Cristoforo Colombo
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Cristoforo Colombo (in genovese Cristoffa Combo; in latino Christophorus Columbus; in spagnolo Cristóbal Colón; in portoghese Cristóvão Colombo; Genova, tra il 26 agosto e il 31 ottobre 1451[2][3] – Valladolid, 20 maggio 1506) è stato un navigatore ed esploratore italiano della Repubblica di Genova, attivo in Portogallo e in Spagna come capitano di mare al comando su navi mercantili, tra i più importanti[4] protagonisti delle grandi scoperte geografiche europee a cavallo tra il XV e il XVI secolo. In particolare, deve la sua fama per esser stato il primo ad intraprendere la rotta atlantica che portò le potenze europee alla scoperta e alla colonizzazione delle Americhe.
Cristoforo Colombo | |
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Ritratto postumo di Cristoforo Colombo di Sebastiano del Piombo, 1519, olio su tela, MOMA, New York | |
Governatore e Viceré delle Indie occidentali | |
In carica | 1492 – 1499 |
Erede | Diego Colombo |
Successore | Francisco de Bobadilla |
Ammiraglio del Mar Oceano | |
In carica | 1492 – 1506 |
Successore | Diego Colombo |
Nascita | Genova, tra il 26 agosto e il 31 ottobre 1451 |
Morte | Valladolid, 20 maggio 1506 |
Sepoltura |
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Dinastia | Colombo |
Padre | Domenico Colombo |
Madre | Susanna Fontanarossa |
Consorte | Filipa Moniz Perestrello |
Figli | |
Religione | Cattolicesimo |
La sua idea iniziale fu di raggiungere l'Asia orientale, le cosiddette "Indie", compreso il Catai (Cina) e il Cipango (Giappone), circumnavigando la Terra da occidente, ovvero dall'Oceano Atlantico. Arrivando invece in America centrale, il navigatore fu convinto, negli anni successivi, che quelle fossero sì delle nuove terre, ma sempre asiatiche, a tal punto che furono chiamate per molto tempo "Indie occidentali". Fu poi il navigatore Amerigo Vespucci che nei primi anni del XVI secolo scoprì che si trattava invece di un nuovo continente, chiamato "Nuovo Mondo", e quindi in suo onore "America".
Dapprima Colombo chiese i finanziamenti per le sue esplorazioni al re Giovanni II del Portogallo, ma i fondi gli furono negati e tentò allora con i re cattolici di Spagna (Castiglia e Aragona), i quali, dopo le trattative, e soprattutto grazie all'appoggio di Isabella di Castiglia, accettarono di finanziare l'impresa e di concedergli alcuni privilegi nel caso in cui l'esito fosse risultato positivo. Salpato da Palos de la Frontera (Spagna) il 3 agosto 1492, giunse su un'isola delle Bahamas, che battezzò San Salvador, il 12 ottobre dello stesso anno. A tale primo viaggio ne seguirono poi altri tre, di minor fortuna, portandolo gradualmente al discredito ed alla privazione di molti dei riconoscimenti e dei titoli che egli avrebbe sperato, per sé e per i suoi figli, da parte dei sovrani del Regno di Castiglia e León, dove morì nel 1506 nell'allora capitale, Valladolid. Nemmeno nelle nuove terre scoperte gli fu dedicato qualche importante toponimo; questo almeno fino al 1819, quando il politico venezuelano Francisco de Miranda propose il nome di "Colombia" per indicare il nuovo stato indipendente sudamericano e rendere finalmente omaggio all'importante navigatore[5].
Cristoforo fu il primogenito di quattro figli (tre maschi e una femmina)[6] di Domenico Colombo e Susanna Fontanarossa, gestori dapprima di una piccola azienda tessile e successivamente, in seguito al trasferimento a Savona, di un negozio di vini e formaggi[7].
La casa genovese, sita in Vico Diritto di Ponticello angolo Via Dante nel quartiere Portoria, vicino a San Vincenzo di Genova, venne distrutta durante il bombardamento navale francese del 1684, e fu quindi ricostruita nei decenni successivi[8][9].
Altre fonti lo danno nato sempre nella Città metropolitana di Genova, ma questa volta a Cogoleto, presso Via Rati 28. Secondo questa versione Cristoforo Colombo avrebbe lasciato molto presto Cogoleto per intraprendere la via del mare. (Nota di riferimento: Archivio Stato Genova. atto di procura del 30 settembre 1452 Notai Antichi n.1584 not. A. De Franchi). Assumono grande importanza anche le parole scritte da Cristoforo Colombo nel 1501, in una lettera indirizzata ai reali di Spagna: Egli così si esprime: "Muy altos Reyes: de muy pequena hedad entre en la mar navegando y lo he continuado fasta oy". (Note di riferimentoBN. Ms: Res. 21 f7r. ( la lettera è pubblicata a pagg. 444 e seg. nel volume: Cristobal Colon Textos y documentos completos Edicion de Consuelo Varela Nueva Cartas: Edicion de Juan Gil Alianza Universidad 1997. Di fatto Colombo conferma di aver iniziato a navigare sin dalla giovanissima età e di non aver fatto altro. Quindi Cristoforo Colombo di Genova. poi trasferitosi a Savona non potrebbe essere lo scopritore. Infatti come attestano i documenti conservati nella Sala Colombiana dell'Archivio di Stato di Genova , nel periodo 1470/1472 è ancora sotto tutela paterna ed esercita l'arte di tessitore di panni:( Note di riferimento: Archivio Stato Genova Not. Nicola Raggio, filza 2, anno 1470, n. 905 atto del 31 ottobre 1470 nel quale Cristoforo Colombo figlio di Domenico maggiore di diciannove anni, agisce con il consenso del padre per saldare una partita di vino.../ Archivio Stato Savona Not. Tommaso Del Zocco 1327-1 c.358 v. nel quale Domenico, lanaiolo abitante a Savona, e suo figlio Cristoforo dichiarano di dovere a Giovanni Signorio centocinquanta lire di genovini per sette cantari di lane).
Altre versioni ancora lo danno nato sempre in altre località della Riviera di Ponente ligure, ma i documenti storici sono scarsi. Fonti più certe confermano comunque i primi anni d'infanzia sicuramente a Vico Diritto di Ponticello di Genova, e le informazioni storiche diventano ancor più attendibili a partire dal 1470, quando la famiglia si trasferì a Savona, dove rimase almeno fino al 1484. Prima presso Contrada San Giuliano (via dei Cassari), in una casa oggi inesistente, poi nel quartiere Legino, più un podere situato in Via Belvedere di Valcada[10].
Pare che il giovane Colombo non frequentasse la scuola, ma tutte le nozioni gli furono impartite pazientemente dal padre, che voleva avviarlo al proseguimento dell'attività commerciale. Cristoforo però, insieme al fratello Bartolomeo, si interessò principalmente di geografia e cartografia[11], inoltre, soprattutto durante il periodo savonese, si dedicò ad esercitarsi alla navigazione marittima. Egli stesso affermò, in una sua lettera, di aver già cominciato a navigare a Genova, all'età di quattordici anni[12].
