De gratia et libero arbitrio
opera di Agostino d'Ippona / Da Wikipedia, l'enciclopedia encyclopedia
Caro Wikiwand AI, Facciamo breve rispondendo semplicemente a queste domande chiave:
Puoi elencare i principali fatti e statistiche su De gratia et libero arbitrio?
Riassumi questo articolo per un bambino di 10 anni
Il De gratia et libero arbitrio (Sulla grazia e sul libero arbitrio, il cui titolo completo è De gratia et libero arbitrio liber unus ad Valentinum et cum illo monachos) è un trattato scritto da Agostino attorno al 426 e indirizzato ai monaci del monastero di Adrumeto (l’odierna Susa, in Tunisia), che si erano rivolti all’Ipponate per ricevere delucidazioni in merito a «una questione assai difficile e che solo pochi possono capire»[1], ossia il complesso rapporto tra la grazia divina e il libero arbitrio umano. Tale questione costituisce il centro tematico dell’opera e, allo stesso tempo, la sua peculiarità: sull’esistenza del libero arbitrio e della grazia, infatti, Agostino si era già espresso in opere precedenti (tra cui, rispettivamente, il De libero arbitrio, in contrasto con la dottrina manichea dei due principî del bene e del male, e il Contra duas epistolas Pelagianorum, in cui si sostiene la necessità della grazia per il ben operare degli uomini), mentre nel De gratia et libero arbitrio si mettono in relazione i due temi, proponendo una soluzione la cui validità inizialmente sarà messa in discussione (dai monaci adrumetini prima, a cui Agostino risponde con il De correptione et gratia, e dai monaci marsigliesi poi, a cui sono indirizzati i due libri De praedestinatione sanctorum e De dono perseverantiae), per poi essere infine accolta, a distanza di quasi un secolo dalla morte del vescovo, nel Concilio di Orange del 529.[2]
«Certum est nos facere, cum facimus; sed Ille facit ut faciamus, praebendo vires efficacissimas voluntati.»
«È certo che siamo noi a fare, quando facciamo; ma è Lui a fare sì che noi facciamo, fornendo forze efficacissime alla volontà.»
(Libro XVI, capitolo 32)