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politico e generale francese (1769-1821), primo console (1799-1804) e imperatore (r. 1804-1815) di Francia Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
Napoleone Bonaparte, spesso chiamato per antonomasia anche solo Napoleone (Ajaccio, 15 agosto 1769[N 1] – Longwood, Isola di Sant'Elena, 5 maggio 1821), è stato un politico e generale francese, fondatore del Primo Impero francese e protagonista della prima fase della storia contemporanea europea, detta "età napoleonica".
Nato in Corsica da una famiglia della piccola nobiltà italiana, studiò in Francia, dove divenne ufficiale d'artiglieria e quindi generale durante la Rivoluzione francese. Famoso grazie alle vittorie ottenute nel corso della prima campagna d'Italia, dopo il colpo di Stato del 18 brumaio (9 novembre 1799) assunse il potere in Francia: fu Primo Console dal novembre di quell'anno al 18 maggio 1804, e Imperatore dei francesi, con il nome di Napoleone I (Napoléon Ier) dal 2 dicembre 1804 al 14 aprile 1814 e nuovamente dal 20 marzo al 22 giugno 1815. Fu anche presidente della Repubblica Italiana dal 1802 al 1805, re d'Italia dal 1805 al 1814, «mediatore» della Confederazione svizzera dal 1803 al 1813 e «protettore» della Confederazione del Reno dal 1806 al 1813.
Grande uomo di guerra, protagonista di oltre vent'anni di campagne in Europa, Napoleone è stato considerato il più grande stratega della storia dallo storico militare Basil Liddell Hart,[1] mentre lo storico Evgenij Tàrle non esita a definirlo "l'incomparabile maestro dell'arte della guerra" e "il più grande dei grandi".[2] Grazie al suo sistema di alleanze e a una serie di brillanti vittorie contro le potenze europee, conquistò e governò larga parte dell'Europa continentale, esportando gli ideali rivoluzionari di rinnovamento sociale e arrivando a controllare numerosi Regni tramite persone a lui fedeli (Giuseppe Bonaparte in Spagna, Gioacchino Murat nel Regno di Napoli, Girolamo Bonaparte in Vestfalia, Jean-Baptiste Jules Bernadotte nel Regno di Svezia e Luigi Bonaparte nel Regno d'Olanda).
La sua riforma del sistema giuridico (confluita nel Codice Napoleonico) introdusse chiarezza e semplicità delle norme e pose le basi per il moderno diritto civile.
La disastrosa campagna di Russia (1812) segnò il tramonto del suo dominio sull'Europa. Sconfitto nella battaglia di Lipsia dagli alleati europei nell'ottobre del 1813, Napoleone abdicò il 4 aprile 1814 e fu esiliato all'isola d'Elba. Nel marzo del 1815, abbandonata furtivamente l'isola, sbarcò a Golfe Juan, vicino ad Antibes, e rientrò a Parigi senza incontrare opposizione, riconquistando il potere per il periodo detto dei "cento giorni", finché non venne definitivamente sconfitto dalla settima coalizione nella battaglia di Waterloo, il 18 giugno 1815. Trascorse gli ultimi anni di vita in esilio all'isola di Sant'Elena, sotto il controllo dei britannici. Dopo la sua caduta il congresso di Vienna ristabilì in Europa i vecchi regni pre-napoleonici (Restaurazione), con l'eccezione della Svezia che aveva cambiato schieramento.
Fu il primo regnante della dinastia dei Bonaparte. Sposò Giuseppina di Beauharnais nel 1796 e, in seconde nozze, l'arciduchessa Maria Luisa d'Austria, l'11 marzo 1810, dalla quale ebbe l'unico figlio legittimo, Napoleone Francesco, detto il re di Roma (1811-1832). La sua figura ha ispirato artisti, letterati, musicisti, politici, filosofi e storici, dall'Ottocento[3] ai giorni nostri.
