Cattedrale di Sant'Agata
cattedrale di Catania Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
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Il duomo di Sant’Agata, pure noto come Basilica Cattedrale metropolitana di Sant'Agata, è il principale luogo di culto cattolico di Catania, chiesa madre dell'omonima arcidiocesi metropolitana e sede dell'omonima parrocchia.[1][2][3]
Basilica Cattedrale metropolitana di Sant'Agata | |
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La facciata | |
Stato | Italia |
Regione | Sicilia |
Località | Catania |
Indirizzo | Piazza Duomo |
Coordinate | 37°30′08.86″N 15°05′17.56″E |
Religione | cattolica di rito romano |
Titolare | Sant'Agata |
Arcidiocesi | Catania |
Architetto | Giovanni Battista Vaccarini, Carmelo Battaglia, Carmelo Sciuto Patti |
Stile architettonico | normanno, barocco, Neoclassico. |
Sito web | Sito ufficiale |
Piazza Duomo |
La cattedrale è dedicata alla vergine e martire Sant'Agata, patrona della città di Catania ed è situata nel centro storico della città nel lato sud-est di piazza del Duomo, nel quartiere Duomo di Catania o Terme Achilliane - Piano di San Filippo. La cattedrale conserva stili differenti: dal Normanno,al Barocco, fino al Neoclassicismo. Nelle sue linee originarie, costituiva un esempio di "ecclesia munita", ovvero "chiesa-fortezza".[4]
Nel luglio del 1926 venne elevata alla dignità di basilica minore da papa Pio XI[5].
Primitiva cattedrale adiacente alle carceri fu la chiesa di Sant'Agata la Vetere ove Papa Vigilio aveva tenuto ordinazioni sacerdotali.[6]
La chiesa è stata più volte distrutta e riedificata dopo i terremoti che si sono susseguiti nel tempo. La prima edificazione risale al periodo 1086 - 1094 e fu realizzata sulle rovine delle Terme Achilliane risalenti all'epoca romana.[8] Su iniziativa del conte Ruggero giunse dalla Calabria l'abate Angerio dal monastero dell'Ordine benedettino di Sant'Eufemia,[6][9] il quale fu nominato vescovo della ricostituita diocesi della città proprio dal sovrano normanno, sotto la sua direzione l'edificio acquisì tutte le caratteristiche di ecclesia munita (cioè fortificata).[10] Contestualmente accanto al prospetto meridionale fu edificato il monastero dell'Ordine benedettino per sé e per i canonici.[11][6] L'interno presentava superbe colonne di granito. I capitelli, i fregi e gli ornamenti di svariata fattura indicavano la diversa provenienza e il riutilizzo di parti di templi pagani e rovine romane.[12][13]
Il canonico, storico e archeologo Tommaso Fazello tramanda la memoria di un'iscrizione in latino su tavola di marmo collocata sulla porta rivolta a settentrione, il testo recitava:[11]
«L'anno dall'incarnazione di nostro Signore MXCIV, indizione prima,
essendo Pontefice a Roma Urbano Secondo e Filippo Re di Francia,
e Duca d'Italia Ruggiero, figliuol del Duca Guiscardo,
e Conte di tutta la Sicilia Ruggiero fratel di detto Guiscardo.
Io Angerio Vescovo della Badia di Catania ad edificare questo Monasterio
e lo condussi al fine ajiutati dal Nostro Signore Gesù Cristo.»
