Chiesa di San Giuliano (Catania)
edificio religioso di Catania Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
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La Chiesa di San Giuliano è una chiesa di Catania tardo-barocca, sita nel lato est di via dei Crociferi, nell'omonimo quartiere San Giuliano.[1][2]
Chiesa di San Giuliano | |
---|---|
Prospetto della chiesa | |
Stato | Italia |
Regione | Sicilia |
Località | Catania |
Coordinate | 37°30′15.7″N 15°05′06.4″E |
Religione | cattolica di rito romano |
Arcidiocesi | Catania |
Architetto | Giuseppe Palazzotto |
Stile architettonico | Barocco siciliano |
Inizio costruzione | 1741 |
Completamento | 1754 |
Via dei Crociferi |
Il sito attuale della chiesa, ubicato nella primitiva area greco-romana della città di Catania, sorge sui ruderi di un tempio pagano.
Dal primitivo eremo fuori le mura, ubicato invece sulla collina di Santa Sofia fin dal VI secolo d.C.[3][4], le monache eremite di Santa Sofia si trasferiscono dentro la città all'inizio del XIII secolo nel quartiere Civita presso la Chiesa di Santa Venera, verosimilmente ubicata nell'attuale sito della Chiesa di San Gaetano alla Marina, fondando un Monastero di Clausura sotto il titolo di "San Giuliano"[2].
Secondo quanto riportato dall'annuario catanese del 1690, l'iniziativa risale al monaco benedettino padre Rainaldo Scalciato.[5][6]
Il Monastero è stato riedificato nello stesso luogo dopo il disastroso Terremoto del Val di Noto del 1693, che uccise 60 delle 74 monache[7]. Le religiose benedettine decisero di spostarsi in un'area più centrale ubicata tra la "Strada Giuseppe Lanza, duca di Camastra", (denominata poi "Via Abramo Lincoln" e successivamente "Via Antonino di San Giuliano"), e la "Via dei Crociferi", denominata all'epoca "Via dei Tre Santi", dove erano ubicate le fabbriche dell'Ospedale San Marco[8], che saranno permutate nel 1709[9], insieme alla chiesa annessa, con il vecchio monastero benedettino.
Il finanziamento per la costruzione della nuova chiesa è registrato nell'anno 1735,[5][10] tuttavia l'acquisto dei rimanenti terreni necessari all'edificazione risale al 1739.
La ricostruzione fu avviata nel 1741 dall'architetto Giuseppe Palazzotto, probabilmente autore di un progetto di ampliamento e rielaborazione spaziale della pianta ideata dal padre crocifero Vincenzo Caffarelli, mentre allo scultore Gaspare Ciriaci fu affidato l'incarico di realizzare il prospetto. Tra il 1743 ed il 1749 è stata completata la facciata su Via dei Crociferi, ispirata a modelli del barocco romano. L'intero edificio fu completato intorno al 1754, corredato nella prima metà dell'Ottocento dal sagrato e dall'elegante cancellata in ferro battuto.
L'8 aprile 1863 avvenne la solenne consacrazione presieduta dall'arcivescovo Salvatore Ventimiglia.
Il complesso monastico, in seguito all'emanazione delle leggi eversive dell'asse ecclesiastico concernenti la soppressione delle corporazioni religiose, perviene nella seconda metà dell'Ottocento all'amministrazione del Fondo degli Edifici di Culto del Ministero dell'Interno, che lo cedette al Comune di Catania nel 1875.
Dal 1920 il Comune di Catania ristruttura la parte di edificio di sua proprietà e lo destina alla polizia urbana, annona, ufficio del lavoro e leva, nonché sede della federazione dei sindacati fascisti.[5]
Il 25 ottobre 1928 la chiesa fu concessa alla Diocesi di Catania e, per la sua rilevanza culturale, fu sottoposta a vincolo monumentale di interesse storico-artistico nel 1937, divenendo oggetto, fino ad oggi, di diversi progetti ed interventi di restauro da parte della Soprintendenza per i Beni Culturali e Ambientali di Catania.
L'ala ancora a gestione comunale venne nel 1937 adibita a caserma, intitolata a Mussolini e denominata caserma Dux, su progetto dell'ingegnere Luigi Marletta. L'intervento comportò la demolizione di giardino, fontanta centrale e l'ingresso in stile barocco.[5]
Nel 1939 fu restaurata dai Cavalieri dell'Ordine equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme della sezione di Catania.
Nel 1944, l'arcivescovo Carmelo Patanè, con proprio rescritto, le conferì il titolo di «Chiesa Capitolare dell'Ordine Equestre del Santo Sepolcro».
Nel 1948, gli spazi della caserma vennero ceduti ad uso della Camera del Lavoro.[5]
La chiesa si trova di fronte al Collegio dei Gesuiti ed è contornata da una preziosa cancellata in ferro battuto. La sua facciata convessa e le sue linee semplici le danno un aspetto di rara eleganza.
Impianto a croce greca, pianta ad ottagono allungato e bracci absidati, aula unica coperta dalla cupola e ornata da stucchi, cornici e modanature con profili in oro zecchino. Vestibolo di ingresso sormontato da cantoria, schermata da raffinatissime grate. Inferiormente al vestibolo, è collocata la cripta, per la sepoltura delle stesse religiose. L'aula è impreziosita dal pavimento settecentesco con raffinati disegni in marmi policromi, opera dello scultore Giovan Battista Marino.
La facciata è probabilmente progettata per essere inscritta in un cerchio ed un esagono regolare. Simili rapporti geometrici sono presenti in altri elementi dell'architettura della chiesa.[5]
La cupola, accessibile anche ai visitatori, costituisce la seconda cupola più alta della città, dopo quella del monastero dei Benedettini.
Sui quattro altari, ridisegnati alla fine del settecento dall'architetto Antonino Battaglia:
Nell'abside si eleva su gradini il sontuoso altare maggiore, rivestito in marmi policromi, con elementi in bronzo dorato, realizzato dallo scultore Giovan Battista Marino su modello attribuito a Giovanni Battista Vaccarini. La sopraelevazione è caratterizzata dalle statue allegoriche della Fede e della Carità collocate ai lati, e da due angeli adoranti sul gradino dell'ordine superiore, rivolti verso il raffinato tronetto, opera di Nicolò Mignemi ed espone un'antica croce dipinta.
L'insieme è sovrastato da un baldacchino coronato che raccoglie imponente lo spazio presbiteriale. Nel catino absidale è riprodotto il Dio Padre, la cupola è decorata con la raffigurazione di Dio Padre e San Pietro che consegna l'Evangelo a San Berillo, affreschi realizzati entrambi nel 1842 dal pittore Giuseppe Rapisardi.
Ambiente deputato alla sepoltura delle religiose del monastero.
Monastero femminile dell'Ordine benedettino sotto il titolo di «San Giuliano».[11]
Prima del terremoto del Val di Noto del 1693 i monasteri cittadini erano quattordici, il vescovo Andrea Riggio li ridusse a sei. Accomunati dalla regola di San Benedetto quelli titolati a «San Placido», «San Giuliano», «Santissima Trinità», «San Benedetto» e «Sant'Agata», il sesto condotto secondo la regola serafica di San Francesco si titolava a «Santa Chiara». Quasi tutte le monache dei sei monasteri appartenevano al patriziato catanese o alla ricca borghesia.
Luoghi sacri di Sicilia custoditi dall'Ordine dei Cavalieri del Santo Sepolcro di Gerusalemme:[12]
Chiese a vario titolo correlate all'Ordo Equestris Sancti Sepulcri Hierosolymitani (OESSH):
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