Sicilia
regione italiana a statuto speciale Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
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La Sicilia (AFI: /siˈʧilja/[11]; Sicilia in siciliano[12], Səcəlia in galloitalico di Sicilia, Σικελία in neogreco), ufficialmente denominata Regione Siciliana[13], è una regione italiana a statuto speciale di 4 783 439 abitanti[3], con capoluogo Palermo.
Sicilia Regione italiana a statuto speciale | |
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Regione siciliana | |
Immagine satellitare della Sicilia, di alcune isole circostanti e della punta sud-occidentale della Calabria, che costituisce l'estrema propaggine continentale della penisola italiana. | |
Localizzazione | |
Stato | Italia |
Amministrazione | |
Capoluogo | Palermo |
Presidente | Renato Schifani (FI) dal 13-10-2022 |
Data di istituzione | 15 maggio 1946 |
Territorio | |
Coordinate del capoluogo | 37°35′59.85″N 14°00′55.36″E |
Altitudine | massima: 3 357 m s.l.m. media: 391 m s.l.m.[1] minima: 0 m s.l.m. |
Superficie | 25 832,39[2] km² |
Abitanti | 4 783 439[3] (31-7-2024) |
Densità | 185,17 ab./km² |
Province | 6 liberi consorzi comunali: Agrigento, Caltanissetta, Enna, Ragusa, Siracusa, Trapani; 3 città metropolitane: Catania, Messina, Palermo |
Comuni | 391[4] |
Regioni confinanti | nessuna (regione insulare) |
Altre informazioni | |
Lingue | italiano, siciliano, gallo-italico[5]; arbëresh[6]; neogreco[7] |
Fuso orario | UTC+1 |
ISO 3166-2 | IT-82 |
Codice ISTAT | 19 |
Nome abitanti | siciliani o siculi |
Patrono | Vergine Maria Odigitria[8] |
PIL | (nominale) 91 936 mln € (2021)[9] |
PIL procapite | (PPA) 19 400 € (2021)[9] |
Rappresentanza parlamentare | 32 deputati 16 senatori |
Inno | Madreterra[10] |
Cartografia | |
Carta della regione con le sue province | |
Sito istituzionale | |
Il territorio della regione è costituito quasi interamente dall'omonima isola, la più grande delle isole italiane e del Mediterraneo, la settima d'Europa, nonché la 45ª isola più estesa nel mondo, bagnata a nord dal mar Tirreno, a ovest dal canale di Sicilia, a sud-ovest dal mar di Sicilia, a sud-est dal canale di Malta, a est dal mar Ionio e a nord-est dallo stretto di Messina, che la separa dalla Calabria, con la parte rimanente che è costituita dagli arcipelaghi delle Eolie, delle Egadi e delle Pelagie, nonché dalle isole di Ustica e Pantelleria. È la regione più estesa d'Italia e la quinta per popolazione (dopo Lombardia, Lazio, Campania e Veneto). Il suo territorio è ripartito in 391 comuni, a loro volta costituiti in tre città metropolitane (Palermo, Catania e Messina) e sei liberi consorzi comunali.
Dal 1130 al 1816, per ben 686 anni, l'isola fu racchiusa nell'entità statale del Regno di Sicilia. La Sicilia fu unita al Regno d'Italia nel 1860 con un plebiscito[14], in seguito alla spedizione dei Mille, guidata da Giuseppe Garibaldi durante il Risorgimento. A partire dal 1946 la Sicilia è divenuta regione autonoma e dal 1947 ha nuovamente un proprio parlamento, l'Assemblea regionale siciliana o ARS, istituita ancor prima della nascita della Repubblica Italiana.
La regione si compone sostanzialmente dell'Isola di Sicilia, la più grande isola del mar Mediterraneo, e di varie altre isole e arcipelaghi.
Capo Peloro rappresenta l'estremità orientale dell'isola e dell'intera regione; le isole di Strombolicchio, Pantelleria e Lampedusa, invece, rappresentano rispettivamente le estremità settentrionale, occidentale e meridionale.
Sono collegate all'arcipelago siciliano, da un punto di vista prettamente geografico, anche le isole Calipsee, formanti la Repubblica di Malta; al contrario, due delle Pelagie (Lampedusa e Lampione) rappresentano un territorio periferico della Repubblica Italiana, trovandosi, geograficamente, nel continente africano.
