Chiesa di San Zulian
edificio religioso italiano in Venezia Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
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La chiesa di San Giuliano martire vulgo San Zulian è un luogo di culto cattolico di Venezia, situato nell'omonimo campo del sestiere di San Marco, non lontano dalla piazza omonima. Sino alla caduta della Repubblica era chiesa plebana officiata dal clero ducale. Venne probabilmente fondata prima del Mille ma venne ricostruita in più occasioni. Le attuali forme risalgono alla ricostruzione avvenuta nel XVI secolo su intervento progettuale di Jacopo Sansovino e sul sostegno economico di Tommaso Rangone. Oltre a contenere un ricco apparato di dipinti risalenti perlopiù ai secoli XVI e XVII, conserva anche le reliquie dei Santi Germano Martire e Paolo Eremita. Oggi è chiesa rettorale officiata quotidianamente ed è inserita tra le chiese della Comunità Marciana.
Chiesa di San Zulian | |
---|---|
La facciata | |
Stato | Italia |
Regione | Veneto |
Località | Venezia |
Coordinate | 45°26′08.92″N 12°20′19.1″E |
Religione | cattolica |
Titolare | san Giuliano |
Patriarcato | Venezia |
Architetto | Jacopo Sansovino e Alessandro Vittoria |
Stile architettonico | rinascimentale |
Inizio costruzione | 832 |
La chiesa venne fondata probabilmente prima del XI secolo sulla scia delle devozione per i Santi orientali diffusa nella zona alto-adriatica: San Giuliano è intitolata al martire san Giuliano, che con la moglie Basilissa subì il martirio negli anni tra 302 e 304 nella Tebaide. La Cronaca del Doge Andrea Dandolo, scritta a metà del '300, pone la fondazione della chiesa nell'832 ma il primo documento certo sull'esistenza del luogo di culto risale al 1061. Nel 1205 un incendio devastante colpì Venezia, inghiottendo anche l'antica costruzione. Venne quindi riedificata: probabilmente si trattava dell'edificio a tre navate munito di campanile cuspidato riprodotto nella pianta del De' Barbari nel primo Cinquecento. Di lì a poco sarebbe mutato profondamente.
Agli inizi del XII secolo la chiesa risultava soggetta alla speciale giurisdizione della basilica di San Marco e del suo primicerio: era dunque separata dalla diocesi di Castello e, dopo il 1451, dal Patriarcato di Venezia. Solo nel 1804, con la soppressione della giurisdizione marciana e l'unione dei capitoli canonici di San Marco e San Pietro di Castello, la chiesa di San Zulian passò sotto l'autorità patriarcale.
A metà del Cinquecento la chiesa medievale minacciava rovina: fu la comparsa della straordinaria figura di medico ed erudito Tommaso Rangone da Ravenna (1493-1577) a mutarne totalmente le sorti. Nel 1553 il Rangone ottenne dal Senato della Repubblica di poter ricostruire a proprie spese la facciata, avendo però il privilegio di porvi il proprio monumento funebre. L'opera venne affidata a Jacopo Sansovino, ma in corso d'opera il tetto della vecchia chiesa crollò rovinosamente. Tra i sacrifici dei clero, del pievan Tommaso Rumoni si aprì un grande cantiere che vedrà la ricostruzione dell'intero edificio di culto. Rangone contribuirà alla riedificazione con notevole spesa ottenendo in cambio la sepoltura al centro della nuova aula. La nuova chiesa venne consacrata l'8 luglio 1580. Grazie al lascito del segretario e legato Girolamo Vignola la chiesa ebbe concluso il soffitto.
L'edificio fu oggetto di interventi anche nel Seicento, quando venne ricostruit l'altare maggiore. Nel 1775 si abbatté il vecchio campanile e si ricostruì assieme alle sacrestie laterali.
La facciata è eccelsa opera realizzata da Jacopo Sansovino. Il monumento a Tommaso Rangone venne però concluso dopo la morte dell'artista fiorentino, portata a compimento nel 1570 da Alessandro Vittoria. Ai due lati del portale principale vi sono due iscrizioni, una in lingua greca e l'altra in ebraico, che celebrano il medico e filosofo ravennate Tommaso Rangone, che finanziò il rifacimento della facciata in cambio della sua trasformazione in un monumento a propria esaltazione. In particolare la scritta in lingua latina fornisce dati biografici e informazioni di natura giuridica, quella in greco vanta i meriti culturali dell'uomo e quella in ebraico ricorda la possibilità di realizzare sulla terra il progetto divino di vivere fino a 120 anni[1]. Nella lunetta del frontone Rangone si erge su un'urna funebre, rivestito della toga dottorale mentre consegna ai posteri la sintesi del suo sapere avvolto in una complessa simbologia. Nella mano destra, invece della penna, tiene i rimedi del Nuovo Mondo: la sottile e lunga radice con il viticcio della salsapariglia ed il ramo con le foglie lanceolate del guaiaco. Ricordiamo che Rangone doveva la sua fortuna anche economica alla cura della sifilide nel secolo della prima virulenta diffusione.
L'interno dell'edificio si presenta ad una sola navata, pressoché quadrata, con il presbiterio rettangolare coperto da una volta a crociera, affiancato da due piccole cappelle.
All'interno di San Giuliano il tono fondamentale della decorazione che ricopre pareti e soffitto è dato da opere del decennio successivo alla consacrazione, avvenuta nel 1580.
Si possono individuare tre percorsi fondamentali:
Gli altari sono in tutto sette: notevole è la pala del monumentale altare maggiore (opera di Giuseppe Sardi), con una Incoronazione della Vergine e santi firmata da Gerolamo Santacroce.
L'organo in una cantoria sulla contro-facciata fu costruito da Gaetano Callido. Risale dal 1764 Op.12.