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Fenotipo

in genetica, tratti e caratteristiche visibili di un dato organismo Da Wikipedia, l'enciclopedia libera

Fenotipo
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Il fenotipo (dal greco phainein, "apparire", e týpos, "impronta") rappresenta l'insieme delle caratteristiche osservabili di un organismo vivente, comprendendo la sua morfologia, il suo sviluppo, e le sue proprietà biochimiche, fisiologiche e comportamentali.

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Diversi individui della specie Donax variabilis (mollusco bivalve) mostrano colorazione diversa e quindi diversi fenotipi

Questo concetto è strettamente legato a quello di genotipo, che indica invece l'intera costituzione genetica di un individuo, solo parzialmente espressa nel suo aspetto o funzionamento esteriore.

In altre parole, il fenotipo corrisponde a ciò che è visibile o rilevabile nel vivente, mentre il genotipo è la totalità delle informazioni genetiche che lo determinano. Di quest'ultimo, tuttavia, solo una piccola parte viene effettivamente manifestata nel fenotipo.

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Generalità

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L'assetto genico di un organismo stabilisce il potenziale per la realizzazione delle sue caratteristiche fenotipiche, ma il fenotipo non è una semplice conseguenza diretta del genotipo: esso rappresenta infatti il risultato dell'interazione tra l'informazione genetica e i fattori ambientali. L'espressione dei geni può essere modulata sia da interazioni tra i geni stessi e i loro prodotti (come gli ormoni), sia da influenze esterne quali l'alimentazione, lo stile di vita e altri fattori ambientali, oltre che da eventi casuali che possono verificarsi durante lo sviluppo.

In termini sintetici, il fenotipo può essere definito come la manifestazione osservabile del genotipo, il cui aspetto finale dipende dalla sua espressione modulata dall'ambiente e da fattori di casualità.

Per questo motivo è importante sottolineare che individui con lo stesso genotipo non presentano necessariamente un fenotipo identico. L'epigenetica studia proprio i meccanismi che regolano le interazioni tra geni e ambiente. Un esempio significativo è quello dei gemelli monozigoti: condividendo un genotipo identico, essi tendono a somigliarsi sia fisicamente sia nel comportamento quando crescono nello stesso ambiente. Tuttavia, se crescono in contesti diversi, le influenze ambientali divergenti possono portare a differenze fenotipiche evidenti, anche in aspetti legati all'invecchiamento biologico.

Viceversa, organismi con fenotipi simili non necessariamente condividono lo stesso genotipo. È il caso, ad esempio, di individui omozigoti dominanti e eterozigoti per un certo carattere: pur presentando un genotipo differente, essi manifestano lo stesso fenotipo.

Agli inizi del Novecento, in seguito alle scoperte di Mendel, la ricerca scientifica si è orientata verso l'analisi della correlazione tra geni e fenotipo, ponendo le basi di quella che sarebbe stata definita genetica neomendeliana. Le indagini condotte hanno mostrato che il fenotipo è controllato da uno o più geni localizzati su loci specifici di cromosomi omologhi. L'allele selvatico (wild type) determina il fenotipo standard, ma numerose mutazioni possono colpire tale allele, con effetti variabili sul fenotipo a seconda della natura e della localizzazione della mutazione.

La distinzione tra genotipo e fenotipo, proposta da Wilhelm Johannsen nel 1911, nasconde in realtà alcune complessità: molte molecole e strutture codificate dal genoma – pur non essendo direttamente osservabili a occhio nudo – fanno parte del fenotipo. Questo vale, ad esempio, per RNA e proteine, rilevabili solo tramite tecniche specifiche (come il Western Blotting). Anche i gruppi sanguigni umani rientrano in questa categoria. Di conseguenza, il concetto di fenotipo si estende a tutte le caratteristiche che possono essere rivelate tramite esami tecnici e, più in generale, include anche aspetti complessi come lo sviluppo e il comportamento di un organismo.