La Sicilia è una regione prevalentemente collinare (per il 61,4% del territorio), mentre per il 24,5% è montuosa e per il restante 14,1% è pianeggiante; la pianura più estesa è la Piana di Catania. Il rilievo è vario e, mentre nella Sicilia orientale si può riconoscere nell'Appennino siculo l'ideale continuazione dell'Appennino calabro, la Sicilia centrale e occidentale ospita massicci isolati. Si trova nelle Madonie la seconda vetta più alta dell'isola dopo l'Etna (3.357 metri): il Pizzo Carbonara (1.979 metri).
Tanto l'isola principale quanto le isole circostanti sono interessate da un'intensa attività vulcanica. I vulcani più importanti sono l'Etna, lo Stromboli e Vulcano. Essi hanno la singolarità di appartenere a tre tipologie differenti: eruzioni di lave basaltiche intervallate a periodi di calma il primo; eruzioni continue, e fontane di lava, il secondo, le cui caratteristiche sono state prese come modello tipologico dagli scienziati del settore, che hanno coniato il termine "tipo stromboliano" per designare le attività similari dei vulcani terrestri; infine di tipo esplosivo o "pliniano" il terzo, caratterizzato da lunghi periodi di apparente calma ed eruzioni violente.
Infine si ricorda l'attività eruttiva che nel XIX secolo, nella zona del canale di Sicilia denominata banco di Graham, ha portato alla nascita dell'effimera isola Ferdinandea.
La Sicilia è una regione totalmente insulare: è costituita, oltre che dall'isola principale, da un insieme di arcipelaghi e di isole minori che formano circa l'1,11% di tutta la superficie regionale (circa 285,4 km² su 25832,4 km² totali)[15]. Compresa l'isola di Sicilia, vi sono 19 isole abitate (33 172 abitanti nelle sole isole minori).
I principali gruppi di isole del grande arcipelago della Sicilia sono le Eolie, le Egadi e le Pelagie; le isole dello Stagnone e le isole Ciclopi, invece, costituiscono due piccoli arcipelaghi rispettivamente a ovest e a est dell'isola siciliana, di fronte alle coste di Marsala, nel trapanese, e di Aci Trezza, nel catanese. Completano la serie le due isole disabitate di Vendicari e Portopalo a sud di Siracusa.
Ustica e Pantelleria, nel mar Tirreno e nel canale di Sicilia, formano due distinti comuni della città metropolitana di Palermo e del libero consorzio comunale di Trapani. I centri storici di Siracusa e Augusta, nel siracusano, sono situati su due isole collegate alla terraferma.
I fiumi siciliani sono tutti di portata ed estensione limitata. Quelli appenninici a nord vengono chiamati fiumare, e sono a carattere torrentizio in quanto d'estate sono quasi perennemente in secca. Gli unici corsi d'acqua che raggiungono delle dimensioni apprezzabili sono l'Imera Meridionale, il più lungo dell'isola, e il Simeto, quello con il bacino idrografico più ampio. Sfociano nel Mar Ionio il Simeto, l'Alcantara, l'Agrò, il Ciane e l'Anapo, nel Mar Tirreno l'Imera Settentrionale e il Torto, mentre nel canale di Sicilia il Platani, l'Imera Meridionale (o Salso), l'Irminio e il Belice.
Per quanto riguarda i laghi naturali, fatto salvo il Lago di Pergusa e quello semi-artificiale del Lago Biviere di Lentini, la Sicilia ne è praticamente priva. Il lago di Pergusa, di origine tettonica[16], è celebre per gli antichissimi miti e leggende che lo riguardano e per la fauna e per la flora che lo circonda; tutt'intorno a esso corre un autodromo, in passato sede di un Gran Premio di Formula 3000. Il lago è stato a rischio di prosciugamento, non avendo immissari, a causa del costante prelievo di acqua per uso civile.
La costruzione di dighe ha creato grandi invasi artificiali, come il lago dell'Ancipa e il lago Pozzillo (il maggiore dell'isola). Vanno ricordati anche il lago Arancio, il lago Disueri, il lago di Piana degli Albanesi, il lago di Ogliastro, il lago Trinità e il lago Santa Rosalia.
Il clima della Sicilia è generalmente mediterraneo secco, con estati calde e molto lunghe, inverni miti e piovosi, stagioni intermedie molto mutevoli. Sulle coste, soprattutto quella sud-occidentale e sud-orientale, il clima risente maggiormente delle correnti africane per cui le estati sono torride. Durante la stagione invernale, nelle zone interne, le temperature sono leggermente più rigide, avendosi così un clima mediterraneo ma con caratteristiche simili a quelle del clima continentale.
