Janna (in arabo جنّة?, Ǧanna) è il nome che indica il paradiso nell'Islam.

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Maometto visita il Paradiso (miniatura persiana del XV sec.)
Disambiguazione – Se stai cercando altri significati, vedi Janna (disambigua).

Esso deriva dall'espressione biblica ebraica גַּן עֵדֶ, Gan ʿEḏen, ossia - come traduce Giovanni Paolo Tasini[1] - Giardino in Eden o, più correntemente, Giardino nell'Eden (o dell'Eden). L'arabo Janna ne è un'abbreviazione, con il medesimo significato di "Giardino".

Un altro termine arabo[2] è Firdaws (in persiano فردوس), derivato dall'avestico pairi-daëza.[3] Esso ha dato origine anche alla parola greca parádeisos (παράδεισος), il cui significato è appunto quello di "giardino, luogo recintato".[4]

Attraverso la lingua greca, il termine è stato acquisito dalla lingua italiana[5].

Escatologia islamica

Lo stesso argomento in dettaglio: Escatologia islamica.

Secondo l'escatologia islamica, ogni essere umano, dopo la morte, entrerà nella tomba fino alla sua resurrezione fissata da Dio nel Giorno del Giudizio. I musulmani credono che nella tomba egli riceverà due angeli, Munkar e Nakīr, che lo sottoporranno a un interrogatorio mirante a certificarle la retta fede e, in caso sfavorevole, a sottoporlo al cosiddetto Supplizio della tomba.

Il Corano contiene numerosi riferimenti a una vita precedente dell'uomo nell'Eden, da cui poi Adamo ed Eva sarebbero stati precipitati sulla Terra, l'uno nei pressi di Ceylon, la donna a Gedda (Judda). Nel luogo del loro incontro, La Mecca, Dio avrebbe fatto calare dai Cieli la Kaʿba primeva, di cui sopravvive oggi la sola Pietra Nera.

Per i credenti musulmani vale quanto specificato nella Sura coranica detta del Tuono (al-Raʿd):

«S'assomiglia il Giardino promesso ai timorati di Dio a qualcosa sotto la quale scorrono i fiumi,[6] e i suoi frutti saranno perenni, e la sua ombra. Questa sarà la Dimora Finale di quelli che temono Iddio, ma la Dimora Finale degli empi è il Fuoco»

Secondo l'Islam, al contrario di quanto a lungo si è sostenuto nel Cattolicesimo, dal momento che tutti gli esseri umani nascono senza peccato (essendo del tutto sconosciuto il principio del "Peccato Originale"), i bambini morti prima della pubertà, età che li renderebbe appieno responsabili legalmente (mukallaf), entreranno comunque nel Paradiso, a prescindere dalla fede dei genitori e dell'ambiente nel quale sono nati, secondo la formula che recita "Veniamo da Dio e a Lui ritorneremo", frase che ha particolarmente attirato l'attenzione e la speculazione degli ambienti mistici (sufi) islamici.

Secondo la dottrina teologica islamica, il Paradiso è collocato sotto il Trono di Allah, sopra il Cielo più alto, e viene distinto dall'Eden in cui vissero Adamo ed Eva.

A sua volta, il più alto livello del Paradiso è quello in cui sono posti i profeti dell'islam, i martiri e i più religiosi fra i musulmani.

I musulmani credono che sia solo Dio, nella Sua insondabile e insindacabile Volontà, a determinare l'ingresso nel Paradiso degli uomini, fossero anche appartenenti ad altre religioni. Per la sua Onnipotenza, è solo per Sua grazia che il pio musulmano spererà quindi di esserne ricompensato alla fine dei suoi giorni terreni, il cui termine è fissato da Dio.

Le huri (ḥawrā) e i ghulām

Lo stesso argomento in dettaglio: Urì e Ghilman.

I maschi islamici, che avranno accesso al paradiso, secondo il Corano, avranno a disposizione un numero imprecisato di spose vergini con le quali praticare sesso al piacere per l'eternità.

Appartiene alla sfera delle pie leggende islamiche la convinzione popolare - ampiamente ripresa in termini polemici negli ambienti ostili all'Islam - circa la presenza nel Paradiso di 72 vergini, pronte a soddisfare i desideri dei beati: le urì.

Il Corano parla solo di un generico numero di "spose purissime" (Cor. II:25; III:15; IV:57;) di "fanciulle, modeste di sguardo, bellissime d'occhi" (Cor., XXXVII:48), di "fanciulle dai grandi occhi neri" (Cor., XXXVIII:52; LII:20; LV:72; LVI:22), di "fanciulle dallo sguardo modesto, mai prima toccate da uomini e jinn" (Cor., LV:56 e 74), di "fanciulle buone e belle" (Cor., LV:70) o di "fanciulle coetanee dal seno ricolmo" (Cor., LXXVIII:33). Lo stesso ʿĪsā (ovvero Gesù) avrebbe a disposizione delle urì e la loro età eterna sarebbe di 33 anni, come l'età di quando fu chiamato in cielo da Allah[8].

Oltre alle urì, vi è nel paradiso islamico anche la presenza dei ghulām, ossia di paggi, al servizio delle donne beate: "E s'aggireranno tra loro giovani a servirli, giovani come perle nascoste nel guscio" (Cor., LII:24).

Note

Bibliografia

Voci correlate

Collegamenti esterni

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