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Procuratie

edifici situati a Venezia Da Wikipedia, l'enciclopedia libera

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Le Procuratie sono una serie di imponenti edifici collegati tra di loro che sorgono a Venezia, nel Sestiere di San Marco, e delimitano su tre lati piazza San Marco. Prendono il nome dall'uso che ne veniva fatto, vi alloggiavano infatti i procuratori di San Marco, i secondi dignitari più importanti nel governo della Repubblica di Venezia, incaricati di amministrare il tesoro della Basilica di San Marco così come gli affari finanziari dei beni in custodia e dei patrimoni istituiti a favore di enti religiosi e caritatevoli. Sono distinte in tre ali che delimitano quasi interamente la parte della piazza antistante alla basilica di San Marco: le Procuratie Vecchie a nord, l'Ala Napoleonica a ovest e le Procuratie Nuove a sud.

Dati rapidi Localizzazione, Stato ...

Le Procuratie Vecchie, sul lato nord della piazza, furono costruite all'inizio del Cinquecento, durante la guerra della Lega di Cambrai, per sostituire una struttura precedente danneggiata da un incendio. Sebbene il conflitto in corso avesse imposto vincoli finanziari e limitato l'apporto di innovazione, fu comunque il primo grande edificio pubblico a Venezia realizzato in uno stile puramente classico. Conteneva appartamenti che i procuratori affittavano come fonte di reddito per finanziare lavori di costruzione e riparazioni in città. Sebbene gli introiti furono considerevoli, data la prestigiosa ubicazione, alla fine gli appartamenti vennero venduti per raccogliere fondi immediati per il governo, e alcuni di essi furono successivamente trasformati in club privati.

Le Procuratie Nuove, sul lato sud, ospitavano invece le residenze ufficiali dei procuratori. Costruite tra la fine del Cinquecento e la metà del Seicento per sostituire costruzioni preesistenti di origine medievale, rappresentarono il culmine di un vasto programma di rinnovamento urbano durato oltre un secolo, che trasformò profondamente il centro di Venezia conferendogli l'aspetto di un grande foro classico. Sia le residenze ufficiali nelle Procuratie Nuove, sia gli appartamenti in affitto nelle Procuratie Vecchie furono realizzati sopra portici con spazi al piano terra che venivano affittati per negozi, botteghe e successivamente caffè, tra cui gli storici Caffè Florian, Caffè Quadri e Caffè Lavena.

L'Ala Napoleonica fu realizzata all'inizio del XIX secolo, durante la seconda occupazione francese (1805–1815), quando alla caduta della Repubblica di Venezia le Procuratie Nuove furono trasformate nella residenza del viceré del Regno d'Italia. Oggi gran parte delle Procuratie Nuove e dell'Ala Napoleonica ospitano il Museo Correr.

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Procuratori di San Marco

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Lo stesso argomento in dettaglio: Procuratori di San Marco.
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Tintoretto, Ritratto del procuratore Antonio Cappello (1561 circa). Uno dei principali promotori del rinnovamento urbano di Piazza San Marco, Cappello fu eletto procuratore de supra nel 1523, all'età di soli 29 anni, dietro pagamento di 8000 ducati.

L'ufficio di procuratore di San Marco, considerato in prestigio secondo solo a quello del doge, era una delle poche cariche a vita nel governo veneziano.[1][2] Veniva abitualmente ricoperto da nobili appartenenti alle famiglie più influenti e rappresentava tipicamente il culmine di una distinta carriera politica, ma spesso era una tappa intermedia prima dell'elezione a doge.[N 1]

L'ufficio ebbe origine nel IX secolo con un singolo procuratore operis Sancti Marci, nominato per assistere il doge nell'amministrazione della Basilica di San Marco, a quell'epoca cappella ducale.[3] Nel tempo il numero dei procuratori crebbe: a metà del XIII secolo se ne contavano quattro, di cui due, i procuratori de supra, conservavano la responsabilità per l'amministrazione della Basilica e del suo tesoro. Gli altri due, detti de subtus super commissariis, amministravano i patrimoni nati come donazioni pie per conto di istituzioni religiose e caritatevoli.[3] Nel 1319 erano sei procuratori, nel 1443 nove, divisi in tre procuratorie: de supra (responsabili della Basilica di San Marco e del suo tesoro), de citra (responsabili dei patrimoni istituiti nei sestieri di San Marco, Castello e Cannaregio), e de ultra (responsabili dei patrimoni istituiti nei sestieri di San Polo, Santa Croce e Dorsoduro).[2] Dal 1516, inizialmente per favorire la ripresa economica dopo la Guerra della Lega di Cambrai, potevano essere creati procuratori soprannumerari in momenti di difficoltà finanziaria in cambio di contributi monetari al tesoro.[2] Questo si traduceva nella periodica vendita del prestigioso titolo. Pertanto, il numero di procuratori era variabile: nel 1521 erano diciotto[4] e a volte arrivarono fino a quaranta.[5] La vendita della carica permetteva a giovani nobili ambiziosi di accedere rapidamente a incarichi elevati ed esercitare una grande influenza. Nel XVI secolo, ad esempio, Antonio Cappello, Vettore Grimani, Federico Contarini e Andrea Dolfin acquistarono l'ufficio.[4][6]

