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Giangirolamo II Acquaviva d'Aragona

duca di Nardò, conte di Conversano, militare e mecenate italiano Da Wikipedia, l'enciclopedia libera

Giangirolamo II Acquaviva d'Aragona
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Giangirolamo II Acquaviva d'Aragona (Conversano, 1600Barcellona, 14 maggio 1665) è stato un politico, militare, nobile e mecenate italiano. Era detto il "Guercio" oppure il "Guelfo di Puglia". Fu il 20º conte di Conversano; alla morte dei genitori, che erano lontani cugini tra loro, unificò le due linee dinastiche e divenne il 7º duca di Nardò: fu il primo a disporre di entrambi i titoli.

Disambiguazione – Se stai cercando il condottiero vissuto nel XVIII secolo, vedi Giovan Girolamo II Acquaviva d'Aragona.
Dati rapidi Conte di Conversano, In carica ...
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Biografia

Riepilogo
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Figlio di Giulio I Acquaviva d'Aragona (1607-1626), conte di Conversano, e di Caterina Acquaviva d'Aragona, pronipote di Belisario I duca di Nardò e a sua volta duchessa; fu il secondo a portare questo nome dopo il bisnonno Giangirolamo I (1521-1592). Ebbe cinque fratelli: quattro furono monache e la maggiore di esse, Donata, fu badessa mitrata del monastero di San Benedetto a Conversano[1]. Succedette al padre nel 1626, mentre alla morte della madre nel 1636 divenne duca di Nardò, unificando le due linee dinastiche della famiglia. Sposò il 4 aprile 1622 la contessa Isabella Filomarino dei principi della Rocca (1605-1679); da questa unione nacquero cinque figli: Giulio, Cosmo (conte di Conversano per soli dieci giorni, morto in un famoso duello), Caterina, Anna e Tommaso.[2]

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Isabella Filomarino

Popolarmente soprannominato il "Guercio" a causa di un presunto difetto visivo (non riscontrabile nelle fonti), Giangirolamo è tradizionalmente ricordato come un uomo malvagio, vendicativo e assai temuto. Ancora oggi sopravvivono cupe leggende sul suo conto: si narra ad esempio che si avvalesse dello ius primae noctis, tanto che tuttora i conversanesi si dicono figli del conte. Ancora, si narra che per esercitazione sparasse dalla torre del castello alle donne che attingevano acqua dai pozzi, o che facesse scuoiare i suoi nemici per tappezzare con le loro pelli le poltrone del casino di caccia di Marchione[3]. Al tempo stesso ebbe tuttavia fama di uomo pio: introdusse nelle sue terre il culto dei Santi Cosma e Damiano e accolse numerosi ordini monastici, costruendo chiese e conventi. Si distinse inoltre per uno spiccato mecenatismo: oltre ad allestire una sontuosa collezione di dipinti, ebbe al suo servizio un pittore di corte (Paolo Finoglio), caso praticamente unico nel notabilato del Regno di Napoli. Su incarico del conte, Finoglio realizzà le dieci tele sulla Gerusalemme liberata attualmente custodite nella Pinacoteca comunale di Conversano.[4]

Risiedeva soprattutto nel castello di Conversano, ma trascorreva alcuni periodi anche nel casino di caccia di Marchione, nel Castello di Nardò e ad Alberobello, in un palazzetto-taverna fatto costruire da lui stesso. Giangirolamo, invero, contribuì all'espansione di questo pittoresco paese, attirando i contadini dei territori vicini a risiedervi, anche se la colonizzazione era già cominciata all'epoca in cui il suo avo Giulio Antonio ne aveva acquisito il feudo, nel 1481. Il conte aveva inoltre la passione per i cavalli: la sua famiglia godeva di un pregiato allevamento (razza Lipizzano - Conversano), avviato dallo stesso Giulio Antonio I nel 1456. Sul piano governativo contribuì a migliorare la vita dei contadini conversanesi istituendo la colonia agricola detta Casal Nuovo; negli altri feudi reintrodusse invece la bagliva, una tassa in disuso dal tardo medioevo, cosa che gli procurò notevole malcontento.

La vita di Giangirolamo Acquaviva d'Aragona fu costellata di guerre, battaglie e misfatti. Già nel 1617, giovanissimo, guidò l'esercito di suo padre in una battaglia contro i Turchi per la liberazione di Manfredonia. Nel 1639 tentò di far ricadere sotto il suo controllo le elezioni del sindaco dei nobili di Nardò, capoluogo del suo ducato, invalidandole e designando a tale carica un suo intendente; il sindaco regolarmente eletto Francesco Maria Manieri presentò ricorso presso il Consiglio Collaterale, ma fu per questo fatto uccidere dal conte[5]. Avendo più volte violato il regolamento regio (Prammatica Reale), nel 1643 fu arrestato e trasferito a Napoli, indi a Madrid[6]. Isabella, nominata reggente in sua vece, dimostrò a sua volta apprezzabili capacità di governo, coadiuvata dal figlio Cosmo[7].

Nel luglio-agosto 1647, all'indomani della rivolta di Masaniello, il conte fu scarcerato e inviato dal Viceré di Napoli a domare i tumulti scoppiati a Nardò e Lecce. Dopo il fallimento della trattativa affidata a un suo lontano cugino, il vescovo di Lecce Luigi Pappacoda, tra il 3 e il 6 agosto 1647 invase le campagne di Nardò con 4000 soldati armati: oltre ad arrestare e processare i capi della rivolta, ne approfittò per eliminare alcuni avversari tra cui l'arciprete G. Filippo Nuccio e quattro prelati che vennero archibugiati e decapitati il 20 agosto 1647.

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Lo stemma degli Acquaviva d'Aragona (castello di Marchione)

Nel 1649, in seguito a nuovi e gravi abusi feudali, Giangirolamo fu di nuovo condotto a Madrid e rinchiuso in carcere, dove rimase fino al 1665, quando gli fu concessa amnistia. Mentre si accingeva a rientrare in patria, morì a 65 anni sulla via per Barcellona, forse a causa della malaria; sono state comunque avanzate numerose teorie sulla sua morte, non suffragate da fonti. Il corpo fu imbalsamato e tumulato nella cappella del Rosario del monastero di San Benedetto a Conversano[8]. Isabella gli sopravvisse per 14 anni e continuò a mantenere la reggenza dapprima in sua vece, poi in nome di Cosmo (morto dieci giorni dopo l'insediamento in un famoso duello contro il duca di Martina Franca Petracone V Caracciolo), poi ancora per il nipote Giangirolamo III, ancora minorenne. Morì nel 1679. Il ramo degli Acquaviva di Conversano, originato come gli altri dalla Baviera, si estinse nel 1967 con la scomparsa della duchessa Giulia, ultima discendente di Giangirolamo e Isabella.

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Note

Bibliografia

Voci correlate

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