Cagliari
comune italiano, capoluogo dell'omonima città metropolitana e della Regione Autonoma della Sardegna / Da Wikipedia, l'enciclopedia encyclopedia
Caro Wikiwand AI, Facciamo breve rispondendo semplicemente a queste domande chiave:
Puoi elencare i principali fatti e statistiche su Cagliari?
Riassumi questo articolo per un bambino di 10 anni
Cagliari (IPA: /ˈkaʎʎari/[7] ascoltaⓘ; in sardo Castéddu,[8] IPA: [kasˈteɖu] ascoltaⓘ) è un comune italiano di 147 316 abitanti[1], capoluogo della regione autonoma della Sardegna[9] e dell'omonima città metropolitana.
Sede universitaria e arcivescovile e città dalla storia plurimillenaria, è il centro amministrativo storico dell'isola, essendo stata, sotto la denominazione di Caralis, capoluogo della provincia di Sardinia et Corsica[10] durante il periodo romano, e poi capitale e sede degli stamenti del Regno di Sardegna dal 1324/1355 al 1847[11][12][13]. Il suo porto è classificato "internazionale" per via della sua importanza; svolge funzioni commerciali, industriali, turistiche e di servizio per passeggeri[14].
Territorio
Cagliari si affaccia al centro dell'omonimo golfo, nella costa meridionale della Sardegna. Si sviluppa intorno al colle dello storico quartiere di Castello ed è delimitata ad est dalla Sella del Diavolo e dal parco naturale regionale Molentargius-Saline, a ovest dallo stagno di Cagliari, a sud dal mar Tirreno e a nord dal colle di San Michele e dalla pianura del Campidano.
Il territorio comunale si estende per 86,05 km², più del 40% dei quali sono occupati dalle aree umide degli stagni, delle lagune, dei bacini artificiali e delle saline[15].
Ha in comune con Roma, Lisbona, Praga e Istanbul il fatto di essere stata costruita su sette colli calcarei[16] che identificano altrettanti quartieri cittadini: Castello, Tuvumannu/Tuvixeddu, Monte Claro, Monte Urpinu, Colle di Bonaria, Colle di San Michele, Calamosca/Sella del Diavolo. A questi vanno aggiunti Montixeddu, Monte Mixi e Cuccuru 'e Serra, situati su rilievi più bassi. La città è caratterizzata infatti da zone collinari, dove sono situati i quartieri storici, e da zone pianeggianti, dove sorge la maggior parte dei quartieri nati a partire dal XIX secolo.
Clima
Il clima è tipicamente mediterraneo, con inverni miti ed estati calde e siccitose. I valori estremi estivi talvolta superano di poco i 40 °C (a volte con tassi di umidità assai elevati), mentre quelli invernali scendono leggermente sotto lo zero, ma solo in condizioni particolari e rare. Frequenti i venti, soprattutto il maestrale e lo scirocco; d'estate la brezza marina diurna da scirocco (detto s'imbattu in cagliaritano) abbassa la temperatura e rende più tollerabile la calura[17]. Secondo la stazione meteorologica di Cagliari Elmas, la temperatura media annua si attesta sui 17,7 °C, ma all'interno della città soprattutto le temperature minime risultano più alte di qualche grado[18][19].
L'ultima nevicata con accumulo è stata registrata nel gennaio del 1993[20].
