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Prêt-à-porter
tipo di abbigliamento Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
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L'espressione prêt-à-porter, mutuata dalla lingua francese e che tradotta letteralmente significa "pronto da portare", indica nel campo della moda il settore dell'abbigliamento costituito da abiti realizzati non su misura del cliente ma venduti finiti in taglie standard, pronti per essere indossati.[1] Esso si contrappone quindi agli abiti di sartoria, categoria di cui fanno parte i capi d'alta moda.

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Storia
Riepilogo
Prospettiva
Abbigliamento uomo e bambino
Le uniformi militari prêt-à-porter furono prodotte in serie negli Stati Uniti durante la guerra del 1812[2]. Gli indumenti prêt-à-porter da uomo di alta qualità divennero generalmente disponibili subito dopo, poiché i tagli relativamente semplici e lusinghieri e i toni tenui della moda contemporanea rendevano possibili taglie proporzionate nella produzione di massa[2]. La prima fabbrica di abbigliamento confezionato fu fondata a New York City nel 1831. Durante la guerra civile americana la necessità di uniformi confezionate aiutò la crescita del settore dell'abbigliamento negli Stati Uniti[3].
Nel 1868, Isidore, Benjamin e Modeste Dewachter offrirono abbigliamento prêt-à-porter per uomo e bambino alla clientela belga quando aprirono la prima catena di grandi magazzini, Dewachter frères (Fratelli Dewachter)[4][5][6]. Nel 1904, la catena era gestita dal figlio di Isidore, Louis, ed era cresciuta fino a raggiungere 20 città e paesi in Belgio e Francia, con alcune città che avevano più negozi[4][7]. Louis Dewachter divenne anche un paesaggista di fama internazionale, dipingendo sotto lo pseudonimo di Louis Dewis.
Verso la fine del XIX secolo, l’abbigliamento confezionato non era più considerato un prodotto destinato esclusivamente alle classi inferiori, ma iniziò a diffondersi anche tra la classe media, complice un cambiamento nella percezione del valore dell’apparenza sociale. Questa tendenza ebbe origine negli Stati Uniti e, inizialmente, trovò maggiore apprezzamento tra gli uomini rispetto alle donne[8]. Alla fine degli anni Sessanta dell’Ottocento, il 25% degli indumenti prodotti negli Stati Uniti era già confezionato. Nel 1890 questa quota era salita al 60%. Nel 1951, il 90% degli abiti venduti nel Paese era ormai confezionato. Nello stesso periodo, in Francia circa due terzi dei capi venduti erano già pronti all’uso[9].
Abbigliamento femminile
All’inizio del XIX secolo la moda femminile era molto elaborata e richiedeva una vestibilità estremamente precisa. Per questo motivo gli indumenti prêt-à-porter destinati alle donne non divennero davvero accessibili fino ai primi decenni del XX secolo. In precedenza, per restare al passo con le tendenze, le donne intervenivano sui propri abiti già esistenti, modificandoli secondo gli stili del momento. Le donne appartenenti alle classi più agiate potevano permettersi di acquistare capi nuovi e completamente su misura, realizzati secondo la moda corrente. Le donne della classe media e di quella lavoratrice, invece, aggiornavano i loro abiti adattandoli: aggiungevano colletti nuovi, accorciavano le gonne oppure stringevano la vita delle camicie, in modo da seguire l’evoluzione dello stile senza dover investire in un guardaroba interamente nuovo[10].
L’adozione su larga scala dell’abbigliamento prêt-à-porter riflette una combinazione di fattori, tra cui le disparità economiche, il desiderio di affermare un’industria della moda autonoma e la crescente attenzione dei media. La domanda di capi femminili alla moda ma a prezzi accessibili ha spinto designer e grandi magazzini a produrre abiti in serie, rendendoli disponibili a donne di ogni classe sociale e livello di reddito. Con l’emergere del mercato statunitense del prêt-à-porter, stilisti come Chanel con i loro tubini o i cataloghi di vendita per corrispondenza inviati alle fattorie rurali da Sears hanno permesso alle donne di acquistare vestiti più velocemente e a un prezzo più conveniente[11]. L'introduzione del concetto di "pret-a-porter" è stata attribuita a Sonia Delaunay dopo che i suoi stili geometrici furono esposti alla fondamentale Exposition Internationale des Arts Decoratifs del 1925 a Parigi.