Con diploma datato 1091, approvato da Papa Urbano II, Ruggero I di Sicilia donò i territori del comprensorio Acese, di Paternò, Adernò, Sant'Anastasia, Centorbi, Castrogiovanni, Girgenti, fino ai confini della neocostituita diocesi di Troina. Nel 1092 un secondo diploma integrava il primo includendo l'intera area dell'Etna, le coste di pertinenza, per la contropartita simbolica, da corrispondere limitatamente alle visite del Conte, di un pane e una misura di vino.[14][15][16]
Nel 1092 la cattedrale fu dotata delle rendite della chiesa di Santa Maria della Valle di Josaphat di Paternò, nel 1093 dei proventi del casale di Ximet, della chiesa di San Giovanni di Fiumefreddo nel 1111, dei fondi donati da Goffredo d'Altavilla, signore di Ragusa, rendite che consentirono il finanziamento del monastero benedettino.[17]
Nel 1094 Angerio da Sant'Eufemia, vescovo abate designato dal Conte, inaugura e consacra il tempio.
Con le concessioni di Ruggero I nel 1124 aumentano i privilegi alla chiesa e al vescovado catanese guidato dal vescovo Maurizio, riconoscimenti che includono l'esercizio del potere temporale sui territori dell'antica e soppressa diocesi di Lentini e sul feudo di Mascali (che diventerà poi contea).[18] Il 17 agosto 1126 per opera del francese Gilberto e del calabrese Gosalino, le sacre spoglie sono avventurosamente riportate a Messina, per riapprodare ad Acicastello e traslate nel nuovo tempio.[19]
Il 4 febbraio 1169,[20] il terremoto catastrofico noto come terremoto di Sant'Agata, ne fece crollare completamente il soffitto, uccidendo gran parte dei cittadini riuniti in cattedrale per le festività agatine.[21] Nell'infausto evento perì lo stesso arcivescovo, Giovanni d'Aiello, che presiedeva le celebrazioni.
Nel 1194 sotto il regno di Enrico VI un incendio di vaste proporzioni arrecò notevoli danni.[22][23]
Le concessioni e i privilegi normanni sono riconosciuti e confermati da Enrico VI, Federico II, Corrado IV e Manfredi. Fece eccezione l'esercizio della giurisdizione criminale, prerogativa usurpata dall'imperatore e suoi discendenti, mentre il vescovo Gentile Orsini, per il tramite del legato pontificio, ne rivendicarono la potestà a Carlo d'Angiò.[18]
Sono perfezionati: il cimitero dei monaci ubicato ad oriente;[24] il monastero a meridione sede dei canonici dell'Ordine benedettino poi trasformato in battistero, seminario dei Chierici e palazzo vescovile.[25]
Nel 1209 in occasione del matrimonio di Federico II di Svevia con Costanza d'Aragona, una mortale epidemia costrinse la corte palermitana a soggiornare a Catania. Il sovrano per ricambiare la generosità per le grandi manifestazioni di giubilo donò alla cattedrale la chiesa di Santa Maria Lo Plano di Aidone.[26]
Nel XVI secolo nell'aula e i vari ambienti del tempio sono documentati innumerevoli altarini.[27] Nel 1420 la famiglia Gravina è titolare e detiene il patronato dell'ambiente situato sul lato destro del coro. Nel 1628 tutte le are de requiem private furono rimosse per iniziativa del vescovo Innocenzo Massimo.