L'occasione per le sue imprese navali arrivò nel 1472 quando, contro il parere del padre, accettò di entrare nelle flotte al soldo del Re Reynel Renato d'Angiò per contrastare le navi aragonesi nel Mediterraneo occidentale, quindi di lavorare come mercante marittimo al servizio delle famiglie genovesi Centurione, Di Negro, Imperiali e Spinola[13]. In questo periodo, per le sue ottime qualità, ottenne il grado di Comandante di Vascello, imparando velocemente il castigliano e il portoghese. Nel 1473 partì alla volta dell'isola di Chio in Grecia, navigando con la Roxana, e lì vi abitò per circa un anno[14], alternando dei periodi di navigazione nell'Egeo, nel Mediterraneo, le coste del Portogallo e brevi ritorni in Liguria. Durante i suoi viaggi latinizzò il suo nome (com'era usanza del tempo) nelle firme che poneva su lettere e documenti; in seguito utilizzò come firma anche il nome in lingua castigliana, ovvero Cristóbal Colón.[15].
Il 31 maggio 1476 partì da Noli (SV) sulla Bechalla della repubblica marinara di Genova, comandata da Cristoforo Salvago, insieme a tre galeazze di Squarciafico, Di Negro e Goffredo Spinola, più la baleniera del fratello Nicolò Spinola[16], tutte dirette nelle Fiandre (nell'attuale Belgio), e poi a Bristol, in Inghilterra.
Lungo la rotta però, la flotta fu attaccata da corsari francesi al largo di Capo Vincenzo (Portogallo), dove Colombo riuscì a rifugiarsi a Lagos, nel Portogallo meridionale[17]. Da lì, qualche mese dopo riuscì a ripartire alla volta di Galway (Irlanda), raggiungendo anche l'Islanda, probabilmente nella primavera del 1477[18].
Nel 1478 Colombo tornò in Portogallo, vivendo temporaneamente a Lisbona, dove suo fratello Bartolomeo già lavorava come cartografo, per curare i commerci della famiglia Centurione. Basandosi sulle mappe, sui racconti dei marinai e sui reperti (canne, legni e altro) trovati al largo delle coste delle isole del "Mare Oceano" (antico nome dell'Oceano Atlantico), cominciò a convincersi che al di là delle Azzorre dovesse esserci una terra continentale e che questa non potesse essere altro che quella delle "Indie", ovvero l'Asia, che comprendeva quindi anche il Catai (Cina) e il Cipango (Giappone) descritti da Marco Polo, rendendosi essa raggiungibile da Occidente attraverso la rotta di circumnavigazione marittima della Terra. Si documentò quindi su testi geografici come l'Historia rerum ubique gestarum di Papa Pio II del 1477, quindi l'opera Imago mundi di Pierre d'Ailly (1480) e infine il più noto Il Milione di Marco Polo. Una notevole influenza sulla sua decisione in favore del progetto del lungo viaggio marittimo di "buscar el Oriente por el Occidente" (così fu poi riassunto dalla storia), fu una lettera che nel 1474 Paolo Toscanelli indirizzò al canonico di Lisbona Martins De Reriz, in risposta al quesito postogli da Alfonso V del Portogallo attraverso lo stesso canonico[19]. Nella missiva, il fisico fiorentino riteneva anch'egli percorribile una rotta marittima verso ovest per raggiungere le cosiddette "Indie", tuttavia in errore sui calcoli matematici delle distanze geografiche calcolate.
Nel 1479 inoltre, il navigatore conobbe e sposò a Lisbona Filipa Moniz Perestrello[20], figlia di Bartolomeo Perestrello il Vecchio (navigatore portoghese di origini piacentine e, dal 1419, governatore di Porto Santo[21]). La coppia, a partire dal 1480 circa, si trasferì nell'arcipelago portoghese di Madera, al largo del Marocco, prima sull'isola di Porto Santo, dove nacque il loro unico figlio, Diego, poi sulla stessa Madera[22]. In quell'anno, Colombo si dedicò anche al commercio in proprio[23], tuttavia senza successo. Il fallimento, insieme alla convinzione sempre più forte sul viaggio atlantico e il decisivo incontro con un naufrago il quale, in punto di morte, tracciò addirittura una mappa delle lontane terre a occidente[24], lo fece ritornare a Lisbona, dove continuò a studiare le mappe.
Realizzazione del progetto
Colombo incontrò il re Giovanni II di Portogallo nel 1483[25] dove gli chiese la somma necessaria per il suo progetto, ma dopo aver consultato i suoi esperti il Re rifiutò la proposta.[26] Nel frattempo, la moglie Filipa morì (alcune fonti incerte dicono che fu invece abbandonata) nel 1485, per cause ignote, durante un viaggio a Roma[27]. Ormai da solo e rifiutato dal Re Giovanni II, nulla legava più Colombo al Portogallo[28] che lasciò, in segreto, con suo figlio Diego, trasferendosi in Spagna (Regno di Castiglia), precisamente a Siviglia, dove viveva sua cognata, la ricca sorella della moglie, Briolanja Violante Moniz Perestrello, altresì proprietaria della villa di Tomares e consorte dell'uomo d'affari fiorentino Francesco Bardi. Cristoforo infatti, era alla ricerca di qualcuno che potesse finanziare il viaggio. Oltre Bardi, il navigatore contattò anche il duca di Medina Sidonia, ma questi non ottenne l'appoggio della Corona, e si trovò costretto a rifiutare.[29] Nel marzo del 1486 Colombo si fece anche ospitare dai frati francescani di Rábida, un convento non lontano dal piccolo porto di Palos de la Frontera (Cadice), dove il navigatore già si stava informando su navi ed equipaggi. I porti principali infatti, erano occupati dall'Inquisizione per la massiccia espulsione dei non cattolici (musulmani e successivamente ebrei non convertiti) dalla Spagna.
Nello stesso anno, Colombo tentò di convincere anche Don Luis de la Cerda, duca di Medinaceli ad intercedere per i finanziamenti presso la regina Isabella di Castiglia, la quale, alla fine, decise di incontrare il navigatore[30].
Colombo allora, si stabilì a Cordova[31] già dal 20 gennaio 1486, al cospetto di Alfonso de Quintanilla, tesoriere dei regnanti,[32] come preludio all'incontro con la Regina, tuttavia temporaneamente assente in città. Qui, l'esploratore conobbe i fratelli Luciano e Leonardo Barroia, e l'amico Diego de Arana[33], che gli presentò la cugina Beatriz Enríquez de Arana, dedita al commercio vinicolo e orfana da tempo. Colombo s'innamorò di lei, ma senza sposarla; i due ebbero un figlio nel 1488, Fernando Colombo (Hernando Còlon), secondo ed ultimogenito dell'esploratore[34]. Nello stesso periodo, il navigatore ebbe anche una relazione con Beatriz de Bobadilla, signora di La Gomera, nipote della marchesa di Moya[35], che pare ebbe un ruolo decisivo nel convincere i regnanti ad accettare di finanziare il viaggio.
Nel maggio del 1487 i regnanti Ferdinando e Isabella incontrarono finalmente Colombo[36], che presentò il suo progetto. Una commissione di corte, presieduta da padre Hernando de Talavera (confessore dei re cattolici) e composta da uomini dotti (letrados) come Rodrigo Maldonado de Talavera, si riunì per decidere le effettive possibilità di riuscita, ma il progetto fu respinto alla fine del 1490[37] (nel frattempo, la corte si era trasferita a Salamanca).