Napoleone Bonaparte nacque ad Ajaccio, in Corsica, poco più di un anno dopo la stipula del trattato di Versailles del 1768, con il quale la Repubblica di Genova lasciava mano libera alla Francia nell'isola, che fu così invasa dalle armate di Luigi XV e annessa al patrimonio personale del re.[4] La famiglia Bonaparte apparteneva alla piccola borghesia còrsa[5] e aveva forse lontane origini nobili genovesi.[N 2]
Il padre, Carlo Maria Buonaparte, avvocato laureatosi all'Università di Pisa, aveva effettuato ricerche araldiche per ottenere presso i lontani parenti di San Miniato una patente di nobiltà che gli conferisse prestigio in Patria e gli permettesse di meglio provvedere all'istruzione dei figli. Secondo alcune ricostruzioni, Napoleone avrebbe cambiato il cognome da "Buonaparte" in "Bonaparte" dopo la morte del padre, pochi giorni prima di sposare Giuseppina e partire per la campagna d'Italia, per renderlo più adatto alla lingua francese.[7] In realtà già nel suo atto di battesimo, redatto ad Ajaccio in lingua italiana, viene attestata la nobiltà della famiglia e si riporta il cognome Bonaparte,[8] prova che esso non era definitivamente fissato nella forma Buonaparte, mentre nei successivi atti, in italiano, relativi a Paola e a Luigi Napoleone il cognome, ancora nella forma Bonaparte, è preceduto dalla particella "de". Carlo Maria Bonaparte morì prematuramente a causa di un tumore dello stomaco, il 24 febbraio 1785, a Montpellier.
La madre era Maria Letizia Ramolino, discendente da nobili toscani e lombardi; al momento del matrimonio, il 2 giugno 1764, aveva 14 anni, mentre il marito ne aveva 18.[9] La coppia ebbe 13 figli, di cui solo otto sopravvissero: oltre Napoleone anche i fratelli Giuseppe, Luciano, Luigi e Girolamo; le sorelle Elisa, Paolina e Carolina. Lo stesso Napoleone disdegnò in più occasioni tali ascendenze illustri affermando che voleva essere fondatore e non discendente di tale nobiltà.[10]
I due genitori combatterono nella guerra fra i corsi e i francesi e Maria combatté anche quando era incinta di Napoleone, suo secondo figlio. Il 15 agosto 1769[N 3] durante la festa dell'Assunzione si recò alla cattedrale di Ajaccio. Al suo ritorno a casa, intorno a mezzogiorno[11][12] si accasciò dando alla luce Napoleone. Venne battezzato un anno ed undici mesi dopo, il 21 luglio 1771.[13]
A cinque anni venne iscritto in un asilo d'infanzia in Francia, dove studiò con l'abate Recco[N 4] per quattro anni, nei quali ricevette educazione anche dallo zio, l'arcidiacono Luciano.
Fu grazie al titolo nobiliare ottenuto in Toscana che il padre Carlo poté iscriversi al Libro della nobiltà di Corsica, istituito dai francesi per consolidare la conquista dell'isola[15] e, solo grazie a tale iscrizione, all'età di nove anni, il giovane Napoleone fu ammesso il 23 aprile 1779,[N 5] sempre per iniziativa del padre, alla Scuola reale di Brienne-le-Château, nel nord della Francia, dove rimase fino al 17 ottobre 1784 (alcuni storici, erroneamente, ritengono fino al 30 ottobre dello stesso anno).[N 6] Per migliorare il suo francese e prepararsi alla scuola, prima frequentò per quattro mesi il collegio di Autun, i suoi studi furono finanziati grazie a una borsa di studio di duemila franchi.
Napoleone inizialmente non si considerava francese e si sentiva a disagio in un ambiente dove i suoi compagni di corso erano in massima parte provenienti dalle file dell'alta aristocrazia transalpina e lo prendevano crudelmente in giro motteggiando il suo nome come "la paille au nez = la paglia per il naso" (l'accusa di essere straniero l'avrebbe perseguitato per tutta la vita).[18][N 7] Qui strinse amicizia con Louis-Antoine Fauvelet de Bourrienne, suo futuro biografo, e nel frattempo il giovane Napoleone si dedicò con costanza agli studi, riuscendo particolarmente bene in matematica.[19]
Seguì le idee ateiste del collegio e lui stesso narrò che a 11 anni la sua fede vacillò.[N 8]
Grazie alla sua nascita in contesto italiano/toscano-corso, mantenne comunque un legame forte con la lingua e la cultura toscana/italiana, come dimostra il fatto che tra i suoi libri più cari, che portava sempre con sé, c'era la versione cesarottiana dei Canti di Ossian, saga poetica del guerriero celtico Ossian.[21]
Dopo il giudizio positivo del cavaliere di Kéralio,[22] il 22 settembre 1784 il suo successore, l'ispettore militare Reynaud des Monts, gli concesse l'ammissione alla Regia Scuola Militare di Parigi, fondata da Luigi XV su consiglio di Madame de Pompadour, dove giunse nella sera del successivo 21 ottobre, partito giorni prima il 17.[23] Nel 1785 tentò di passare in Marina, ma in seguito all'annullamento degli esami d'ammissione di quell'anno, passò in artiglieria, desideroso di abbandonare gli studi al più presto e dedicarsi alla carriera militare.[24] Alloggiava in una mansarda. Fra i suoi insegnanti figurava Gaspard Monge, creatore della geometria descrittiva.
