Giappone
stato sovrano insulare dell'Asia orientale Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
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Il Giappone (AFI: [ʤapˈpoːne][6][7]; in giapponese 日本?, Nihon o ?, Nippon ), ufficialmente Stato del Giappone (日本国?, Nihon-koku o ?, Nippon-koku) è uno Stato insulare dell'Asia orientale. Situato nell'Oceano Pacifico, è limitato a ovest dal Mar del Giappone, a nord dal mare di Ochotsk, a est dall'Oceano Pacifico settentrionale e a sud dal Mar Cinese Orientale. È un arcipelago perlopiù montuoso di 14 125 isole, le cui cinque più grandi sono Hokkaidō, Honshū, Kyūshū, Shikoku e Okinawa, che da sole rappresentano circa il 97% della superficie terrestre del Giappone. Molte isole sono montagne, alcune di origine vulcanica; la vetta più alta è il Fuji, un vulcano in quiescenza dal 1707. Con una popolazione di circa 126 milioni di abitanti, è l'undicesimo paese più popolato al mondo. La Grande Area di Tokyo, che include Tokyo e numerose prefetture vicine, è la più grande area metropolitana del mondo con oltre 38 milioni di residenti.
Giappone | |
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Il Giappone (in verde scuro) e i suoi territori reclamati e non controllati (verde chiaro) | |
Dati amministrativi | |
Nome completo | Stato del Giappone |
Nome ufficiale | 日本国 ?, Nihon-koku Nippon-koku |
Lingue ufficiali | giapponese |
Altre lingue | lingue ryukyuane, ainu |
Capitale | Tokyo (13988129[1] ab. / 2022) |
Politica | |
Forma di governo | Monarchia parlamentare |
Imperatore | Naruhito |
Primo ministro | Shigeru Ishiba |
Proclamazione | Incerta, III-V secolo d.C. |
Ingresso nell'ONU | 18 novembre 1956 |
Superficie | |
Totale | 377 975 km² (63º) |
% delle acque | 0,8% |
Popolazione | |
Totale | 126 226 568[2] ab. (2020) (11º) |
Densità | 333 ab./km² (27º) |
Tasso di crescita | -0,3% (2020) |
Nome degli abitanti | Giapponesi[3] |
Geografia | |
Continente | Asia |
Confini | nessuno |
Fuso orario | UTC+9 |
Economia | |
Valuta | yen |
PIL (nominale) | 4 971 929[4] milioni di $ (2018) (3º) |
PIL pro capite (nominale) | 39 305[4] $ (2018 stima) (24º) |
PIL (PPA) | 5 594 452[4] milioni di $ (2018) (6º) |
PIL pro capite (PPA) | 44 227[4] $ (2018 stima) (28º) |
ISU (2022) | 0,925 (molto alto) (19º) |
Fecondità | 1,4 (2018)[5] |
Consumo energetico | 40 358 kWh/ab. anno |
Varie | |
Codici ISO 3166 | JP, JPN, 392 |
TLD | .jp |
Prefisso tel. | +81 |
Sigla autom. | J |
Lato di guida | Sinistra (↑↓) |
Inno nazionale | 君が代?, Kimi ga yo, "Il regno dell'imperatore" |
Festa nazionale | 11 febbraio |
Fonti citate nel corpo del testo | |
Evoluzione storica | |
Stato precedente | Giappone occupato |
Ricerche archeologiche indicano che l'arcipelago è abitato dal Paleolitico superiore e la prima menzione scritta è rintracciabile in un libro di storia cinese del I secolo a.C., il Libro degli Han. Il paese fu a lungo dominato da signori feudali e dalla casta guerriera dei samurai, quindi dal bakufu fino al 1868, quando divenne un impero limitatamente parlamentare. Fu una delle grandi potenze tra il XIX e il XX secolo, fino alla disfatta del 1945, dopo la quale ha imboccato un percorso di democratizzazione: nel 1947 una nuova Costituzione privò l'imperatore del Giappone di numerosi poteri e sancì la rinascita del parlamento.