Colombo, nei mesi successivi, insistette ancora, con l'aiuto del fratello Bartolomeo, rivolgendosi anche ai sovrani d'Inghilterra e di Francia. All'inizio del 1492, col protrarsi dell'attesa, il navigatore giunse oramai ai limiti delle risorse economiche, al punto da non essere quasi più in grado di provvedere alla sua famiglia[38] costringendolo a vendere libri e disegnare mappe[39].
Padre Juan Pérez, confessore personale della Regina, tramite Sebastiano Rodriguez[40] fece recapitare una missiva alla stessa regina, la quale due settimane dopo fece convocare il padre. Il tesoriere Luis de Santángel, Ferdinando Pinello e altri intanto assicurarono la copertura finanziaria eventualmente richiesta[41] Si riunirono nuovamente gli esperti, mentre Colombo ricevette tramite lettera la comunicazione di una nuova udienza. Decisivo fu anche il contributo del vescovo Geraldini originario della città di Amelia, anche lui confessore della regina Isabella e amico personale di Colombo e del fratello Antonio; per sua insistenza, la Regina si convinse a consentire il viaggio. Colombo avrebbe poi intitolato una delle isole del Nuovo Mondo a Graziosa, madre del Geraldini, e il prelato divenne anche il primo vescovo residenziale delle Americhe.
Colombo si recò a Siviglia, ma i reali si erano da poco trasferiti a Santa Fe, vicino a Granada. Colombo li raggiunse e nell'incontro, i reali furono propensi al finanziamento, ma lui dettò le sue condizioni, ovvero il titolo di ammiraglio e la carica di viceré e "governatore delle terre scoperte" (titolo che doveva altresì essere ereditario), la possibilità di conferire ogni tipo di nomina nei territori conquistati[42] e, inoltre, una rendita pari al 10% di tutti i traffici marittimi futuri. Le richieste furono considerate eccessive e non si fece alcun accordo, per cui Colombo ripartì, ma venne richiamato[43], e le richieste vennero accettate in caso di successo. Durante le trattative, che durarono fino ad aprile, Isabella si fece rappresentare da Juan de Coloma, mentre le bozze furono redatte dallo stesso padre Perez. Il contratto (Capitolaciones de Santa Fe), fu firmato il 17 aprile 1492, con cinque paragrafi integrali.[44]
Le Caravelle
La somma necessaria per l'armamento, pari a 2 000 000 di maravedí, sarebbe stata versata metà dalla corte e metà da Colombo, finanziato a sua volta da un istituto di credito genovese, il Banco di San Giorgio e dal mercante fiorentino Giannotto Berardi. Si trattava, in realtà, di una somma modesta anche per quei tempi: si calcola, infatti, che quella che si sarebbe rivelata come una delle più importanti spedizioni della storia umana, fu finanziata con una spesa complessiva variabile fra gli attuali 20 000 e 60 000 €.[45] Dopo la firma, Colombo lasciò la città il 12 maggio, affrettandosi a giungere a Palos, dove aveva già stretto accordi con gli armatori e navigatori delle due navi più piccole, i fratelli Pinzón (Martin, Francisco e Vicente)[46]. Furono così allestiti tre velieri (di norma definiti caravelle[47]), di cui due, la Santa Maria e la Pinta erano dotati di alberi a vele quadre, mentre l'ultimo, la Niña, era dotato di vela latina. Tecnicamente tutte non potevano definirsi navi dal punto di vista velico, perché non dotate di tre alberi a vele quadre.
A giugno, la Pinta e la Niña furono già pronte[48], sfruttando così il tempo residuo per il reclutamento dell'equipaggio[49]. Nel reclutare i novanta marinai[50], Colombo venne validamente aiutato da Martín Pinzón, che godeva di ottima fama nella città.[51] A Martín Pinzón spettò il ruolo di comandante in seconda di Colombo e l'esecuzione pratica del viaggio, mentre a Colombo spettò la guida come artefice dell'idea[52]. La Pinta, che stazzava 140 tonnellate e la piccola Niña[53] che ne stazzava solamente 100, vennero comandate rispettivamente dai due armatori Martín e Vicente Pinzón[54].
La Santa María, di proprietà del cantabrico Juan de la Cosa e a cui venne confiscata per questa missione, venne allestita per ultima. Venne inizialmente chiamata Gallega in quanto costruita in Galizia e fu lo stesso Colombo a darle il nome di Santa Maria, anche se quest'informazione non è proprio certa; nei suoi diari la chiama Capitana, Ammiraglia, Nao o semplicemente Gallega[55]. Fu l'unico veliero della spedizione che si fregiò del titolo di vera e propria "nave" (in realtà si trattava di una caracca), poiché stazzava 150 tonnellate e, in qualità di nave ammiraglia, era capitanata dallo stesso Colombo. De la Cosa venne anche nominato pilota di flotta per il viaggio.
Primo viaggio: 1492-1493
La partenza della prima spedizione avvenne alle sei del mattino del 3 agosto 1492 da Palos de la Frontera[56], con rotta verso le Isole Canarie per sfruttare i venti. Il 6 agosto[57] si ruppe il timone della Pinta e si credette a un'opera di sabotaggio,[58] quindi furono costretti a uno scalo di circa un mese a La Gomera per le necessarie riparazioni.[38] La Pinta giunse con due settimane di ritardo a causa dell'avaria, tanto che Colombo pensò di sostituirla con un'altra caravella. Si approfittò della sosta per modificare anche la velatura della Niña, trasformandola da latina a quadra per meglio adeguarla alla navigazione oceanica. Va anche detto che a La Gomera era presente la giovane vedova del governatore, Beatriz de Bobadilla y Ulloa, che a quanto pare aveva già avuto uno scambio di cortesie col navigatore.[59]
Le tre navi ripresero il largo il 6 settembre, spinte dagli alisei, dei quali Colombo conosceva l'esistenza. Questi venti spirano sempre da est verso ovest, formando stabilmente una striscia di nuvole galleggiante nell'aria, tanto che l'ammiraglio, nel giornale di bordo, scrisse: «Si naviga come tra le sponde di un fiume». Un'altra, tra le suggestioni del primo viaggio transoceanico, fu la posizione delle navi costantemente rivolte verso il tramonto, oltre che la sensazione di procedere per ampi spazi mai prima toccati.[60] Le caravelle navigarono per un mese senza che i marinai riuscissero a scorgere alcuna terra, cominciando così a provocare un certo nervosismo nell'equipaggio. Il 16 settembre, le caravelle cominciarono ad entrare nel Mar dei Sargassi, e Colombo approfittò dello spettacolo delle alghe galleggianti (un fenomeno tipico di questo mare, che prende il nome dell'alga sargassa), per sostenere che tali vegetali erano sicuramente indizi di terra vicina (cosa in realtà non vera), tranquillizzando temporaneamente i suoi uomini[38] i quali, in realtà, erano ignari di trovarsi ancora a circa mille miglia nautiche dalle coste del nuovo continente.