La neve cade in inverno al di sopra dei 900-1000 metri ma talvolta può nevicare anche a quote collinari, le nevicate sulle zone costiere e pianeggianti sono rarissime, quando avvenute sono sempre state molto esigue e riscontrabili solo durante forti ondate di freddo. I monti interni, in particolare i Nebrodi, le Madonie e l'Etna, hanno un clima di tipo appenninico. L'Etna si presenta solitamente innevato da ottobre a maggio. Soprattutto d'estate non è raro che soffi lo scirocco, il vento proveniente dal Sahara. La piovosità è in genere scarsa e si rivela insufficiente ad assicurare l'approvvigionamento idrico in alcune province dove possono avvenire vere e proprie crisi idriche.
Questa tabella riassume i dati raccolti da tre stazioni meteorologiche esemplificative presenti in Sicilia:[17]
Stazione meteorologica | Altitudine (m) | Temperatura media annua (°C) | Temperatura media estiva (°C) | Temperatura media invernale (°C) | Precipitazioni annue (mm) | Giorni di pioggia annui |
Enna | 964 | 15,6 | 28,4 | 4 | 358 | 69 |
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Messina | 54 | 18,2 | 30,5 | 11,5 | 709 | 109 |
Trapani-Birgi | 14 | 18,9 | 30,5 | 9,7 | 446 | 88 |
Il culmine del processo di unificazione italiana si ebbe con la Spedizione dei Mille, che sbarcò in Sicilia nel maggio 1860, e la conquista della Sicilia fu una premessa fondamentale della creazione del futuro Regno d'Italia.
Durante la seconda guerra mondiale l'isola conobbe la stagione del Movimento Indipendentista Siciliano. Come conseguenza delle spinte separatiste, anche in questo caso essa divenne la prima regione italiana ad avere uno statuto speciale. A differenza di quanto avvenuto nelle altre regioni, l'autonomia speciale della Sicilia fu approvata, su basi paritetiche tra Italia e Sicilia, ancor prima della nascita della Repubblica Italiana, mediante il regio decreto legislativo 15 maggio 1946, n. 455, che istituiva la Regione siciliana.
L'antica suddivisione in territori consisteva in tre valli (val di Mazara, val di Noto e val Demone). La Regione siciliana è attualmente suddivisa in 9 province regionali e 391 comuni. All'inizio del XX secolo le province erano 7: Castrogiovanni - poi Enna - e Ragusa hanno raggiunto lo status di capoluoghi solo, rispettivamente, nel 1926 (dallo smembramento delle allora province di Catania e Caltanissetta) e nel 1927 (prendendo parte dei comuni del libero consorzio comunale di Siracusa). Agrigento si chiamava Girgenti.
Le attuali nove province, chiamate "regionali", furono istituite negli anni 1970, con legge della Regione, come consorzi di comuni; in precedenza, nel 1946, lo Statuto aveva sancito l'abolizione delle amministrazioni provinciali.
La Sicilia è fra le più popolose regioni italiane (la quinta dopo Lombardia, Lazio, Campania e Veneto). In età classica, l'isola era fra le zone più popolate del Mediterraneo, e alcune città rappresentavano importanti poli urbani del mondo greco. Palermo e Messina erano tra le città più prospere sia dal punto di vista demografico, sia da quello economico. D'altra parte la Sicilia accolse in epoca normanno-sveva coloni lombardi, vale a dire genti provenienti dal Nord Italia; e in età aragonese gruppi provenienti dai Balcani si stabilirono nelle zone della Sicilia occidentale, specialmente in quella montana e collinare.
Nel XVI secolo l'isola aveva più di un milione di abitanti; mentre al primo censimento del Regno d'Italia, nel 1861, i siciliani risultarono 2 932 000, aumentando a più di 3,5 milioni agli inizi del Novecento.
Nei decenni seguenti si verificò l'esodo di massa verso le Americhe, dove c'è una numerosa comunità siculoamericana, e l'Europa; mentre tra il 1961 e il 1971, i siciliani si spostarono verso il Nord Italia. Dagli anni ottanta del Novecento, la diminuzione del tasso di natalità ha contribuito a rallentare la crescita demografica; è la terza regione d'Italia con la più alta natalità e tra quelle con il più alto numero di giovani.
