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Responsabili dell'Olocausto

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Responsabili dell'Olocausto
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I responsabili dell'Olocausto furono i vertici politici, civili e militari del regime nazista[1] che idearono, pianificarono e condussero, dal 1938 al 1945, il genocidio sistematico di milioni di persone[2] ritenute "indesiderabili" (ebrei, rom, disabili, omosessuali, religiosi e altri) che in quanto tali ne finirono vittime[3]. Ugualmente responsabili furono i capi collaborazionisti di quei regimi fascisti europei che, alleati del Terzo Reich, cooperarono alle operazioni di sterminio[4][5][6].

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Un'immagine degli imputati del Processo di Norimberga contro i crimini nazisti.
«A dar retta ai teorici dell'obbedienza e a certi tribunali tedeschi, dell'assassinio di sei milioni di ebrei risponderà solo Hitler. Ma Hitler era irresponsabile perché pazzo. Dunque quel delitto non è mai avvenuto perché non ha autore.»

Esecutori zelanti ed efficaci dell'Olocausto furono le forze di polizia e le SS, cui furono affidate le operazioni di rastrellamento e di massacro, nonché la gestione dei ghetti, dei campi di concentramento e di sterminio, operazioni gestite e rapportate al loro capo e supervisiore supremo, Heinrich Himmler[7][8]. Un ruolo particolare fu esercitato da un gruppo di dottori, che in nome di teorie pseudo-scientifiche sulla razza si fecero complici attivi dello sterminio[9]. L'Olocausto non sarebbe stato possibile senza la complicità, l'indifferenza[10] e in molti casi l'attiva partecipazione di buona parte dell'opinione pubblica europea, condizionata dalla diffusione di sentimenti razzisti e antisemiti persino nei paesi che si opponevano al regime nazista[11]. Al tempo stesso se ci furono superstiti dell'Olocausto è anche perché molti furono coloro che al genocidio si opposero, rifiutandosi di prenderne parte attiva o addirittura proteggendo i perseguitati, spesso a rischio della propria vita (come fu il caso dei cosiddetti giusti tra le nazioni). Gli elenchi seguenti non sono ovviamente esaustivi, ma intendono semplicemente evidenziare le responsabilità individuali di chi, per propria scelta e ricoprendo incarichi di potere, più direttamente contribuì al progetto di genocidio dell'Olocausto.

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I vertici politici e militari della Germania nazista

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L'antisemitismo fu fin dall'inizio uno dei cardini del progetto politico di Adolf Hitler, il quale si pose come obiettivo l'annientamento del popolo ebraico in Europa che troverà il suo culmine nella soluzione finale dell'Olocausto.[12] Le dimensioni "industriali" raggiunte dall'Olocausto - dallo sfruttamento della manodopera per il lavoro coatto, al trasporto e sterminio degli "inabili", al sequestro dei beni delle vittime - richiesero vaste complicità organizzative che coinvolsero direttamente tutti gli uomini al vertice del regime nazista. Non solo essi erano a piena conoscenza dei programmi di sterminio, ma ad essi contribuirono attivamente.[13]

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I responsabili delle operazioni di sterminio nei territori occupati

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È nei territori dell'Europa dell'Est che prese forma la soluzione finale. La gestione dell'elevato numero di ebrei ivi residenti richiese un grado elevato di coordinazione tra tutte le componenti, militari, civili e industriali del Terzo Reich. Fu in questi territori che si sperimentarono tecniche sempre più sofisticaste di sterminio di massa e vennero costruiti i campi di sterminio dove furono inviati a morire persone da tutta Europa. Le persone che governarono i territori dell'est furono coloro che sul campo inventarono le soluzioni e resero possibile la soluzione finale. Nei territori dell'Europa occidentale l'Olocausto si configuro' essenzialmente come un'operazione di polizia volta al rastrellamento e all'invio "ad est" delle vittime designate. Zelanti funzionari di polizia nazista operarono in Francia, nei Paesi Bassi, Belgio, Norvegia e quindi nella Repubblica Sociale Italiana.[18]

