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Il Museo nazionale dell'ebraismo italiano e della Shoah (sigla: MEIS), noto anche come ex Carcere di via Piangipane, è dedicato alla storia degli ebrei e della Shoah in Italia; si trova a Ferrara in Via Piangipane 81, nelle vicinanze dell'antica cinta muraria rinascimentale, nel tratto dei Rampari di San Paolo. La struttura, precedentemente adibita a prigione e in seguito a carcere circondariale, dal 2011 è appunto sede del "Museo Nazionale dell’Ebraismo Italiano e della Shoah", animato dal progetto di raccontare più di venti secoli di storia degli ebrei in Italia,[2] non meno che di essere polo culturale di reciproco riconoscimento, incontro e antidoto contro la sottocultura del sospetto e della discriminazione: «Con la creazione del MEIS, lo Stato italiano si è impegnato a offrire al pubblico la prima presentazione organica del patrimonio e dell’eredità dell’ebraismo italiano, nonché una straordinaria opportunità di conoscenza, informazione, storia, identità e turismo culturale».[3][4]
Museo Nazionale dell'Ebraismo Italiano e della Shoah (MEIS), ex Carcere di via Piangipane | |
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Ubicazione | |
Stato | Italia |
Località | Ferrara |
Indirizzo | via Piangipane, 81 |
Coordinate | 44°50′07.67″N 11°36′48.27″E44°50′07.67″N, 11°36′48.27″E |
Caratteristiche | |
Tipo | Carcere, Storia, Resistenza, Ebraismo |
Direttore | Amedeo Spagnoletto[1] |
Responsabile della gestione del Museo è la Fondazione MEIS, istituita dal Ministero della Cultura, socio fondatore, in partecipazione con più enti: la Regione Emilia-Romagna, il Comune di Ferrara, l’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane (UCEI). Presidente della Fondazione è dal dicembre 2015 Dario Disegni. Fanno parte del Consiglio di Amministrazione: Gloria Arbib, Daniele Mezzetti, Giovanni Franco Pernisa e Daniele Ravenna. Direttore del Museo è dal giugno 2019 Amedeo Spagnoletto.
Il Museo ha nei suoi interni, oltre agli spazi espositivi, Biblioteca per consultazione e prestito, libreria e aula didattica, laboratori didattici, archivio e centro di catalogazione, auditorium, ristorante, bookshop, oltre ad ambienti di visita guidata all'aperto, come "Il giardino delle domande".[2][5]
Come nel caso del Museo storico della Liberazione, «non si tratta quindi [solo] di un museo nel senso più comune del termine, ma piuttosto di un realistico e reale monumento, un documento storico che ne contiene altri e le cui stesse pareti [e gli esterni, nel caso del MEIS,] sono testimoni capaci di suscitare emozione».
Poiché la storia della comunità (ebraica) ha attraversato fasi alterne di integrazione e scambio non meno che tempi di persecuzione, chiusura e isolamento, volontario o forzato che fosse, i documenti e metadocumenti che il museo raccoglie e offre, tra materiali biblioiconografici, le mostre e i percorsi di informazione e altri, riflettono un’esperienza che appartiene alla comunità civile e culturale e in cui essa può rispecchiarsi.[2]