Oltre all'onore pubblico associato, l'ufficio di procuratore garantiva un ruolo attivo nella vita politica veneziana, tanto che dopo il 1453 assicurava un seggio nel Senato. A parte le ambasciate straordinarie presso corti straniere, i procuratori erano anche esentati dall'obbligo, imposto a tutti i nobili, di accettare incarichi politici, inclusi quelli nello Stato da Tera e nello Stato da Màr, garantendo così la loro presenza in città.[2][7][N 2] La carica conferiva anche un notevole potere economico e finanziario, grazie alla gestione di ingenti capitali e investimenti in immobili commerciali e privati, in titoli di Stato e in depositi.[3] Ad eccezione del Palazzo Ducale, i procuratori de supra erano inoltre specificamente responsabili della costruzione, manutenzione e gestione degli edifici pubblici attorno a Piazza San Marco, inclusi i negozi, le bancarelle alimentari e gli appartamenti affittati come fonte di reddito.[3]

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Procuratie Vecchie

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Contesto storico

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Gentile Bellini, Processione del Corpus Domini in Piazza San Marco (1496). Il dettaglio mostra il lato nord con l'edificio del XII secolo, amministrato dai procuratori de supra, che ospitava appartamenti in locazione e botteghe.

In seguito all'ampliamento di Piazza San Marco avvenuto nella seconda metà del XII secolo, diversi edifici e terreni situati nella piazza e nei dintorni furono donati al Comune di Venezia come beni da concedere in affitto, principalmente per volere del doge Sebastiano Ziani e dei suoi immediati discendenti.[8][N 3][N 4] Successivamente, l'amministrazione di molte di queste proprietà fu affidata ai procuratori de supra.[9][N 5] L'intenzione era di creare un flusso stabile di entrate per finanziare ulteriori lavori nella Basilica di San Marco e fornire assistenza caritatevole ai poveri, evitando così il ricorso a donazioni pie private e finanziamenti statali. Tra le proprietà vi era anche un lungo edificio costruito da Ziani lungo il lato settentrionale della piazza. Come mostra la Processione del Corpus Domini in Piazza San Marco di Gentile Bellini (1496), si trattava di un edificio a due piani con appartamenti al piano superiore e botteghe al piano terra date in affitto.[10]

Un incendio scoppiato nel giugno del 1512 distrusse uno degli appartamenti vicino alla torre dell'orologio, causando il crollo di parte della facciata.[11] Fu quindi deciso che, nonostante le difficoltà economiche legate alla Guerra della Lega di Cambrai (1508–1516) allora in corso, l'intero edificio sarebbe stato ricostruito come segno della fiducia di Venezia in se stessa. In modo significativo, Marin Sanudo annotò nel suo diario che la ricostruzione era «per renderlo molto bello per la gloria della città … nonostante la guerra» (farle di novo e bellissime, che sarà onor di la terra … ben sia la guerra).[12]

Non si conosce da fonti ufficiali il nome dell'architetto delle Procuratie Vecchie e vari nomi sono stati proposti, principalmente su base stilistica e in relazione alla fama degli architetti attivi in quel periodo. Tra questi vi sono Mauro Codussi, Pietro Lombardo e Antonio Abbondi.[N 6] Tra le fonti del Cinquecento, Sanudo cita nel suo diario (1514) il poco noto architetto toscano Zuan Celestro,[13] mentre Francesco Sansovino nella sua guida della città (1581) attribuisce il progetto a Pietro Bon, proto (architetto consulente e direttore dei lavori) dei procuratori de supra.[14][N 7] Tuttavia, i rispettivi contributi di Bon e Celestro al progetto restano poco chiari.[N 8] Bon, come proto, fu comunque certamente responsabile della supervisione dei lavori di costruzione.[15]

Costruzione

Sovrintendenza di Bon (circa 1514–1529)

La costruzione iniziò dalla sezione danneggiata adiacente alla torre dell'orologio e procedette gradualmente. Per limitare la perdita di reddito dei procuratori, ciascun affittuario veniva sfrattato solo quando era necessario demolire l'appartamento per proseguire i lavori. Inoltre, i nuovi negozi al piano terra e gli appartamenti superiori venivano affittati non appena completati. Entro il 1517, la prima sezione era sufficientemente avanzata da consentire l'avvio dei lavori sulla facciata, con i rivestimenti in pietra d'Istria. Nello stesso anno fu affittato il primo nuovo appartamento.[16]