CAGLIARI ELMAS (1981-2010) | Mesi | Stagioni | Anno | ||||||||||||||
---|---|---|---|---|---|---|---|---|---|---|---|---|---|---|---|---|---|
Gen | Feb | Mar | Apr | Mag | Giu | Lug | Ago | Set | Ott | Nov | Dic | Inv | Pri | Est | Aut | ||
T. max. media (°C) | 14,4 | 15,0 | 17,1 | 19,5 | 23,8 | 28,2 | 31,4 | 31,7 | 27,9 | 23,7 | 18,8 | 15,5 | 15,0 | 20,1 | 30,4 | 23,5 | 22,3 |
T. min. media (°C) | 5,4 | 5,5 | 7,2 | 9,4 | 13,1 | 16,8 | 19,7 | 20,2 | 17,5 | 14,1 | 9,9 | 6,8 | 5,9 | 9,9 | 18,9 | 13,8 | 12,1 |
T. max. assoluta (°C) | 21,0 (2002) | 22,4 (2010) | 26,2 (2001) | 29,0 (2006) | 34,6 (2006) | 39,0 (2007) | 43,6 (1983) | 41,4 (1999) | 35,4 (2008) | 31,8 (1999) | 26,4 (2005) | 23,4 (2009) | 23,4 | 34,6 | 43,6 | 35,4 | 43,6 |
T. min. assoluta (°C) | −4,8 (1981) | −3,0 (1999) | −2,2 (1998) | −0,4 (1995) | 4,8 (1987) | 8,8 (1986) | 11,8 (1991) | 12,6 (1981) | 9,0 (2001) | 5,0 (2007) | −2,0 (1998) | −3,4 (1996) | −4,8 | −2,2 | 8,8 | −2,0 | −4,8 |
Giorni di calura (Tmax ≥ 30 °C) | 0 | 0 | 0 | 0 | 1,0 | 8,6 | 21,2 | 23,3 | 6,0 | 0,2 | 0,0 | 0,0 | 0,0 | 1,0 | 53,1 | 6,2 | 60,3 |
Giorni di gelo (Tmin ≤ 0 °C) | 1,8 | 0,9 | 0,4 | 0,1 | 0,0 | 0,0 | 0,0 | 0,0 | 0,0 | 0,0 | 0,1 | 0,8 | 3,5 | 0,5 | 0,0 | 0,1 | 4,1 |
Precipitazioni (mm) | 40,7 | 40,4 | 33,6 | 42,2 | 20,7 | 10,0 | 3,1 | 7,5 | 35,7 | 49,1 | 62,7 | 49,6 | 130,7 | 96,5 | 20,6 | 147,5 | 395,3 |
Giorni di pioggia | 7 | 6 | 6 | 7 | 4 | 2 | 1 | 1 | 5 | 6 | 8 | 8 | 21 | 17 | 4 | 19 | 61 |
Eliofania assoluta (ore al giorno) | 4,8 | 5,8 | 6,7 | 7,3 | 8,7 | 10,4 | 11,0 | 10,3 | 8,1 | 6,7 | 5,0 | 4,1 | 4,9 | 7,6 | 10,6 | 6,6 | 7,4 |
Il nome Kalaris[21], secondo Max Leopold Wagner ascrivibile al protosardo[22], è composto dalla radice *kar e dal suffisso -ali e trova riscontri nei toponimi Carale di Austis, Carallai di Sorradile, Caraglio della Corsica, Caralis della Panfilia e dell'Isauria e Caralitis della Pisidia. "Kar" negli antichi linguaggi mediterranei significava "pietra, roccia" e il suffisso "al" dava valore collettivo; si sarebbe formato così Karali, che significherebbe "località rocciosa". Per il linguista Guido Borghi, il toponimo potrebbe derivare invece dal protoindoeuropeo *Ḱr̥hₐ-ĕ-lĭ-s o *ḱr̥r-ăhₐ, con il significato di "piccolo capo" o "testa"[23].
Cagliari era chiamata Krly dai fenicio-punici,[24] mentre in latino era Caralis o al plurale Carales; quest'ultima forma è attestata per la prima volta nel Bellum Africum e secondo un'interpretazione storico-linguistica potrebbe essere connessa all'esistenza, nel primo periodo romano, di due comunità distinte: quella più antica della vecchia città punica e quella più recente rappresentata dagli immigrati romano-italici del vicus munitus Caralis (citato da Publio Terenzio Varrone), poi fusesi nel corso del II secolo a.C.[25].
Durante l'epoca giudicale il centro della città divenne il borgo di Santa Igia (contrazione di Santa Cecilia[26]). Con l'arrivo dei Pisani (1216/1217) e la distruzione di Santa Igia (1258), Cagliari venne identificata nei documenti dell'epoca come Castellum Castri de Kallari e successivamente come Castell de Càller in catalano. L'attuale toponimo Cagliari deriva dalla pronuncia in spagnolo di Callari[22]. In lingua sarda il nome attuale Castéddu verrebbe dall'identificazione della città con il quartiere fortificato di Castello, edificato durante la dominazione pisana[22].
