Friedrich Nietzsche

filosofo tedesco (1844-1900) / Da Wikipedia, l'enciclopedia libera

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Friedrich Nietzsche (Röcken, 15 ottobre 1844Weimar, 25 agosto 1900) è stato un filosofo, filologo e saggista tedesco.

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Friedrich Nietzsche fotografato da Gustav Adolf Schultze nel 1882
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Firma di Friedrich Nietzsche

Nacque Friedrich Wilhelm, come Federico Guglielmo IV di Prussia, poiché il padre, Carl Ludwig, pastore protestante del paese della Sassonia rurale che diede ai natali Nietzsche, era monarchico e conservatore protestante (in seguito Nietzsche, ormai in età avanzata, avrebbe rinunciato al secondo nome, firmandosi sempre Friedrich, pur definendo il padre come una persona amabile).

Fu cittadino prussiano fino al 1869, poi apolide (prese tuttavia parte al conflitto tra Francia e Germania del 1870 in veste di infermiere in un battaglione di artiglieria a cavallo, esperienza che ricordò commoventemente in La nascita della tragedia, da Nietzsche scritta con il ritorno in Svizzera dopo il congedo. Fu infatti congedato solo dopo due settimane di stanza a riserva a Metz, senza mai vedere il combattimento).

Adorava l’Italia, definendo lo spirito italico ricco ed aristocratico, viaggiando per varie località artistiche, dove lavorava alla sua produzione filosofica (Nietzsche si recò a Rapallo, Genova, Torino, Venezia, Roma, Messina, Sorrento e Firenze). Durante la permanenza torinese, Nietzsche scrisse i famosi biglietti di follia: provò a contattare, in tali biglietti, varie personalità illustri dell’epoca: infatti tentò di scrivere al Kaiser di Germania, comandandogli di andare a Roma a farsi fucilare, al papa, imponendogli di consegnarsi alla polizia e, per finire, al re d’Italia Umberto I, da Nietzsche definito come suo figlio.

È annoverato come un pensatore originale e dall'influenza innegabile: di fatto, lui e la sua produzione filosofica influenzarono il pensiero culturale del mondo occidentale nel XX secolo. Il suo pensiero fu un'autentica apertura per nuovi modi di fare filosofia tramite l'informalità e la provocazione.[1][2]

Scrisse vari saggi e opere aforistiche sulla morale, sulla religione (in particolare quella cristiana, schierandosi in favore dell'ateismo), sulla cultura contemporanea e la annessa decadenza dei valori metafisici-religiosi che, assieme all'eredità culturale socratica, hanno sostenuto le vicissitudini del singolo individuo, ora perso e smarrito nel nichilismo; le sue riflessioni sono intrise di una profonda lucidità e avversione alla metafisica e da una forte carica critica, sempre sul filo dell'ironia e della parodia con un accentuato richiamo stilistico derivante dai moralisti francesi, come Montaigne, e dai filosofi illuministi, come Voltaire. Nella sua filosofia si distingue una prima fase tragica e "wagneriana", che comprende La nascita della tragedia e le Considerazioni inattuali, in cui Nietzsche pone una ricerca del tutto originale sulla grecità, la quale riflette di come l'abbandono dello spirito dionisiaco e della sua espressione piena dell'impulso vitale per mano della nuova cultura socratica, la quale rinvenne i valori da Nietzsche definiti "apollinei" quali la razionalità, il contenimento, la genericità e il trattenimento dell'impulso di vivere, abbia generato una decadenza culturale nella quale l'individuo sarebbe smarritosi in sé stesso, trovando solo una certezza salda nella metafisica religiosa cristiana, da Nietzsche definito come "platonismo dei popoli"; è anche la fase in cui appoggia filosoficamente Wagner, da egli frequentato in quei tempi, per una "rinascita mitica" della cultura occidentale partendo dal panorama tedesco e dall'opera totale di egli, vista da Nietzsche come una ripresa della tragedia presocratica di Sofocle ed Eschilo, nella quale si trovò il perfetto equilibrio tra elementi dello spirito dionisiaco, come la musica, e dello spirito apollineo, come la narrazione: il "miracolo metafisico". Di fatto, Nietzsche, vede nella tragedia una metafora dell'uomo, definito un "essere malato", con un chiaro rifacimento a Leopardi, ammirato da Nietzsche: lo spettatore apollineo che osserva passivamente la tragedia e le vicissitudini sul palco, ossia lo spirito dionisiaco; dunque metafora di un passivismo radicatosi nell'individuo nei confronti della vita. Questa fase è anche forte nella presenza di una critica allo storicismo, la "malattia storica": Nietzsche definisce lo studio storico come una metafora di nostalgia e di nichilismo e un impedimento alla vita intesa come vivere nel presente, con un completo disinteresse del futuro o del passato.

Questa fase sarà poi abbandonata e rinnegata con la pubblicazione di Umano, troppo umano, Aurora e La gaia scienza – nella stagione cosiddetta "illuministica" del suo pensiero, nella quale Nietzsche rinverrà la critica al cristianesimo di Voltaire –, per, infine, culminare pochi anni prima del crollo nervoso del 1889 e della paralisi progressiva che metteranno fine alla sua attività[3] nel punto di una terza fase, dedicata alla trasvalutazione dei valori e al superamento radicale del nichilismo e della decadenza, caratterizzata da concetti quali la definizione dell'oltreuomo, dell'eterno ritorno, della morale aristocratica e della volontà di potenza, fase che ha il suo apice (e inizio) con la pubblicazione dell'immensa opera Così parlò Zarathustra, che sarà seguita da altre importanti opere come Al di là del bene e del male, Genealogia della morale, L'Anticristo, Il crepuscolo degli idoli ed Ecce homo, la sua autobiografia.[4] Scrisse, inoltre, nel corso delle sue stagioni di pensiero, alcune opere minori, quali Idilli di Messina, e di critica, quali Il caso Wagner, Nietzsche contra Wagner e, infine, un manoscritto non finito, per sua volontà, e pubblicato dalla sorella Elizabeth, andando contro la volontà di Nietzsche, La volontà di potenza. Morì per una polmonite nel 1900, dopo quasi dodici anni d'infermità, paralizzato, in preda alla demenza vascolare e dopo aver subito numerosi ictus.

Il pensiero di Nietzsche, per quanto indipendente, si inserisce nella corrente dell'esistenzialismo: viene classificato come uno dei pensatori più complessi di tutta la filosofia addirittura mondiale, dato il suo modo di filosofare con la poesia aforistica ed i riferimenti metaforici ad astrologia e meteorologia. Ancor oggi viene definito uno spartiacque tra la filosofia ottocentesca e novecentesca, ed è indubbiamente uno tra i pensatori più influenti della cultura e della filosofia del ventesimo secolo.