Ottenne quindi la nomina a sottotenente a soli 16 anni[N 9] e fu distaccato, il 1º settembre 1785, presso un reggimento d'artiglieria di stanza a La Fère, come sottoluogotenente, sotto gli ordini del barone du Teil, per assumere la luogotenenza, pochi mesi dopo, presso un reggimento di stanza a Valence, nel sud-est della Francia.[26] In quei tempi si innamorò prima di Caroline, figlia di Anna du Colombier[27] e in seguito di Louise-Marie-Adelaide de Saint-Germain, ma in entrambi i casi venne rifiutato. La sua prima relazione fu con una prostituta.[N 10] Nel 1787 tornò a Parigi, poi viaggiò in Corsica e infine raggiunse il reggimento ad Auxonne.
Frattanto il giovane Napoleone continuava a detestare segretamente la Francia e i francesi e a coltivare la causa dell'indipendenza della Corsica, come testimoniato significativamente da un suo scritto del 1787:[29]
«Francesi, non paghi di averci portato via tutto ciò che ci era caro, avete anche corrotto i nostri costumi. La situazione attuale della mia patria, e l'impossibilità di mutarla, sono dunque un nuovo motivo per fuggire una terra in cui sono obbligato per dovere, a lodare uomini che per virtù dovrei invece odiare. Quando arriverò nella mia terra, che atteggiamento adottare, che linguaggio tenere? Quando la patria non è più, un buon patriota deve morire.»
Allo scoppio della rivoluzione nel 1789, Napoleone, ventenne e ormai ufficiale[N 11] del re Luigi XVI, riuscì a ottenere una lunga licenza grazie alla quale poté ritornare al sicuro in Corsica. Una volta stabilitosi qui si unì al movimento rivoluzionario dell'isola assumendo il grado di tenente colonnello della Guardia Nazionale. Nel 1791 si innamorò di Manesca Pillet ma venne rifiutato, e dopo essere stato per alcuni mesi a Auxonne il 1º giugno venne inviato nel 4º reggimento d'artiglieria a Valence[31] con il grado di primo luogotenente. Nel gennaio del 1792 si candidò come tenente colonnello e venne eletto, con alcuni dubbi,[N 12] il 28 marzo,[33] in seguito verrà momentaneamente retrocesso al rango di capitano. Per i suoi continui viaggi in Corsica, superando il tempo concessogli per la licenza militare, rischiò di essere considerato disertore,[34] preoccupato ritornò a Parigi nello stesso anno.
Nel frattempo in Corsica infuriava la guerra civile scoppiata appunto nel 1793. Già dal 1792 gli eccessi rivoluzionari di settembre, che anticiparono l'instaurazione del "Terrore" dell'estate successiva, avevano spinto l'eroe nazionale dell'indipendenza corsa, Pasquale Paoli (che era rientrato trionfalmente nel suo Paese nel 1790, dopo il lungo esilio impostogli dai Re di Francia), a prendere le distanze da Parigi e a riprendere la lotta per l'indipendenza della Corsica. Accusato di tradimento e inseguito da un mandato di arresto emesso dalla Convenzione nazionale il 2 aprile 1793, Paoli ruppe gli indugi il 17 aprile, appellandosi direttamente a tutta la popolazione còrsa affinché difendesse la propria patria e i propri diritti. La famiglia Buonaparte, che pure aveva sostenuto Paoli al tempo della rivolta contro Genova e poi contro le Armate di Luigi XV (il padre Carlo e forse anche la madre parteciparono accanto a Paoli alla battaglia di Ponte Nuovo contro i francesi), scelse però la causa francese.
