Verona
comune italiano, capoluogo dell'omonima provincia in Veneto / Da Wikipedia, l'enciclopedia encyclopedia
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Verona (ascoltaⓘ, AFI: /veˈrona/[5][6]) è un comune italiano di 255 121 abitanti,[1] capoluogo dell'omonima provincia in Veneto. Primo comune della regione per popolazione, si trova al margine settentrionale della Pianura Padana, lungo il fiume Adige e ai piedi dei monti Lessini.
Verona comune | |
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Panorama di Verona dal piazzale di castel San Pietro | |
Localizzazione | |
Stato | Italia |
Regione | Veneto |
Provincia | Verona |
Amministrazione | |
Sindaco | Damiano Tommasi (indipendente di centro-sinistra) dal 27-6-2022 |
Territorio | |
Coordinate | 45°26′19″N 10°59′34″E |
Altitudine | 59 m s.l.m. |
Superficie | 198,92 km² |
Abitanti | 255 121[1] (30-11-2023) |
Densità | 1 282,53 ab./km² |
Frazioni | Vedi lista |
Comuni confinanti | Bussolengo, Buttapietra, Castel d'Azzano, Grezzana, Mezzane di Sotto, Negrar di Valpolicella, Pescantina, Roveré Veronese, San Giovanni Lupatoto, San Martino Buon Albergo, San Mauro di Saline, San Pietro in Cariano, Sommacampagna, Sona, Tregnago, Villafranca di Verona |
Altre informazioni | |
Cod. postale | 37121-37142 |
Prefisso | 045 |
Fuso orario | UTC+1 |
Codice ISTAT | 023091 |
Cod. catastale | L781 |
Targa | VR |
Cl. sismica | zona 2 (sismicità media)[2] |
Cl. climatica | zona E, 2 468 GG[3] |
Nome abitanti | veronesi o scaligeri[4] |
Patrono | san Zeno |
Giorno festivo | 21 maggio |
Cartografia | |
Sito istituzionale | |
Di origine preistorica, l'abitato venne rifondato dai Romani all'interno dell'ansa del fiume intorno alla metà del I secolo a.C., rimanendo sotto il governo dell'Impero fino al V secolo, quando venne occupato dal re germanico Teodorico il Grande. Entrò a far parte prima del dominio dei Longobardi e poi dei Franchi, rimanendo fedele nei secoli successivi agli imperatori del Sacro Romano Impero. Divenne libero Comune all'inizio del XII secolo per poi prosperare sotto la Signoria degli Scaligeri. Si dedicò alla Serenissima nel 1405, passando sotto il governo della Repubblica di Venezia. Occupata militarmente da Napoleone nel 1797, nel 1815 divenne parte dell'Impero austriaco che la trasformò nella sua maggiore piazzaforte militare in territorio italico, per essere annessa al Regno d'Italia nel 1866.
