante rispetto ai luoghi circostanti, è luogo di passeggiate o riposo sulle numerose panchine di cui è disseminato. Parte dal centro storico (corso Vittorio Emanuele II) e arriva fino al piazzale della Libertà, non lontano dalla stazione ferroviaria. Il nome Facsal è una storpiatura di quello dei Vauxhall Gardens di Londra[109], giardini la cui popolarità agli inizi del XIX secolo crebbe fino a rendere il proprio nome un termine generico per indicare giardini alberati posti in altre città.
- Via Taverna (Strä Alvä o la Strä Lvä), con la vicina via Campagna era una delle zone più popolari del centro storico, abitata da gente di estrazione umile[110]. Tradizionalmente la zona veniva considerata residenza di chi è piacentino da innumerevoli generazioni e nell'immaginario era luogo delle specificità piacentine per antonomasia. Il nome strada Levata derivava dal fatto che la via fosse in posizione più alta rispetto ad altre vie limitrofe come via Campagna.
- Piazza Cavalli (Piassa Caväi) è la piazza duecentesca su cui sorgono il palazzo Gotico, il palazzo del Governatore e la chiesa di San Francesco e da cui parte via XX Settembre. Prende il nome dalle due statue equestri raffiguranti Ranuccio e Alessandro Farnese, realizzate da Francesco Mochi da Montevarchi tra il 1612 e il 1628[111].
- Via XX Settembre (la Strä Dritta[112]), nota per i suoi balconi in ferro battuto, collega piazza Duomo e piazza Cavalli in quanto era uso nel medioevo collegare con una strada dritta il simbolo del potere politico con quello religioso[113]. Fu rinominata via XX Settembre per forgiare la memoria popolare sul ricordo della conquista di Roma da parte del Regno d'Italia nel 1870[113]. È la via cittadina dedicata allo shopping per eccellenza[114], insieme al corso Vittorio Emanuele (San Raimond o, più recentemente, al Curs). In alcuni periodi storici era chiamata anche la Strä di Urévas (la Strada degli Orefici) perché vi si trovavano diverse botteghe di oreficeria[112].
- La muntä di ratt è la caratteristica scalinata che collega via Mazzini alla più bassa via San Bartolomeo (San Burtlamé). Secondo la tradizione popolare, era detta "montata dei topi" perché questi roditori l'avrebbero percorsa al fine di lasciare le zone cittadine più basse e adiacenti al Po durante le alluvioni e le piene del fiume. In realtà, è più probabile che l'etimologia sia riconducibile a "montata ratta", espressione che stava ad indicare una ripida salita[115].
- Porta Galera un tempo era un quartiere popolare del centro storico. I piacentini chiamavano così le parti terminali di via Scalabrini e via Roma, con relative adiacenze, comprese nella parrocchia di Sant'Anna.Il nome derivava, forse, dalla presenza in epoca medievale di un forte di modeste dimensioni a cui era annessa una torre con funzione di carcere impiegata per imprigionare i ladri[116].
- Piazzale Roma anche detto la Lupa è la vecchia porta nelle mura che volgeva in direzione di Roma. Il suo soprannome deriva dalla colonna monumentale posta al centro della piazza sull'apice della quale è scolpita la lupa, simbolo di Roma, con gli infanti Romolo e Remo, opera commissionata nel 1938 per commemorare la proclamazione di Vittorio Emanuele III ad imperatore di Etiopia[117]. È situata alla conclusione a sud di via Roma e via Scalabrini e segna l'inizio della via Emilia.
- Sant'Agnese (Sant'Agnesa) quartiere, un tempo popolare, al limitare del centro storico che porta il nome della patrona dei barcaioli, essendo un tempo la zona dotata di un varco che permetteva alle imbarcazioni provenienti dal Po di risalire il cavo Fodesta per entrare all'interno delle mura cittadine[118].
- Piazza Borgo, piazza sorta in epoca medievale a ovest dei limiti della vecchia città romana. Si formò intorno nell'XI secolo a seguito del fenomeno dell'inurbamento con il quale arrivarono delle masse contadine dalla campagna sperando di trovare fortuna in città. Non trovando nel perimetro delle vecchie mura romane, essi costruirono le loro case al di fuori del territorio urbano, case che presero il nome di sobborgo, da cui derivò, poi, il nome della piazza[119]. Da questa piazza si diramano via del Castello, via Campagna e via Taverna, tre delle strade considerate storiche dai piacentini.
Aree naturali
- Parco regionale fluviale del Trebbia: ai margini dell'area urbana, il comune di Piacenza è interessato dall'ultimo segmento del parco[120]. Nel tratto cittadino, che si estende per 8,5 km dal confine con il comune di Gossolengo fino alla confluenza della Trebbia nel Po, è presente un'area attrezzata con percorsi ciclopedonali e arredi urbani[121]. Istituita nel 2009, l'area protetta si estende per 4000 ha e per una trentina di chilometri lungo il basso corso del fiume e le aree golenali circostanti, fino al comune di Rivergaro[120][121]. In tale ambiente steppico costituito da isole ghiaiose, fasce di prateria arida e boschetti, transitano e sostano diverse specie di uccelli migratori, in particolare anatidi; di particolare rilevanza è la presenza dell'occhione. La flora si contraddistingue per la presenza di formazioni steppiche e basso arbustive particolarmente ricche, che ospitano diverse specie appenniniche e alcune orchidee[122].