Dal 17 settembre, si osservò con stupore il fenomeno assolutamente sconosciuto della declinazione magnetica: la bussola infatti, indicava il polo magnetico, distaccandosi sempre di più dal nord geografico, posto leggermente più a est, col rischio quindi di allontanare le navi dalla loro rotta[61]. Questi strani fenomeni fisici, ebbero l'effetto di spaventare i marinai e aumentare inevitabilmente la tensione. Il 6 ottobre Colombo registrò di aver percorso 3652 miglia, già cento in più di quante ne aveva previste. I suoi calcoli geografici delle distanze fino alle Indie infatti, risultarono errati, avendo, di fatto, stimato una rotta almeno nove volte più piccola di quella reale.
Lo stesso giorno vi fu una riunione generale dei comandanti a bordo della Santa Maria, durante la quale Martín Pinzón suggerì di virare da ovest verso sud-ovest[62], cosa che il giorno successivo il comandante fece, avendo visto alcuni uccelli dirigersi verso quella direzione.
Tuttavia, il 10 ottobre ci fu un principio di ammutinamento;[63] Colombo, più che mai fermo nella propria idea e forte degli studi che aveva compiuto nel corso del viaggio, riuscì forse a ottenere un accordo[64]: se entro tre o quattro giorni le vedette non avessero scorto alcuna terra, le caravelle sarebbero tornate indietro[38], oppure si sarebbe deciso diversamente[65]. Giovedì 11 ottobre si ebbero alcuni segnali positivi: oltre l'aumentare degli uccelli in volo, furono avvistati diversi oggetti in mare, fra cui un giunco, un bastone e un fiore fresco[66] che un marinaio pescò in mare[38]. Durante la notte inoltre, Colombo si disse convinto di avere intravisto in lontananza una luce, «como una candelilla que se levava y se adelantaba» ("come una piccola candela che si levava e si agitava").
Fu solo alle due di notte di venerdì 12 ottobre 1492 che Rodrigo de Triana, a bordo della Pinta, distinse finalmente la costa[67] (tuttavia, il premio in denaro promesso al primo che avesse avvistato la terra fu aggiudicato a Colombo)[68]. La mattina, le caravelle riuscirono a trovare un varco nella barriera corallina del Mare Caraibico e gli equipaggi riuscirono a sbarcare su un'isola chiamata, nella lingua locale, Guanahani, e che Colombo battezzò con il nome di Isola di San Salvador; l'identità moderna di questa isola corrisponde, presumibilmente, con quella di un'isola delle Bahamas. Gli spagnoli furono accolti con grande cortesia e condiscendenza dagli indigeni Lucayos, una tribù di nativi del gruppo etnico Taino[69]. Colombo stesso, nella sua relazione, sottolinea più volte la gentilezza e lo spirito pacifico dei suoi ospiti:
«Gli abitanti di essa [...] mancano di armi, che sono a loro quasi ignote, né a queste son adatti, non per la deformità del corpo, essendo anzi molto ben formati, ma perché timidi e paurosi [...] Del resto, quando si vedono sicuri, deposto ogni timore, sono molto semplici e di buona fede, e liberalissimi di tutto quel che posseggono: a chi ne lo richieggia nessuno nega ciò che ha, ché anzi essi stessi ci invitano a chiedere»
(Cristoforo Colombo, prima relazione sul viaggio nel Nuovo Mondo, 14 marzo 1493[70])
La sera del 27 ottobre[71], le caravelle arrivarono fino alla fonda della baia di Bariay[72] a Cuba, nell'attuale provincia di Holguín. Nel diario di bordo di domenica 28 ottobre troviamo scritto: "Es la isla mas hermosa que ojos humanos hayan visto" ("È l'isola più bella che occhio umano abbia mai visto"). Tuttavia, data la mancanza di oro e la condizione primitiva degli indigeni, l'ammiraglio pensò di essere arrivato soltanto in un remoto avamposto della grande civiltà asiatica descritta da Marco Polo[73].
La diserzione di Pinzón e la scoperta di Hispaniola
Già nei primi giorni di novembre del 1492, il Capitano della Pinta Martín Alonso Pinzón riuscì a capire dagli indigeni la probabile esistenza di grandi ricchezze nell'isola di Babeque (oggi Haiti-Repubblica Dominicana)[74] e, dopo alcuni tentativi, decise di proseguire le ricerche senza autorizzazione[75]. Fu così che per circa due mesi la flottiglia si ridusse a due sole caravelle con le quali venne esplorata la parte settentrionale dell'isola Haiti, battezzata "Hispaniola". Giunsero infine nella baia che Colombo chiamò "Bahia de los Mosquitos" (altro nome che sopravvisse nei secoli) e si parlò di un'isola a forma di tartaruga che il navigatore chiamò "Tortuga".[76]
Sempre convinto di trovarsi in Asia, Colombo confuse la parola indigena Cibao (una regione al centro dell'isola) con il ricchissimo Cipango, ovvero il Giappone[77], alla ricerca del quale si mise subito in viaggio superando Capo d'Haiti. Verso la mezzanotte del 25 dicembre, a poca distanza dalla costa, la Santa Maria andò in secco di prua arenandosi sopra un banco corallino. L'Ammiraglio, svegliatosi, ordinò di tonneggiare gettando l'ancora verso poppa per poi trainarla da un argano allo scopo di far retrocedere la nave. Venne quindi gettata in mare una lancia su cui salì anche Juan de la Cosa che, inaspettatamente, decise di dirigersi verso la Niña.[78] La Santa Maria rimase in condizioni precarie e venne abbandonata; a nulla servirono gli ultimi sforzi dei marinai.[79]
L'Ammiraglio, rimasto con una sola caravella, dovette abbandonare parte della ciurma (39 persone in tutto)[80] con la promessa che sarebbe tornato a riprenderli durante il secondo viaggio transoceanico. Fece quindi costruire un forte – La Navidad[81] – a poca distanza dal luogo dell'incidente. Successivamente gli indigeni dissero di aver avvistato "un'altra casa sull'acqua" (la Pinta) ma a nulla servì il messaggio che Colombo cercò di inviargli.[82] Il 4 gennaio si tentò ancora di entrare in contatto mentre il 5 la flotta si riunì nelle vicinanze di Monte Christi. Seguirono l'incontro e le giustificazioni di Martín Alonso Pinzón.[83]
Il capitano della Pinta affermò di essersi recato senza successo a Babeque e di aver fatto scambi proficui con Caonabò, un potente cacicco indio.[84][85] Colombo non gli credette ma lo perdonò in quanto gli era impossibile intraprendere il viaggio di ritorno con una sola imbarcazione.[86] Prima del rientro decisero di trarre in secco le due navi a Capo Samanà per un lavoro di restauro. Il 13 gennaio furono attaccati da una tribù ostile, che Colombo credette fossero i temibili Canibi.[87] Negli scontri si ebbero soltanto alcuni feriti ma Colombo decise comunque di partire prima possibile all'alba del 16 gennaio 1493.[88]
Consapevole che per il viaggio di ritorno la flotta avrebbe dovuto muovere a settentrione per uscire dal regime degli alisei, Colombo risalì fino al 35º parallelo, quasi in linea col parallelo di Capo San Vincenzo in Portogallo. Quindi, il 23 gennaio, puntò la prua a levante.[89] Il navigatore non poteva sapere che in inverno, a tali latitudini, l'oceano Atlantico è sconvolto da violentissime tempeste come quella in cui s'imbatté il 13 febbraio.[90] L'uragano durò circa due giorni, ridusse allo stremo la resistenza delle piccole caravelle e le separò senza alcuna possibilità di manovra. Colombo, temendo il peggio, gettò in acqua un barile che conteneva i documenti e i resoconti dell'impresa (il barile non venne mai ritrovato).[91] Placatasi finalmente la burrasca, Colombo approdò fortunosamente alle isole Azzorre, sull'isola di Santa Maria. Da qui, le malconce Niña e Pinta ripartirono il 24 febbraio arrivando otto giorni dopo a Restelo, nei pressi di Lisbona. Rui de Pina, umanista portoghese alla corte di Giovanni II, scrisse del suo arrivo in Portogallo:
«Il 6 marzo 1493 è arrivato dalle Antille di Castiglia Cristoforo Colombo, italiano...»