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Le squadre della morte

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In una prima fase gli eccidi furono compiuti da speciali reparti militari (Einsatzgruppen), che operarono sul fronte orientale con il compito di eliminare gli elementi che per motivi politici o razziali erano considerati ostili o semplicemente indesiderabili.[19] Le uccisioni venivano compiute tramite fucilazioni di massa e quindi anche con l'uso di autocarri trasformati in camere a gas mobili alimentate degli scarichi di monossido di carbonio. Oltre un milione e mezzo di persone (incluse donne, vecchi e bambini) furono uccisi dalle squadre della morte, tra cui un milione di ebrei. I reparti agivano alle dirette dipendenze di Heinrich Himmler, ma con il supporto delle SS e dei vertici militari tedeschi operanti sul fronte russo. Generali come Walter von Reichenau, Erich Hoepner e Erich von Manstein non solo conoscevano ma direttamente sostennero il lavoro degli Einsatzgruppen.

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I campi di concentramento e sterminio

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La costruzione dei campi di sterminio rappresenta la fase finale nel programma di sterminio.[20] L'utilizzo di impianti fissi permise di imprimere un ritmo più spedito ed "efficiente" all'eliminazione dei prigionieri. L'uccisione nelle camere a gas offriva un sistema non solo più rapido ma più impersonale per il personale tedesco. A gestire i campi furono impiegati reparti SS, che si dedicarono al compito con grande zelo. Con il tempo ne perfezionarono i meccanismi, suggerendo continuamente nuove soluzioni. Per quanto i campi offrissero l'opportunità di un lavoro più "pulito" e lontano da occhi indiscreti, va comunque ricordato che la concentrazione e il trasporto dei prigionieri verso i campi comportarono sforzi logistici non indifferenti, a cui migliaia di persone dettero il loro contributo.

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I medici

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La politica razzista nazista era basate su teorie pseudo-scientifiche. I medici esercitarono un ruolo importante nella definizione dell'appartenenza individuale alle "razze inferiori", nei primi programmi di eutanasia, e quindi nei campi di concentramento nel processo di selezione di coloro che fossero abili al lavoro o al contrario dovessero essere eliminati, e nella conduzione di esperimenti che utilizzassero i prigionieri come cavie.[21] Il Processo ai dottori fu il primo dei dodici Processi secondari di Norimberga che le autorità militari statunitensi indissero a Norimberga nel dopoguerra.

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I collaborazionisti

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Il regime nazista sollecitò da parte dei suoi alleati l'adozione delle medesime misure di persecuzione e sterminio in vigore nel Terzo Reich e le impose nei territori direttamente amministrati.[22] La situazione tuttavia variò sensibilmente da paese a paese.[23]

Danimarca, Finlandia e Bulgaria offrono l'esempio di paesi alleati della Germania le cui autorità si rifiutarono di consegnare i "propri" ebrei ai campi di sterminio (anche se si fecero alcune eccezioni per gli ebrei "stranieri"). Anche l'Italia di Benito Mussolini (fino al 1943) e l'Ungheria di Miklós Horthy (fino al 1944) si posero inizialmente su questa linea, pur applicando leggi razziali e prendendo provvedimenti restrittivi nei confronti degli ebrei "stranieri".

Il governo di Vichy in Francia, la Slovacchia, la Norvegia e quindi la Repubblica Sociale Italiana (dal settembre 1943) e l'Ungheria di Döme Sztójay (dal marzo 1944) si allinearono alle politiche naziste di genocidio, accettando di consegnare i propri ebrei per lo sterminio e disinteressandosi della loro sorte. In alcuni paesi, come la Croazia di Ante Pavelić, la Romania di Ion Antonescu o l'Ungheria di Ferenc Szálasi, dove al potere vennero i capi di partiti fanaticamente antisemiti, forze locali non solo presero parte attiva alle operazioni di arresto e rastrellamento, ma si resero protagoniste anche di iniziative autonome di sterminio. È il caso della Guardia di Hlinka in Slovacchia, della Guardia di Ferro in Romania, degli Ustascia in Croazia e delle Croci Frecciate in Ungheria, così come dei numerosi gruppi antisemiti formatisi in Lituania, Lettonia, Estonia, Bielorussia e Ucraina.[24]

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Note

Bibliografia

Voci correlate

Collegamenti esterni

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