Grande potenza regionale asiatica, il Giappone è la terza maggiore economia per prodotto interno lordo e la quarta maggiore per potere d'acquisto; è anche il quarto maggiore esportatore e il sesto maggiore importatore a livello mondiale. È inoltre uno stato membro del G7. Il Giappone ha un moderno apparato militare utilizzato per l'autodifesa, per missioni di pace e per aiutare gli alleati all'estero nel rispetto della Costituzione. Si piazza diciannovesimo a livello mondiale per lo sviluppo umano, vanta una qualità di vita molto elevata.
In giapponese Giappone si dice Nihon ( ) o Nippon ( , più formale e utilizzato in occasioni ufficiali, come eventi sportivi internazionali), e si scrive con i caratteri 日本?, che significano rispettivamente "sole" (日?, nichi) e "origine" (本?, hon); insieme hanno quindi il significato di "origine del Sole". Per questo motivo il Giappone è spesso identificato come la "terra del Sole nascente" o il "Paese del Sol Levante". Questo è di fatto il nome che i cinesi hanno dato al Paese che rispetto al loro si trova a est: all'origine del sole.[8] Prima dell'introduzione del nome Nihon il Giappone era conosciuto con il nome Wa (倭?) o Wakoku (倭国?).[9]
L'esonimo italiano "Giappone" è affine al francese Japon, al tedesco Japan e all'inglese Japan, i quali derivano tutti dalla pronuncia cinese RìběnP (o RìběnguóP) dei caratteri 日本. Il nome "Giappone", unitamente alle omologhe forme nelle altre lingue occidentali, fu introdotto in Europa da Marco Polo, il quale si riferiva al paese usando il termine "Cipango" o "Zipangu", storpiatura del cinese Rìběnguó.[10] Dal rinnovamento Meiji fino alla fine della seconda guerra mondiale il nome completo del Giappone è stato Dai Nippon Teikoku (大日本帝国?), che significa "Impero del Grande Giappone". Da allora il nome ufficiale è diventato Nippon-koku o Nihon-koku (日本国?) in cui il suffisso koku (国?) significa "Paese", "nazione" o "Stato".
Si ritiene che i primi esseri umani, homo sapiens o addirittura erectus, siano arrivati in Giappone circa 200 000 anni fa attraverso istmi che anticamente collegavano le isole al continente. Si trattava di famiglie allargate (100-150 persone) di cacciatori-raccoglitori, che vivevano in rifugi artificiali provvisori (più raramente nelle caverne) e prediligevano la costa e le pianure; i resti scheletrici sinora scoperti, comunque, sono stati datati al massimo a 17 000 anni fa. Uno stile di vita più sedentario e un inizio di civiltà sono stati fatti risalire al 13 000 a.C., quando comparvero vasi in ceramica caratterizzati da una decorazione a cordicella (jōmon) da cui il nome dell'omonimo periodo.[11] Forme di agricoltura primitiva sono attestate dal 4000 a.C. nell'isola di Hokkaidō e nella porzione occidentale del paese (ma il riso arrivò solo intorno al 1000 a.C.) e fece loro eco la nascita di villaggi semi-permanenti, spesso sul litorale; comparvero anche tessuti di canapa (circa 5000 a.C.), si consolidarono le tecnologie per la caccia e cominciarono ad articolarsi i primi culti religiosi intrisi di sciamanesimo e di adorazione del soprannaturale.[12]
I dati anatomici desunti dagli scheletri e le scoperte archeologiche dimostrano l'esistenza di un "popolo Jōmon" distinto, forse di origini mongoliche, e hanno provato che da esso discesero gli Ainu, veri indigeni giapponesi ma riconosciuti come tali solo nel 1997.[13] L'era Jōmon terminò attorno al 400 a.C., a causa di una probabile invasione o migrazione di massa del popolo Yayoi: si trattava di genti più alte rispetto ai Jōmon, che facevano uso di armi in bronzo e ferro, coltivavano quasi esclusivamente riso e avevano una cultura diversa; si diffusero dalle propaggini sud-occidentali fino all'intero Honshū, mentre l'isola di Hokkaidō rimase impermeabile almeno sino all'VIII secolo d.C., inizio di quella sentita differenza tra giapponesi "veri" (cioè discendenti dagli Yayoi) e Ainu, viva ancor oggi. L'età Yayoi vide una prima gerarchizzazione della società, una più spiccata suddivisione del territorio in risposta al bisogno di terra per coltivare il riso, la nascita di élite guerriere e l'introduzione della schiavitù, l'intensificarsi dei conflitti ma anche dei traffici commerciali; una crescita demografica portò a 2 milioni il totale di abitanti. Questi fattori provocarono una decisa attività politica e la formazione di tanti piccoli regni tribali.[14]