Verona è stata dichiarata patrimonio dell'umanità dall'UNESCO per le peculiarità urbanistiche e per il patrimonio artistico e culturale.[7] Il suo simbolo è l'Arena ed è conosciuta nel mondo per l'opera di William Shakespeare Romeo e Giulietta. Sede universitaria e importante snodo di scambio logistico e intermodale tramite il Quadrante Europa, l'industria riveste un ruolo chiave nell'economia della città, come il turismo fieristico e culturale.[8]
Territorio
L'abitato di Verona si situa in posizione centrale rispetto al territorio comunale, il quale è caratterizzato da una notevole eterogeneità di paesaggi a causa della particolare collocazione geografica e dell'escursione altitudinale, che va dai 30 metri della pianura agli oltre 600 della zona pedemontana. La città, che sorge lungo le rive del fiume Adige nel punto in cui questo entra nella Pianura Padana e forma un caratteristico doppio meandro, è posta a cavallo tra le propaggini meridionali dei monti Lessini che contornano la città a Nord e la pianura che si apre a Sud del corso del fiume.[9]
Nelle dorsali collinari, conosciute con il nome di Torricelle, si possono individuare un'alternanza di aree boscate e praterie aride, ma sono presenti anche formazioni vegetali, sia naturali sia coltivate, tipiche dei climi submediterranei, in particolare nelle porzioni di territorio meno elevate ed esposte a sud. Gli oliveti sono l'espressione più significativa di questa tipicità, in quanto la loro coltivazione si estende fino a circa 400 metri di quota. Le opere di sistemazione dei versanti sono rappresentate principalmente dalle marogne, ovvero da terrazzamenti con muri a secco che, oltre a rappresentare un pregevole esempio di prevenzione dal rischio idrogeologico, hanno anche un valore architettonico e paesaggistico intrinseco. Infine, il fondovalle della fascia collinare è inciso da diversi torrenti, localmente detti progni o vaj, chiamati (da Ovest verso Est) Quinzano, Borago, Galina, Valpantena e Squaranto.[10]
Altro elemento distintivo del paesaggio è l'Adige, che condiziona fortemente le forme del territorio sia nel tratto urbano sia in quello extraurbano, per via sia del suo sviluppo ma anche per la presenza di paleoalvei e terrazzamenti fluviali tracciati dai suoi antichi percorsi.[11] L'ambito fluviale è ormai quasi privo di elementi di naturalità, a causa degli interventi di regimazione idraulica e della diffusa antropizzazione, nonostante ciò si conservano alcuni elementi seminaturali a valle dell'abitato: il nucleo boscato più consistente è quello dell'isola del Pestrino, che rappresenta l'unica morfologia fluviale sopravvissuta agli interventi di sistemazione idraulica di difesa dalle piene nel tratto di fiume entro i limiti comunali; nel parco della villa Bernini Buri si conserva una formazione boschiva con elementi delle antiche foreste planiziali; altri nuclei boscati si trovano nell'ambito del parco dell'Adige Sud.[12]
L'ambito della pianura, modellata dalle alluvioni del fiume, è l'elemento che più ha sofferto le trasformazioni antropiche e che quindi presenta minori connotati di pregio e originalità.[11]
Idrografia
L'Adige scorre a Verona all'interno di possenti muraglioni, argini costruiti dopo la terribile alluvione del 1882 per proteggere la città da altre piene. Il fiume ormai si limita ad attraversare la città rinchiuso tra questi argini in mattoni di laterizio, ma fino a tempi relativamente recenti la città era particolarmente legata al suo fiume, per via delle numerose attività commerciali e industriali che la sua notevole portata consentiva di svolgere. Inoltre l'Adige era una via di comunicazione di primaria importanza, navigabile fino a Trento: esso è stato utilizzato sin dall'antichità per il trasporto di merci e il suo tragitto era quindi servito da approdi, da caselli daziari, da torri utilizzate per sostenere catene, tese da una parte all'altra del fiume per trattenere le merci (a Verona è ancora presente quella a monte della città), e da castelli e forti.[13] A sud della città, nel rione Filippini, è presente la dogana di San Fermo, che si affaccia sull'Adige attraverso una grande darsena e la relativa dogana di fiume, anche se quest'ultima conserva solo le pareti perimetrali a causa dei bombardamenti che l'hanno gravemente danneggiata durante la seconda guerra mondiale.[14] Fino all'Ottocento, quindi, Verona e i borghi che si affacciavano sul fiume avevano un'economia collegata direttamente alla presenza dell'acqua: lungo le sue rive venivano lavorati i blocchi di marmo e il legname che venivano poi trasportati dalle sue acque, sorgevano cantieri navali, numerosi mulini galleggianti, idrovore, depositi merci, piccole industrie e attività artigianali.[15]
All'interno dell'abitato il fiume formava alcuni rami secondari, non più esistenti. Presso il teatro romano si staccava sulla sinistra il canale dell'Acqua Morta, così detto per il lento fluire delle acque che, nelle epoche successive a quella romana, persero progressivamente di portata e velocità. Questo canale si ricongiungeva al ramo principale presso il ponte Navi, formando il cosiddetto Isolo, un'isola fluviale costituita da sedimenti ghiaiosi.[16] Vi era poi l'Adigetto, che era invece un largo fossato ampliato in età medievale a scopo difensivo, che si separava dall'Adige poco prima di Castelvecchio e costeggiava a sud le mura comunali, congiungendosi all'Adige poco a valle dell'odierno ponte Aleardi.[17] Oltre a questi due rami principali vi erano anche i cosiddetti vò, più di settanta collegamenti che garantivano lo scambio tra acqua e area abitata.