Il fenomeno emigratorio si è ridotto notevolmente ed è ormai equilibrato dall'immigrazione straniera, che in Sicilia è cominciata prima che nelle altre regioni italiane con l'insediamento di una colonia tunisina a Mazara del Vallo.
All'interno dell'isola si registrano gli spostamenti dalle aree montane e collinari economicamente depresse, verso le zone costiere e le grandi città. Le zone di maggior addensamento demografico sono le fasce costiere delle zone cuspidi nord-occidentali (Trapani) e nord-orientali (Messina), il versante dell'Etna e le aree di Palermo e Siracusa. Nel 2003 la popolazione residente superò per la prima volta i 5 milioni di abitanti, raggiungendo i 5.094.937 abitanti nel 2013. Da allora, tuttavia, il numero di abitanti risulta costantemente in calo. Nel 2018 la Sicilia scende per la prima volta sotto i 5 milioni di abitanti.
Comuni siciliani per popolazione ISTAT, 30-4-2023 | |||||||||||
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Pos. | Città | Provincia | Popolazione | Pos. | Città | Provincia | Popolazione | ||||
1 | Palermo | Palermo | 628 539 | 11 | Trapani | Trapani | 55 329 | ||||
2 | Catania | Catania | 298 255 | 12 | Modica | Ragusa | 53 483 | ||||
3 | Messina | Messina | 218 187 | 13 | Bagheria | Palermo | 52 738 | ||||
4 | Siracusa | Siracusa | 115 831 | 14 | Acireale | Catania | 50 494 | ||||
5 | Marsala | Trapani | 79 608 | 15 | Mazara del Vallo | Trapani | 49 899 | ||||
6 | Ragusa | Ragusa | 73 169 | 16 | Misterbianco | Catania | 48 873 | ||||
7 | Gela | Caltanissetta | 70 991 | 17 | Paternò | Catania | 44 985 | ||||
8 | Vittoria | Ragusa | 63 616 | 18 | Alcamo | Trapani | 44 492 | ||||
9 | Caltanissetta | Caltanissetta | 58 185 | 19 | Carini | Palermo | 39 846 | ||||
10 | Agrigento | Agrigento | 55 334 | 20 | Barcellona Pozzo di Gotto | Messina | 39 740 |
Al 31 dicembre 2020 gli stranieri residenti in regione erano 186 195. Le nazionalità più rappresentate erano:[19]
La lingua ufficiale parlata in Sicilia è l'italiano, ma gran parte della popolazione locale parla anche il siciliano[20]. Quest'ultimo, nonostante sia riconosciuto come lingua dall'UNESCO, dall'Unione europea e da altre organizzazioni internazionali, non gode di tutela da parte dallo Stato Italiano; tale riconoscimento gli viene però dalla Regione siciliana, che ne promuove il patrimonio linguistico nelle scuole[21]. Il siciliano è inoltre ritenuto lingua regionale ai sensi della Carta europea per le lingue regionali e minoritarie, il cui l'articolo 1 afferma che per lingue regionali o minoritarie si intendono le lingue che non sono dialetti della lingua ufficiale dello stato. La Carta Europea delle Lingue Regionali o minoritarie è stata approvata il 25 giugno 1992 ed è entrata in vigore il 1º marzo 1998. L'Italia ha firmato tale Carta il 27 giugno 2000, ma non l'ha ancora ratificata.
Nell'isola sono presenti alcune minoranze etno-linguistiche e dialettali poco numerose, ma importanti dal punto di vista storico-linguistico: la minoranza gallo-italica della Lombardia siciliana[22][23]; la minoranza albanese, detta arbëreshe, della città metropolitana di Palermo; e quella più recente greca di Messina. La regione, inoltre, promuove la lingua dei segni italiana (LIS) con un'apposita legge regionale (n. 23/2011)[24].
Nel dominio delle tradizioni popolari rientrano le varianti della lingua siciliana, che tra l'altro furono l'unico complesso del gruppo italo-romanzo a precedere il toscano nell'elevarsi a dignità poetica e letteraria con la scuola siciliana di Federico II di Svevia, tanto da contendere al toscano, per un periodo abbastanza lungo, il primato quale lingua nazionale.
