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Privatizzazioni in Italia

privatizzazioni in Italia Da Wikipedia, l'enciclopedia libera

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Le privatizzazioni in Italia indicano il processo della dismissione di alcune partecipazioni statali in Italia e della privatizzazione di un dato settore economico e di alcuni servizi pubblici, avviato agli inizi degli anni 1990. Esse hanno interessato una trentina di aziende[1]. Particolarmente discussa, con diverse voci critiche, è stata la privatizzazione del settore telefonico (e di Telecom), definita "la madre di tutte le privatizzazioni".[2]

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Storia

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Lo stesso argomento in dettaglio: Decreto Bersani (1999) e Decreto Bersani (2007).

Poco dopo la firma del trattato di Maastricht, la prospettiva delle privatizzazioni in Italia fu discussa sullo Yacht Britannia di proprietà della corona del Regno Unito, che il 2 giugno 1992 era ormeggiato al porto di Civitavecchia, in attesa di imbarcare ospiti importanti per una piccola crociera verso l’isola del Giglio,[3][4] in un convegno organizzato da IFIL.[5] Nel luglio del 1992 il governo Amato I trasformó l'IRI in una società per azioni, le prime dismissioni delle partecipazioni pubbliche iniziarono con la vendita della partecipazione in "Cementir Holding" nello stesso anno e quella del 1993 del Credito Italiano, seguite dalla privatizzazione del gruppo SME[6][7], azienda pubblica controllata dall'IRI con una quota del 64%. Nel luglio 1993, con la prima tranche della privatizzazione, relativa al settore surgelati e a quello dolciario del gruppo SME, il gruppo svizzero Nestlé acquisisce i marchi Motta, Alemagna, La Cremeria, Antica Gelateria del Corso, Maxicono, Surgela, Marefresco, La Valle degli Orti, Voglia di pizza, Oggi in Tavola.

All'interno del fenomeno è da annoverare la contrattualizzazione del pubblico impiego in Italia all'inizio degli anni 1990, seguita poi da altri interventi nei decenni successivi in molti settori, come, ad esempio, la liberalizzazione del trasporto ferroviario e la liberalizzazione del mercato del gas. Nel periodo compreso dal 1991 al 2001 molte aziende sono state privatizzate[8], tra le quali l'Eni[9], di cui Goldman Sachs acquisì l'intero patrimonio immobiliare, e quelle controllate dall'IRI, tra cui la SME (agroalimentare).

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Settori interessati

Riepilogo
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Telecomunicazioni

Lo stesso argomento in dettaglio: Storia della telefonia in Italia.

La strategia di privatizzazione di Telecom Italia era stata concepita dal presidente dell'IRI, Prodi, come modello per tutte le altre, perciò definita da quest'ultimo anche la "madre di tutte le privatizzazioni" italiane.[10] Le intenzioni di Prodi e Ciampi nel 1997 prevedevano un ampio azionariato popolare a fronte di un "nocciolo duro" di controllo: questa strategia venne però elusa da un'opa ostile da parte di una cordata guidata da Roberto Colaninno, spesso riferita come "la scalata del secolo", che si concluse con un risultato esattamente opposto, ovvero un forte accentramento di potere che sfruttò i vuoti del testo unico della finanza.[11]