Caratteristici erano i mulini, costruiti su una piattaforma o pontone galleggiante, in modo da potersi adattare al variare del livello delle acque. Sul pontone si trovavano la ruota a pale e un capanno di legno che ospitava la macina, mentre un ponticello detto peagno li collegava alla riva. Documentati fin dal Medioevo, molti di essi erano controllati dai vari monasteri locali, che anticamente avevano il diritto di sfruttamento delle acque del fiume; gruppi di mulini si trovavano in particolare in prossimità della basilica di San Zeno, nella porzione di fiume compresa tra le chiese di San Giorgio in Braida e la Cattedrale, e presso via Sottoriva. Il loro numero aumentò nei secoli fino a superare le 400 unità nel corso del XIX secolo, per poi calare sensibilmente a causa della crescente industrializzazione di Verona, fino alla totale scomparsa all'inizio del Novecento.[18]
La piena del 16 settembre 1882, che invase buona parte della città distruggendo centinaia di case, due ponti e causando diverse vittime, costrinse a modificare profondamente l'assetto dei corsi d'acqua; molte di queste opere furono costruite nel periodo tra il 1885 e il 1899, mutando per sempre l'aspetto della città. L'alveo dell'Adige fu ampliato e ripulito, vennero edificati i cosiddetti muraglioni lungo tutta la città mentre furono interrati l'Adigetto e il ramo dell'Acqua Morta.[15] Per ridurre la portata del fiume nel suo percorso urbano si realizzò il canale industriale Camuzzoni, che partendo da Chievo (dove nel 1923 sarà realizzato anche un ponte-diga) percorre 7,5 km in direzione sud-est fino a rientrare nell'Adige a valle della città.[19]
Clima
Il Veneto presenta peculiari caratteristiche climatiche determinate dalla sua collocazione alle medie latitudini, da cui derivano i caratteristici effetti stagionali, e dal fatto che la Regione si pone in una zona di transizione fra l'Europa centrale, in cui predomina l'influsso delle correnti occidentali e dell'oceano Atlantico o, in alcune occasioni, di quelle nordorientali più fredde e asciutte di origine euroasiatica, e l'Europa meridionale, dove invece domina l'influsso degli anticicloni subtropicali e del mar Mediterraneo. A questi influssi di livello macro-territoriale si associano altri importanti fattori che influenzano in modo significativo il clima a livello regionale, il quale si va così a definire in specifiche sotto-zone climatiche, che nel caso specifico del territorio veronese si possono individuare: l'appartenenza alla pianura padano-veneta, delimitata sia a nord sia a sud da catene montuose e con un'apertura principale verso est; la presenza di una vasta area montana a orografia complessa; la presenza del lago di Garda a ovest.[20]
A livello di scala territoriale, l'area si caratterizza da un clima di pianura, temperato umido. Nel veronese prevale infatti un certo grado di continentalità con inverni relativamente rigidi ed estati calde, e temperature medie annue che si aggirano intorno ai 13-14 °C. In condizioni di tempo anticiclonico la massa d'aria che sovrasta la pianura manifesta condizioni di elevata stabilità o di inversione termica al suolo, che si traducono in fenomeni stagionali quali le foschie, le nebbie, le gelate, l'afa e l'accumulo di inquinanti in prossimità del suolo. Al verificarsi di tali fenomeni contribuiscono la presenza di importanti fonti di umidità, come le aree irrigue e il lago di Garda, i quali sono in grado di rifornire la massa d'aria in vicinanza del terreno di vapore acqueo.[21] Infine, scendendo di scala, a livello microclimatico la copertura e l'uso del suolo risultano significativi, determinando la formazione di isole di calore in città e nel suo immediato circondario.[20]