Nel 1693 il sisma che colpì il Val di Noto la distrusse quasi completamente lasciando in piedi solo la parte absidale e la facciata a seguito del crollo della torre campanaria.[10][28][29]
I resti normanni consistono nel corpo dell'alto transetto, due torrioni mozzi coevi al primitivo impianto e le tre absidi semicircolari, le quali, visibili dal cortile dell'arcivescovado, sono composte da grossi blocchi di pietra lavica, gran parte dei quali è stata recuperata da un edificio di epoca romana[30] porzioni di muro d'ambito e il muro di prospetto sono stati inglobati dalla ricostruzione settecentesca.[29][31]
Monumento adiacente |
Sx | Dx | Sx | Dx | Centro | Angolo Via Etnea | |||||
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N | Badia di Sant'Agata, Via Vittorio Emanuele |
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San Leo III | Sant'Atanasio | Santa Lucia | Santa Rosalia | Fede | Beato Bernardo | ||||||
Il vescovo Andrea Riggio nella fase di ricostruzione favorì la sostituzione delle colonne con poderosi doppi pilastri.[32] Pietro Galletti promosse la definizione del prospetto.[32] Nel 1734 fece rimuovere il primitivo portale che fu collocato temporaneamente nella Loggia Senatoria,[33] nel 1750 il manufatto fu definitivamente trasferito e rimodulato nel prospetto della chiesa di Sant'Agata al Carcere.[34] Salvatore Ventimiglia dispose il perfezionamento della facciata con la collocazione di alcune statue.[32]
L'edificio attuale è opera dell'architetto Girolamo Palazzotto, il quale si occupò principalmente dell'interno, mentre Giovanni Battista Vaccarini disegnò e seguì i lavori della facciata con interventi e modifiche protrattisi dal 1734 al 1761; lo stesso architetto fece anche un progetto per la cupola, mai realizzato.[29][35]
I lavori per la costruzione dell'edificio si protrassero per tutto il XVIII secolo e continuarono anche dopo la riapertura al culto della cattedrale. Durante i lavori di restauri dal 1795 al 1804 la chiesa di San Francesco Borgia ricoprì le funzioni di cattedrale.
Solo nel 1857 fu completato il campanile ed è pure del XIX secolo l'allestimento attuale del sagrato.[28]
Si accede al sagrato attraverso una breve scalinata in marmo che culmina in una cancellata in ferro battuto ornata con 10 santi in bronzo. Il sagrato è diviso dalla piazza del Duomo da una balaustra in pietra bianca ornata con cinque grandi statue di santi in marmo di Carrara.[36]
L'esterno della cattedrale è caratterizzato dalla facciata, la quale presenta evidenti analogie con la coeva facciata di Biagio Amico per Sant'Anna la misericordia a Palermo, come se la Sicilia volesse esprimere un suo modello derivato da Roma ma generato dalle direttive della Chiesa di Sicilia, a est come a ovest.
Il prospetto è a tre ordini compositi in stile corinzio, e attico completamente in marmo di Carrara. Il primo ordine è costituito da sei colonne di granito di fattura antica provenienti forse dal Teatro romano, sormontate dallo stemma della nobile famiglia Galletti cui apparteneva il vescovo Pietro Galletti.[29] Il secondo ordine ha anch'esso sei colonne meno grandi e due piccole poste ai lati dell'ampio finestrone centrale. Tutti gli ordini sono adornati con statue marmoree di sant'Agata al centro sulla porta centrale, sant'Euplio a destra e san Berillo a sinistra. Le due grandi finestre ovali ai lati sono accompagnate dai due acronimi riferiti alle frasi legate al culto della Santa: MSSHDEPL[37] e NOPAQVIE.