Nel 1994 venne creata Telecom Italia dalla fusione delle cinque aziende operanti sul mercato telefonico (SIP, Iritel, Italcable, Telespazio e SIRM); nel 1997 la STET, azionista di maggioranza di Telecom Italia Mobile con il 63%, venne fusa con Telecom per favorirne la privatizzazione.[12] Nel 1999 avvenne la scalata da parte della cordata di Colaninno, supportata da banche internazionali, che ottiene il controllo del 51.02% dell'azienda tramite una catena di controllo con a capo una finanziaria lussemburghese, scalata non ostacolata dal governo in carica, D'Alema I, che rinuncia ad esercitare la "golden share"[13]: la grande massa di debiti creati dai soggetti acquisitori venne poi scaricata sul soggetto acquisito, finendo per comprometterne l'equilibrio di bilancio e la redditività[2]: ancora dopo oltre due decenni permane un grande indebitamento a fronte del dimezzamento delle dimensioni del gruppo.[14] Il "Lex Column" del britannico Financial Times, nel 1999, definì l'operazione di trasferimento della quota di Telecom Italia in TIM alla Tecnost una "rapina in pieno giorno" ("daylight robbery") ai danni dei piccoli azionisti.[15][16] Anche l'economista e premio Nobel Paul Samuelson ha criticato queste operazioni Olivetti-Telecom, paragonandole a "scommesse" e alle pericolose operazioni dei fondi speculativi americani degli anni Novanta.[17] Le critiche del Financial Times a questa serie di operazioni su Telecom, ribadite in diverse occasioni nello spazio di diversi anni, riguardarono la fragilità intrinseca del sistema utilizzato delle "scatole cinesi", nonché i forti contraccolpi subiti dai piccoli azionisti, sommati a perplessità di natura fiscale.[18] L'autorevole testata ha esteso le critiche anche a quanto stava avvenendo su STET.[19] Già la prima scalata ha generato un debito, prima estremamente ridotto, quantificabile in oltre 30 miliardi di Euro.[20] La redditività del gruppo, fino al 1999 beneficiaria delle regole di protezione strategica del mercato delle telco, venne infatti nuovamente e definitivamente compromessa all'indomani della liberalizzazione del 1998. Nel 2001 venne effettuata una seconda acquisizione da parte della Pirelli di Tronchetti Provera[2]. Rimane il fatto che già a partire dalla prima scalata venne definitivamente compromessa la governabilità del gruppo Telecom e la strategia industriale di lungo periodo. Infatti, fino a quel momento aveva dimostrato un'eccellenza riconosciuta a livello internazionale, avendo alle spalle e ancora in cantiere numerose innovazioni sia sul fronte del business che nella ricerca e sviluppo tecnologica applicata.

Energia elettrica

Lo stesso argomento in dettaglio: Mercato libero dell'energia in Italia.

La liberalizzazione del mercato dell'energia elettrica si è realizzata in Italia per effetto del decreto legislativo del 16 marzo 1999 n. 79, che ha recepito la direttiva n. 96/92/CE del 19 dicembre 1996, concernente norme comuni per il mercato interno dell'energia elettrica. Noto come decreto Bersani (da Pier Luigi Bersani, all'epoca ministro dell'Industria), il decreto legislativo n. 79 del 1999 ha stabilito che sono completamente libere le attività di produzione, importazione, esportazione, acquisto e vendita di energia elettrica, mentre le attività di trasmissione e dispacciamento sono riservate allo Stato, che le attribuisce in concessione alla gestore dei servizi energetici in qualità di Gestore della rete di trasmissione nazionale (GRTN).

Ai sensi della legge, per trasmissione si intende l'attività di trasporto e trasformazione dell'energia elettrica sulla rete interconnessa ad alta tensione, mentre dispacciamento è l'attività diretta ad impartire disposizioni per l'utilizzazione e l'esercizio coordinato degli impianti di produzione, della rete di trasmissione e dei servizi ausiliari. Il GRTN provvede a connettere alla rete di trasmissione nazionale tutti i soggetti che ne facciano richiesta, nel rispetto di determinate regole tecniche e di condizioni tecnico-economiche di accesso e di interconnessione fissate dall'autorità per l'energia elettrica e il gas. Inoltre, il GRTN fornisce ai soggetti responsabili di ogni altra rete dell'Unione europea interconnessa con la rete di trasmissione nazionale le informazioni necessarie per garantire il funzionamento sicuro ed efficiente, lo sviluppo coordinato e l'interoperabilità delle reti interconnesse.

La distribuzione è il trasporto e la trasformazione di energia elettrica su reti di distribuzione a media e bassa tensione per le consegne ai clienti finali. L'attività di distribuzione viene svolta da imprese che operano sulla base di concessioni rilasciate dallo Stato. L'attività di vendita dell'energia elettrica è esercitata dai cosiddetti clienti grossisti, che acquistano e vendono energia elettrica senza esercitare attività di produzione, trasmissione e distribuzione.