La poesia della Scuola siciliana era scritta in siciliano "illustre" perché arricchito da francesismi, provenzalismi e latinismi,[25] da numerosi poeti (non tutti siciliani) attivi prima della metà del Duecento nell'ambiente della corte imperiale. Alcuni tratti linguistici con questa origine vennero adottati anche dagli scrittori toscani delle generazioni successive e si sono mantenuti per secoli o fino a ora nella lingua poetica (e non) italiana: dalle forme monottongate come core e loco ai condizionali in -ia (es. saria per sarebbe) ai suffissi in uso in Sicilia derivati dal provenzale come -anza (es. alligranza per allegria, membranza, usanza, adunanza) o -ura (es. freddura, chiarura, verdura) e altri ancora[26][27][28] o vocaboli come il verbo sembrare per parere che per Dante era parola dotta (di origine provenzale, giunta anch'essa all'italiano attraverso la lirica siciliana).[29] La Scuola siciliana insegna una grande produttività dell'uso dei già menzionati suffissi e dei prefissi (questi ultimi per lo più derivanti dal latino) come dis-: disfidarsi, s-:spiacere, mis-: miscredere, misfare e tanti altri ancora. Erano già presenti abbreviazioni come dir (dire) o amor (amore) e altri latinismi; ad esempio la parola amuri (siciliano) si alternava con amore (latinismo).[25] Il contributo della scuola siciliana fu notevole:
«...Qualunque cosa gli italiani scrivano, viene chiamato siciliano...(tradotto)»
In pratica, nel siciliano possono distinguersi diverse stratificazioni: a livello fonetico si hanno incontri consonantici di orizzonte prelatino e altri che sembrano apparentarsi alle moderne lingue della zona balcanica. L'etimologia, invece, rimanda alla dominazione romana, quella bizantina e soprattutto quella araba. Per esempio, l'arabo gibel (montagna) è componente di molti toponimi: Gibilrossa, Gibilmanna, Mongibello, Gibellina. Si hanno inoltre diverse province idiomatiche in cui il siciliano s'infrange con caratteristiche locali, e isole etno-linguistiche autonome.
Per quanto concerne il patrimonio letterario popolare, va detto che l'ideazione spontanea isolana si muove nell'ambito letterario tanto su temi religiosi o moralistici quanto su soggetti profani, come nel caso dei testi epici del ciclo carolingio del famoso Teatro dei Pupi, degli strambotti in ottava siciliana, e della favolistica che, per quanto appaia ristretta nella tematica, presenta sempre uno sviluppo narrativo esemplare: avvio realistico, ingresso di elementi e fattori sovrumani ben graduato o comunque verosimile, cura attenta dei dettagli, anche nei momenti più fantastici, e una vivacità d'articolazione che non viene mai meno, sia nelle più struggenti vicende amorose o in quei racconti che s'imperniano su un umorismo talvolta sfiorante il grottesco o il surreale.
Una parte fondamentale della tradizione siciliana riguarda i racconti orali, raccolti nell'Ottocento da Giuseppe Pitrè nella Biblioteca delle tradizioni popolari siciliane. Si va dai cunti, alle fiabe, ai proverbi, agli scioglilingua. Il personaggio stereotipato di Giufà è il protagonista della maggior parte dei racconti che terminano con una morale.
Molti di questi racconti non sono ancora stati codificati del tutto. Esistono tante leggende (come le quattro di Gammazita, fratelli Pii, Uzeta e Colapesce) che hanno una variante in ogni città (della leggenda di Colapesce esistono una trentina di versioni codificate) tale da costituire una vera e propria mitologia siciliana[30].
«Bisogna far conoscere interamente la vera, la grande anima della nostra terra. La responsabilità maggiore di questa missione dobbiamo sentirla noi musicisti perché soltanto nella musica e nel canto noi siciliani sappiamo stemperare il nostro vero sentimento. Ricordatelo.»
Le tradizioni popolari sicule sono numerose e multiformi, poiché vi s'impressero non poche e divergenti colonizzazioni. È facile rammentare, infatti, che l'isola fu via via dominata da Greci, Romani, Bizantini e Arabi, Normanni, Spagnoli e Francesi, tanto per fare gli esempi più palmari. Com'è ovvio, ciascuno di codesti influssi si esercitò sulla locale etnia in modo più o meno generalizzato, amalgamandosi e scontrandosi di volta in volta con le tradizioni preesistenti, a cominciare da quelle autoctone. La civiltà siciliana e la sua cultura spontanea appaiono perciò insulari, se paragonate agli analoghi frutti che maturano in Sardegna e in Corsica, ma di una ricchezza e di una peculiarità ottimali per uno studioso. Basti ricordare che il folklorista Giuseppe Pitrè dedicò un'opera in venticinque volumi alle tradizioni popolari di quest'area, inglobandovi con pertinenza descrizioni etnografiche e prospettive storiche.