Le precipitazioni sono distribuite abbastanza uniformemente durante l'anno, tuttavia l'inverno è solitamente la stagione più secca mentre nelle stagioni intermedie prevalgono le perturbazioni atlantiche e mediterranee. In estate i fenomeni temporaleschi risultano abbastanza frequenti e spesso associati a grandine, tuttavia sono distribuiti in modo molto irregolare.[21] Il territorio scaligero è caratterizzato, per quanto concerne le precipitazioni, da un andamento crescente spostandosi da Sud verso Nord: se nelle Valli Grandi Veronesi si rilevano le precipitazioni minime, di circa 700 mm, esse arrivano a 800 mm nel territorio del comune di Verona, situato a cavallo tra la pianura e la zona collinare, mentre risalendo verso la fascia pedemontana si arriva ai 900–1100 mm della Valpolicella, della bassa Lessinia e della parte meridionale del massiccio del monte Baldo, con valori crescenti nei settori più settentrionali di Lessinia e Baldo fino ad arrivare a valori superiori ai 1 500 mm nella Lessinia nord-orientale e sul gruppo del Carega.[22]
VERONA VILLAFRANCA (1991-2020)[23] | Mesi | Stagioni | Anno | ||||||||||||||
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Gen | Feb | Mar | Apr | Mag | Giu | Lug | Ago | Set | Ott | Nov | Dic | Inv | Pri | Est | Aut | ||
T. max. media (°C) | 7,1 | 9,7 | 14,5 | 18,8 | 23,9 | 28,1 | 30,4 | 30,3 | 25,1 | 18,8 | 12,4 | 7,6 | 8,1 | 19,1 | 29,6 | 18,8 | 18,9 |
T. media (°C) | 3,3 | 5,0 | 9,3 | 13,3 | 18,4 | 22,6 | 24,7 | 24,6 | 19,7 | 14,2 | 8,7 | 3,9 | 4,1 | 13,7 | 24,0 | 14,2 | 14,0 |
T. min. media (°C) | −0,5 | 0,3 | 4,0 | 7,8 | 12,7 | 17,0 | 18,9 | 18,9 | 14,3 | 9,7 | 4,9 | 0,2 | 0,0 | 8,2 | 18,3 | 9,6 | 9,0 |
Precipitazioni (mm) | 35,8 | 33,9 | 41,4 | 63,5 | 66,1 | 64,8 | 60,2 | 64,5 | 79,2 | 73,4 | 83,0 | 59,1 | 128,8 | 171,0 | 189,5 | 235,6 | 724,9 |
Giorni di pioggia | 5 | 4 | 5 | 8 | 7 | 7 | 5 | 5 | 6 | 7 | 8 | 7 | 16 | 20 | 17 | 21 | 74 |
L'origine del toponimo Verona è sconosciuta e nel tempo sono state formulate diverse ipotesi sulla sua derivazione, di cui alcune già in epoca medievale: ad esempio una suggestiva leggenda raccolta dal cronista Galvano Fiamma riferisce che il capo gallico Brenno, mitico fondatore della città, chiamò il nuovo centro abitato Vae Roma, ovvero Guai a te Roma, a seguito di una campagna bellica contro lo stato romano.[24][25] Altri racconti collegano invece il nome a un ipotetico imperatore Verus Antonius Pius o Marcus Antonius Verus (intendendosi forse Marco Aurelio), anche questi creduto fondatore della città e dei principali monumenti, oppure si pensava che il nome potesse derivare da una famiglia etrusca di nome Vera, in base a quanto raccontato in un testo antico, che in realtà era stato falsificato sul finire del Quattrocento da Annio da Viterbo.[26]
In ambito glottologico si sono realizzati studi caratterizzati da risultati discordanti. Si è per esempio ipotizzato che questo toponimo potesse avere origine veneta, trovando un confronto con il suffisso di Glemona, oppure celtica, in quanto la stessa terminazione è presente in diversi toponimi gallici.[27] In questo caso si può ritenere che il toponimo rientri in una famiglia di parole di origine celtica cui appartiene anche il termine in irlandese antico feronn, che continua con un originario werona e che ha il significato di territorio delimitato, recintato e difeso,[26] oppure che derivi dalla radice celtica wern o bern, che ha il significato di fiume.[25]
Il medesimo suffisso -ona ha portato anche a sostenere la tesi che Verona possa derivare dalla lingua etrusca, tanto che in Toscana si trovano diversi toponimi che terminano in questo modo, di cui alcuni meno conosciuti sono molto simili se non addirittura identici: vicino a Lamporecchio si trova infatti un luogo chiamato Verona, ma si possono rintracciare anche Verone, Verrone e, non molto distante da questi, un Veròlla (già Verunula).[28] Il significato in questo caso potrebbe essere quello di verone inteso come terrazza o poggiolo,[29] che può apparire corretto (almeno semanticamente) se si pensi che l'abitato preromano sorgeva sopra il colle San Pietro, su un vero e proprio terrazzo naturale che dominava la pianura sottostante, su cui successivamente sarebbe stata fondata la Verona romana.[30]