Rispetto alla struttura preesistente, la pianta del nuovo edificio fu modificata nei primi 24 portici con l'inserimento di una stretta via parallela alla piazza. Al contrario, la disposizione precedente, caratterizzata da una serie di cortili, fu mantenuta per il resto dell'edificio, più lontano dalla zona colpita dall'incendio.[17][18] Ciò indica che, sebbene i documenti parlino della demolizione della struttura precedente, alcune sue parti furono in realtà conservate e riutilizzate, presumibilmente per contenere i costi.[19][N 9]

Sovrintendenza di Sansovino (1529–1538)

Alla morte di Pietro Bon nel 1529, Jacopo Sansovino, rifugiatosi a Venezia dopo il sacco di Roma, fu nominato nuovo proto dei procuratori de supra. Gli ultimi otto campate delle Procuratie Vecchie, contenenti cinque appartamenti, e le cinque campate lungo il lato occidentale della piazza (successivamente demolite) furono completate sotto la sua direzione.[20]

Architettura

Le Procuratie Vecchie si estendono per 152 metri dalla Torre dell'Orologio verso l'Ala Napoleonica, con un portico di 50 arcate cui corrispondono le 100 finestre dei due piani superiori. Sebbene gli archi siano chiusi a tutto sesto, la leggerezza delle aperture richiama lo stile veneto-bizantino delle prime Procuratie, edificate nel XII secolo sotto il doge Sebastiano Ziani (visibili nel celebre dipinto di Gentile Bellini Processione in piazza San Marco) e destinate ad appartamenti per i procuratori "de citra", altissimi magistrati.

Queste strutture, in parte danneggiate da un incendio all'inizio del XVI secolo, furono demolite e ricostruite su disegno di attribuzione incerta: si fanno i nomi di Mauro Codussi, Giovanni Celestro e Antonio Abbondi, detto lo Scarpagnino. I lavori furono affidati nel 1517 a Guglielmo dei Grigi e Bartolomeo Bon il Giovane e furono completati nel 1538, probabilmente con il contributo di Jacopo Sansovino. A coronamento della fabbrica fu posto un fregio aperto da cento piccoli oculi ovali, sui quali poggia una bianca merlatura dall'esclusivo significato pittorico.

Pianta

Data la penuria di risorse disponibili durante la guerra, le innovazioni furono limitate a modifiche progettuali finalizzate ad aumentare le entrate dei procuratori de supra, tra cui l'aggiunta di un piano per incrementare il numero di appartamenti in affitto.[15] Inoltre, fu aumentato il numero di botteghe e negozi al piano terra grazie all'inserimento di una stretta via dietro la fila di negozi affacciati sulla piazza, così che ogni portico corrispondesse ora a un negozio autonomo.[N 10] Ai piani superiori, i vani retrostanti, collegati da gallerie sospese, erano destinati ad alloggi per la servitù associati agli appartamenti principali affacciati sulla piazza.[21]

Facciata

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Procuratie Vecchie, dettaglio della facciata

Le Procuratie Vecchie furono il primo grande edificio eretto a Venezia in emulazione dei modelli classici.[15] Sebbene molti aspetti della precedente struttura veneto-bizantina siano stati mantenuti, inclusa la merlatura decorativa lungo il profilo del tetto e la successione di due finestre sopra ciascun arco del piano terra, l'allungato arco a sesto rialzato tradizionale fu aggiornato con archi a tutto sesto rinascimentali, sorretti da colonne corinzie scanalate.[22] Inoltre, le colonne del piano terra, simili a quelle del Palazzo Ducale, furono sostituite da pilastri quadrati dorici. Questa scelta aderiva alla raccomandazione di Leon Battista Alberti nel suo trattato De re aedificatoria, secondo cui, nelle grandi costruzioni, la colonna, ereditata dall'architettura greca, dovrebbe sostenere solo un trabeazione, mentre l'arco, derivato dall'architettura romana, dovrebbe poggiare su pilastri quadrati, così che la sequenza di archi risulti come «un muro aperto e interrotto in più punti».[23]