Il mondo delle credenze e delle leggende, in vario modo, si apparenta al patrimonio favolistico, poetico e musicale poco sopra delineato, costituendone non di rado la fonte prima. Come quasi in tutte le regioni italiane, si rintracciano quivi componenti pagane e cristiane, più o meno commiste, e superstizioni che toccano tutti gli aspetti della vita umana. Nell'area messinese e in quella palermitana, per esempio, è tuttora vivo il ricordo di Colapesce, ma molti altri personaggi di natura acquatica ricorrono un po' in tutto il folklore isolano. A prescindere dai più noti ricordi di origine classica, si può qui segnalare la sirena che ogni anno, secondo la vecchia credenza di Modica, nella notte tra il 24 e il 25 gennaio, emerge dal fondo del mare con un canto dolcissimo e pronta a predire il futuro a chi sappia avvicinarla. Immagini e motivi più inquietanti si registrano altresì in ricorrenza o meno di date precise. Così a Capodarso si ritiene che almeno una volta l'anno si svolga una vera “fiera” di spiriti, nei pressi di un ponte fatto erigere da Carlo V e nel corso della quale si vende, fra l'altro, della frutta che è destinata a divenire d'oro, l'indomani. A Termini Imerese è radicata una leggenda secondo la quale Salomè, la figlia di Erodiade, sarebbe approdata, a suo tempo, a codesti lidi in cerca d'espiazione per la morte di Giovanni Battista, da lei provocata; fece perciò costruire una chiesa in memoria del martire, ma non appena essa fu terminata sarebbe scaturito dalle viscere della terra un fiume di sangue che tutto inaridiva intorno. La bella peccatrice si sarebbe allora annegata in quei flutti.
Non appena ciò avvenne – prosegue la leggenda – il giume di sangue sprofondò sottoterra. Ma ogni anno, nella notte di vigilia di San Giovanni, per incantamento, Salomè e il corso di sangue riapparirebbero in superficie, fermando ogni fremito di vita, sino a quando, al mattino, il disco solare, recante la testa decollata del Battista, non costringe nuovamente Salomè e il relativo fiume a ritornare negli inferi. Similmente, a Noto si parla di un tesoro nascosto sepolto in una grotta e custodito dai fantasmi degli “infedeli” che lì l'avevano sepolto; a Sciacca, si tramanda una fosca storia di sangue che comprende la reiterata resurrezione dei morti, a scopo di vendetta, e così via. Il panorama delle credenze attive non è meno ricco di richiami a tempi precristiani. Per esempio, i doni annuali ai bambini sono recati in commemorazione del ritorno dei morti nelle prime notti novembrine.
Negli stessi giorni nei locali pasticcieri sono usi confezionare dei dolci, detti appunto dei “morti”, di soggetto macabro: scheletri, teschi e ossa. L'usanza in parola e particolarmente viva nel Palermitano e nel Catanese. La festa di Santa Lucia (13 dicembre), e i giorni immediatamente susseguenti, sino alla vigilia di Natale, sono tenuti propizi per trarre oroscopi sull'andamento dell'imminente anno nuovo. L'Epifania, infine, è unanimemente considerata il primo giorno di carnevale. A proposito di festività merita anche d'esser ricordata la cavalcata del Gigante e della Gigantesca che si svolge a Messina nel giorno di ferragosto, festa dell'Assunta, quasi contrapponendosi alla processione della “vara”: una costruzione piramidale ornata d'immagini di angeli e che reca al vertice le statue della Madonna e di Cristo. Un'equivocabile impronta cristiana ha per contro la “diavolata” di Adrano: un dramma sacro che vede il vittorioso combattimento dell'arcangelo Michele contro legioni di diavoli e contro la stessa Morte. Naturalmente, lo stesso può dirsi per le famose celebrazioni palermitane della patrona Santa Rosalia, commemorata in tre date diverse, l'11 gennaio, il 15 luglio e il 14 settembre, con imponenti processioni e con gigantesche “vare”, analoga alla “vara” messinese. Su di un altro piano, si segnalano anche le tavolette di ex voto conservate nel santuario di Trecastagni (Catania).