Fondazione
L'area in cui sorge Verona è stata abitata fin dal neolitico, in quanto zona di passaggio obbligato delle comunicazioni tra la zona orientale e quella occidentale della Pianura padano-veneta a nord del fiume Po:[31] un villaggio doveva probabilmente sorgere presso la zona meridionale di colle San Pietro, in prossimità di uno dei pochi punti guadabili del fiume Adige.[32] Questa è in effetti un'area ricca di reperti e vi si sono rinvenute alcune tracce delle case che potevano formare l'antico villaggio.[33] In epoca protostorica attorno al villaggio gravitavano i Galli Cenomani, che si stanziarono nei territori a occidente del fiume, i Veneti, che abitavano i territori a oriente, e i Reti, che invece stazionavano nella zona alpina.[31][34]
Gli storici latini non riuscirono a identificare una origine certa del villaggio preromano e accreditarono la fondazione della città ai Veneti o ai loro predecessori Euganei, ai Galli Cenomani, ai Reti o addirittura agli Etruschi:[35] lo storico Polibio per esempio afferma che ai suoi tempi, ovvero nel II secolo a.C., l'etnia veneta era quella preponderante nella popolazione della città, ed effettivamente la presenza veneta è ben documentata da ritrovamenti avvenuti presso il colle San Pietro;[36] Plinio il Vecchio ipotizza invece che la fondazione sia avvenuta insieme da parte di Reti ed Euganei;[37] la fondazione da parte dei Galli Cenomani fu invece sostenuta da Tito Livio.[38]
Storia antica
I primi contatti fra l'antica Roma e Verona sono documentati intorno al III secolo a.C. e furono fin da subito caratterizzati da rapporti di amicizia e alleanza. Nel 390 a.C. infatti i Galli Sénoni di Brenno invasero la stessa Roma e, forse proprio grazie a un'azione diversiva dei Veneti, essi furono costretti a venire a patti con i Romani,[39] ma anche successivamente Galli Cenomani e Veneti aiutarono i Romani in battaglia, perfino durante la conquista della Gallia Cisalpina.[40] Proprio con la conquista e la colonizzazione romana della Pianura Padana cominciò a rivelarsi la grande importanza strategica di Verona, che quindi nell'89 a.C. divenne colonia di diritto latino e nel 49 a.C. venne elevata a rango di municipio romano tramite la Lex Roscia voluta da Gaio Giulio Cesare: al nuovo municipium venne così concesso un agro di 3 700 km² e la possibilità di fregiarsi del nome di Res publica Veronensium.[41]
Durante il periodo repubblicano Verona venne rifondata ex novo nell'ansa dell'Adige, dove si ingrandì rapidamente e si sviluppò economicamente, tanto che tra la metà del I secolo a.C. e quello successivo vennero realizzate le mura urbiche e i principali monumenti.[42] Fu poi in età giulio-claudia che la città raggiunse l'apice della ricchezza e dello splendore, quando venne realizzata l'ultima grande opera, simbolo della città, l'anfiteatro romano, e restaurati il Foro e le due porte urbiche, Borsari e Leoni.[43] Nei secoli successivi l'abitato si trovò però investito anche dalle invasioni barbariche, essendo il primo baluardo dell'Italia alle discese dal nord Europa, per questo motivo l'imperatore Gallieno, nel 265, fece ristrutturare e allargare le mura della città fino a includervi l'Arena.[44] Le rinnovate fortificazioni furono in particolare protagoniste dell'assedio avanzato dalle truppe di Costantino I contro quelle di Massenzio, che si erano asserragliate in città, anche se altre importanti battaglie furono combattute alle porte della città.[45]