Un altro fattore significativo nato con l’industria del prêt-à-porter fu lo sviluppo, negli Stati Uniti, di uno stile finalmente autonomo rispetto all’Europa. Il mercato della moda americano iniziò infatti a prendere le distanze dal modello parigino, orientandosi verso un’industria dell’abbigliamento più personalizzata e promossa attraverso campagne pubblicitarie mirate e articoli su riviste come Women's Wear Daily, Harper's Bazaar e Ladies Home Journal[11].
Il prêt-à-porter ha anche suscitato nuovi interessi per la salute, la bellezza e la dieta poiché gli abiti fabbricati stabiliscono taglie specifiche e standardizzate nell'abbigliamento al fine di aumentare le quantità a scopo di profitto[12]. Le donne che necessitavano di taglie maggiori rispetto alla media avevano difficoltà a trovare abbigliamento nei grandi magazzini, poiché la maggior parte dei produttori manteneva e vendeva taglie limitate in tutta la nazione.
Nel complesso, la moda prêt-à-porter ha avvicinato le donne agli stili e alle tendenze più aggiornate, contribuendo allo stesso tempo a un notevole incremento dei profitti delle fabbriche statunitensi: dai 12.900.583 dollari del 1876 si passò infatti a 1.604.500.957 dollari nel 1929[10].
L’interesse per il prêt-à-porter fu stimolato da Yves Saint Laurent, primo stilista a lanciare una vera e propria collezione di moda confezionata. Nel 1966 inaugurò Rive Gauche, la sua prima boutique dedicata al prêt-à-porter, segnando una svolta decisiva nel settore. Se sia riuscito a democratizzare la moda è una questione aperta, dal momento che pochi potevano permettersi i suoi modelli, ma ha comunque aperto la strada alla moda prêt-à-porter e alla fertilizzazione incrociata (che si verifica quando la collaborazione porta risultati positivi per i soggetti coinvolti) tra haute-couture e moda high-street che persiste ancora nel 21º secolo[13].
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Caratteristiche e diffusione
Il prêt-à-porter rappresenta il passaggio dalla sartoria artigianale e dal vestito su misura all'industrializzazione del tessile con la standardizzazione delle taglie che permette la produzione in serie degli abiti. Oggi la maggior parte delle case di moda si dedica alla sola produzione di modelli prêt-à-porter, l'alta moda rimane solo come vetrina delle capacità tecniche e creative della casa.
Conseguenze sulla produzione
La diffusione del prêt-à-porter ha comportato un profondo cambiamento nell’ingegnerizzazione del prodotto. I modelli vengono progettati in modo da consentire una chiara suddivisione delle fasi di lavoro tra i diversi addetti. L'ottimizzazione non riguarda soltanto il tempo necessario affinché una pezza di tessuto si trasformi in un capo finito, ma anche la riduzione, a parità di qualità, dei minuti operativi richiesti agli operai per la confezione. Da ciò deriva la tendenza a utilizzare grandi unità produttive (talvolta con centinaia di dipendenti) dotate di impianti di taglio automatico e di ampi magazzini.
In Italia si affermò anche il concetto opposto: piccole strutture basate sulla terziarizzazione delle singole fasi produttive, con l'intento di riuscire a soddisfare in breve tempo le esigenze del mercato e il vantaggio di ridurre al minimo i rischi di invenduto; tale struttura venne denominata "pronto moda".
Il passo successivo fu il decentramento produttivo in paesi dell'Europa orientale e del terzo mondo.[14]
Note
Voci correlate
Collegamenti esterni
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