Il portone principale in legno è costituito da trentadue formelle, finemente scolpite, illustranti partendo dall'alto a sinistra: nel primo registro sono i tre armoriali del vescovo Ansgerio, di papa Urbano II e di Ruggero I di Sicilia con relative didascalie in quanto i tre protagonisti della fondazione della cattedrale, mentre chiude la serie la riproduzione di un rapace in volo oltre le nubi in tempesta con la didascalia aera imbes quae transcreditur; nel secondo registro sono rappresentati gli armoriali dei corrispettivi protagonisti della ricostruzione della cattedrale (rispettivamente vescovo, papa e sovrano), ossia Pietro Galletti, Papa Clemente XII e Carlo III di Spagna con relative didascalie, chiude la serie lo stemma di Catania con la didascalia dei motti civici; il terzo registro rappresenta quattro attributi della diocesi e rispettive didascalie, ossia un volatile nel nido mentre lede il proprio petto per sfamare i propri pulcini (simile all'icona cristiana del pellicano; il motto è charitas omnia suffert), un uomo barbuto schiacciato da un vulcano alle cui spalle si erge la croce della Risurrezione a cui l'uomo è incatenato per la caviglia (la posa della figura ricorda iconograficamente Atlante, ma si rifà al mito di Tifeo; il motto è subiacet imperio), un albero battuto dai venti (due paffuti volti soffianti) da cui cadono diverse foglie (il motto è solum sicca convellunt) e infine un volatile al rogo in una pira il cui motto è spes sancta crociata nescit; l'ultimo registro rappresenta gli attributi della patrona di Sant'Agata e sono un altare su sono posati una spada delle tenaglie e una corda schiacciate da un piatto su cui sono i seni della santa (il motto è urbis praesidium et munimen), una fornace da cui fuoriescono vampate di fuoco e sovrastata dai seni coronati e dal cuore in fiamme (il motto è inestinguibilis amor), un messale aperto con la dicitura noli offendere Patriam Agathae quia ultrix iniuriarum est che sovrasta i simboli imperiali (corona e scettro) capovolti (il motto è impietas pietate refellitur), chiude infine un arcobaleno che sovrasta una tavola con le ali spiegate su cui è l'acronimo M.S.S./H.D./et/P.L. (chiaramente indicante la tavola angelica della tradizione; il motto è foedus eternum)[38]. Ai lati della porta centrale, su due alti supporti, sono poste le statue in marmo di san Pietro e san Paolo.[39]
Monumento adiacente |
Sx | Dx | Sx | Dx | Portale sx | Portale dx | ||||
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W | Piazza duomo, Via Etnea - Fontana dell'Elefante |
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San Sesto | Sant'Attalo | San Giacomo Confessore | Sant'Everio | San Pietro | San Paolo | |||||
Un tozzo campanile è documentato in epoca normanna. Una prima costruzione promossa dal vescovo Simone del Pozzo nel 1338, fungeva da torre di guardia.[40] Posta alla sinistra del prospetto, arretrata di circa 7 metri rispetto alla facciata, era alta oltre 70 metri.
La torre a base quadrata misurava circa 15 metri di lato. La sua storia è molto accidentata in quanto subirà diversi crolli e quindi molte riedificazioni. Nel 1662 fu ulteriormente innalzata per l'inserimento di un orologio e fu portata alla vertiginosa altezza di circa 100 metri. Ma l'11 gennaio del 1693, a causa del forte terremoto che investì la città, crollò, travolgendo anche la chiesa: sotto le sue macerie morirono oltre 7.000 fedeli raccolti in preghiera. Fu riedificata assieme alla chiesa dopo il terremoto del 1693, con alla sommità la campana maggiore fusa nel 1619 del diametro di 1.80, caduta dalla torre nel corso del terremoto ma rimasta integra, unitamente alla campana del popolo del 1505.
La cupola, posta sulla crociera, risale al 1802 su progetto di Carmelo Battaglia su commissione del vescovo Corrado Maria Deodato Moncada, è munita di colonne e ampi finestroni che illuminano l'interno. Tra il 1867 e il 1869 l'architetto Carmelo Sciuto Patti realizzò l'attuale campanile e la lanterna della cupola.[36]
Le sopraelevazioni degli altari presenti in entrambe le navate, sono costituite da opere pittoriche caratterizzate da monumentali cornici in stile barocco di legno scolpito e dorato. La ricostruzione post terremoto del Val di Noto del 1693 determina l'uniformità degli stili e delle forme pur mantenendo un elevato carattere di magnificenza e opulenza. Pochi dipinti tra i capolavori esposti, hanno superato indenni il disastroso evento sismico, gran parte del patrimonio artistico attuale, in particolare il ciclo fiammingo, è dovuto al mecenatismo attuato da illuminati prelati.