Storia successiva

Per gran parte della sua storia, le Procuratie Vecchie furono proprietà in affitto gestita dai procuratori de supra. Nei diversi periodi, i negozi al piano terra ospitarono un orafo, un vetraio, un calzolaio, un incisore, un sarto, un mercante di spezie, un pittore, un coltellinaio, un rivenditore di abiti usati, un barbiere, un libraio e un notaio.[15][24] Nel 1638 aprì l'enoteca del Rimedio, successivamente acquistata da Giorgio Quadri e trasformata nel Caffè Quadri.[25] Altri caffè presenti nelle Procuratie Vecchie furono Re di Francia, Abbondanza, Pitt l'eroe, Orfeo, Redentore, Coraggio, Speranza, Specchi e Alla Regina d'Ungheria; quest’ultimo, l'attuale Caffè Lavena, aprì nel 1750.[26]

Grazie alla posizione privilegiata, gli affitti degli appartamenti ai piani superiori erano relativamente elevati, variando dai 40 ai 70 ducati all'anno nel 1569.[15] Tuttavia, durante la Guerra di Candia (1645-1669) contro l'Impero ottomano, fu necessario venderli per raccogliere fondi da destinare allo sforzo bellico.[N 11] Sebbene gli appartamenti siano stati successivamente riacquistati dai procuratori, furono venduti definitivamente nel 1717.[27][N 12]

Alcuni appartamenti furono successivamente trasformati in piccoli luoghi di ritrovo per intrattenimento, relax e talvolta gioco d'azzardo, chiamati casini (casette) o ridotti (probabilmente dal verbo redursi, cioè recarsi in un luogo di incontro o riunione).[N 13] Tra questi, le Procuratie Vecchie ospitavano il Casin dei nobili, un ampio circolo per patrizi situato al primo piano, e il casino per i diplomatici stranieri, ai quali non era permesso socializzare con la nobiltà veneziana, situato nell'ala occidentale, sul lato ovest della piazza.[28][29][N 14]

In età contemporanea, le Procuratie Vecchie sono in gran parte (circa l'85%, pari a 12400  dell'intero complesso) di proprietà della Assicurazioni Generali, che fino al 1989 vi manteneva i propri uffici. Nel 2017 Generali incaricò lo studio David Chipperfield Architects Milan del restauro dell'intero edificio, completato nel 2022. L'8 aprile dello stesso anno le Procuratie Vecchie furono inaugurate e, dal 13 aprile, aperte al pubblico per la prima volta nei loro 500 anni di storia. Attualmente ospitano negozi al piano terra e uffici ai piani superiori.

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Procuratie Nuove

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Contesto storico

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Gentile Bellini, Processione del Corpus Domini in Piazza San Marco (1496). Il dettaglio mostra il lato sud della piazza con l'ospizio per pellegrini fatiscente (adiacente al campanile) e le residenze trecentesche dei procuratori (in primo piano).

In netto contrasto con le appena costruite Procuratie Vecchie sul lato nord di piazza San Marco, il lato sud era ancora occupato da diverse strutture antiquate.[30] Tra queste vi erano gli appartamenti esenti da affitto eretti nel XIII secolo per i procuratori, così come i loro ridotti (uffici), situati in un edificio separato risalente al dogado di Pietro I Orseolo (976–978). Questo edificio, l'Ospizio Orseolo, era stato originariamente costruito come un ricovero per offrire assistenza e alloggio ai pellegrini giunti in città per venerare le reliquie di San Marco. In seguito, servì come ricovero per donne indigenti.[31]

Le condizioni negli appartamenti obsoleti e precari erano pessime, e le spese di manutenzione continuavano ad aumentare sia per gli occupanti sia per il governo.[N 15][N 16] Alcuni procuratori, nonostante l'obbligo imposto dal Maggior Consiglio e dal Consiglio dei Quaranta, si rifiutarono di abitare in piazza, citando le condizioni umide e buie e, in alcuni casi, la mancanza di vista,[N 17] preferendo vivere nei loro palazzi in altre zone della città. Altri subaffittavano gli appartamenti ufficiali per ricavarne un reddito personale.[32] Inoltre, vi erano solo sei appartamenti ufficiali, due per ciascuna delle procuratie (de supra, de citra e de ultra), assegnati al procuratore più anziano al momento della vacanza. Questo numero era insufficiente, e il governo dovette sostenere ulteriori spese per garantire un'indennità di affitto ai restanti procuratori affinché potessero risiedere nelle vicinanze della piazza.[33]

