Michele Sindona

faccendiere, banchiere e criminale italiano (1920-1986) / Da Wikipedia, l'enciclopedia libera

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Michele Sindona (Patti, 8 maggio 1920[1]Voghera, 22 marzo 1986) è stato un faccendiere, banchiere e criminale italiano.

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Michele Sindona

Dal 1961 è stato il banchiere della Banca Privata Finanziaria (poi fusa nel 1974 con la Banca Unione nella Banca Privata Italiana)[2] e sempre in quel periodo iniziò la sua concertazione con lo IOR, l'Istituto di Credito Vaticano dopo aver conosciuto il Cardinale Montini. Nel 1972 entrò in possesso del pacchetto della Franklin National Bank, ma poco tempo dopo iniziò la crisi delle sue banche che determinarono la bancarotta fraudolenta. Fu inoltre un membro della loggia massonica P2 (tessera n. 0501)[3] e ha avuto chiare associazioni con Cosa nostra e con la famiglia Gambino negli Stati Uniti. Fu coinvolto nell'affare Calvi, e fu riconosciuto come il mandante dell'omicidio di Giorgio Ambrosoli, venendo condannato all'ergastolo.

Avvelenato da un caffè al cianuro di potassio mentre era detenuto nel supercarcere di Voghera, morì all'ospedale della cittadina dell'Oltrepò dopo due giorni di coma profondo, il 22 marzo 1986.

In relazione alle modalità della sua morte, l'istruttoria ha accertato trattarsi di un suicidio, mediante un esperimento giudiziale che ha escluso la possibilità di bere contro la propria volontà un caffè avvelenato al cianuro, per il fortissimo odore emanato da tale sostanza[4]. Alla metà degli anni settanta, aveva un patrimonio stimato in oltre mezzo miliardo di dollari dell'epoca; le sue vicende inoltre costituiscono uno dei punti più inquietanti della storia politico-finanziaria dell'Italia.