Nonostante l'inimicizia dei portoghesi, Colombo venne cortesemente ricevuto da re Giovanni II[92] a Vale do Paraíso, vicino Azambuja, mettendo a sua disposizione il porto di Lisbona per il restauro della caravella. Martín Alonso Pinzón, intanto, era riuscito a giungere a Baiona nell'attuale Galizia ai primi di marzo (rientrando quindi nella Penisola Iberica prima di Colombo)[93]; fece poi vela per Palos arrivandovi poche ore dopo la Niña, già sofferente di una misteriosa malattia che in breve tempo lo condusse alla morte (probabilmente la sifilide).[94]
Colombo aveva portato con sé un po' di oro, tabacco e alcuni pappagalli da offrire ai sovrani quali segni tangibili delle potenzialità delle "isole dell'India oltre il Gange". Condusse anche dieci indiani Taino. Furono giorni di festa nelle città di Siviglia, Cordova e Barcellona, dove l'Ammiraglio giunse il 20 aprile accolto dai sovrani con onori trionfali. Il ricevimento continuò nella cappella di Sant'Anna per celebrare il Te Deum[95] consumando poi un pranzo con il rito della "salva", solitamente riservata alla stirpe di sangue reale.[96] I sovrani lo sollecitarono infine a intraprendere una seconda spedizione.
Secondo viaggio, 1493-1496: le Antille
L'ammiraglio Colombo salpò per il suo secondo viaggio da Cadice il 25 settembre 1493 con 17 navi, fra cui la Niña ora denominata Santa Clara,[97] e un equipaggio di circa 1200 uomini, tra i quali vi erano il figlio Diego, il fratello Giacomo, il padre di Las Casas e il monaco Bernardo Buil. I documenti relativi al viaggio provengono dalle cronache di Diego Alvarez Chanca[98] e di Michele da Cuneo, poiché il diario di bordo andò perduto.[99] Colombo salì al comando della nuova nave ammiraglia: Santa Maria, denominata in seguito Mariagalante.[100] Il 3 novembre la flotta raggiunse Dominica e veleggiò tra le piccole e le grandi Antille. Il 19 arrivarono a Porto Rico e il 22 dello stesso mese Colombo tornò a Hispaniola, dove scoprì che gli uomini dell'equipaggio che aveva lasciato erano stati uccisi e la fortezza rasa al suolo.[101]
Fondò un nuovo avamposto, "La Isabela", sorta sulle rive del rio Bahonito nei primi giorni dell'anno 1494. Le condizioni del luogo e il cibo indigesto fecero ammalare centinaia di uomini entro la fine del mese. L'ammiraglio preoccupato fece partire Antonio de Torres con dodici navi verso l'Europa,[102] cariche di pochissimo oro.[103] Colombo trascorse alcuni mesi nell'esplorazione dell'entroterra alla ricerca di oro e creò un nuovo forte, San Tomás.[104] Il 24 aprile 1494 lasciò l'isola e il 30 aprile giunse a Cuba. Il 12 giugno 1494 si trovò di fronte all'isola di San Giovanni Evangelista a 100 miglia dalla fine dell'isola. Colombo fece firmare a ognuno dei membri delle caravelle un giuramento con il quale si affermava che si era giunti nelle Indie, nel continente.[105]
Colombo cadde malato quando tornò a La Isabela il 29 settembre; intanto era giunto con tre caravelle suo fratello Bartolomeo, giusto in tempo per essere nominato dal fratello, incapace al momento, adelantado (titolo castigliano di nomina regia che nello specifico coniugava i poteri di governatore con quelli di giudice, ma per una regione ancora da conquistare, quindi i poteri venivano conferiti in anticipo, en adelante in spagnolo) della colonia, ovvero delegò ogni potere a lui.[106] Gli spagnoli non furono contenti di tale gesto: lo stesso Margarit con padre Buil al seguito decise di ammutinarsi e prendere le tre caravelle di Bartolomeo per tornarsene in Europa;[107] molti li seguirono. Cominciarono delle battaglie contro gli indigeni, che videro al termine la vittoria spagnola.
Giunse Juan Aguardo inviato dai reali ispanici nell'ottobre del 1495,[108] maggiordomo di corte, il cui compito era quello di osservare, informarsi registrando le testimonianze dei coloni e riferire. Colombo decise quindi di ritornare in Europa ma prima della partenza un violento uragano si abbatté su La Isabela, distruggendo tutte le caravelle tranne la Niña,[109] insufficiente per tornare con tutti gli uomini rimasti. Fece quindi costruire un'altra caravella, pronta nel marzo del 1496, e a quella imbarcazione venne dato il nome di India. Duecento uomini salirono su quelle navi a cui si aggiunsero trenta schiavi fra cui Caonabò, catturato in precedenza,[110] che morì durante il viaggio. Partirono il 10 marzo 1496 e l'11 giugno giunsero a Cadice.
Terzo viaggio, 1498-1500: Venezuela e ritorno a Hispaniola
Dopo due anni trascorsi in Castiglia, incontrò a Burgos i re ispanici e li convinse della necessità di una nuova spedizione. I sovrani stanziarono la somma necessaria per il viaggio e Colombo riuscì così ad armare sei navi, con un equipaggio di circa 300 marinai.[111] La flotta, partita il 30 maggio 1498, diresse verso La Gomera dove le sei navi si divisero: tre proseguirono con Colombo, mentre le restanti proseguirono per le rotte ormai consolidate,[112] verso Dominica. L'ammiraglio puntò con la flotta ridotta verso le isole di Capo Verde, da dove raggiunse poi Trinidad il 31 luglio. Nell'agosto di quello stesso 1498 Colombo esplorò il Golfo di Paria e le coste orientali dell'attuale Venezuela, addentrandosi nel delta dell'Orinoco. Convinto di essere di fronte a piccole isole piuttosto che a un continente, decise di non sbarcare, inviando solamente dei marinai che incontrarono terre ricche di perle.