Nel febbraio 1793 Napoleone comandò i 350 uomini dell'11º battaglione verso l'isola della Maddalena in Sardegna. Il 22 febbraio sbarcò a Santo Stefano; l'attacco però non riuscì, in quanto mancò l'appoggio previsto della corvetta Fauvette.[35]
Napoleone fuggì rapidamente ad Ajaccio e di lì riparò con l'intera famiglia, accusata di tradimento, a Tolone. Il 12 settembre 1793[36] giunse al quartier generale di Cartaux. In sei settimane riorganizzò le forze per l'assedio alla città, preparò 100 pezzi di grosso calibro e raccolse vari ufficiali competenti. Con l'appoggio di Gasparin, uno dei tre commissari a Tolone, riuscì ad avere il controllo dell'artiglieria d'assedio; intanto il 19 ottobre era divenuto capo di battaglione.[37] A Cartaux successero Doppet e poi il capace generale Jacques François Dugommier. Napoleone conobbe Andoche Junot, che sarebbe stato in seguito governatore di Parigi. Il 1º dicembre viene nominato dal generale Dugommier aiutante generale. Riuscì a conquistare il forte dell'Eguillette, chiamato la piccola Gibilterra, e dopo gli altri forti nel dicembre 1793, liberò il porto di Tolone dai monarchici e dalle truppe inglesi che li appoggiavano. Secondo Chateaubriand, in questa occasione il giovane Napoleone si macchiò di massacri spietati contro la popolazione.[38]
Tolone fu il suo primo clamoroso e avventuroso successo militare, che gli valse la nomina a generale di brigata il 22 dicembre[39] e l'attenzione del futuro membro del Direttorio Paul Barras, che lo aiuterà poi nella successiva scalata al potere. La sua amicizia con Augustin de Robespierre, fratello di Maximilien, prima lo liberò dagli arresti in casa cui era stato costretto nel 1794[N 13] poi lo fece cadere in disgrazia all'indomani del 9 termidoro e della conseguente fine del Terrore. Venne arrestato con l'accusa di spionaggio e poi liberato.[N 14] Le sue avventure galanti lo portarono a sedurre Louise Gauthier, moglie di un deputato, e a fidanzarsi, il 21 aprile 1795, con Désirée Clary.[N 15]
Tuttavia la fortuna gli arrise quando il 13 vendemmiaio (5 ottobre 1795) Barras lo nominò, all'improvviso, comandante della piazza di Parigi, con l'incarico di salvare la Convenzione nazionale dalla minaccia dei monarchici (realisti). Con l'aiuto di Gioacchino Murat al comando della cavalleria, Napoleone colpì spietatamente i rivoltosi scongiurando un nuovo colpo di Stato. In seguito al brillante successo, Barras lo nominò generale del Corpo d'armata dell'Interno.[43]
Il 9 marzo 1796 Napoleone sposò Giuseppina Tascher de La Pagerie,[N 16] vedova Beauharnais, già moglie di un ufficiale ghigliottinato dopo la rivoluzione.[45] Dopo soli due giorni partì per Nizza per assumere il comando dei 38 000 uomini mal equipaggiati dell'Armata d'Italia. Il generale, giunto al quartier generale il 27 marzo, diede il via a un'operazione militare che, nei piani del Direttorio, doveva essere semplicemente di «diversione», poiché l'attacco all'Austria sarebbe dovuto avvenire lungo due direttrici sul Reno.[45]
Molto magro, il viso scavato, lo sguardo freddo dei grandi occhi grigioazzurro, i capelli lunghi sulle spalle e il volto "sulfureo",[46][47] il generale, cupo e spigoloso, descritto come "un matematico o un visionario",[48] impose la sua autorità, dimostrò la sua risolutezza, impressionò i suoi generali subordinati e predispose la rapida attuazione dei suoi ambiziosi piani di guerra.
