Omayyadi
dinastia che regnò sull’omonimo califfato (661-750) e poi su al-Andalus (756-1031) / Da Wikipedia, l'enciclopedia encyclopedia
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Omayyadi (al sing. omayyade, pron. [oˈmajade][1]), o Omaiadi (anticamente anche Ommiadi[2]), è il nome di due distinte dinastie califfali arabe che fanno derivare il loro nome dal clan di appartenenza, i Banū Umayya (in arabo بنو أمية?), a sua volta parte della tribù dei Banū Coreisciti della Mecca. All'epoca del profeta Maometto il clan era uno dei più ricchi della Mecca e, come tale, governava di fatto la città insieme ad altre potenti famiglie in quella che è stata definita una "repubblica oligarchica mercantile".
Il personaggio di maggior rilievo era Abū Sufyān, figlio di Ḥarb, che contrastò a lungo l'attività di Maometto e si sottomise al nuovo modello religioso e politico solo quando gli fu inevitabile. La sera prima della resa della città a Maometto, nell'anno 630, accompagnato dai figli Yazīd e da Muʿāwiya, probabilmente su pressione dello zio del profeta al-ʿAbbās b. ʿAbd al-Muṭṭalib (eponimo degli Abbasidi), si recò nel campo armato di Maometto e fece dichiarazione di fede islamica, sancendo di fatto la fine delle ostilità fra musulmani e pagani della Mecca e la vittoria dei primi.
I vantaggi per la sua famiglia furono subito evidenti. Abū Sufyān poté mantenere intatto il suo patrimonio e i suoi figli furono completamente coinvolti nella conduzione politica della Umma. Il primogenito ebbe incarichi militari di spicco (che lo porteranno poi a comandare uno dei corpi di spedizione in Siria e al suo governatorato all'epoca di ʿUmar ibn al-Khaṭṭāb), il secondo fu segretario del Profeta trascrivendo alcune Rivelazioni coraniche per poi accompagnare il fratello come suo alfiere in Siria e raccogliendone l'eredità governatoriale quando morì di peste ad Emmaus (ʿUmwās) nel 639.