La flottiglia giunse a Hispaniola l'11 agosto 1498. Colombo cercò la nuova città fondata dal fratello Bartolomeo, Santo Domingo, dove arrivò alla fine del mese; lì fu raggiunto anche dal figlio Diego. Dopo che nella città scoppiò, nel 1499, una rivolta capeggiata da Francisco Roldán (l'alcalde di Isabella)[113] i sovrani ispanici, avvertiti dai reduci dei disordini sull'isola e leggendo delle strane pretese avanzate da Colombo nella sua missiva, nell'estate del 1500 inviarono il militare inquisitore Francisco de Bobadilla, per far luce sull'accaduto[114]. Al suo arrivo, furono placate le rivolte di Roldàn e del suo secondo, Adrian de Muxica, quest'ultimo condannato a morte[115]. Bobadilla accusò quindi i Colombo di cattiva gestione delle colonie e dei relativi disordini causati, arrivando addirittura ad arrestare prima Diego, poi Bartolomeo, quindi lo stesso Cristoforo[116]. Ad ottobre, i tre Colombo ritornarono quindi in Spagna in catene, a bordo della caravella Gorda, giungendo già a fine mese presso Cadice; qui, Cristoforo, ancora incatenato come sua richiesta, consegnò a un suo uomo di fiducia una missiva da recapitare a Donna Juana, sorella di Antonio de Torres, confidente della regina. Isabella lo fece liberare, tuttavia dovette rinunciare al titolo di viceré delle nuove terre[117].
Quarto viaggio, 1502-1504
Dopo l'incontro con i reali avvenuto nel dicembre del 1500 a Granada, il 3 settembre 1501 i reali tolsero la carica di viceré a Colombo e proclamarono governatore e giudice supremo delle isole e della terraferma delle Indie Nicolás de Ovando.[118] L'ammiraglio organizzò un altro viaggio e su insistenti richieste il 14 marzo 1502 i reali accettarono la proposta, ma in cambio non avrebbe portato altri schiavi e non avrebbe dovuto fare scalo a Hispaniola, almeno all'andata; intanto Ovando partì con 32 navi e 2 500 uomini diretti verso Hispaniola.[119] Colombo partì accompagnato dal fratello Bartolomeo e dal figlio tredicenne Fernando.
Le quattro navi concesse fra cui la Santiago,[120] la Gallega, pilotata da Pedro de Terreros, e la Vizcaina, comandata da Bartolomeo Fieschi, salparono da Cadice il 9 maggio 1502. Il pilota era Juan Sánchez Romero, posto sotto gli ordini del comandante Diego Tristan:[121] Colombo era invecchiato tanto da non poter prenderne il comando. Dopo lo scalo a Gran Canaria,[122] si riprese la traversata che finì, 20 giorni dopo, a Martinica. Dopo una sosta di qualche giorno si rivolse verso Hispaniola, città che gli era stato vietato raggiungere. Colombo aveva previsto il sopraggiungere di un uragano, così chiese rifugio per le imbarcazioni a Ovando che rifiutò. L'ammiraglio trovò un altro luogo dove ripararsi ma venti navi partite per il ritorno in Spagna su cui vi erano imbarcati de Torres, Francisco de Bobadilla e Francisco Roldán, vennero distrutte e non ci furono sopravvissuti al disastro,[123] mentre le navi di Colombo si salvarono. Ripartì verso l'America centrale continentale con l'intenzione di trovare un passaggio per le Indie.[124]
Tra il luglio e l'ottobre di quell'anno Colombo costeggiò l'Honduras, il Nicaragua e la Costa Rica. Fra piogge continue, in 28 giorni viaggiarono per 170 miglia.[125] Il 5 ottobre giunse in quello che gli indigeni chiamavano Ciguara, luogo che secoli dopo divenne il canale di Panamá, raggiungendo la città di Panama, il 16 ottobre. Saputo di Veragua, una regione ricca d'oro, pensò allo sfruttamento della zona, talmente impervia però da abbandonare il progetto. Gli indigeni locali ostili, armati con mazze in durissimo legno di palma, in uno scontro uccisero Diego Tristan e alcuni marinai che erano andati con lui in perlustrazione e ne ferirono molti altri, fra cui lo stesso Bartolomeo. Colombo, malato da tempo, decise di abbandonare tutto, Gallega compresa, grazie all'aiuto di Diego Mendez, promosso poi al posto del defunto Tristan; le perdite furono limitate.[126]
Il 16 aprile 1503 Colombo lasciò quei luoghi, ripartendo per Hispaniola, scoprì le Isole Cayman e le battezzò Las Tortugas per le numerose tartarughe marine che vi erano presenti, ma durante la navigazione gli scafi risultavano infestati da dei parassiti, le teredini, comuni nelle acque caraibiche che indebolirono la struttura delle tre navi rimaste. La prima a cedere fu la Vizcaina che venne abbandonata in un'insenatura. Il 25 giugno giunsero nella baia di Santa Gloria. Gli equipaggi furono costretti a sbarcare sulla costa settentrionale della Giamaica. Le navi infatti avevano imbarcato troppa acqua e la spedizione era giunta in Giamaica svuotandole con le pompe e i secchi di bordo. Poco dopo l'arrivo trascinarono le navi in riva e le puntellarono per creare un riparo e una difesa contro gli indigeni. Si trovavano vicini a un villaggio, Maima.[127]
Colombo vietò a chiunque di scendere dalle navi e inviò Diego Mendez con tre uomini al seguito ottenendo permessi per la caccia e la pesca. Si pensò al ritorno e l'ammiraglio ebbe l'idea di creare una canoa permettendo ad un uomo di giungere a Hispaniola: l'incarico fu affidato a Mendez.[128] Alla fine le canoe furono due e l'esempio di Mendez fu seguito da Bartolomeo Fieschi;[129] con loro salirono diversi indigeni, di cui uno morì per la sete venendo poi gettato a mare. Dopo tre giorni di navigazione giunsero a Navassa e a settembre furono a Santo Domingo. Durante le lunghe trattative Francisco Porras e Diego Porras,[130] seguiti da 48 uomini si ribellarono a Colombo, vollero tentare l'attraversata in canoa come i due tempo addietro ma non ebbero fortuna e tornarono arrendendosi. Gli indigeni stavano per ribellarsi ma Colombo riuscì poco dopo a prevedere un'eclissi lunare del 29 febbraio e mandò quindi a chiamare gli indigeni sostenendo che il suo Dio era in collera con loro e avrebbe oscurato il cielo. La sera la luna divenne rossa e il giorno dopo gli indigeni spaventati ripresero a fornire cibo ai superstiti.[131] Nel mese di giugno 1504 giunse Diego de Salcedo con una nave da lui pagata con al seguito una piccola imbarcazione.[132] I soccorritori erano giunti. Il 28 giugno ripartirono per Hispaniola, il 12 settembre alla volta della Spagna, pagando di tasca propria il viaggio di rientro. Arrivò in Spagna il 7 novembre.[123]
A seguito del suo primo viaggio, Colombo fu designato Viceré e Governatore delle Indie, titolo che gli rese possibile l'amministrazione delle colonie nell'isola di Hispaniola con capitale in Santo Domingo. Già al termine del suo terzo viaggio, alla Corte spagnola erano giunte accuse di tirannia e di incompetenza nei riguardi di Colombo, cui la regina Isabella e il re Ferdinando risposero rimuovendo Colombo dalla sua carica, destituendolo dei propri poteri e rimpiazzandolo con Francisco de Bobadilla, un membro dell'Ordine di Calatrava. Bobadilla, che ricoprì la carica di governatore dal 1500 fino al 1502, anno in cui morì a causa di una tempesta, venne incaricato di investigare la veridicità delle accuse, che ponevano al centro il problematico comportamento brutale di Colombo.