«Ah! Non credea mirarti si presto estinto fiore…»
Pietro Galletti | Francesco Antonio Carafa | Michelangelo Bonadies | Giovanni Ruiz de Villoslada | Emilio Ferrais | Bonaventura Secusio | Giuseppe Benedetto Dusmet |
L'ingresso alla Cappella della Vergine o della Madonna del Rosario è delimitato da un portale marmoreo realizzato nel 1545 dallo scultore Giovan Battista Mazzolo altrimenti denominata Porta della Candelora.[18] Lo scultore carrarese esponente del rinascimento siciliano è presente col figlio Giandomenico Mazzolo o Mazzola con tre portali di cui uno esterno. Nel portale sono presenti scena di vita della Vergine, la lunetta sull'architrave raffigura l'Incoronazione della Vergine pertanto la Cappella della Madonna del Rosario è altrimenti citata come Cappella della Vergine dell'Incoronazione.
La sopraelevazione dell'altare illuminata da un'elegante monofora interna realizzata in pietra lavica, è costituita da un arco normanno sorretto da colonne con capitelli corinzi, custodisce la scultura marmorea della Vergine dell'Incoronazione. Il basamento dell'altare presente è stato trasferito nel 2000 dal presbiterio dell'abside maggiore. Nella parte superiore sono incastonate le figure degli Apostoli e scene sacre, nel prezioso paliotto marmoreo in altorilievo è raffigurata Sant'Agata contornata da putti aleggianti su nuvole. L'opera è commissionata da Corrado Maria Deodato Moncada nel 1805, realizzata su progetto dell'architetto Stefano Ittar e portata a compimento sotto l'episcopato del Cardinale Giuseppe Francica-Nava de Bondifè nel 1915.
Le dinastie del regno di Sicilia seguono una linea di continuità attraverso i Normanni, Svevi, Aragonesi rappresentati attraverso le casate degli Altavilla, Hohenstaufen, Aragona, eccetto la parentesi Angioina. Il filo logico strettamente parentale che lega le varie famiglie nobiliari sono le figure del Gran Conte Ruggero, Federico II di Svevia e Federico III di Sicilia, rispettivamente il primo è bisnonno del secondo e questi, a sua volta, bisnonno del terzo.
Nel 1958 all'interno della cappella sono stati collocati i sarcofagi precedentemente incastonati sulle pareti del catino absidale al di sopra del coro ligneo, essi costituiscono rispettivamente i monumenti funerari di:
Il sarcofago tipo "Sidamara" di età romana,[45] custodisce i resti mortali di:[10][46][47][48][49]
Blasco II Alagona il juniore, sepoltura.[52]
Giovanni Corrionero | Innocenzo Massimo | Domenico Orlando | Giovanni de Orosco Arzés | Giuseppe Francica-Nava de Bondifè | Guido Luigi Bentivoglio | Corrado Maria Deodato Moncada |
La Cappella del Santissimo Crocifisso[55] ospita un grande Crocifisso inserito in una nicchia reliquiario, contornato dalle statue della Madonna Addolorata e di San Giovanni. Sono presenti una Via Crucis e altri busti sacri. Sepolcro del vescovo Bonaventura Secusio patrocinatore del convento della chiesa di Sant'Agata la Vetere. L'ambiente ospitava la primitiva Cappella di San Silvestro.[56]
Nel 1657 all'interno dell'ambiente si verificò un furioso incendio che distrusse gran parte dei reperti custoditi. Dell'archivio della chiesa, del capitolo e del vescovado si salvarono solo i documenti relativi ai privilegi e alle concessioni di Ruggero II, di Enrico VI, Federico II, Corrado IV e Manfredi.[18] Nel 1375c. il vescovo Marziale commissionò il bacolo pastorale in oro, argento e pietre preziose,[57] Pietro Galletti le preziose tappezzerie, paramenti e indumenti in seta.[58]
La ricostruzione fu patrocinata dal vescovo Michelangelo Bonadies, le strutture resistettero al terremoto del Val di Noto del 1693. Oggi custodisce un importante affresco raffigurante l'Eruzione dell'Etna del 1669,[10] opera del pittore Giacinto Platania.[58] È presente un armadio da sagrestia del XVIII secolo.