La fondazione di Cagliari secondo la leggenda
La leggenda, narrata dallo scrittore latino Gaio Giulio Solino, vuole che Caralis sia stata fondata da Aristeo, figlio del dio Apollo e della ninfa Cirene, giunto in Sardegna dalla Beozia nel XV secolo a.C. circa. Aristeo introdusse in Sardegna la caccia e l'agricoltura, riappacificò le popolazioni indigene in lotta fra di loro e fondò appunto la città di Caralis, sulla quale in seguito regnò. Secondo alcune fonti, Aristeo venne accompagnato in Sardegna da Dedalo, il quale, secondo gli antichi greci, sarebbe l'artefice delle imponenti opere dedalee (i nuraghi) presenti sull'isola[27][28].
Preistoria e storia antica
Alcune domus de janas e resti di capanne del IV - III millennio a.C. scoperte a San Bartolomeo e sul colle di Sant'Elia confermano che la zona dove sorge l'odierna città fu abitata fin dal neolitico[29]; le risorse del mare, degli stagni e del fertile terreno della pianura campidanese garantivano il sostentamento delle popolazioni del periodo prenuragico[30]. All'età del rame risalgono i reperti della cultura di Monte Claro, diffusasi in tutta la Sardegna, che prende il nome dall'omonimo colle cagliaritano[31]. Ritrovamenti archeologici dell'età del bronzo, come ad esempio le ceramiche egee ritrovate nel nuraghe Antigori presso Sarroch, fanno ipotizzare che le popolazioni nuragiche stanziate nell'odierno cagliaritano avessero intrattuto intensi rapporti commerciali e culturali con i Micenei[32] e sono testimonianza che i suoi porti godevano già allora di vita e di frequentazione; lo stesso mito di Aristeo sulla fondazione di Caralis potrebbe essere nato, in epoca successiva, dal lontano ricordo di questi antiche interazioni fra Sardi e Greci[33].
I Fenici, che frequentarono i porti di Cagliari e di altre zone della Sardegna sin dall'VIII secolo a.C., o in periodo comunque antecedente alla fondazione di Roma, si stanziarono all'imboccatura dello stagno di Santa Gilla. Il poeta romano Claudio Claudiano del IV secolo, descrivendo Karalis, la definisce "Tyrio fundata potenti"[22], ossia fondata dalla potente Tiro (nell'odierno Libano), e i dati archeologici confermano la presenza fenicia nel periodo della cosiddetta "talassocrazia" di Tiro. Passata ai Cartaginesi nel VI secolo a.C., la città conobbe un rapido sviluppo, testimoniato tra l'altro dalla necropoli di Tuvixeddu, ritenuta la più vasta necropoli punica del Mediterraneo[34].
Divenuta il centro principale dell'isola, ormai in gran parte sotto l'influenza di Cartagine, passò ai Romani con tutta la Sardegna e la Corsica nel 238 a.C., all'indomani della prima guerra punica[35]. Nei secoli successivi la Karalis romana mantenne il suo ruolo di metropoli sarda e nel 46 a.C. Cesare la premiò per averlo sostenuto nello scontro con Pompeo concedendole lo stato giuridico di municipio[36]. Alla morte di Cesare i cittadini gli rimasero fedeli e si schierarono dalla parte del figlio adottivo Ottaviano contro Sesto Pompeo[37]. Dopo la vittoria di Ottaviano, in età imperiale, ci fu un lungo periodo di tranquillità politica e di grande sviluppo economico. L'aspetto dell'abitato subì numerosi mutamenti durante la lunga dominazione romana[29], di cui sono notevoli i resti l'anfiteatro e le ville suburbane come la cosiddetta Villa di Tigellio.
Alla metà del V secolo la città cadde sotto l'occupazione dei Vandali d'Africa, comandati dal re Genserico. Caralis fece parte del regno dei Vandali per circa ottant'anni, divenendo per un breve lasso di tempo capitale di un regno sardo indipendente proclamato dal funzionario germanico ribelle Goda[38]. Fu riconquistata dai Romani d'Oriente di Giustiniano nel 534 d.C. ed entrò nel sistema amministrativo bizantino come sede del preside, funzionario imperiale a capo di tutta la Sardegna, sottoposta all'esarcato d'Africa[39]. Durante la guerra gotica, che imperversava nella penisola, contingenti ostrogoti occuparono per un breve periodo la città che passò poi nuovamente ai bizantini[40]. Nel 599 d.C. la flotta longobarda di Agilulfo compì un'incursione di saccheggio nelle coste cagliaritane ma venne respinta dalle milizie locali[41].