La fine della preistoria nipponica coincide con l'inizio del periodo Yayoi poiché, per la prima volta, si ritrovano tracce scritte sul Giappone in due fonti cinesi, il Libro degli Han e il Libro degli Wei. La prima opera identifica il Giappone come "terra di Wa", suddivisa in oltre cento raggruppamenti tribali. La seconda riporta nel dettaglio la visita di delegati di Wei e descrive il più potente di questi regni, lo Hsieh-ma-t'ai o Yamatai governato dalla regina-sciamana Himiko. Storici e ricercatori, per la gran parte, sono concordi nel localizzare il potentato nella regione di Nara, dove dopo la morte di Himiko (248 d.C.) si sviluppò una prima compagine statale detta appunto Yamato, caratterizzata in particolare dalle architetture funerarie a tumulo kofun. Il clan Yamato riuscì gradualmente a espandersi nelle isole maggiori, dosando le armi e la diplomazia, e fu il capostipite degli imperatori del Giappone: il primo in assoluto pare sia stato un certo Sujin. Nel V secolo il clan Yamato e quindi la famiglia imperiale riuscirono effettivamente a porsi al di sopra dei notabili, che costituivano una scala sociale gerarchica; uno dei mezzi fu l'introduzione del buddhismo dal regno coreano di Baekje, mossa suggerita dal potente clan Soga di origini coreane, sì alleato degli Yamato, ma che puntava anche ad accrescere la sua influenza sulla famiglia imperiale; d'altronde l'imperatore Yōmei pensò che fosse utile disporre di una religione che avvicinasse le varie tribù nipponiche e che conferisse alla sua corte una maggiore dignità. Infatti il periodo Yamato vide l'assimilazione di gran parte della cultura e delle cerimonie cinesi, fondamenta della civiltà giapponese: esponente di questo atteggiamento fu ad esempio il figlio di Yōmei, il principe Umayado imparentato con i Soga. A lui si devono la massiccia diffusione del buddhismo che si affiancò allo shintoismo, la ripresa di stabili relazioni con il rinnovato Impero cinese e la cosiddetta Costituzione di 17 articoli, documento d'ispirazione confuciana che regolava i rapporti tra corte e sottoposti.[15]
Nel 645 il clan Soga fu scalzato da Fujiwara no Kamatari: a cominciare con lui il clan avrebbe avuto un deciso controllo dell'imperatore e della corte per alcuni secoli, aggiudicandosi in perpetuo la reggenza. Sempre i Fujiwara furono i promotori degli editti di riforma di Taika, che intensificarono l'adozione di pratiche culturali cinesi, e del ritsuryō, un sistema legislativo che centralizzò il potere, strutturò un'efficiente burocrazia e ribadì il primato della famiglia imperiale. Il suo status divino e monarchico fu riconfermato a posteriori dalle cronache epiche Kojiki e Nihon shoki, volute dall'imperatore Tenmu all'inizio dell'VIII secolo: secondo queste opere il primo imperatore fu Jinmu dal 660 a.C., nipote della grande dea shintoista Amaterasu. Negli stessi decenni si verificò una decisa crescita demografica, cui fece riscontro un affinamento e un aumento delle tassazioni sulla terra, che fu nazionalizzata; inoltre, in questo stesso periodo si affermò l'uso, tra i membri del ceto dominante, dell'espressione Nihon (日本?) per indicare lo Stato emergente.[16]