In fondo alla navata destra si apre la cappella più cara a tutti i catanesi,[59] autentico scrigno di tesori d'arte. Un'elaborata cancellata in ferro battuto, opera di Salvatore Sciuto Patti del 1926, protegge il maestoso ambiente dedicato a Sant'Agata.[10] In senso orario tre diverse espressioni artistiche (architettura, arte religiosa, statuaria funeraria), opere dell'artista messinese Antonello Freri, realizzate nel biennio 1495 - 1496.
Ai lati dell'altare i monumenti settecenteschi del cardinale Camillo Astalli-Pamphilj e del vescovo Andrea Riggio.[59]
Oltre la crociera, la navata centrale termina con una profonda abside normanna, coperta con volta a botte ogivale e terminante con una parete semicircolare. Mentre esternamente essa presenta ancora l'antico paramento murario in pietra lavica dell'Etna, all'interno è decorata da un ciclo di affreschi opera del pittore romano Giovanni Battista Corradini commissionati da Innocenzo Massimo e risalenti al 1628;[60] l'opera è incentrata sui santi patroni della città di Catania, nei quadroni del catino absidale San Berillo, Sant'Euplio, Santo Stefano protomartire (raffigurato con Ponziano, Fabiano e Cornelio) e Sant'Agata, la cui "Incoronazione" è raffigurata al centro della calotta absidale. Testimonianze dell'epoca normanna sono le due colonne che sorreggono l'arco absidale e la monofora ogivale, chiusa da una vetrata moderna e posta in posizione centrale.[39]
All'interno dell'abside trova luogo la cripta normanna sotterranea e il presbiterio, preceduto da una rampa di scale che lo delimita sulla parte anteriore; esso ospita, in posizione avanzata, i moderni altare maggiore e ambone, realizzati nel 2000; l'antico altare neoclassico in marmi policromi si trova nella Cappella della Madonna del Rosario con accesso nel transetto di destra. Lungo le pareti dell'abside, invece, si trova il pregevole coro ligneo barocco, realizzato dallo scultore napoletano Scipione di Guido alla fine del XVI secolo, comprendente anche la cattedra all'estremità destra, il cui ordine superiore è costituito da 34 stalli.[36] Negli stalli in bassorilievo sono riprodotte scene raffiguranti la vita, il martirio di Sant'Agata e i momenti della traslazione delle reliquie da Costantinopoli a Catania.[61] Opera commissionata dal vescovo Giovanni Corrionero e perfezionata da Giandomenico Rebiba.
L'attuale altare in bronzo "versus populum" commissionato dal vescovo Luigi Bommarito allo scultore Dino Cunsolo insieme all'ambone e al porta cero pasquale, sostituisce il primitivo altare collocato attualmente nella "Cappella della Vergine" del transetto destro.
Cappella privata della nobile famiglia Gravina – Cruyllas, le lapidi alle pareti e sul pavimento ai piedi dell'altare indicano la sepoltura di alcuni suoi componenti[62][63]. Già primitiva Cappella di San Benedetto[24] con interventi operati da Bonaventura Secusio.[43]
La controfacciata della navata centrale è caratterizzata dalla presenza della cantoria in stile neoclassica realizzata nel 1926 su progetto di Carmelo Sciuto Patti; essa ospita l’organo monumentale.