Storia medievale
Con la divisione dell'isola in quattro Stati detti giudicati, la città, da secoli in fortissima recessione demografica e ormai ridotta al borgo di Santa Igia o Santa Gilla, rimase a capo del giudicato che ne prese il nome. Aveva subìto secoli di incursioni saracene, contrastate dal principio dell'XI secolo con l'aiuto delle potenze navali di Pisa e Genova. È nota la progressiva ingerenza che le due città marinare esercitarono da allora sulla Sardegna. Il Giudicato cagliaritano, fin dalle sue più antiche attestazioni, rientrò nell'orbita dei Pisani e dei Genovesi; furono i primi che finirono con l'impadronirsene. Nel 1215, un anno dopo la morte del giudice Guglielmo I Salusio IV, di fronte alla possibilità di un'alleanza tra la nuova giudicessa Benedetta e Genova, il pisano Lamberto Visconti di Eldizio, marito di Elena di Gallura, ottenne con la minaccia delle armi la cessione del colle che sarebbe stato detto di Castello: infatti, quasi a guardia della capitale giudicale, vi venne presto costruita una città fortificata interamente pisana: il Castellum Castri de Kallari (1216/1217). Alla morte di Benedetta le succedette la sorella Agnese in qualità di reggente per il figlio Guglielmo II Salusio V ()[43].
Nel 1257 il neo-sovrano filoligure Guglielmo III-Salusio VI scacciò i pisani dalla rocca di Castel di Castro, ceduta l'anno precedente al comune di Genova dal predecessore Giovanni Torchitorio V[43]. Ciò accese l'ira di Pisa e degli altri tre giudicati sardi filopisani che immediatamente attaccarono Guglielmo. Il 20 luglio 1258, dopo un anno di guerra, Santa Igia venne distrutta dalla coalizione guidata da Gherardo e Ugolino della Gherardesca, Guglielmo di Capraia, Giovanni Visconti e l'ammiraglio Ottone Gualduccio[44], e sulle sue rovine venne sparso il sale; il giudice Guglielmo riuscì a fuggire a Genova dove morì nello stesso anno[43]. Ebbe così fine il giudicato di Cagliari che venne smembrato in tre parti: la parte settentrionale fu annessa dal giudicato di Arborea, la parte orientale dal giudicato di Gallura, l'area occidentale fu assegnata alla famiglia dei Della Gherardesca, mentre il comune di Pisa mantenne il governo di Castel di Castro, considerato "la chiave del Mediterraneo"[45]. Da allora il Castellum Castri si identificò con la stessa Cagliari, come mostra l'attuale nome sardo della città, Castéddu. Nondimeno attorno ad esso si formarono i sobborghi di Stampace (toponimo che si riscontra anche a Pisa) e di Villanova; in queste appendici trovarono asilo i profughi sardi di Santa Igia[46], esclusi dal Castello[47], che dipendeva direttamente da Pisa e aveva un ordinamento comunale regolato dal Breve Castelli Castri de Kallari[48]. Il porto di Bagnaria, collegato a Castello dal quartiere fortificato della Marina, era invece regolato dal Breve portus kallaretani[48].
Nel luglio del 1270 nel porto della Cagliari pisana fece tappa per circa una settimana l'esercito cristiano al comando del re Luigi IX di Francia, che si apprestava a partecipare all'Ottava crociata contro i musulmani della Tunisia.
Non passarono che pochi decenni e sopraggiunse un'altra dominazione. Questa volta furono gli Aragonesi che, nella loro guerra di conquista della Sardegna (1323-1326), assediando Cagliari, edificarono una loro roccaforte su un altro colle, ancora più meridionale: quello di Bonaria. Tuttavia non distrussero la città nemica, come avevano fatto i Pisani con Santa Gilla, ma anzi, vinta la battaglia di Lucocisterna, lasciarono il Castello infeudato a Pisa. I toscani però non sopportavano la concorrenza del nuovo borgo aragonese di Bonaria, col suo fiorente porto: l'anno seguente ripresero le armi, ma vennero nuovamente sconfitti dagli aragonesi in una battaglia navale svoltasi nel golfo degli Angeli tra il 26 e il 29 dicembre 1325 e dovettero abbandonare per sempre il Castello. Le loro abitazioni furono riassegnate a sudditi della corona d'Aragona[49], principalmente catalani trasferitisi da Bonaria. Ai pisani (i cosiddetti pullini) fu tuttavia permesso di continuare a risiedere alla Marina e nelle altre appendici[50].