Arrivato a Santo Domingo nel mentre in cui Colombo era assente perché impegnato in certe esplorazioni del suo terzo viaggio, Bobadilla venne immediatamente messo al corrente delle lamentele contro i tre fratelli Colombo: Cristoforo, Bartolomeo e Diego. Bobadilla registrò come regolarmente Colombo fece ricorso alla tortura e alla mutilazione come metodi per governare Hispaniola. Il resoconto di Bobadilla risultò quindi un vero e proprio registro di 48 pagine sui problemi che il comportamento dei Colombo causò nell'isola. Il resoconto è stato rinvenuto nel 2006 nell'Archivio Nazionale di Spagna, presso la città di Simancas. Esso contiene le testimonianze di 23 persone, tra amici e oppositori di Colombo, in particolare incentrate sul trattamento dei coloni durante i sette anni di regno.[133][134]
Stando al resoconto di Bobadilla, in un'occasione Colombo punì un uomo colpevole di furto facendogli tagliare orecchie e naso e quindi vendendolo come schiavo. Altri testimoni, sempre registrati nell'istruttoria di Bobadilla, dichiarano che Colombo si congratulò con il fratello Bartolomeo per aver "difeso la famiglia" allorché quest'ultimo costrinse una donna a sfilare nuda per le strade prima di reciderle la lingua, come punizione per aver sostenuto che Colombo fosse di umili origini.[133][134] Il documento di Bobadilla descrive inoltre come Colombo sterminò una buona quantità di nativi dell'isola: prima diede luogo a una severa repressione in cui molti nativi rimasero uccisi, in seguito fece sfilare per le strade i loro corpi smembrati con l'intento di scoraggiare eventuali ribellioni.[135]
Nel suo studio sul resoconto di Bobadilla, la storica Consuelo Varela sottolinea gli aspetti severi del governo di Colombo, non dissimili da quelli di un tiranno, che portarono anche alcuni sostenitori ed amici a riconoscere le atrocità da lui compiute.[133]
A seguito delle accuse mosse contro di loro, Colombo e i fratelli furono arrestati e imprigionati durante il loro ritorno in Spagna dal terzo viaggio; vennero poi rilasciati per ordine di re Ferdinando. Non molto dopo, il re e la regina convocarono i fratelli al palazzo di Alhambra, a Granada. Lì, i reali prestarono udienza alle difese da loro avanzate, ripristinarono il loro stato di libertà e le loro ricchezze e, dopo una determinata operazione di persuasione, accordarono a Colombo il quarto viaggio. Ciò nonostante, vietarono a Colombo qualsiasi potere di governo e di imposizione sulla popolazione. Il titolo di governatore delle Indie Occidentali venne infatti accordato a Nicolás de Ovando y Cáceres.[136]
Ancor prima della scoperta del resoconto di Bobadilla, avvenuta nel 2006, lo storico statunitense David E. Stannard, nel suo saggio Olocausto americano chiarì alcuni punti circa la condotta di Colombo, sottolineando i fattori culturali e quelli personali nonché psicologici che lo pongono al medesimo livello dei conquistadores spagnoli che lo seguirono, giungendo a stabilire sistemi di sfruttamento dei nativi e delle risorse naturali delle terre scoperte. Scrisse Stannard:
«Sotto molti punti di vista, Colombo non fu altro che un'incarnazione attiva e teatrale della mente e dell'anima europea, e in particolare mediterranea, del suo tempo: un fanatico religioso ossessionato dalla conversione, dalla conquista o dallo sterminio di tutti gli infedeli; un crociato degli ultimi giorni in cerca di fama personale e ricchezza, che si aspettava che il mondo immenso e misterioso che aveva scoperto fosse pieno di razze mostruose che abitavano le foreste selvagge e di gente felice che viveva nell'Eden. Provava anche un'intolleranza e un disprezzo tale per tutto ciò che non appariva e non si comportava come lui, per chi non credeva in ciò che lui credeva, che pensò che fosse accettabile imprigionare, rendere schiavi e uccidere le persone che non erano come lui. Fu la personificazione secolare di ciò che più di mille anni di cultura cristiana avevano creato. A questo punto, il fatto che abbia dato avvio a una campagna di orribili violenze contro i nativi dell'isola di Hispaniola non dovrebbe più sorprendere nessuno. Piuttosto sarebbe sorprendente se "non" avesse inaugurato la carneficina.»
(David E. Stannard, Olocausto americano[137])
Chi si oppone alla sovrapposizione netta tra l'operato di Colombo e quello dei successivi conquistatori spagnoli delle Americhe sottolinea come il vero e proprio genocidio dei popoli amerindi non fu dettato esclusivamente dalle brutalità e dallo sfruttamento ad opera dei colonizzatori ma il contesto di un contatto che portò con sé virus e altre malattie che decimarono la popolazione delle Americhe.[138]
Alla fine del 1504 decise di non lasciare più il Regno di Castiglia, anche se in un ambiente a lui ostile. Risiedeva a Siviglia mentre i reali a Segovia. Inviava lettere al figlio, Diego, divenuto cortigiano di corte chiedendo incontri con i reali che non ebbero mai luogo. La regina Isabella, sua protettrice, malata da tempo, nel frattempo era morta, mentre il Re e la corte non compresero l'importanza delle sue scoperte, né accettarono il suo "Memorial des Agravios", un lungo memoriale sui torti ricevuti.