Quest'ultimo venne commissionato dal cardinale Giuseppe Benedetto Dusmet all'organaro francese Nicolas Théodore Jaquot nel 1877; una volta terminato, lo strumento venne posizionato nell'abside centrale, alle spalle dell'altare maggiore. Nel 1926, in seguito alla riorganizzazione dell'area absidale, venne costruita la cantoria in controfacciata e su di essa venne trasferito l'organo a spese del cardinale Francica Nava; in tale occasione, lo strumento venne ampliato dalla ditta organaria Laudani e Giudici e dallo scultore Giambattista Sangiorgio. Muto per decenni, nel 2012 è iniziato un importante intervento di restauro ad opera della ditta organaria Mascioni, terminato nel 2014.[64]
Lo strumento è a trasmissione meccanica con sistema elettronico di assistenza per le combinazioni; la sua consolle dispone di tre tastiere di 58 note ciascuna e pedaliera di 30 note.[65]
Il monastero dell'Ordine benedettino fu edificato tra il muro meridionale del tempio e la cinta fortificata in seguito all'insediamento dell'abate Angerio primo vescovo. Nel 1338 Simone del Pozzo finanziò le spese per l'espansione e l'attrezzaggio del porto appena fuori Porta della Marina, in seguito rinominata Porta Uzeda.[66] Nel 1375c. il vescovo Marziale riparò il peristilio e il monastero.[57][67]
Nel XVI secolo il monastero cessa dignità, ai monaci subentrano i canonici, il capitolo e i cappellani[58] del clero secolare.
Nel 1614 il seminario dei Chierici[33] patrocinato dall'arcivescovo Bonaventura Secusio è documentato posto dinanzi alla Loggia Senatoria. In seguito al terremoto del 1693 furono riedificati il battistero, il seminario dei Chierici[33] posto dinanzi alla Loggia Senatoria perfezionato nella forma attuale, e il palazzo vescovile.[68]
L'edificio con ingresso su via Vittorio Emanuele II dietro le absidi della cattedrale, presenta un lungo prospetto sulla marina e quello breve su via Porticello.
Fondato insieme alla cattedrale nell'XI secolo, fu ingrandito nel XVI secolo con la realizzazione dei bastioni a difesa della Marina. Con la ricostruzione post terremoto - su disegno dell'acese Salvatore Amico - si distingue in Vescovado - sede del recente Museo dell'Arcivescovado - la Casa del Fercolo, la Porta Uzeda (1672) che raccorda le due ali del Seminario dei Chierici sede del Museo diocesano di Catania.
L'istituzione risale al 1572, il trasferimento nel primitivo palazzo in questa sede al 1614. Denominato Palazzo del Seminario dei Chierici, ricostruito nel XVIII secolo, al presente è sede del Museo diocesano di Catania.
Palazzo Senatorio o Loggia Senatoria o Loggia Medievale.[69] Al presente è denominato Palazzo degli Elefanti.
Il primitivo edificio del sacro recinto è da identificare col termine di cattedrale, quando quest'ultimo è utilizzato per indicare la sede delle assise o sessioni itineranti del Parlamento.
Il cimitero dei monaci è documentato ad oriente posto dietro le absidi del tempio.[24] Il vescovo Moncada perfezionò la galleria in marmo del cimitero.[67]
Quando nel 1232 la città di Catania aderì ad una rivolta anti-sveva, che aveva unito diverse città siciliane, Federico II di Svevia, re di Sicilia, venne appositamente con un poderoso esercito per punire la città rivoltosa. Secondo la tradizione, re Federico, infuriato, ordinò di distruggere la città e di uccidere tutti i suoi abitanti, ma revocò l'ordine e si pentì del suo intento quando, assistendo ad una messa in cattedrale, lesse la frase miracolosamente apparsa sul suo breviario "Noli offendere Patriam Agathae quia ultrix iniuriarum est"[70].
«O sacra campana del Duomo/ Che al vespro d'autunno con lenti/ Rintocchi sui vènti lamènti/ L'audace miseria dell'uomo,/ Nell'ombra solinga raccolto/ Feconda di mesti pensieri,/ Dolente dell'oggi, del jeri,/ Intènto al domani, io t'ascolto./ La fine del pallido giorno/ Lamenta, o campana romita:/ Io canto dell'alba il ritorno,/ L'amor, la giustizia, la vita.»
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