Sotto la dominazione iberica Càller (Cagliari), città reale non sottomessa e sede del viceré, venne dotata di un codice municipale modellato sulla base di quello di Barcellona[51] e divenne la capitale del nuovo regno. Il Castello, riservato ai nuovi dominatori catalano-aragonesi, per ragioni di sicurezza militare venne interdetto agli stranieri e dal 1333 anche ai sardi[47][52] (il divieto perdurò fino al XVI secolo); il quartiere del porto, la Bagnaria pisana ormai nota come La Pola, fu potenziato e ampliato[53]. Alcune famiglie di origine iberica che si insediarono a Cagliari in quell'epoca sono tuttora presenti in città; tra le varie si possono ricordare gli Aymerich, gli Amat, i Manca, i Canelles e i Sanjust.
Il 15 febbraio 1355 Pietro IV d'Aragona istituì a Cagliari il parlamento del regno[54].
Storia rinascimentale, seicentesca e settecentesca
Conquistata la Sardegna pisana e inglobati i possedimenti dei Malaspina, il regno dovette fronteggiare prima i Doria e poi Mariano IV d'Arborea, il quale nel 1353 aveva scatenato la rivolta contro gli aragonesi, cosicché il territorio regio si ridusse alle sole città di Cagliari e Alghero, mentre la parte restante divenne parte del giudicato di Arborea, l'unica entità statale isolana rimasta indipendente. Questa situazione si protrasse a fasi alterne fino al 1409, quando una nuova spedizione militare aragonese, guidata da Martino I di Sicilia, sconfisse arborensi e alleati nella battaglia di Sanluri, facendo sì che a partire dal 1420, a seguito della cessione per 100 000 fiorini dei restanti territori del giudicato arborense, il territorio del Regno di Sardegna, con capitale Caller, coincidesse per la prima volta con quello dell'intera isola.[55]
Con il matrimonio di Ferdinando II d'Aragona e Isabella di Castiglia (1469) si ebbe l'unione fra il Regno di Castiglia e León e la Corona d'Aragona (di cui il Regno di Sardegna faceva parte), che mantennero però istituzioni distinte.
Nel 1535 l'imperatore Carlo V d'Asburgo lanciò una grande spedizione navale contro Tunisi; prima di partire verso l'Africa la flotta effettuò un ultimo raduno a Cagliari[56]. La visita del sovrano in città è ricordata da un'epigrafe in latino sopra il portale dell'ex Palazzo di Città e da un pulpito oggi situato nell'atrio della chiesa di San Michele[57]. Nel corso dello stesso secolo furono potenziate le fortificazioni con la costruzione dei bastioni[58] e i diritti e benefici dei catalano-aragonesi furono estesi a tutti i cittadini[59]. A metà del XVI secolo Cagliari, una delle tante città di uno sterminato impero in continua espansione, superava di poco i 10 000 abitanti mentre Barcellona ne contava circa 30 000 e Madrid circa 20 000[60]. La popolazione, seppur piccola, era piuttosto internazionale: c'erano infatti comunità provenienti dalla Spagna (presenti a Cagliari ormai da due secoli[61]), dalla repubblica di Genova (che fondarono l'arciconfraternita dei Genovesi[62]) e da altri antichi Stati italiani ed europei[59][63]. La lingua più parlata era il catalano, anche se il sardo era ampiamente compreso[64].
La vita intellettuale fu relativamente vivace e nel XVII secolo venne fondata l'università (1607). Tuttavia pian piano la città, pur fortemente ispanizzata, specialmente nel suo tessuto dirigenziale e istituzionale, cominciò a esprimere una certa insofferenza per la dominazione iberica: sentimento che culminò nell'assassinio del viceré Camarassa (1668).
