Antropologia tripartita
teoria filosofica che concepisce l'uomo come composto da tre essenze / Da Wikipedia, l'enciclopedia encyclopedia
Antropologia tripartita è un'antica teoria filosofica che concepisce l’uomo come composto non di soli due elementi (corpo e anima, secondo la classica dicotomia che va da Platone a Cartesio), bensì da tre parti: corpo (soma), anima (psyche) e spirito (pneuma)[1]. Lo spirito, in quanto distinto dall’anima (che svolge funzioni vitali e razionali), è il principio della vita superiore e sede della presenza divina nell’uomo.
Tale concezione, anticipata da Aristotele con il concetto di "intelletto attivo" (separato e immortale, nous), risale probabilmente a Filone di Alessandria, ebreo platonizzante, il quale usa il termine pneuma per designare lo spirito che Dio dona all’uomo con la creazione (in aggiunta ad anima e corpo, in comune con gli animali).
S. Paolo, contrapponendo la nobiltà dello "spirito" alla bassezza della "carne", così di esprimeva:
«Che il Dio della pace vi santifichi e che il vostro essere intero, spirito anima e corpo, si conservi irreprensibile per la venuta del Signore nostro Gesù Cristo[2]»
La tricotomia si ritrova poi in tutto in pensiero cristiano patristico e medioevale, con diverse interpretazioni e terminologie: in modo incerto in S. Agostino (che distingue una ratio inferior e una ratio superior) ed esplicitamente in Origene, che istituisce un parallelismo fra le tre parti della natura umana e i tre sensi della Scrittura. La questione di uno spirito nell'uomo, diverso dall'anima e perciò completamente separato dal corpo, rimase in seguito dibattuta, finché nei Concili di Costantinopoli dell'869-870 e dell'879-880 venne affermata l'unicità dell'anima umana,[3] alla quale si attribuivano sue proprie qualità spirituali, [4] escludendo la presenza di una parte superiore intellettiva priva di unione diretta con quella carnale.[5]
Lo spirito così concepito, come luogo segreto all’interno dell’uomo in relazione permanente con Dio (o divino esso stesso), ha un ruolo fondamentale nel pensiero dei mistici, in particolare nella mistica renano-fiamminga (Ruysbroek, Eckart, Taulero, Suso). Il concetto riecheggerà fino all’idealismo tedesco dell’Ottocento.