Il rapporto tra genotipo, fenotipo e ambiente può essere sintetizzato nella seguente affermazione:

"Il fenotipo rappresenta la parte espressa del genotipo, la cui maggioranza non si manifesta direttamente nell'individuo ma viene comunque trasmessa alla progenie. Il fenotipo, ovvero la porzione espressa del genotipo, è influenzato dall'ambiente, da cui deriva la capacità di adattamento dell'organismo."

Il termine fenotipo è impiegato, in senso analogo, anche in riferimento al fenotipo cellulare, ovvero alle caratteristiche e funzioni vitali proprie di particolari linee cellulari, indipendentemente dall'intero organismo.

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Variazione fenotipica

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Biston betularia morfologia normale, colore chiaro standard
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Biston betularia morfologia carbonaria, variante melanica di colore scuro

Le variazioni fenotipiche, generate da differenze ereditarie nel patrimonio genetico, costituiscono un presupposto essenziale per l'evoluzione attraverso la selezione naturale. Quest'ultima agisce infatti sul fenotipo, poiché è attraverso le caratteristiche osservabili che un organismo interagisce con l'ambiente, determinando il suo grado di adattamento. In assenza di variazioni fenotipiche, la selezione naturale non avrebbe alcun materiale su cui operare e, di conseguenza, l'evoluzione sarebbe impossibile.

L'interazione tra genotipo e fenotipo può essere schematizzata mediante la seguente relazione:

  • genotipo (G) + ambiente (A) → fenotipo (P).

Una formulazione più completa include anche le interazioni tra geni e ambiente:

  • genotipo (G) + ambiente (A) + interazioni genotipo-ambiente (GA) → fenotipo (P).

Molti genotipi possiedono un'elevata plasticità fenotipica, ovvero la capacità di modulare l'espressione delle loro caratteristiche in base alle condizioni ambientali. Un esempio emblematico è dato dalla pianta Hieracium umbellatum in Svezia, la quale colonizza sia scogliere rocciose esposte al mare sia dune sabbiose. Nelle scogliere cresce come cespuglio con foglie larghe e infiorescenze estese, mentre nelle dune assume un portamento prostrato, con fogliame più stretto e infiorescenze compatte. Nonostante il medesimo genotipo, le diverse condizioni ambientali determinano fenotipi assai distinti.

Un altro celebre caso di variazione fenotipica adattativa è quello della falena Biston betularia. In origine, la forma tipica della specie presentava ali di colore bianco sporco con macchie scure, che le garantivano un'ottima mimetizzazione sui tronchi chiari delle betulle. Tuttavia, durante la Rivoluzione industriale in Inghilterra (a partire dal 1848), l'intenso inquinamento atmosferico causato dalla combustione del carbone scurì la corteccia degli alberi ricoprendoli di fuliggine. In questo nuovo contesto ambientale, la variante melanica della falena (Biston betularia var. carbonaria), di colore più scuro, divenne meno visibile ai predatori rispetto alla forma chiara.

Di conseguenza, la forma melaninica acquisì un vantaggio selettivo nelle aree industriali, diventando rapidamente predominante: un fenomeno noto come melanismo industriale. Questo caso, uno dei più studiati esempi di selezione naturale in azione, ha fornito prove fondamentali del rapporto tra mutazione, adattamento e pressione selettiva.

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Il fenotipo esteso

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Il concetto di fenotipo è stato ampliato dal biologo inglese Richard Dawkins nel saggio del 1982, in cui introduce il concetto di fenotipo esteso. Con questa espressione Dawkins intende includere non solo le caratteristiche fisiche o comportamentali di un organismo, ma anche tutti gli effetti che esso produce sull'ambiente esterno, effetti che possono influenzare la sopravvivenza e la replicazione dei geni.