Il figlio riuscì a far ottenere al padre un incontro con re Ferdinando,[140] e per le sue rivendicazioni fu decisa la creazione di un ruolo apposito, di un arbitro, ricadendo su padre Deza tale compito che svolse con dedizione,[141] ma i risultati non furono dei migliori per Colombo. Gli offrirono Carrión de los Condes in cambio di tutte le sue rivendicazioni ma egli rifiutò, giungendo in seguito a Valladolid, morendo il 20 maggio 1506 all'età di 54 anni, alla vigilia dell'Ascensione, a causa di un attacco di cuore dovuto alla sindrome di Reiter, come ipotizzato dallo studioso Antonio Rodriguez Cuartero dell'Università di Granada e dichiarato in una pubblicazione del febbraio 2007.[senza fonte] I sintomi di tale malattia sono stati ritrovati nei diari di Colombo e negli scritti dei suoi contemporanei: dolore durante la minzione, rigonfiamento e indebolimento delle ginocchia e congiuntivite, diventati evidenti negli ultimi tre anni di vita.[142]
Il funerale probabilmente avvenne nella chiesa di Santa Maria de la Antigua, per poi venir sepolto inizialmente nel chiostro di San Francesco.[139] I suoi resti furono poi inumati a Siviglia nel 1518 nella cripta di un monastero a La Cartuja (dove venne poi sepolto anche suo figlio Diego).[139] Nel 1537, sui richiesta del testamento di Diego, le spoglie dei Colombo vennero trasportate a Hispaniola nella cattedrale di Santo Domingo, includendo Cristoforo, la moglie, e i fratelli Bartolomeo e Giacomo; queste ultime volontà furono adempiute dalla vedova di Diego, ma l'autorizzazione di questa venne autorizzata solo con Carlo V; le spoglie furono messe nella tomba della famiglia costruita da Luis Colombo, figlio di Diego, nel coro della cattedrale.[139] Santo Domingo venne occupata da Francis Drake e saccheggiata, inclusa la cattedrale e non è da escludere che i resti di Cristoforo siano stati portati in Inghilterra dal corsaro assieme ai corredi sepolcrali, avendo avuto l'incarico da Elisabetta I di prendere i simboli del dominio spagnolo nelle Americhe.[139] Tempo dopo, l'arcivescovo Francisco Pio sostenne di aver nascosto le spoglie dell'esploratore prima dell'occupazione della città da parte di William Penn, ma non si sa se parlasse delle spoglie di Cristoforo o dei due nipoti Cristobal Colombo II e Luis Colombo.[139] Nella seconda metà del XVIII secolo venne scoperta in una nicchia della cattedrale una cassetta di piombo con dei resti umani; essendo l'isola stata ceduta ai francesi nel 1795, questa venne spostata nella cattedrale dell'Avana e poi, nel 1898 in seguito alla vittoria degli Stati Uniti nella guerra ispano-americana, di nuovo a Siviglia in un elaborato catafalco.[143][144] Nella biblioteca Universitaria di Pavia si conservano, in una teca, alcune piccole ossa di Cristoforo Colombo donate dal nunzio apostolico a Cuba nel 1880.[145]
Nel 1877 durante i lavori di restauro della cattedrale di Santo Domingo, venne scoperta da parte del cappuccino italiano Rocco de Cesinali una cassa di piombo contenente 13 frammenti d'osso grandi e 28 piccoli; su di essa c'era una scritta recitante: «Uomo celebre ed eletto - Don Cristoval Colon - Scopritore dell'America - Primo Ammiraglio».[139] queste spoglie riposano al faro di Colombo, voluto dal governo dominicano (convinto che nel 1795 si siano riportate per sbaglio in Spagna le ossa del figlio Diego) a perenne memoria dello scopritore del continente americano.[143][146] Nonostante ciò, oggi è considerato un falso.[139] In occasione del giubileo del 1892, in previsione di una possibile canonizzazione, l'università di Pavia e Vincenzo Gioacchino Raffaele Luigi dichiararono di possedere già alcune ossa di Colombo, così come il governo spagnolo: le spoglie all'Avana vennero spostate nella cattedrale di Siviglia, ove era già seppellito Fernando Colombo.[139]
Nel giugno del 2002 i professori spagnoli Marcial Castro e Sergio Algarrada hanno cercato di risolvere il problema del luogo di sepoltura di Colombo, reclamato per l'appunto dalla cattedrale di Santo Domingo e da quella di Siviglia. L'intento dei due studiosi era di estrarre, con l'aiuto dell'Università di Granada, del DNA dai resti umani di entrambe le cattedrali e quindi compararlo con il DNA del secondogenito Fernando (figlio naturale avuto dall'unione con Beatriz Enriquez de Arana), la cui identità è certa.[146] Se le autorità andaluse (comunità autonoma dove si trova Siviglia) hanno formalmente chiesto autorizzazione alla cattedrale di Siviglia per riesumare i resti del presunto Colombo, altrettanto non hanno fatto le autorità della Repubblica Dominicana.[143] L'Università di Granada, nel giugno 2003, ha comunque proceduto al prelievo del DNA dalle ossa di Siviglia[147] e a un'osservazione delle stesse.
Proprio in questa fase parve che le ossa non coincidessero con quelle di una persona dalle caratteristiche fisiche, o con l'età al momento della morte, di Cristoforo,[148] ma il DNA isolato (in realtà un piccolo frammento di mtDNA) ha evidenziato una corrispondenza con quello del fratello Giacomo, prova che entrambi ebbero la stessa madre.[149][150] Questa prova, unita ad analisi antropologiche e storiche, ha rafforzato nei ricercatori l'idea che la vera tomba di Cristoforo Colombo sia quella posizionata nella cattedrale di Siviglia.[151] Visto che non è stato possibile esaminare i frammenti umani di Santo Domingo, non è noto se anch'essi appartengano a Cristoforo Colombo.[150][151]
L'impresa navale di Colombo, motivata dal desiderio di raggiungere le Indie e commerciarvi direttamente e più velocemente, fu resa possibile dalla determinazione del viaggiatore genovese ma anche – come avviene nel caso di molte scoperte – da un suo errore. Egli sosteneva infatti che la Terra avesse un diametro più piccolo di quello effettivo.[152] A quell'epoca, in effetti, nessuna nave sarebbe stata in grado di compiere gli oltre 20000 km che separano la Spagna dal Giappone, se non altro perché non esisteva nave capace di stoccare a bordo un quantitativo di provviste sufficienti al compimento del viaggio, che avrebbe richiesto – in condizioni ottimali – più di quattro mesi. I calcoli di Colombo erano sbagliati, mentre quelli dei suoi avversari erano sostanzialmente corretti: Colombo stimava in appena 4400 km la distanza dalle isole Canarie alla costa asiatica, un valore cinque volte più piccolo di quello reale.
La grande fortuna di Colombo fu che il suo viaggio venne molto ridotto, perché sulla strada per le Indie trovò le Americhe, altrimenti la sua spedizione sarebbe sicuramente perita in mezzo all'oceano, o sarebbe tornata indietro. La forte opposizione che Colombo incontrò derivava dal fatto che la traversata oceanica era considerata troppo lunga per essere fattibile e non già dalla credenza che la Terra fosse piatta. Infatti, la consapevolezza della sfericità della Terra era opinione comune già della gente colta del basso Medioevo (per tutti, si possono citare Tommaso d'Aquino e Dante Alighieri). Già dall'antichità, le osservazioni prodotte in ambiente astronomico-matematico ellenistico (dove la circonferenza della Terra era stata accuratamente misurata da Eratostene) erano state riprese e perfezionate dagli scienziati musulmani, che avevano tradotto e studiato quei testi, e dagli studiosi occidentali.
Oltretutto, all'epoca in cui Colombo effettuò i suoi calcoli per il compimento del primo viaggio, il procedimento di Eratostene (che fornisce una stima della misura della circonferenza terrestre con un margine di errore minore del 5%) era disponibile e avrebbe potuto essere ripetuto. Colombo stesso non si rese conto di essere su un continente diverso da quello che si aspettava: in seguito, come annotò sui suoi diari, battezzò le terre scoperte nuevo mundo e nel terzo viaggio dubitò di essere giunto in un nuovo continente.[153] La leggenda che la Terra fosse considerata piatta deriva da un romanzo del 1828, La vita e i viaggi di Cristoforo Colombo di Washington Irving, che, in odio alla Chiesa cattolica, descriveva la falsa immagine di un Colombo unico sostenitore della teoria di una Terra rotonda contro la pretesa ignoranza medioevale imposta dal cattolicesimo[154]. In realtà, come si è scritto in precedenza, l'appoggio ecclesiastico a Colombo fu determinante nel vincere proprio le resistenze dei suoi avversari all'organizzazione e al finanziamento del primo viaggio.