Il 12 aprile 1796 cominciava la prima campagna d'Italia che avrebbe portato alla luce il genio militare e politico del generale Bonaparte il quale, nonostante l'inferiorità numerica e logistica, riuscì a sconfiggere ripetutamente le forze austriache, piemontesi. Questi successi affascinarono anche il grande compositore Ludwig van Beethoven, che inizialmente dedicò al giovane generale repubblicano la sinfonia n. 3, "l'Eroica", ma successivamente stracciò la dedica, indignato dal fatto che Napoleone si fosse proclamato imperatore.[49][50]
Dopo essere riuscito a sollevare il morale e lo spirito combattivo delle sue truppe, Napoleone manovrò con rapidità per disgregare e sconfiggere separatamente i due eserciti avversari; il giovane generale impiegò per la prima volta la cosiddetta "strategia della posizione centrale" e la campagna di Montenotte fu caratterizzata dalle continue vittorie dell'Armata d'Italia. Le forze austriache e piemontesi vennero battute successivamente a Cairo Montenotte, Dego, Millesimo, Cosseria; il 19 aprile 1796 sconfisse i piemontesi nella Battaglia di Mondovì, chiamata anche "Battaglia della Bicocca di San Giacomo" o "Presa di San Michele".[N 17] Con l'armistizio di Cherasco, Napoleone costrinse Vittorio Amedeo III di Savoia a pesanti concessioni, ratificate con la Pace di Parigi (15 maggio), che assegnava alla Francia sia la Savoia sia la contea di Nizza. Il 10 maggio 1796 sbaragliò l'ultima difesa austriaca nella battaglia di Lodi e, il 14 maggio dello stesso anno, entrò a Milano.[45]
«Vedevo il mondo sprofondare sotto di me come se fossi sollevato in aria.[51]»
Il 16 maggio venne insediata a Milano l'Amministrazione Generale della Lombardia, entità politico-militare della quale facevano parte sia francesi (provenienti dalle file dell'Armata d'Italia) sia esponenti illuministi filo-francesi del capoluogo lombardo, come Pietro e Alessandro Verri, Gian Galeazzo Serbelloni e Francesco Melzi d'Eril.[52]
Costretto il Piemonte all'armistizio e occupata Milano, Napoleone ricevette dal Direttorio i pieni poteri sull'Armata d'Italia e si preparò al compito più difficile: sconfiggere l'esercito austriaco. Mentre le truppe francesi assediavano la fortezza di Mantova, gli austriaci sferrarono una controffensiva che inizialmente mise in difficoltà il generale. Dopo una serie di scontri parziali, gli eserciti francese e austriaco si fronteggiarono, il 5 agosto, nella Battaglia di Castiglione. Fu, quella di Castiglione delle Stiviere, la prima grande battaglia campale diretta da Napoleone, il quale dimostrò il suo genio tattico ribaltando a proprio favore una situazione che pareva compromessa e conquistando una delle più importanti vittorie della sua carriera militare. Sebbene non definitiva, la sconfitta fu pesante per l'esercito austriaco che, riorganizzato e rinforzato da nuovi reparti, venne in seguito battuto a Bassano, Arcole e, infine, a Rivoli, prima battaglia d'annientamento della carriera di Napoleone.[53][54]
Nell'ottobre del 1796, si costituì la Legione Lombarda, prima forza armata composta da italiani ad adottare quale bandiera di guerra il Tricolore (verde, bianco e rosso). Contemporaneamente le ex-legazioni pontificie si costituirono in Repubblica Cispadana e adottarono (7 gennaio 1797) il tricolore quale bandiera nazionale. Col trattato di Tolentino, Papa Pio VI, fu costretto a riconoscere la cessione delle Legazioni di Forlì, Ravenna, Bologna e Ferrara. Per gestire questi territori, venne creata l'Amministrazione Centrale d'Emilia, la cui sede venne fissata da Napoleone stesso in Forlì a partire dal 18 aprile 1797. Sconfitti gli austriaci Napoleone invece di ritirarsi dai territori della Repubblica di Venezia (teatro di guerra tra le truppe francesi e austriache) decise di attaccare Venezia; la notte del 15 maggio 1797 le truppe francesi entrarono a Venezia e deposero il Doge Ludovico Manin, primo esercito straniero ad entrare in città dopo 1.100 anni, proclamando la Caduta della Repubblica di Venezia. Il successivo 29 giugno venne proclamata la Repubblica Cisalpina con capitale Milano; la stessa il 9 luglio incorporò la Repubblica Transpadana. Con il diretto intento di danneggiare il pontefice fu proclamata il 19 novembre 1797 la Repubblica Anconitana con capitale Ancona che fu poi unita alla Repubblica Romana: il tutto ebbe però breve durata, poiché nel 1800 lo Stato Pontificio fu ripristinato.[55][56]
Le forze austriache, comandate dall'arciduca Carlo d'Austria, intimorite dalla rapida marcia di Napoleone verso Vienna, dovettero accettare una tregua a Leoben che si concretizzò nel trattato di Campoformio, il 17 ottobre 1797. Oltre all'indipendenza delle nuove repubbliche formatesi, la Francia acquisiva i Paesi Bassi e la riva sinistra del Reno, gli austriaci inglobavano i territori della Repubblica di Venezia. Terminava così, con una secca sconfitta dell'Austria, la campagna d'Italia.[57]
Nel corso della campagna d'Italia, Napoleone manifestò la sua brillante capacità strategica, in grado di assimilare le nuove teorie innovative dei pensatori militari francesi e applicarle magistralmente sul campo. Ufficiale di artiglieria per formazione, utilizzò i mezzi d'artiglieria in modo innovativo come supporto mobile agli attacchi della fanteria.