Per quanto riguarda alcuni aspetti della cultura ergologica, ben noto è il tipico carretto isolano ad alte ruote, solitamente intagliato e dipinto con scene che s'ispirano alle vicende cavalleresche, narrate dai cantastorie e dall'Opera dei Pupi. Sulle origini di questo mezzo di locomozione non mancano le discussioni fra gli specialisti dell'inizio del secolo. Giuseppe Cocchiara ha però dimostrato che il sistema viario dell'isola non poté permettere la nascita di tale mezzo se non in pieno XVIII secolo. Peraltro gli esemplari più antichi sino a noi pervenuti del carretto siciliano non risalgono, di norma, oltre la metà dello scorso secolo. Negli esemplari più addietro nel tempo le ornamentazioni d'intaglio e le pitture possono essere di soggetto sacro, anziché “carolinge”. Non è certo, tuttavia, questa distinzione iconologica a garantirne l'antichità. Per ciò che concerne l'architettura spontanea osserveremo che essa rientra pienamente nell'orizzonte dello “stile mediterraneo”, tipico di tutto il Mezzogiorno. Qua e là, tuttavia, s'individuano anche agglomerati o singoli edifici a forma di trulli.
Due parole vanno infine espresse sui costumi popolari. Anche in questo settore si hanno riscontri abbastanza evidenti con le altre regioni del meridione della Penisola. L'abito femminile, infatti, per foggia e colori rassomiglia a quelli della Calabria e della Sardegna, variando ovviamente secondo le età e le occasioni. Lo stesso può dirsi per il costume maschile, più severo e caratterizzato da larghe fasce colorate in funzione di cintura.
Per molto tempo le tradizioni popolari, frutto di una cultura millenaria e dell'uso di una lingua comune, il siciliano, sono rimaste vive, più nei paesi che nelle grandi città. Tali tradizioni, particolari e a volte pittoresche, sono state la causa per cui, nel corso dei secoli, si è creato uno stereotipo tradotto nel termine sicilianità, intendendo con esso una sorta di particolarità e di differenziazione del carattere isolano rispetto a quello delle regioni confinanti.
Nei suoi scritti Marco Tullio Cicerone definiva i siciliani «gente acuta e sospettosa, nata per le controversie».
La famiglia siciliana tradizionale forma di massima un gruppo molto allargato che include anche i cugini più lontani e non è chiusa su sé stessa. È diffusa l'abitudine alle grandi tavolate per pranzo o per cena, soprattutto in estate. Gli orari sono spostati un po' più avanti rispetto al nord, arrivando a pranzare anche alle due di pomeriggio e cenare verso le nove-dieci nella bella stagione.
Gesualdo Bufalino definiva la Sicilia la terra della luce e del lutto, luogo di contraddizioni di estremi che si uniscono: così nell'immaginario il siciliano appare come un uomo solare e accogliente ma anche losco e sospettoso, convinto che il suo modo d'essere sia il migliore e il più giusto. Tomasi di Lampedusa dichiarava nel suo Il Gattopardo che in Sicilia tutto cambia affinché nulla cambi perché, se sono gli stessi siciliani a ricercare il cambiamento allo stesso tempo lo frenano, timorosi che esso possa spodestare le secolari abitudini e i privilegi acquisiti.
Il senso a volte tragico del destino ma anche dell'orgoglioso attaccamento alla propria terra e alle proprie radici è testimoniato anche nella letteratura. Notevole è il ritratto lasciatoci da Giovanni Verga, capofila del verismo, nel cosiddetto Ciclo dei vinti (che include I Malavoglia) in cui al culto della "roba", il bene materiale ricavato dalla terra e dal lavoro si deve adeguare anche il senso pur così sacro della famiglia, i cui personaggi, che vogliono cambiare il mondo, sono puniti dalla mala sorte che li obbliga a tornare al punto di partenza, alla loro terra e alle loro radici. Riflessioni amare del Verga sulla vita: anche lui, raggiunto il benessere, si rifugerà dal Nord nella sua amata Catania dove, disincantato dalla vita, passerà i suoi ultimi anni.