Una capitale fissa (sino ad allora la corte era itinerante) fu fondata nel 710 e battezzata Heijō-kyō, antico nome dell'attuale Nara, secondo le tecniche urbanistiche cinesi; essa divenne il fulcro del buddhismo in Giappone - l'imperatore Shōmu vi fece costruire il grandioso Tōdai-ji - e proprio l'enorme influenza politica dei monaci convinse la corte ad andarsene nel 784. Nel 794 una nuova capitale fu fissata a Heian-kyō, o più semplicemente Kyoto, sede della monarchia nipponica per oltre un millennio.[17] Furono raggiunti notevoli livelli di raffinatezza, nacquero e si articolarono arte, poesia e letteratura autoctone ma, in contemporanea, la monarchia perse progressivamente autorevolezza e influenza a causa dell'abuso della reggenza e dell'abdicazione (tecnica usata dalla famiglia imperiale per ostacolare i Fujiwara). Anche la stanzialità dei grandi aristocratici a corte rese invalsa la pratica di nominare amministratori e guardiani delle terre, spesso esentate dalle tasse. Peraltro la costruzione di ricchi templi buddhisti e le spese necessarie alla corte si tradussero in pesanti tassazioni per la popolazione, cresciuta nei secoli e legata all'agricoltura: unitamente a tecnologie inadatte, cicliche carestie e lottizzazioni, questi problemi convincevano molte famiglie contadine a porsi sotto la protezione degli amministratori. Costoro si rafforzarono progressivamente e divennero capaci di armare proprie milizie, formate da samurai.[18]
Nel 1156 il clan Taira, forte dell'appoggio di parte dei nobili emancipatisi e delle loro truppe, rovesciò i Fujiwara e ne prese il posto. Tuttavia lotte intestine favorirono Minamoto no Yoritomo che, dopo alcuni anni di battaglie, conquistò Kyoto nel 1183 e annientò i Taira nel 1185, anno nel quale si concluse l'epoca Heian. Come risultato della guerra civile e di contemporanei disastri naturali, il paese era in rovina e la popolazione alla fame.[19]
Yoritomo non intendeva però togliere di mezzo la famiglia imperiale. Al contrario, si fece investire della sua autorità mediante la nomina a shōgun (1192), una carica che risaliva alle antiche campagne militari nell'Honshū settentrionale: Yoritomo la rese permanente ed ereditaria, l'arricchì di un significato amministrativo e trasferì il baricentro del suo potere a Kamakura, nella pianura di Kantō sede dei Minamoto. L'imperatore e la corte rimasero a Kyoto, inaugurando un dualismo sbilanciato in favore dello shōgun.[20] Yoritomo formò una rete di signori-vassalli simile ai sistemi feudali occidentali per controllare la nazione, nominandoli amministratori o protettori; si costituì così un ceto militare che organizzava i numerosi possedimenti come riteneva più congeniale, ma che riscuoteva le tasse per il bakufu (vale a dire il governo shogunale), gli doveva obbedienza e gli forniva armati in caso di necessità. Diffidente e sospettoso, Yoritomo morì nel 1199 e lasciò solo due giovani figli che, dopo un breve intermezzo di congiure e omicidi, furono scavalcati dalla madre e vedova Hōjō Masako. Ella assicurò il controllo della carica alla sua famiglia e le applicò la reggenza; i suoi successori mantennero saldo il controllo sulla corte, favorirono il buddhismo Zen e cercarono di frenare il proselitismo del buddhismo Nichiren strutturatosi attorno alla metà del XIII secolo. Gli Hōjō coordinarono anche le risorse militari giapponesi per respingere le tentate invasioni della dinastia Yuan mongola – gravi minacce che contribuirono a rafforzare il predominio della famiglia. Le due spedizioni mongole (1274 e 1281) fallirono in buona misura a causa di violenti uragani, battezzati dai giapponesi kamikaze e da allora idolatrati come manifestazione del divino favore di cui godeva il Sol Levante.[21]
Il pericolo d'invasione giustificò un continuo stato di allarme e forti spese militari che, col tempo, alienarono agli Hōjō buona parte della nobiltà guerriera. Nel 1333 il dinamico imperatore Go-Daigo sobillò una ribellione che si concluse con il massacro del clan; il sovrano, intenzionato a ristabilire il potere temporale della famiglia, fu però a sua volta tradito dal condottiero samurai Ashikaga Takauji, lontano parente dei Minamoto. Egli cacciò Daigo da Kyoto, il quale fondò a Nara una seconda corte imperiale che sopravvisse sino al 1392 (periodo Nanboku-chō); Takauji nominò successore il giovane Kōmyō e da questi si fece proclamare shōgun nel 1338: a differenza degli Hōjō, fissò il bakufu nella stessa capitale, precisamente nel quartiere di Muromachi.[22] Egli riciclò le strutture feudali dei predecessori, ma non aveva né terre con cui comprare