- Parco Papa Giovanni Paolo II, comunemente noto come parco della Galleana, dal nome del limitrofo quartiere della periferia sud, è il parco cittadino più esteso. Nell'area verde, di circa 150000 m², di cui 100 000 a prato, esisteva una polveriera militare (cioè un deposito munizioni) utilizzata fino alla seconda guerra mondiale. È stata riconvertita a parco all'inizio degli anni 80 del XX secolo. Il parco è dotato di servizi igienici, di una notevole quantità e metratura di vialetti per il passaggio e di sentieri all'interno della parte a bosco percorribili a piedi o in mountain bike, tre fontanelle d'acqua e una serie di bacheche informative che forniscono notizie sulle piante e sugli animali che vi dimorano[123]. Vi si alternano ampi spazi prativi e macchie arboree e arbustive di specie spontanee, con querce di maggiori dimensioni, a macchie boscate più o meno folte e radure. Un filare di ciliegi e farnie giovane bosco misto caratterizzato da siepi e macchie arbustive composte da prugnolo, biancospino, rosa selvatica e rovo, qua e là compaiono esemplari di olmo campestre, bagolaro, rusticano, gelso e noce di discrete dimensioni[124]. Mappe settecentesche hanno consentito di individuare nell'area in oggetto una postazione militare esterna alle mura cinquecentesche che proteggevano la città. Nel giugno del 1746, durante la guerra di successione austriaca, l’area fu al centro di un cruento scontro tra l’esercito di Maria Teresa d'Austria, alleato del Regno di Sardegna, e le truppe franco-spagnole[124].
- Parco di Montecucco: secondo parco cittadino per estensione, è situato nella periferia sudoccidentale e collegato al parco Papa Giovanni Paolo tramite pista ciclabile. Gli alberi, ad alto fusto e foglia caduca, messi a dimora a partire dal lavori avviati nel 1997, sono tipici della zona, in modo da rispecchiare fedelmente la natura circostante. Tra di essi compaiono cornioli, frassini, querce, carpini neri, maggiociondoli e bagolari. Le coltri arboree si alternano ad aree destinate picnic, giochi, sport, tranquillità e lettura. Il parco di Montecucco si estende per una superficie di 16 ettari[125].
- Giardini Margherita: in stile romantico ottocentesco, sono la principale area verde del centro storico. All'interno di uno schema costituito da vialetti, aiuole di varia forma, dossi, collinette e avvallamenti, sono presenti tassi, bagolari, tigli, olmi, platani, aceri campestri, ippocastani e farnie, sofore, cedri del Libano e dell'Atlante, pini e faggi, come in uso nei giardini del XIX secolo[126]. Tra essi sono presenti anche alcuni alberi secolari: un faggio e tre cedri[127], uno di essi classificato come albero monumentale[128]. Del XIX secolo sono un tempietto dedicato a Psiche, un obelisco e un altro tempietto che ospitava un busto di Giuseppe Mazzini posti ad arredare le aiuole; successivamente, sono stati introdotti un padiglione ferreo per spettacoli, statue e busti dei poeti dialettali Egidio Carella, Valente Faustini e della batuśa (la popolana piacentina immortalata in una poesia del Faustini), oltre che di altre personalità locali (all'esterno è posta invece una statua di Giuseppe Garibaldi)[126][129]. I giardini Margherita, così denominati nel 1893 in onore della regina consorte Margherita di Savoia, appartennero inizialmente a una famiglia nobiliare che li realizzò nel 1822 per poi cederli parzialmente al comune di Piacenza nel 1856; l'ente li acquisì definitivamente nel 1880[126][130].
Evoluzione demografica
Abitanti censiti[131]
Etnie e minoranze straniere
Secondo i dati Istat al 31 dicembre 2019[132] la popolazione straniera residente era di 20 373 persone, pari al 19,53% del totale.
Le nazionalità maggiormente rappresentate in base alla loro percentuale sul totale della popolazione residente erano[132]:
- Romania, 2 573 (2.47%)
- Albania, 2 394 (2.29%)
- Marocco, 1 676 (1.61%)
- Macedonia del Nord, 1 571 (1.51%)
- Ecuador, 1 571 (1.51%)
- Egitto, 1 378 (1.32%)
- Ucraina, 964 (0.92%)
- Bosnia ed Erzegovina, 687 (0.66%)
- Nigeria, 649 (0.62%)
- Cina, 641 (0.61%)
Qualità della vita
- Comune Riciclone 2011 - Premio Co.Re.Ve.: Riconoscimento ottenuto nel 2011 dalla città assegnato da parte del Consorzio Recupero Vetro in qualità di primo comune del nord Italia per il livello qualitativo di eccellenza grazie all'adozione di modalità di raccolta differenziata monomateriale[133].