Storia medievale
Con la caduta dell'Impero romano d'Occidente la città vide lo stabilizzarsi di nuovi regni romano-germanici, tra cui quello ostrogoto governato da Teodorico il Grande, in Germania conosciuto come Dietrich von Bern, ovvero Teodorico di Verona,[46] così conosciuto in quanto la città fu sede preferita del re, che le restituì l'antico splendore e ne ampliò le antiche mura romane, facendo dell'abitato un centro militare di primaria importanza. Successivamente i Longobardi interruppero il breve dominio bizantino (ripristinato in seguito alla sconfitta degli Ostrogoti nella Guerra gotica) sulla città, che divenne capitale d'Italia sino al 571,[47] quando la sede della corte longobarda fu spostata a Pavia. Verona rimase comunque capitale di un importante ducato longobardo e una delle principali città della Langobardia Maior accanto a Milano, Cividale e Pavia. L'egemonia dei Longobardi su Verona e gran parte dell'Italia durò per due secoli, fino alla calata dei Franchi: proprio a Verona, nel 774, Carlo Magno venne a capo dell'ultima resistenza dei Longobardi, guidata dal figlio di Desiderio, Adelchi: il principe cercò rifugio all'interno della città prima di essere costretto alla fuga, segnando la fine del Regno longobardo. Alla caduta dei Longobardi corrispose la nascita dell'Impero carolingio con l'incoronazione di Carlo Magno, che assegnò al figlio Pipino il Regno longobardo.
All'alba del nuovo millennio la Marca di Verona entrò sotto la sfera d'influenza del Sacro Romano Impero, cui rimase fedele durante tutta la lunga lotta per le investiture con il Papato. Nel 1117 il territorio veronese venne colpito da un terremoto distruttivo, il più forte evento sismico avvenuto nell'area padana di cui si abbia notizia,[48] che comportò, oltre a vasti danneggiamenti di edifici e monumenti, un crisi economica e sociale che però offrì l'opportunità a una nuova classe cittadina di prendere il potere, tanto che essa riuscì a instaurare una forma di governo locale autonomo e a istituire, nel 1136, uno dei primi liberi Comuni italiani.[49] Con l'ottenimento di una larga autonomia andò però delineandosi una lotta intestina tra le due fazioni dei guelfi e ghibellini: i primi, che prevalevano nel contado, contavano tra i massimi esponenti i conti di Sambonifacio, mentre in città prevaleva la fazione ghibellina capeggiata dai Montecchi, resi famosi dal dramma Romeo e Giulietta di Shakespeare.[50]
La fazione ghibellina si rafforzò quando prese il potere Ezzelino III da Romano e soprattutto con Mastino I della Scala, quando la forma di governo della città passò in forma non traumatica da Comune a Signoria. Fu in particolare con Cangrande I della Scala, signore illuminato e rispettato, che la città riscoprì un nuovo periodo di splendore e importanza, tanto che Dante dedicò a lui l'intera cantica del Paradiso nella Divina Commedia. Il suo potere si estese su buona parte dell'Italia settentrionale: divenne signore di Verona, Vicenza, Montagnana, Padova, Belluno, Feltre, Monselice, Bassano, Treviso, oltre che vicario imperiale di Mantova e capo della fazione ghibellina in Italia.[51] La politica espansionistica di Verona verso est fu interrotta dalla improvvisa morte di Cangrande a soli 38 anni, pochi giorni dopo la conquista di Treviso, per l'ingestione di una tossina naturale.[52] La prematura e inaspettata morte di Cangrande lasciò la Signoria senza discendenti diretti e il potere venne preso dal nipote Mastino II della Scala, che, con l'acquisizione di Lucca, allargò la Signoria fino sul Mar Tirreno. Tale espansione territoriale preoccupò gli stati confinanti e provocò la formazione di una lega promossa dalla Repubblica di Venezia a cui aderirono i Visconti, i Da Carrara, gli Este e i Gonzaga, contro i quali l'esercito veronese combatté due grandi battaglie prima della resa.