Nel sua precedente lavoro, Il gene egoista (1976), Dawkins propone una reinterpretazione dell'evoluzione centrata sul ruolo dei geni, considerati i veri "protagonisti" della selezione naturale. Secondo questa visione, l'organismo vivente non è altro che una "macchina di sopravvivenza" costruita dai geni allo scopo di garantirne la conservazione e propagazione. Ne consegue un ridimensionamento del ruolo dell'organismo stesso, che diventa un'espressione fisica e funzionale dei geni e un mezzo tramite il quale questi competono per la loro trasmissione.

Dawkins porta anche esempi concreti di fenotipo esteso, come il comportamento dei genitori di una specie che nutrono un cucciolo di cuculo, nonostante questo non appartenga alla loro specie. In questo caso, i geni del cuculo influenzano il comportamento di un altro organismo, inducendolo a investire risorse nella sopravvivenza di un individuo che non condivide il suo patrimonio genetico. Si tratta di un caso emblematico di come i geni possano esercitare un'influenza oltre i confini dell'organismo che li ospita, condizionando il comportamento di altri organismi a beneficio proprio.

Determinazione del fenotipo

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Il fenotipo rappresenta l'insieme delle caratteristiche osservabili di un organismo, risultanti dall'interazione tra il suo genotipo e i fattori ambientali. Il termine genotipo può indicare, a seconda del contesto, sia l'intero patrimonio genetico di un individuo sia l'insieme dei geni che concorrono alla determinazione di un singolo tratto fenotipico. La manifestazione fenotipica di un tratto avviene attraverso l'espressione di uno dei diversi alleli che un individuo possiede per un determinato gene, o più comunemente tramite l'interazione di molteplici geni.

Nonostante ciò, il genotipo non è l'unico fattore dominante: l'ambiente svolge un ruolo fondamentale, spesso variabile, nell'influenzare il fenotipo. Infatti, anche conoscendo la costituzione genetica di un organismo, l'assenza di informazioni sulle condizioni ambientali può rendere difficile prevedere con esattezza come si manifesterà un tratto fenotipico.

In termini di ereditarietà, si parla di fenotipo recessivo quando un tratto si manifesta in presenza di due soli alleli recessivi per un gene. Al contrario, il fenotipo dominante è la manifestazione che deriva dalla presenza di almeno un allele dominante, sia nella forma omozigote dominante sia nella forma eterozigote (una coppia costituita da un allele dominante e uno recessivo).

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Fenotipo e genetica classica

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Un quadrato di Punnet che illustra un incrocio tra due piante di pisello eterozigoti per il colore dei fiori: viola (B, dominante) e bianco (b, recessivo)

Il fenotipo è generalmente molto più semplice da osservare e determinare rispetto al genotipo. Ad esempio, identificare il colore degli occhi di una persona è un processo immediato, mentre analizzare la sequenza dei geni responsabili di tale caratteristica richiede tecniche complesse di biologia molecolare. Per questo motivo, la genetica classica si è basata a lungo sull'osservazione dei fenotipi per dedurre il ruolo dei geni, confermando poi le ipotesi attraverso incroci controllati tra individui.

Grazie a questo approccio, i primi genetisti, tra cui Gregor Mendel, riuscirono a comprendere i principi fondamentali dell'ereditarietà dei caratteri somatici, senza disporre delle conoscenze molecolari che abbiamo oggi. Mendel osservò che ciascun tratto (o carattere) è determinato da una coppia di fattori (oggi chiamati geni), i quali possono esistere in forme alternative, dette alleli. Ogni allele contribuisce alla manifestazione del carattere in maniera diversa.

In questo contesto, si definisce fenotipo recessivo la manifestazione di un carattere quando un individuo presenta due alleli recessivi, che esprimono il tratto solo in assenza dell'allele dominante. Il fenotipo dominante, invece, si manifesta quando è presente almeno un allele dominante, sia in forma omozigote dominante sia in forma eterozigote (quando coesistono un allele dominante e uno recessivo).

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Bibliografia

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