Il 14 luglio 1536, i procuratori de supra incaricarono Jacopo Sansovino, loro proto (architetto consulente e responsabile edilizio), di presentare un modello per un edificio a tre piani destinato a sostituire l'ospizio e gli appartamenti esistenti lungo tutto il lato sud della piazza, e a proseguire davanti al Palazzo Ducale, dove avrebbe rimpiazzato cinque ostelli per mercanti stranieri, botteghe del pane addossate e il mercato della carne.[34] Non sono sopravvissute testimonianze sulle discussioni interne seguenti, ma il progetto fu radicalmente modificato. Il 6 marzo 1537 fu deciso che la costruzione del nuovo edificio, ora con solo due piani, dovesse iniziare dalla sezione davanti al palazzo e che lo spazio fosse destinato ai ridotti dei procuratori e alla biblioteca, composta dalla preziosa collezione di manoscritti greci e latini affidata ai procuratori e donata alla Repubblica dal cardinale Bessarione nel 1468 con la richiesta di fondare una biblioteca di pubblica utilità.[35][N 18] Non si parlò più di continuare l'edificazione lungo il lato sud fino agli anni 1550, quando la prima fase della biblioteca stava per essere completata. In quell'occasione si propose di estendere la biblioteca fino alla riva e di circondare l'intera piazza con nuove strutture, ma non fu presa alcuna iniziativa.[36]

Le condizioni degli edifici sul lato sud continuarono a peggiorare, sollevando preoccupazioni per il decoro dei procuratori, e il 10 dicembre 1580 il Senato stabilì che fosse giunto il momento di demolire tali strutture, citandone ancora una volta l'età e l'aspetto indecoroso.[37][38] Tre progetti furono presentati per ospitare i nuovi appartamenti dei procuratori, e il 5 aprile 1582 fu approvato quello di Vincenzo Scamozzi.[37][39]

Costruzione

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Paolo Veronese, Ritratto di Vincenzo Scamozzi (1585 circa)

Il 15 gennaio 1581, i procuratori decisero che il nuovo edificio non sarebbe stato costruito esattamente sul sito dell'ospizio e degli appartamenti esistenti, ma più arretrato, in linea con la biblioteca Marciana.[40] Questo avrebbe isolato il Campanile di San Marco e trasformato la piazza in un trapezio, conferendo maggiore rilievo visivo alla basilica sul lato est. Presumibilmente, questa era l'intenzione di Sansovino quando, nel 1537, iniziò la costruzione della biblioteca arretrata rispetto al campanile.[35][37][41]

La sostituzione delle strutture fatiscenti con un nuovo edificio per i procuratori rappresentò il culmine della renovatio urbis, il vasto programma architettonico avviato sotto il doge Andrea Gritti per riaffermare il prestigio internazionale di Venezia dopo la sconfitta nella Battaglia di Agnadello e il trattato di pace, che sancì l'egemonia asburgica sulla Penisola italiana al termine della guerra della Lega di Cognac. Il programma, che includeva la Zecca (iniziata nel 1536), la biblioteca (1537) e la loggetta del campanile (1538), mirava a trasformare radicalmente piazza San Marco da un centro medievale con venditori, cambiavalute e latrine in un foro classico.[42] L'intento era evocare la memoria dell'antica Repubblica romana e, dopo il drammatico sacco di Roma, presentare Venezia come sua vera erede.[43][44]

Il programma edilizio era fortemente sostenuto dai "papalisti", ossia le famiglie aristocratiche più ricche e influenti, legate alla curia romana e i cui gusti riflettevano gli sviluppi artistici e architettonici di Roma e dell'Italia centrale. Essi vedevano nella trasformazione della piazza in foro classico un mezzo per affermare pubblicamente la propria visione culturale e la conoscenza dei principi dell'architettura romana antica come delineati da Vitruvio nel De architectura.[39] Dal punto di vista economico, i papalisti avevano in gran parte abbandonato il commercio marittimo per gestire proprietà agricole sulla terraferma. In politica estera tendevano a sostenere la Chiesa cattolica e il Sacro Romano Impero. Tuttavia, il programma incontrò l'opposizione della fazione più tradizionalista e filofrancese, i "giovani", che contrastavano i tentativi dei papalisti di lasciare un'impronta architettonica duratura.[45][46] Dopo la crisi costituzionale del 1582–1583, i giovani ottennero una posizione di forza e limitarono ulteriori trasformazioni della piazza.[47][N 19][N 20][N 21]

Già nel 1589 furono sollevate critiche sull'eccessiva sontuosità del progetto, ritenuta più adatta a un teatro, in riferimento al lavoro di Scamozzi al Teatro Olimpico di Vicenza.[N 22] L'opposizione aumentò dopo la morte, nel 1595, del procuratore Marcantonio Barbaro, principale sostenitore di Scamozzi, con proposte radicali che suggerivano la demolizione della parte già costruita e la sua sostituzione con una struttura simile alle Procuratie Vecchie.[48] Fu anche suggerito di tornare al progetto originale a due piani, ma il Senato decise che la costruzione proseguisse su tre piani.[49][50] Tuttavia, il progetto fu radicalmente modificato e Scamozzi fu licenziato nel 1597.[51][N 23]

La direzione di Scamozzi (1583–1597)

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L'unico appartamento, largo undici arcate, costruito secondo il progetto di Scamozzi, si distingue per i margini decorati accanto alle tre finestre centrali.