Singolarità d'atteggiamenti si riscontrano in altri siciliani, Mario Rapisardi e Giuseppe Aurelio Costanzo colpevoli, secondo Benedetto Croce di aver trasformato il poema in "saggio sociologico". Ma la denuncia che fanno non è fine a sé stessa ma si congiunge a grandi ideali: giustizia sociale, necessità di cambiamento, ribellione contro un ordine sociale ingiusto che simbolicamente rappresenta la classe degli umili e degli oppressi che invece nell'opera di altri scrittori siciliani è solo capace di rinunce.
Il forte sentimento di appartenenza alla Sicilia, nei paesi d'emigrazione, ha prodotto la nascita di numerose comunità di immigrati siciliani e spesso ha suscitato forti ripercussioni razziste; è noto, negli Stati Uniti, il caso dei nove operai siciliani linciati dalla folla a New Orleans nel 1891, pur essendo del tutto estranei ai fatti di cui erano accusati[31][32]). Spesso, totalmente integrati nella società anglosassone, i siculo-americani sono tuttavia oggetto di discriminazione mediante stereotipi alimentati anche da film famosi e o da serie televisive. Frequente è l'accostamento alla criminalità mafiosa, quasi sinonimo di sicilianità, fino al razzismo vero e proprio.[33][34]
Le feste religiose cattoliche rivestono una grande importanza all'interno del folklore siciliano. Tra le feste più rappresentative si possono menzionare:
Unici e carichi di spiritualità orientale sono i riti della Settimana santa dell'Eparchia di Piana degli Albanesi, secondo il rito bizantino degli albanesi di Sicilia.
Altre feste importanti dell'isola:
Il Carnevale è festeggiato in Sicilia con manifestazioni tra le più belle e caratteristiche a livello nazionale al punto da partecipare anche al Carnevale di Viareggio; particolarmente note sono quelle di Paternò, Valderice, Acireale, Misterbianco, Sciacca, Palazzolo Acreide, Termini Imerese, Cinisi, Collesano, Ravanusa, Santa Teresa di Riva, Aci Trezza, Avola e il carnevale di Regalbuto, alte espressioni di folklore popolare e di spensieratezza.
Nel 2001 si annovera l'iscrizione tra i patrimoni orali e immateriali dell'umanità da parte dell'UNESCO dell'opera dei pupi (primo patrimonio italiano a essere inserito in tale lista), il teatro delle marionette siciliano. Grazie ai cuntastori, i pupi, che rappresentano i personaggi del ciclo carolingio, mettono in scena le storie della Chanson de Roland, dell'Orlando furioso e della Gerusalemme liberata. Il personaggio principale è il cavaliere Orlando, ma vi è anche spazio per Rinaldo, Angelica e altri.
Culla dell'Opera dei Pupi è Palermo dove sono presenti numerosi teatri oltre a un museo e una scuola famosa come quella della famiglia Cuticchio e in particolare di Mimmo Cuticchio. Altro importante centro è Acireale, cittadina barocca, che vide fiorire quest'arte grazie ai numerosi maestri pupari, fra cui il celebre Emanuele Macrì, a cui è dedicato l'omonimo museo-teatro dove, quotidianamente, è possibile assistere alle rappresentazioni dei maestri pupari. Inoltre, ad Alcamo, Partinico e Sciacca si distinse la famiglia Canino, soprattutto Gaspare Canino.
L'uso dei gesti è presente nella cultura siciliana sin dalla più remota antichità; il motivo probabile è da ricercare nei suoi rapporti culturali e commerciali con i popoli dell'area mediterranea dai tempi più remoti. La grande rimescolanza di lingue e popoli ha senz'altro accentuato l'uso del gesto per meglio comprendersi; è infatti abbastanza naturale, quando non ci si comprende bene tra gente di lingua diversa, usare i gesti per accentuare la comprensibilità del dialogo.
Giuseppe Pitrè, tra gli altri, si occupò anche della gestualità siciliana, raccogliendo tutte le informazioni possibili in Usi e costumi, credenze e pregiudizi del popolo siciliano (1889). Tra le varie informazioni, si riporta la leggenda che narra di un re che, arrivato in Sicilia, vuole mettere alla prova due suoi sudditi sulla supposta capacità di dialogare senza parole. I due sudditi, presi alla sprovvista, passano il test e provocano grande meraviglia nel sovrano. La gestualità si dice sia uno degli aspetti della teatralità del siciliano, uno dei tanti modi di dimostrare la necessità di recitare e dar sfogo alla grande creatività