[53] La Signoria Scaligera subì quindi un ridimensionamento territoriale e nel 1388, indebolita da discordie fra le famiglie influenti, venne sostituita dai Visconti. Il dominio Visconteo e quello successivo dei Carrararesi, che si impadronirono del potere con l'aiuto di fuoriusciti Scaligeri, fu di breve durata, in quanto la Serenissima approfittò del malcontento dei veronesi e dei disordini che scoppiavano continuamente all'interno la città per entrarvi con l'esercito il 22 giugno 1405, aiutati anche dalla cittadinanza.[54]
Storia moderna
Il 24 giugno 1405 vi fu la dedizione di Verona a Venezia,[55] sotto il cui governo la città godette di un lungo periodo di pace che si perpetuò sino al 1509, quando la Repubblica Veneta venne attaccata dalle potenze della lega di Cambrai. Conclusasi la guerra della Lega di Cambrai, ricominciò per Verona un nuovo periodo di pace che sarebbe finito non per la guerra, ma per una malattia devastante: la peste del 1630, portata in Italia da soldati tedeschi. Per la città fu un vero disastro: basti pensare che nel 1626 erano stati censiti 53.333 abitanti, che si erano ridotti a 20.738 alla fine del contagio,[56] morirono dunque quasi due terzi della popolazione, tanto che città era piena di corpi che dovevano essere bruciati o gettati nell'Adige per mancanza di luoghi di sepoltura.[57] Dal XVI secolo vi fu comunque un rifiorire dell'economia, con la costruzione di chiese e di palazzi in stile rinascimentale, di cui uno degli artefici più importanti fu l'architetto Michele Sanmicheli. In questo periodo di rinascita artistica e culturale nacque anche la famosa tecnica dei concerti di campane alla veronese, oltre a decine di importanti accademie che determinarono un fiorire di attività culturali di dimensione europea.[58]
Nel maggio del 1796, durante la Campagna d'Italia, combattuta dalla Francia rivoluzionaria contro le potenze monarchiche europee dell'Ancien Régime, l'esercito austriaco venne sconfitto in Piemonte dal generale Napoleone Bonaparte, e dovette darsi a una precipitosa ritirata, mentre Napoleone e le idee rivoluzionarie francesi andavano a sconvolgere la tranquillità dei veronesi. Gli austriaci in ritirata infatti occuparono Peschiera, violando la neutralità veneta, e Napoleone ne approfittò a sua volta per occupare temporaneamente Peschiera e quindi Verona.[59] A questo periodo risale la spoliazione napoleonica della basilica di San Zeno, dove la Pala d'altare di San Zeno, opera dell'artista veneto Andrea Mantegna, venne smembrata a inviata al Louvre. Solo durante la Restaurazione, Antonio Canova ottenne la restituzione della pala centrale, mentre la tre predelle, un tempo unite alla pala centrale, rappresentati rispettivamente l'Orazione nell'Orto, la Crocifissione e la Resurrezione, sono rimaste in Francia, al Museo di Belle Arti di Tours e al Museo del Louvre di Parigi. Durante questa occupazione temporanea da parte delle milizie rivoluzionarie francesi, scoppiò una coraggiosa rivolta che prese il nome di Pasque veronesi, durante la quale i veronesi contrastarono le incursioni di pattuglie francesi e il cannoneggiamento della città, non riuscendo però a resistere all'accerchiamento della città da parte di 15.000 soldati. Dei 3.000 soldati francesi di guarnigione al momento della rivolta,[60] i morti ammontarono a 500 soldati,[61] i feriti furono circa un migliaio, e i prigionieri 2.400 (di cui 500 soldati e 1.900 loro famigliari).[62] Il 1797 è l'anno che segna la fine della storia della Serenissima, cui conseguì, durante gli anni delle Guerre napoleoniche, il combattimento di una cruenta battaglia, ma indecisiva, tra francesi e austriaci e il passaggio della città scaligera tra le due parti, a seconda dei vari trattati che si susseguirono negli anni.