Nel marzo del 1581, prima della scelta definitiva del progetto di Scamozzi, iniziarono le demolizioni delle strutture preesistenti, comprendenti una parte del vecchio ospizio per pellegrini, e proseguirono gradualmente man mano che si rendeva necessario più spazio per i lavori.[41] La costruzione vera e propria poté iniziare solo nel 1583.[52] Sebbene Scamozzi fosse coinvolto direttamente in ogni aspetto, la supervisione fu affidata al proto dei procuratori de supra, Simone Sorella, il cui progetto per il nuovo edificio era stato precedentemente respinto.[49][53]

Nel 1584, Scamozzi presentò ulteriori proposte progettuali che prevedevano un piano aggiuntivo, consentendo la creazione di appartamenti distinti su ciascuno dei piani superiori. Si suggerì inoltre di aggiungere un piano alla biblioteca, in fase di completamento.[54] Tuttavia, a seguito dei risultati ambigui delle indagini tecniche sulle fondamenta esistenti della biblioteca, nel 1588 si decise che la biblioteca sarebbe rimasta a due piani.[52][N 24] Fu invece accettata la proposta di innalzare le Procuratie Nuove.

Periodi successivi di direzione (1597–ca. 1660)

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Dettaglio della facciata sud, che mostra l'interruzione del disegno decorativo di Scamozzi.

Al momento della destituzione di Scamozzi nel 1597, solo le prime dieci arcate erano state realizzate.[55] Il progetto fu quindi affidato a Francesco di Bernardin Smeraldi, detto Fracà, nominato proto nel 1600 alla morte di Sorella.[56] Nello stesso anno furono completati i due appartamenti monopiano già in costruzione secondo il progetto di Scamozzi, e il primo fu assegnato l'anno seguente.[57]

Smeraldi riconcepì radicalmente il progetto, trasformandolo in una serie di appartamenti più stretti e su più livelli,[58] semplificando inoltre l'apparato decorativo complessivo.[59] Entro il 1611 l'edificio aveva raggiunto la ventesima arcata e quattro appartamenti risultavano completati.[60] A Smeraldi succedette come proto Mario della Carità e, successivamente, nel 1640, Baldassare Longhena, che portò a termine la costruzione delle Procuratie Nuove intorno al 1660, includendo le sette arcate fino alla chiesa di San Geminiano sul lato occidentale della piazza.[61]

Architettura

Pianta

Nonostante la necessità di aumentare il numero di appartamenti disponibili per i procuratori, il progetto di Scamozzi prevedeva inizialmente solo sei unità.[62] Queste erano organizzate in tre blocchi consecutivi, ciascuno largo undici arcate. I due appartamenti sui piani superiori, uno sovrapposto all'altro, condividevano un cortile comune dotato di scale e ingressi sia sulla piazza sia sul canale retrostante. Ogni appartamento era suddiviso in due sezioni: la sezione anteriore, affacciata sulla piazza, ospitava le stanze principali e uno studio, ed era collegata tramite due logge—che costeggiavano il cortile—alla sezione posteriore, destinata alle stanze per i familiari e alle aree di servizio.[37][63] Solo i primi due appartamenti, avviati da Scamozzi, seguono questo disegno originario.[64] Il successivo progetto di Smeraldi prevedeva appartamenti più stretti, larghi solo cinque arcate, distribuiti su più piani. Ogni unità corrispondeva a quattro botteghe al piano terra e a un'arcata che conduceva a un cortile interno aperto sul canale; da qui, una scala permetteva l'accesso all'appartamento superiore.[65] Aggiungendo altre tre arcate, il numero complessivo di appartamenti salì a sette, con un ottavo all'estremità occidentale della piazza.[66]

Facciata

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La giunzione tra la trabeazione ionica della biblioteca Marciana di Sansovino (a sinistra) e la trabeazione “corretta” delle Procuratie Nuove di Scamozzi (a destra)

Per i primi due piani, Scamozzi dovette rispettare il disegno della biblioteca di Sansovino.[67] Tuttavia, nel suo trattato L'Idea dell'Architettura Universale, criticava le trabeazioni di Sansovino, giudicate troppo alte rispetto alle colonne, con archi quindi schiacciati e sproporzionati.[N 25] Nelle Procuratie Nuove, Scamozzi, classicista rigoroso, “corresse” l'errore riducendo l'altezza del fregio ionico, senza tuttavia risolvere completamente il raccordo tra i due edifici.[68][69]