Il decreto Bersani individua la figura del cliente idoneo come la persona fisica o giuridica che ha la capacità di stipulare contratti di fornitura con qualsiasi produttore, distributore o grossista sia in Italia sia all'estero, in riferimento a soglie di consumo, inizialmente fissate in 30 GWh/anno, poi ridotte a 20 (dal 1º gennaio 2000), a 9 (dal 1º gennaio 2002). A decorrere dal 1º luglio 2004 è cliente idoneo ogni cliente finale non domestico. Dal 1º luglio 2007 sarà cliente idoneo ogni cliente finale, realizzandosi così la liberalizzazione completa del settore.

Gas naturale

Lo stesso argomento in dettaglio: Liberalizzazione del mercato del gas in Italia.

La liberalizzazione del mercato del gas si è realizzata in Italia per effetto del decreto legislativo del 23 maggio 2000 n. 164, che ha recepito la direttiva n. 98/30/CE del 28 giugno 1998, relativa a norme comuni per il mercato interno del gas naturale. Noto come decreto Letta (da Enrico Letta, all'epoca ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato), il decreto legislativo n. 164/2000 ha stabilito che sono completamente libere le attività di importazione, trasporto e dispacciamento, distribuzione e vendita di gas naturale.

Il dispacciamento è l'attività diretta ad impartire disposizioni per l'utilizzazione e l'esercizio coordinato degli impianti di coltivazione, di stoccaggio, della rete di trasporto e di distribuzione e dei servizi accessori. Il trasporto è il vettoriamento di gas naturale attraverso la rete di gasdotti, esclusi quelli di coltivazione e le reti di distribuzione. La distribuzione è il trasporto di gas naturale attraverso reti di gasdotti locali per la consegna ai clienti, mentre la fornitura è la consegna o la vendita di gas.

L'attività di vendita è incompatibile con quella di trasporto o distribuzione: anche nel caso del gas viene individuata nel cliente grossista la persona fisica o giuridica che acquista e vende gas. I clienti idonei erano stati individuati nelle imprese produttrici di energia elettrica e in quelle che acquistano il gas per la cogenerazione di energia elettrica e calore, indipendentemente dalla soglia di consumo. Per le altre imprese era stata fissata una soglia di acquisto pari a 200 000 Smc/anno. A decorrere dal 1º gennaio 2003, tutti i clienti sono idonei, per cui anche gli utenti domestici possono scegliersi il fornitore che offre le condizioni più convenienti.

Trasporti

Lo stesso argomento in dettaglio: Liberalizzazione del trasporto ferroviario in Italia.

La direttiva dell'Unione Europea 91/440/CEE ha posto le basi per la liberalizzazione del settore, stabilendo la separazione contabile tra la gestione dell'infrastruttura e quella dei servizi di trasporto.

Finanza

Le privatizzazioni bancarie in Italia hanno portato all'aumento della produttività del settore grazie anche alla concentrazione degli operatori, come in Germania e altri Paesi europei.[21]

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Cronologia

Riepilogo
Prospettiva

Le privatizzazioni furono realizzate tramite opportuni decreti che cambiavano la forma societaria delle aziende statali. In particolare:

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L'analisi della Corte dei Conti del 2010

Con un documento, pubblicato il 10 febbraio 2010, la Corte dei Conti ha reso pubblico uno studio nel quale elabora la propria analisi sull'efficacia dei provvedimenti adottati.[22]

Il giudizio, che rimane neutrale, segnala sì un recupero di redditività da parte delle aziende passate sotto il controllo privato; un recupero che, tuttavia, non è dovuto alla ricerca di maggiore efficienza quanto piuttosto all'incremento delle tariffe dei servizi interessati (come energia, autostrade, banche) ben al di sopra dei livelli di altri paesi europei. A tale aumento, inoltre, non avrebbe fatto seguito alcun progetto di investimento volto a migliorare i servizi offerti.[23]

Più secco è invece il giudizio sulle procedure di privatizzazione, che:

«evidenzia una serie di importanti criticità, che vanno dall'elevato livello dei costi sostenuti e dal loro incerto monitoraggio, alla scarsa trasparenza connaturata ad alcune delle procedure utilizzate in una serie di operazioni, dalla scarsa chiarezza del quadro della ripartizione delle responsabilità fra amministrazione, contractors ed organismi di consulenza al non sempre immediato impiego dei proventi nella riduzione del debito[24]»
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Note

Bibliografia

Voci correlate

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