Storia contemporanea
Con il Congresso di Vienna del 1815, la provincia di Verona venne assorbita nel Regno Lombardo-Veneto, uno Stato dipendente dall'Impero austriaco, sotto la cui bandiera rimase stabilmente fino al 1866. Il feldmaresciallo Josef Radetzky, nominato comandante del Regno, riconobbe in Verona un luogo strategicamente importantissimo all'interno del Quadrilatero fortificato, area di grande importanza militare nella strategia asburgica in quanto doveva fungere da cuscinetto contro gli eventuali assalti del Regno di Sardegna, e quindi diede grande stimolo alla sua fortificazione. Gli ingegneri militari austriaci cominciarono a realizzare un sistema difensivo composto da mura, forti, castelli, caserme e vari edifici, rendendo Verona una città-piazzaforte.[63]
La storia di Verona italiana ebbe inizio il 16 ottobre 1866 con la conquista del Veneto da parte dei Savoia a seguito della terza guerra d'indipendenza: di qui in avanti la città passò un periodo di relativa tranquillità, turbato però da una crisi economica che durò fin dopo la seconda guerra mondiale e che ebbe come principale conseguenza l'emigrazione di centinaia di migliaia di veronesi.[64] Nel 1882 la città fu inoltre colpita da una tremenda inondazione dell'Adige, che allagò buona parte del centro storico; negli anni successivi vennero così edificati i cosiddetti muraglioni, degli alti argini in laterizio destinati a proteggere la città da altre piene, anche se così la città dovette rinunciare al suo forte rapporto con l'acqua.
Molto dura fu la parentesi della seconda guerra mondiale, durante la quale fu una delle città più colpite dai bombardamenti, con 11.627 vani completamente distrutti e 8.347 gravemente danneggiati.[65] Dopo la caduta del fascismo la città, sede di cinque ministeri e di importanti comandi tedeschi, era infatti diventata centro nevralgico della Repubblica Sociale Italiana.[66] Proprio sotto la giurisdizione della RSI si tenne il processo di Verona, intentato contro Galeazzo Ciano e altri gerarchi fascisti, accusati di aver tramato con Badoglio per far arrestare Mussolini, alla conclusione del quale si decretò la loro esecuzione sommaria nel poligono di forte San Procolo.
Simboli
Lo stemma comunale nasce intorno alla metà del XIII secolo, quando Verona si presentava come libero Comune e il precedente stemma, portante croce bianca in campo rosso, venne sostituito dal vessillo delle Arti veronesi, avente croce d'oro in campo azzurro, divenuti i colori araldici di Verona.[67]
Altro simbolo di Verona, che viene ripreso anche nello stemma della provincia, è il vessillo scaligero: quello più conosciuto vede una scala bianca, con quattro o cinque pioli, in campo rosso. Ci sono anche due varianti di quest'ultimo stemma, anche se poco conosciute: la prima variante con due cani rampanti ai lati della scala; la seconda con l'aquila imperiale in cima alla scala, assunto ufficialmente, quest'ultimo, da Alboino della Scala e Cangrande I della Scala in quanto vicari imperiali, carica assegnata dall'imperatore Enrico VII di Lussemburgo.[67]
Onorificenze
Verona è insignita delle seguenti onorificenze:
— 7 aprile 1815[68]
— 1883[69]
— 25 settembre 1991[70]