Nella biblioteca di Sansovino, il piano terra è costituito da colonne doriche che sorreggono una trabeazione, sovrapposta a una serie di archi, con modelli tratti dal Teatro di Marcello e dal Colosseo di Roma. Al piano superiore, grandi colonne ioniche sostengono una serie di serliane o “finestre veneziane”. Scamozzi riconosceva questi precedenti, ma criticava le sovrapposizioni. Nel suo progetto per il terzo piano delle Procuratie Nuove, le colonne corinzie poggiano su una semplice parete, privando il livello superiore delle rientranze profonde e del forte effetto di chiaroscuro dei piani inferiori.[70]

La parete tra le colonne corinzie è traforata da finestre con edicola rettangolare, sormontate da timpani curvilinei e triangolari alternati, una soluzione già impiegata da Bramante e Raffaello in edifici residenziali, e da Andrea Palladio nel Palazzo Porto e nel Palazzo Chiericati a Vicenza. Palladio aveva anche proposto questa combinazione per la ricostruzione di Palazzo Ducale dopo l'incendio del 1577, probabilmente fonte d'ispirazione per Scamozzi.[71] Il modello antico di riferimento è il Pantheon, dove gli altari perimetrali alternano, a coppie, timpani curvi e triangolari.[72]

Il progetto di Scamozzi per il piano superiore prevedeva elaborate decorazioni e figure reclinate sopra i timpani, ma Smeraldi le eliminò, e oggi sopravvivono solo sopra le prime dieci finestre completate sotto la direzione di Scamozzi.[73]

Storia successiva

Gli appartamenti dei procuratori occupavano i piani superiori, mentre i negozi al piano terra venivano affittati come fonte di reddito. Nel 1683 vi era presente una caffetteria, l'unica in tutta Venezia. Successivamente, il numero di caffè nelle Procuratie Nuove aumentò, comprendendo L'Angelo Custode, Duca di Toscana, Buon Genio, Doge, Imperatore, Imperatrice delle Russie, Tamerlano, Fortuna, Diana, Dama Veneta, Aurora, Piastrelle, Pace e Arabo. Lo storico Caffè Florian, inizialmente denominato Venezia Trionfante, aprì nel 1720.[74][75]

Dopo la caduta della Repubblica di Venezia e l'arrivo di Napoleone, le Procuratie Nuove furono adattate a residenza ufficiale di Eugène de Beauharnais, viceré del Regno d'Italia, durante il secondo periodo di occupazione francese (1805–1815). Gli ex appartamenti dei procuratori furono decorati da Giovanni Battista Canal e Giuseppe Borsato tra il 1807 e il 1813, sotto l'influsso del decoratore francese Charles Percier, presente a Venezia nel 1807.[76] Per la decorazione della sala del trono e della sala da pranzo parteciparono anche Pietro Moro e Sebastiano Santi, mentre Giovanni Carlo Bevilacqua collaborò in altre stanze.[77] Modifiche furono apportate anche tra il 1834 e il 1836 e tra il 1853 e il 1857, durante il periodo di dominazione austriaca (1815–1866), quando le Procuratie Nuove fungevano da residenza imperiale.[78] Dopo l'annessione di Venezia al Regno d'Italia nel 1866, le Procuratie Nuove passarono alla Corona italiana, che ne cedette la proprietà allo Stato nel 1919.[79] Dal 1922 l'edificio ospita il Museo Correr.[80]

Oggi le Procuratie Nuove ospitano ai piani superiori parte del Museo Correr, il Museo del Risorgimento, il Museo Archeologico, la Direzione dei Musei Civici e parte della Biblioteca Nazionale Marciana.

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Ridotti dei procuratori

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Tintoretto, Ritratto di Jacopo Soranzo (1550). Soranzo fu eletto procuratore de supra nel 1522. La tela era appesa nei ridotti.

Gli uffici dei procuratori, detti ridotti, si trovavano originariamente nella parte dell'antico ospizio per pellegrini che affacciava direttamente su piazza San Marco. Nel 1591, dopo il completamento delle ultime cinque arcate della biblioteca da parte di Vincenzo Scamozzi (1588), gli uffici furono trasferiti al piano superiore del nuovo edificio della biblioteca, mentre la parte restante dell'ospizio venne demolita per proseguire la costruzione delle Procuratie Nuove.[81]

Gli uffici dei procuratori de supra erano situati nella parte della biblioteca realizzata in precedenza da Sansovino, affacciata direttamente sulla Piazzetta e sul Palazzo Ducale, mentre quelli dei procuratori de citra e de ultra si trovavano nell'area edificata da Scamozzi.[82] Curiosamente, nel 1552, quando la biblioteca era ancora in costruzione, si iniziò la prassi di assegnare per sorteggio ai procuratori e ai loro ospiti l'uso dei balconi per assistere alle celebrazioni del carnevale nella Piazzetta.[83]