Così nel 1708, durante la Guerra di successione spagnola, i cagliaritani non opposero resistenza all'assedio anglo-olandese, che pose fine all'età spagnola[65]. A seguito del trattato di Utrecht si assistette allo smembramento dei territori europei dell'impero spagnolo e il Regno di Sardegna venne assegnato arbitrariamente prima all'Austria (1713) e successivamente, dopo l'effimera occupazione del cardinale Giulio Alberoni che cercava di riconquistare la Sardegna, agli spagnoli (1717). Cagliari, come deciso al trattato dell'Aia, passò con tutto il Regno sotto il dominio sabaudo l'8 agosto 1720.[66]
L'età delle riforme che seguì in tutta Europa vide la riorganizzazione dell'università, dell'ospedale, dell'archivio di Stato e della biblioteca universitaria e la creazione di una scuola di chirurgia e della stamperia reale. I piemontesi non furono tuttavia ben tollerati. E dopo che Cagliari aveva resistito all'assedio navale dei francesi rivoluzionari (1793), vedendo rifiutata la richiesta di una maggiore autonomia e del rispetto degli antichi privilegi, la città insorse il 27-28 aprile 1794 (oggi festa denominata «Sa die de sa Sardigna») e cacciò temporaneamente i piemontesi[67]; ma la rivolta, fagocitata da una sollevazione anti-feudale nel resto dell'isola, si risolse senza conseguenze.
Storia ottocentesca
Cagliari, rioccupata, divenne dal 1798 al 1814 non solo la capitale ma anche il centro politico-amministrativo del Regno di Sardegna e ospitò nel Palazzo reale (detto Viceregio) la corte sabauda, cacciata da Torino dai francesi, i quali avevano costituito la Repubblica Piemontese, mentre non avevano potuto conquistare la Sardegna[68]. La presenza della corte in città non impedì l'insorgere di varie sollevazioni contro i Savoia, la più importante delle quali fu la rivolta di Palabanda, dal nome della località in cui si trovava la villa ove venne organizzata. In questi anni si assistette ad un grande sviluppo della città: nel 1811 venne installata la prima illuminazione pubblica e fu sistemata la rete stradale. Tuttavia si verificarono anche periodi di carestia seguiti da un'epidemia di febbre (1816). Nel 1847, così come a Sassari, un moto popolare partito dall'università portò il re Carlo Alberto a riconoscere la fusione dell'isola con gli Stati sardi di terraferma (Ducato di Savoia, Ducato di Genova)[69].
Con le nuove tecniche belliche a Cagliari, privata del ruolo di piazzaforte all'indomani della proclamazione del Regno d'Italia, furono abbattute le mura e si posero le basi per la grande espansione dell'ultimo secolo. Attirati dalle tante potenzialità inespresse, si stabilirono in questo periodo a Cagliari numerosi imprenditori (soprattutto liguri, piemontesi, svizzeri e francesi) che favorirono la riorganizzazione cittadina importando le prime forme di industrializzazione; avvenne così il passaggio dalla società da Ancien Régime ad una di tipo capitalista. Gli architetti sardi (e non), tra cui Gaetano Cima e Dionigi Scano, ridisegnarono il centro urbano secondo i gusti dell'epoca; si imposero il neoclassico e il neogotico, sorsero i caratteristici palazzi liberty.
Storia novecentesca e contemporanea
Il 14 aprile 1899, alla presenza del re Umberto I, fu posta la prima pietra del municipio di via Roma, terminato nel 1907: questo evento diede un avvio quasi simbolico al nuovo secolo, con il trasferimento del potere cittadino dal vecchio quartiere di Castello alla moderna area vicina al porto, luogo di traffici e commerci. Il palazzo rientra tra le opere realizzate dall'amministrazione di Ottone Bacaredda, sindaco di Cagliari dal 1889 al 1921 quasi ininterrottamente, riconosciuto come uno dei sindaci più illuminati della città.
Il 14 maggio 1906 scoppiarono scioperi contro il carovita, che causarono due morti e parecchi feriti[70].
Nel 1924 il governo Mussolini con la cosiddetta "legge del miliardo" stanziò per la modernizzazione della Sardegna più di un miliardo di lire[71], andato in buona parte a Cagliari. Il fascismo arrivò in città con violenza, occupando le sedi dei partiti avversi e cacciando gli oppositori, tra cui Emilio Lussu che fu assalito nella sua casa di piazza Martiri il 31 ottobre 1926. Alla fine degli anni venti, con l'annessione dei comuni di Pirri, Selargius, Quartucciu, Monserrato e successivamente Elmas (1937), Cagliari raggiunse i 100 000 abitanti. È in questi anni che vennero costruite importanti opere pubbliche, molte delle quali realizzate dal giovane progettista comunale Ubaldo Badas, le cui architetture originali contribuirono ad abbellire la città sia negli anni trenta che nel dopoguerra (il parco delle Rimembranze, il Terrapieno e parte dei giardini pubblici). Grazie all'attenta amministrazione di Enrico Endrich, fascista convinto ma dotato di libero pensiero, a Cagliari non furono realizzate costruzioni tali da stravolgere il tessuto cittadino originario; le opere progettate dopo la fine del suo mandato (1933) non fecero in tempo a essere completate a causa della guerra.