Dipinti contemporanei del suo Quartier generale mostrano che in queste battaglie utilizzò, primo al mondo in un teatro di guerra, un sistema di telecomunicazioni basato su linee di segnalazione realizzate col telegrafo ottico di Chappe, appena perfezionato nel 1792.[58] Durante la prima campagna d'Italia, numerose furono le opere d'arte che vennero cedute alla Francia come spoliazioni militari, come attraverso il Trattato di Tolentino, il Trattato di Firenze, o l'armistizio di Cherasco. Tutte le opere cedute costituirono il nucleo delle spoliazioni napoleoniche.
Nel 1798 il Direttorio, preoccupato per l'eccessiva popolarità e per il notevole prestigio di Bonaparte, gli affidò l'incarico di occupare l'Egitto per contrastare l'accesso inglese all'India e quindi per danneggiarla economicamente.[59][60] Un indizio della devozione di Napoleone ai principi dell'Illuminismo fu la sua decisione di affiancare gli studiosi alla sua spedizione: la spedizione d'Egitto ebbe il merito di far riscoprire, dopo centinaia di anni, la grandezza di quella terra, e fu proprio l'opera di Napoleone a far nascere la moderna egittologia, soprattutto grazie alla scoperta della Stele di Rosetta da parte dei soldati al seguito della spedizione.[61][62] Napoleone aveva da anni accarezzato l'idea di una campagna in oriente, sognando di seguire le orme di Alessandro Magno ed essendo dell'idea che «L'Europa è una tana di talpe. Tutte le grandi personalità vengono dall'Oriente».[63]
La spedizione cominciò il 19 maggio, quando Napoleone salpò da Tolone a capo dell'Armata d'Oriente, composta da oltre 60 navi da guerra, 280 navi da trasporto, 16 000 marinai e 38 000 soldati.[59]
Presa Malta, dove i Cavalieri Ospitalieri capitolarono senza combattere, Napoleone arrivò in Egitto. Dopo un'importante vittoria nella battaglia delle piramidi, Napoleone schiacciò i mamelucchi di Murad Bey ed entrando a Il Cairo divenne padrone dell'Egitto. Pochi giorni dopo, il 1º agosto 1798, la flotta di Napoleone in Egitto fu completamente distrutta dall'ammiraglio Horatio Nelson, nella baia di Aboukir, cosicché Napoleone rimase bloccato a terra.[59] Dopo una ricognizione sul mar Rosso, decise di recarsi in Siria, col pretesto di inseguire il governatore di Acri Aḥmad al-Jazzār Pascià che aveva tentato di attaccarlo. Giunto però il 19 marzo 1799 dinanzi a San Giovanni d'Acri, l'antica fortezza dei crociati in Terra Santa, Napoleone perse più di due mesi in un inutile assedio e la campagna di Siria si concluse con un fallimento per mano del colonnello Antoine de Phélippeaux, che era stato suo compagno e acerrimo rivale alla scuola militare reale di Parigi.[59][64]
Ritornato a Il Cairo, Napoleone sconfisse il 25 luglio 1799 un esercito di oltre diecimila ottomani guidati da Mustafa Pascià ad Aboukir, proprio dove l'anno prima era stato privato di tutta la sua flotta. Preoccupato tuttavia delle terribili notizie che giungevano dalla Francia (l'esercito in ripiegamento su tutti i fronti, il Direttorio ormai privo di potere) e consapevole che la campagna d'Egitto non aveva conseguito i fini sperati, Napoleone, lasciato il comando al generale Kléber, s'imbarcò in gran segreto il 22 agosto sulla fregata Muiron (preda bellica ex veneziana)[65] alla volta della Francia.[66]
Il 9 ottobre 1799 Bonaparte sbarcò a Fréjus e la sua corsa verso Parigi fu accompagnata dall'entusiasmo dell'intera Francia, certa che il generale fosse tornato in patria per assumere il controllo della situazione ormai ingestibile e, in effetti, era questa la sua intenzione; ci riuscì potendo mascherare il fallimento in Egitto proprio con i disordini in patria così come in Italia provocati dalla sua assenza. Giunto a Parigi, egli riunì i cospiratori decisi a rovesciare il Direttorio.[67] Dalla sua si schierarono il fratello maggiore Giuseppe e soprattutto il fratello