L'area destinata agli uffici, accessibile dallo stesso ingresso della biblioteca, era composta da nove stanze, tre per ciascuna delle procuratie. Le stanze utilizzate dai procuratori de supra occupavano una posizione preminente, in cima alla scala monumentale, come segno del loro prestigio. La prima delle stanze fungeva da archivio documentale, la seconda era destinata agli ufficiali amministrativi e agli scrivani presenti, la terza alle riunioni plenarie.[84]

Quadri, in prevalenza ritratti dei procuratori e opere devozionali, furono trasferiti dai precedenti uffici e adattati alle nuove stanze da Tintoretto, sotto la direzione di Scamozzi. Negli uffici dei procuratori de supra i ritratti erano disposti in doppie file, mentre la sala delle riunioni era riservata ai ritratti dei procuratori che divennero dogi.[85]

Dopo la caduta della Repubblica di Venezia, la collezione d'arte dei ridotti venne rimossa e in parte dispersa, quando la biblioteca fu annessa alle Procuratie Nuove per diventare l'appartamento reale di Eugenio di Beauharnais, viceré del Regno d'Italia napoleonico. I vecchi ridotti furono decorati da Felice Giani tra il 1807 e il 1808 con motivi neoclassici, figure allegoriche e scene mitologiche che esaltavano virtù morali e intellettuali.[84]

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Procuratie Nuovissime (Ala Napoleonica)

Riepilogo
Prospettiva

Contesto storico

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Canaletto, Piazza San Marco vista verso ovest verso San Geminiano (c.1723–1724)

Quando, durante il secondo periodo di dominazione francese, le Procuratie Nuove furono trasformate in residenza reale, gli appartamenti già destinati ai procuratori vennero adattati ad uso abitativo.[86] Tuttavia, la struttura mancava di un ingresso sufficientemente solenne e di sale ampie per ricevere ed intrattenere gli ospiti. Nel 1807, la Chiesa di San Geminiano, situata sul lato occidentale della piazza, fu quindi demolita per ottenere lo spazio utile ad ampliare la residenza reale e ricavare i nuovi ambienti richiesti.[87][88] La chiesa, risalente al periodo del dogado di Sebastiano Ziani (1172–1178), era stata ricostruita all'inizio del Cinquecento da Cristoforo da Legname e completata nel 1557 da Jacopo Sansovino con l'aggiunta della cupola e della facciata.[89][90] Era incorniciata dalle Procuratie Vecchie e dalle Procuratie Nuove, realizzate rispettivamente tra Quattrocento e Cinquecento e nel Seicento su progetto di Baldassarre Longhena.

I progetti per l'edificio che avrebbe sostituito la chiesa e unito l'ala delle Procuratie Vecchie con quella delle Procuratie Nuove furono vari. Sebbene il governo imperiale francese ricercasse una certa monumentalità, le proposte di Grazioso Buttacalice per un arco di trionfo e di Gaetano Pinali per un portico corinzio furono considerate troppo radicali e poco coerenti con l'aspetto generale di piazza San Marco.[91][92] Il progetto più sobrio di Giovanni Antonio Antolini per una loggia a due piani, con una grande scalinata sul retro, venne inizialmente approvato.[93]

Costruzione

Nel 1810, il progetto di Antolini fu tuttavia abbandonato e la parte già edificata venne demolita. Anche l'ala delle Procuratie Vecchie fu abbattuta e sostituita dall'attuale edificio, progettato in stile neoclassico da Giuseppe Maria Soli, professore di Architettura all'Università di Modena.[94][95]

Architettura

I primi due piani dell'Ala Napoleonica riprendono il ritmo delle arcate ideate da Sansovino per la biblioteca, schema che Scamozzi aveva poi adottato per le Procuratie Nuove sul lato meridionale della piazza. Per collegare visivamente il nuovo edificio al lato settentrionale, Soli ideò un piano attico, la cui altezza corrisponde alla linea di gronda merlata delle Procuratie Vecchie.[96][97] L'attico fu concepito anche per celare la grande volta della sala da ballo retrostante.[97]

La facciata dell'attico è decorata con pannelli a bassorilievo raffiguranti motivi classici, affiancati da statue a tutto tondo, collocate su piedistalli, realizzate da Antonio Bosa e Domenico Banti. Le statue raffigurano eroi, statisti e sovrani, principalmente dell'Antichità, ritenuti espressione degli ideali napoleonici.[98] La statua centrale, raffigurante Napoleone in trono come Giove, fu rimossa durante il secondo periodo di dominazione austriaca. Anche le decorazioni della scala, che celebravano i trionfi di Napoleone, furono sostituite.[99]

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Note

Bibliografia

Voci correlate

Altri progetti

Collegamenti esterni

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