Durante la seconda guerra mondiale Cagliari subì numerosi bombardamenti (l'80% della città venne colpito in modo più o meno grave, tanto che Cagliari fu dichiarata Città Martire e ricevette una medaglia d'oro al valor militare[72]), dei quali si possono ancora vedere i segni in alcune zone del centro storico. I bombardamenti cominciarono il 17 febbraio del 1943, con l'arrivo di un centinaio di aerei statunitensi. Tra il 26 e il 28 febbraio 1943 si ebbero i bombardamenti più pesanti, con la distruzione di molti luoghi importanti. Le vittime furono più di 2 000[72].
Nel 1948 Cagliari diventò ufficialmente capoluogo della Sardegna secondo l'articolo 2 dello Statuto della Regione autonoma della Sardegna. Dal secondo dopoguerra in poi la popolazione crebbe fino a raggiungere un massimo di circa 220 000 abitanti nel 1981 per poi calare drasticamente a seguito dei referendum svoltisi fra metà degli anni ottanta e inizio degli anni novanta che sancirono l'autonomia delle varie frazioni di epoca fascista. I nuovi comuni sono conurbati fortemente alla città storica in un'unione che costituisce il fulcro dell'area metropolitana cagliaritana.
Nel corso del XX secolo il centro urbano si estese fino al litorale del Poetto e alla zona di Monte Urpinu facendo sorgere i quartieri di San Benedetto, Fonsarda, Bonaria, La Vega, Tuvumannu e San Michele.
Simboli
Durante la sua storia la città di Cagliari cambiò diversi stemmi. Il primo di cui si ha notizia risale al periodo pisano; il simbolo di Castel di Castro, il cui bassorilievo è osservabile sulle mura della torre dell'elefante, è costituito da uno scudo gotico su cui è rappresentato un castello a muratura isodoma, sul mare, avente tre torri merlate e due portoni[73].
Nel periodo aragonese-spagnolo lo stemma venne sostituito con uno nuovo formato da uno scudo a losanga inquartato in croce di Sant'Andrea sui cui riquadri sono rappresentati due castelli sul mare, simbolo di Cagliari medioevale, alternati dalle pali d'Aragona. Questo stemma rimase in uso fino al 1766, quando con regio diploma fu sostituito da quello odierno[74].
Lo stemma attuale si presenta come uno scudo di forma ovale inquartato; nel primo e quarto campo è presente la croce dei Savoia mentre nel secondo e terzo un castello a tre torri fondato su uno scoglio uscente dal mare, il tutto al naturale. Lo scudo è sostenuto da due giovani tritoni e timbrato da corona di marchese.
Onorificenze
Cagliari (Castel de Càller), già capitale del Regno di Sardegna, ottenne ufficialmente il titolo di città regia nel 1327[75]:
La municipalità venne insignita del cavalierato dell'Ordine del Toson d'oro durante il periodo aragonese di re Carlo II per fedeltà alla corona. Nel 1679 alla città fu donato il medaglione dell'Ordine, ritoccato nella forma originale durante il periodo sabaudo di re Vittorio Amedeo II con l'incisione dei simboli del regno. Viene indossato ogni anno dall'alter nos del sindaco di Cagliari in occasione della festività cittadina di Sant'Efisio[76][77]:
Per il suo sacrificio e per la fierezza con la quale affrontò il nemico durante la seconda guerra mondiale, Cagliari fa parte delle città decorate al valor militare per la guerra di liberazione; il 19 maggio 1950 il Presidente della Repubblica Luigi Einaudi concesse al gonfalone civico la medaglia d'oro al valor militare[78]:
— 19 maggio 1950
Il 14 giugno 1975 la città ricevette la medaglia d'argento ai benemeriti della scuola, della cultura e dell'arte[78]: