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Encefalomielite mialgica/Sindrome da fatica cronica

malattia cronica multisistemica con peggioramento dopo lo sforzo Da Wikipedia, l'enciclopedia libera

Encefalomielite mialgica/Sindrome da fatica cronica
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L'encefalomielite mialgica (in inglese myalgic encephalomyelitis o ME), a lungo conosciuta come sindrome da fatica cronica (in inglese chronic fatigue syndrome, o CFS, o con la sigla completa ME/CFS), o, talvolta, in italiano, anche CFS/ME, è una malattia multisistemica cronica.

Le informazioni riportate non sono consigli medici e potrebbero non essere accurate. I contenuti hanno solo fine illustrativo e non sostituiscono il parere medico: leggi le avvertenze.
Dati rapidi Specialità, Eziologia ...

Il sintomo cardinale è un marcato peggioramento delle condizioni dopo lo sforzo, definito come post-exertional malaise (PEM). Può essere scatenato da sforzi fisici o mentali, così come da un’eccessiva stimolazione (ad esempio da luce o rumori).

Il peggioramento delle condizioni è caratterizzato da un’intensificazione, spesso ritardata (di ore o giorni), degli altri sintomi. Tra questi figurano la fatigue (una marcata e persistente spossatezza), i disturbi del sonno, delle funzioni corporee autonome e delle capacità cognitive, nonché dolori e manifestazioni simili a quelle di un’infezione. Questi sintomi determinano gravi limitazioni nella vita quotidiana e, nei casi più severi, un alto grado di disabilità.

La ME/CFS insorge per lo più a seguito di malattie infettive virali come la mononucleosi infettiva, l’influenza e il COVID-19. I meccanismi precisi che determinano l’insorgenza e lo sviluppo della malattia non sono noti. Sono descritte soprattutto alterazioni del sistema immunitario, del metabolismo e del sistema nervoso. In una parte delle persone con long o post-COVID viene diagnosticata la ME/CFS.

La ME/CFS viene diagnosticata sulla base dei sintomi. Non esiste una terapia causale, ma alcuni sintomi possono essere alleviati con farmaci. Ai pazienti viene raccomandata una gestione individuale dell’energia (pacing).

La ME/CFS colpisce in prevalenza il genere femminile e la popolazione giovane-adulta non anziana e può colpire anche bambini e adolescenti.

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Sintomi

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Post-exertional malaise (PEM)

Il sintomo distintivo della ME/CFS è il peggioramento dei sintomi e la riduzione delle capacità funzionali dopo sforzi che in condizioni normali sarebbero tollerati. Questo fenomeno, noto come Post-exertional malaise (PEM), può manifestarsi immediatamente oppure con un ritardo di ore o giorni, durare a lungo e avere un’intensità sproporzionata rispetto allo stimolo scatenante.[2][3] Qualsiasi attività che richiede energia, sia fisica, cognitiva, sociale o emotiva, può indurre il PEM.[4] Nei casi lievi basta un’attività lavorativa limitata,[2] mentre nei pazienti più gravi anche il sollevamento passivo della gamba da parte di un terapista può scatenare il PEM.[5] Per alcune persone, essere in un ambiente stimolante può essere sufficiente a provocare il PEM.[3]

Fatigue

Nella ME/CFS la fatigue si differenzia chiaramente dalla normale stanchezza[3] ed è in genere più debilitante rispetto alla fatica presente in altri disturbi associati ad affaticamento.[4] A causa della fatigue, il livello di attività delle persone colpite risulta significativamente ridotto rispetto a quello precedente l’insorgenza della malattia.[6] Nei casi più gravi sono stati riportati episodi di affaticamento tale da impedire di cambiarsi i vestiti regolarmente o addirittura di parlare.[4]

Sonno non ristoratore

Il sonno delle persone colpite non è ristoratore. I pazienti sperimentano vari disturbi del sonno, come difficoltà ad addormentarsi o a mantenere il sonno.[2]

Disturbi delle capacità cognitive

Il deficit cognitivo più comunemente riscontrato nella ME/CFS è la riduzione della velocità di elaborazione delle informazioni. Altre anomalie includono la diminuzione del tempo di reazione, della memoria di lavoro e dell’attenzione. Alcuni pazienti sono così colpiti da disfunzioni cognitive da non riuscire a conversare, leggere un libro, seguire istruzioni o ricordare ciò che è stato appena detto.[2]

Intolleranza ortostatica

Numerosi pazienti presentano un’intolleranza ortostatica: la capacità del loro corpo di adattarsi a una posizione eretta e di mantenerla risulta ridotta. Ciò si manifesta, ad esempio, sotto forma di vertigini, stordimento e tachicardia quando ci si siede o ci si alza in piedi. Nell’ambito della ME/CFS, l’intolleranza ortostatica si manifesta spesso come sindrome da tachicardia posturale (ortostatica) (forte aumento della frequenza cardiaca in posizione eretta) o come ipotensione ortostatica (calo della pressione arteriosa al momento di alzarsi).[2]

Dolori

Molti pazienti soffrono di dolori. Si manifestano spesso come mialgie, cioè i dolori muscolari citati nel nome della malattia, come mal di testa o dolori articolari.[7]

Ipersensibilità e intolleranze

Tipica è un’aumentata sensibilità agli stimoli nei confronti di luce e suoni, talvolta anche di odori o contatti fisici. I pazienti gravemente colpiti sono spesso estremamente sensibili alla luce e ai suoni.[7]

Altri sintomi

Tra gli ulteriori sintomi si possono riscontrare disturbi della regolazione della temperatura, sintomi influenzali e disturbi digestivi.[7]

Pazienti con forme gravi e molto gravi

Nelle forme gravi o molto gravi la malattia comporta in genere un numero maggiore di sintomi rispetto ai quadri lievi o moderati, e questi risultano anche più intensi. Molti pazienti sono costretti a letto, hanno bisogno di assistenza continua e presentano un elevato grado di disabilità. Anche attività di base, come alimentarsi o girarsi nel letto, possono risultare estremamente difficili o impossibili. Spesso sono compromesse anche la capacità di parlare e di comprendere il linguaggio. I dolori sono persistenti, di forte intensità e coinvolgono più aree corporee. L’ipersensibilità agli stimoli, come luce o rumori, può essere così marcata da renderne difficile la tolleranza. Anche minimi sforzi fisici o mentali possono causare un peggioramento post-sforzo (post-exertional malaise, PEM). Inoltre, chi è colpito da forme severe tende a soffrire più frequentemente e in modo accentuato di malattie concomitanti o complicazioni.[5]

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Causa e fisiopatologia

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Causa

La causa della ME/CFS è ancora sconosciuta. L’Organizzazione mondiale della sanità classifica la malattia tra le patologie del sistema nervoso.[8][9][10]

La ME/CFS insorge di solito a seguito di infezioni. Si tratta spesso di infezioni virali come la mononucleosi infettiva, la COVID-19, le malattie causate da altri herpesvirus o quelle dovute a enterovirus.[6] Sono stati descritti anche fattori scatenanti non infettivi, ad esempio trauma fisico o emotivo,[11] gravidanza, vaccinazioni,[2][12] esposizione a sostanze chimiche e metalli pesanti.[4] Per quanto riguarda l’esordio della malattia, esso può essere sia improvviso sia caratterizzato da una comparsa graduale dei sintomi.[13]

Fisiopatologia

Sul piano biologico, la ME/CFS è caratterizzata da disfunzioni nei sistemi neurologico, immunologico, endocrinologico, cardiovascolare e metabolico.[6]

Sebbene i meccanismi fisiopatologici non siano ancora del tutto chiariti, numerosi studi convergono su un modello neuro-immuno-endocrinologico, che rappresenta il fulcro della complessità della malattia. In particolare, l’infiammazione e i processi autoimmuni sono stati ipotizzati come meccanismi centrali.[14][15][16]

Un altro filone di ricerca si concentra sullo stress ossidativo e nitrosativo, spesso associato a bassi livelli di antiossidanti. Tali processi possono contribuire a una risposta immuno-infiammatoria cronica e, in individui geneticamente predisposti, portare a disfunzioni mitocondriali, immunosoppressione e “ibernazione cellulare”.[17]

Un altro ambito di ricerca riguarda il ruolo del microbiota intestinale, in particolare la permeabilità e la disbiosi.[18][19][20][21]

La ricerca internazionale esplora inoltre potenziali biomarcatori della ME/CFS, a livello plasmatico, liquorale, microbiologico e di neuroimaging.[22]

Sistema Immunitario

Infezioni

È stato spesso sottolineato il ruolo delle infezioni nell'attivazione della malattia. I dati attuali non supportano la presenza di un processo infettivo nel mantenimento della malattia, ma solo nel suo scatenamento[23][24] e per questo, sebbene la malattia insorga per lo più a seguito di un'infezione, la ME/CFS non è una malattia infettiva.

Ci sono evidenze che la riattivazione di virus latenti contribuisca alla persistenza o al peggioramento della ME/CFS. Inoltre, esiste un’associazione tra suscettibilità alle infezioni e il rischio di sviluppare la ME/CFS.[25]

Disfunzioni del sistema immunitario

Ci sono numerose evidenze di una disregolazione del sistema immunitario.[12][25] In letteratura sono riportate una ridotta funzione delle cellule NK e un esaurimento delle cellule T.[2][26][25] Inoltre, sono stati riscontrati livelli elevati di citochine proinfiammatorie, che correlano con la gravità dei sintomi.[2][26][27] In un quarto dei pazienti si osservano valori ridotti di immunoglobuline.[2]

Autoimmunità

Nei pazienti con ME/CFS sono state descritte alterazioni genetiche e immunologiche che suggeriscono meccanismi autoimmuni. Tra queste rientrano specifici alleli HLA e alcuni polimorfismi a singolo nucleotide (SNP), associati a una maggiore predisposizione alle malattie autoimmuni. Le infezioni, in particolare da virus di Epstein-Barr (EBV), sono considerate possibili fattori scatenanti di tali processi.[12]

Nei pazienti sono stati inoltre rilevati diversi autoanticorpi.[12][25] Tra questi, livelli aumentati di anticorpi antinucleari, antifosfolipidici, antineuronali e antigangliosidici.[12][28] Gli autoanticorpi contro i recettori adrenergici del sistema vascolare e nervoso correlano con la gravità dei sintomi.[25]

Infiammazione

Diverse ricerche hanno riportato profili citochinici alterati, con concentrazioni aumentate di mediatori pro-infiammatori, in particolare nelle fasi iniziali della malattia. La gravità della condizione sembra correlare con le concentrazioni di vari citochini.[12][25]

Indagini di neuroimaging con tomografia a emissione di positroni (PET) hanno mostrato nei pazienti con ME/CFS indizi di processi infiammatori nel cervello e nel midollo spinale, tra cui una maggiore attivazione di astrociti e microglia.[12][25]

Questi risultati sono discussi come segnali di neuroinfiammazione, che sembrano essere in relazione con i deficit cognitivi osservati.[2]

Sistema nervoso

Una revisione sistematica e meta-analisi australiana del 2019 ha dimostrato che i pazienti ME/CFS hanno la regolazione cardiaca autonomica alterata rispetto ai controlli sani e che queste alterazioni dei parametri della frequenza cardiaca possono essere sintomatiche della condizione[29].

Nel 2020 revisioni sistematiche degli studi di neuroimaging sulla ME/CFS hanno osservato il reclutamento aggiuntivo di un'area cerebrale aggiuntiva durante compiti cognitivi e anomalie nel tronco cerebrale, suggerendo un accoppiamento neurovascolare anormale nella ME/CFS[30] e un'interruzione diffusa della rete del sistema nervoso autonomo, inclusi cambiamenti morfologici, anomalie della materia bianca e aberrazioni nella connettività funzionale[31].

Sistema endocrino

In studi su adulti e adolescenti con ME/CFS sono state osservate alterazioni dell’asse ipotalamo–ipofisi–surrene (HPA), caratterizzate da livelli ridotti di cortisolo, che potrebbero avere effetti sull’equilibrio immunitario e neurologico dell’organismo. È stata inoltre descritta una iperattività del sistema nervoso simpatico con aumento delle catecolamine, indicativa di un possibile coinvolgimento di meccanismi neuroendocrini nella patogenesi della malattia.[32][12]

Metabolismo

Nella ME/CFS si evidenzia un prominente disturbo della produzione di energia nelle cellule.[12] Vengono riportati disturbi a livello dei mitocondri, così come nella produzione del vettore energetico universale adenosina trifosfato (ATP).[12][2][33] Numerosi studi segnalano un aumento dello stress ossidativo.[33] Sono presenti problemi nell’utilizzo del glucosio,[2][12] inoltre gli studi mostrano una soglia anaerobica ridotta e valori elevati di lattato.[2][12]

Resta difficile stabilire il ruolo dei mitocondri nei meccanismi patogenetici di ME/CFS a causa delle incongruenze tra gli studi.[34]

Reazioni dell’organismo allo sforzo

Diversi studi hanno evidenziato che i pazienti hanno indicatori più critici nei test da sforzo cardiopolmonare, anche a 24 ore di distanza, specie nei test di ventilazione. Questi risultati sembrano essere specifici per la ME/CFS e fornire prove oggettive per la ridotta capacità di recuperare dallo sforzo comunemente riportata dai pazienti.[35]

Uno studio statunitense del 2017 ha fornito una prova neurofisiologica oggettiva del fenomeno del malessere post-sforzo (Post-exertional malaise, PEM)[36]

Alcuni lavori hanno inoltre suggerito che lo stress ossidativo e alterazioni della risposta immunitaria possano contribuire ai meccanismi alla base del PEM.[23]

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Diagnosi

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La diagnosi di ME/CFS si basa sul riconoscimento di sintomi caratteristici secondo criteri stabiliti, come quelli dell’Institute of Medicine degli Stati Uniti (criteri IOM) e i Criteri di Consenso Canadesi (CCC, Canadian Consensus Criteria).[4][37][13] Non è quindi una diagnosi di esclusione, ma richiede comunque la valutazione di altre condizioni mediche che possano spiegare la sintomatologia.[6]

Come sintomo guida caratteristico, i criteri CCC e IOM descrivono la post-exertional malaise (PEM), un peggioramento dello stato che si manifesta dopo uno sforzo. Essi richiedono inoltre, in modo coerente, che la fatigue sia accompagnata da significative limitazioni del livello di attività e da disturbi del sonno come condizione per la ME/CFS.[37][4]

Metodi di indagine

Non è disponibile un test standardizzato per la diagnosi sicura della ME/CFS nella pratica clinica.[38] Un operatore sanitario può fare la diagnosi di ME/CFS sulla base di un'accurata anamnesi e di un esame fisico, risultati di test di laboratorio e valutazione di altre malattie correlate alla fatica con un work-up mirato.[13] Nei casi gravi e nei bambini, il colloquio viene condotto anche con le persone che accompagnano, assistono o si prendono cura del paziente.[5][39]

Nel 2021 sono stati pubblicati dei test raccomandati nelle linee guida per sospetta ME/CFS[40].

Criteri diagnostici

Criteri dell’Institute of Medicine

I criteri dell’Institute of Medicine degli Stati Uniti sono stati elaborati da un gruppo di esperti, pubblicati nel 2015 e da allora vengono utilizzati nella ricerca e nella pratica clinica.[4] Essi stabiliscono i seguenti sintomi per la diagnosi di ME/CFS:

Ulteriori informazioni Sintomi obbligatori, Almeno uno dei due sintomi seguenti ...

Criteri di consenso canadesi

Secondo le Linee guida Canadesi (CCC, Canadian Consensus Criteria) pubblicato nel 2003,[37] tuttora utilizzati da centri come lo Charité Fatigue Centrum dell'ospedale universitario della Charité di Berlino[41][42], la definizione operativa di caso clinico di ME/CFS richiede la presenza dei seguenti sintomi:

Ulteriori informazioni Sintomi obbligatori, Almeno un sintomo di due delle seguenti tre categorie ...

Diagnosi differenziale e comorbidità

Oltre ad anamnesi, esame obiettivo, strumenti di screening e test diagnostici, è soprattutto il PEM una caratteristica distintiva che può aiutare a differenziare la ME/CFS da altre malattie.[2] Tra i quadri clinici e i sintomi da considerare nella diagnosi differenziale o come eventuali comorbidità rientrano, tra gli altri:[2][45][46]

Ulteriori informazioni Categoria, Esempi ...

Gradi di severità

Le persone con ME/CFS hanno difficoltà a completare le attività quotidiane e almeno un quarto di esse è stata obbligata a letto per tempi prolungati a causa della malattia. La malattia può quindi avere ricadute sociali importanti per quanto riguarda il mondo del lavoro o delle attività professionali in generale, dato che può indurre ad assenza dal posto di lavoro o al vero e proprio isolamento sociale.

Secondo il National Institute for Health and Care Excellence (NICE) e il Royal College of General Practitioners (RCGP) i sintomi fisici della ME/CFS possono essere disabilitanti quanto quelli di patologie croniche come la sclerosi multipla, il lupus eritematoso sistemico, l'artrite reumatoide e l'insufficienza cardiaca congestizia[47]. Altre ricerche mostrano che le persone con ME/CFS ottengono un punteggio complessivo inferiore nei test di qualità della vita correlata alla salute rispetto alla maggior parte delle altre condizioni croniche[48].

Le linee guida NICE per la ME/CFS descrivono quattro livelli di gravità:[7]

  • Lieve: i pazienti sono generalmente autonomi e possono occuparsi di sé stessi e svolgere compiti domestici leggeri, sebbene con qualche difficoltà di mobilità. La maggior parte continua a lavorare o studiare, ma riducendo le ore e rinunciando ad attività sociali o ricreative.
  • Moderata: la mobilità è ridotta e le attività quotidiane risultano limitate. I pazienti hanno interruzioni frequenti delle attività, necessitano di riposo regolare (spesso nel pomeriggio) e il sonno notturno è di qualità scarsa e disturbato. Lavoro e studio di solito non sono più possibili.
  • Grave: i pazienti riescono a svolgere solo attività minime di cura personale, hanno difficoltà cognitive marcate e spesso necessitano della sedia a rotelle. In genere non possono uscire di casa e trascorrono molto tempo a letto, con ipersensibilità a luce e suoni.
  • Molto grave: le persone colpite rimangono a letto tutto il giorno e dipendono completamente dall’assistenza per igiene e alimentazione. Sono estremamente sensibili agli stimoli sensoriali; in alcuni casi non riescono a deglutire e necessitano di nutrizione tramite sondino.

Anche nella sua forma cosiddetta più lieve, la ME/CFS può avere un impatto significativo sulla qualità della vita di un individuo. Una mancanza di comprensione e consapevolezza dovuta alla grave ignoranza sulla ME/CFS fa sì che i pazienti possano affrontare incredulità e persino discriminazione da parte di amici, familiari, professionisti sanitari e sociali e datori di lavoro[49].

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Trattamento

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La ME/CFS è una malattia complessa per la quale, al momento, non sono disponibili terapie causali approvate. La gestione clinica si concentra quindi sul controllo dei sintomi e sul miglioramento della qualità della vita. I compiti principali del professionista sanitario comprendono la spiegazione al paziente dell’importanza di evitare lo sforzo eccessivo e lo stress mentale, l’adozione di strategie di gestione individuale dell’energia (pacing) e, quando necessario, la prescrizione di trattamenti sintomatici appropriati.[13]

Gestione individuale dell’energia (pacing)

Il pacing è una strategia personalizzata di gestione dell’energia, utilizzata nell’ambito della ME/CFS, per ridurre al minimo il rischio di un peggioramento della condizione causato dal malessere post-sforzo (PEM).[6][50] Poiché il PEM può essere provocato da stimoli diversi, tra cui attività fisiche o cognitive, stress emotivi, cambiamenti posturali e fattori sensoriali come luce o rumore, la letteratura medica raccomanda una pianificazione attenta delle attività quotidiane e la limitazione dell’esposizione a potenziali fattori scatenanti.[2][13][7] Il Pacing non è concepito come intervento curativo[7] o riabilitativo, ma come strategia volta a gestire i sintomi e a migliorare la qualità della vita.[6]

Con il pacing i pazienti imparano a riconoscere i propri limiti e a rimanere entro tali confini.[50] L’approccio comporta generalmente una riduzione del livello complessivo di attività e una distribuzione mirata delle risorse energetiche disponibili,[2][7] prevedendo sempre adeguati tempi di riposo e recupero tra un'attività e l'altra.[7][13][50] In tale contesto vengono menzionati anche ausili per il risparmio energetico, come sedie da doccia, scooter elettrici, pedometri e monitor della frequenza cardiaca.[2] In letteratura viene sottolineata l’importanza di limitare l’esposizione a stimoli sensoriali, come luce, rumore, contatto fisico, sostanze chimiche e odori, poiché tali fattori possono contribuire all’aumento del dolore e di altri sintomi.[2][5] Viene inoltre riportato l’utilizzo di dispositivi come tappi per le orecchie, mascherine per gli occhi e occhiali da sole.[2]

Farmaci e terapie off-label

Per la terapia sintomatica, la Coalizione dei Clinici di ME/CFS degli USA (U.S. ME/CFS Clinician Coalition) ha delineato una panoramica di opzioni terapeutiche off-label mirate a migliorare la qualità di vita dei pazienti, benché non esista una cura specifica per la ME/CFS.[51][52][6]

È sottolineato che alcuni pazienti con ME/CFS presentano una sensibilità aumentata ai farmaci: per questo motivo si raccomanda di iniziare i trattamenti con dosaggi più bassi e aumentare gradualmente secondo la tolleranza individuale.[6][7][53]

Psicoterapia

Per la psicoterapia nella ME/CFS è fondamentale che la malattia venga riconosciuta come una condizione fisica e che il terapeuta comprenda la Post-exertional Malaise (PEM). L’esperienza della malattia da parte dei pazienti dovrebbe essere validata. La psicoterapia nella ME/CFS non ha una funzione curativa, bensì esclusivamente di supporto. Un obiettivo importante è aiutare i pazienti a percepire e rispettare i limiti imposti dalla PEM, al fine di evitare un peggioramento dello stato di salute. È essenziale un approccio cauto e paziente da parte del terapeuta.[54]

Terapie fisiche

La ME/CFS non può essere curata con l’esercizio fisico. Le terapie di attivazione fisica, nelle quali l’attività viene progressivamente aumentata, possono causare un peggioramento delle condizioni e sono sconsigliate.[2][50][55][56][7] Un'attività fisica lieve può aiutare a migliorare l'umore e la resistenza muscolare, ma evitando qualunque sforzo relativamente alle proprie energie disponibili, per evitare di esacerbare i sintomi della malattia (PEM). Trattamenti fisioterapici sono sconsigliati, tranne per i possibili soli disturbi muscoloscheletrici, in quanto risultano inefficaci o perfino dannosi sulla ME/CFS in sé.[57]

Terapie in fase di ricerca

Attualmente non esistono terapie causali per la ME/CFS. Alcuni approcci farmacologici e immunologici sono stati oggetto di studi clinici, tra cui l’immunomodulatore rintatolimod (Ampligen) e l’anticorpo monoclonale rituximab, ma i risultati finora non hanno portato ad approvazioni diffuse nei principali sistemi sanitari.[58][59][60]

Approcci, come antivirali (es. valaciclovir, valganciclovir, artesunato), integratori metabolici e probiotici, hanno prodotto risultati preliminari promettenti ma richiedono conferma in studi randomizzati più ampi. Sono inoltre oggetto di interesse strategie di riproposta terapeutica, basate su farmaci già utilizzati in altre patologie croniche con sintomi sovrapposti, come la luteolina studiata nel long COVID o i stabilizzatori dei mastociti nelle malattie neuroinfiammatorie.[60]

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Prognosi

Nella maggior parte dei casi il decorso della ME/CFS è caratterizzato da un andamento fluttuante: i sintomi possono attenuarsi o intensificarsi nel tempo, ma tendono a rimanere costantemente presenti.[2] Come la malattia viene gestita nelle fasi iniziali sembra avere un’influenza importante sull’andamento a lungo termine. Il recupero completo è raro ed è stato stimato intorno al 5%. Circa un terzo dei pazienti può andare incontro a un peggioramento tale da rimanere confinato in casa o a letto.[12] Alcuni studi hanno riportato un aumento della mortalità dovuta al suicidio.[13]

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Epidemiologia

Una revisione sistematica del 2020 stima la prevalenza della ME/CFS allo 0,89% della popolazione.[61] Un rapporto del CDC del 2023 stima la ME/CFS negli Stati Uniti all’1,3%.[62]

La ME/CFS colpisce soprattutto gli adulti, con un picco di insorgenza tra i 20 e i 45 anni e una prevalenza circa tre volte maggiore nelle donne.[32][63] Può manifestarsi anche in età pediatrica,[64] mentre l’esordio in età avanzata è raro. Sono stati descritti casi di aggregazione familiare[65] e la letteratura segnala come condizioni frequentemente associate una storia personale o familiare di malattie autoimmuni, neurologiche o di altre patologie croniche multisistemiche.[6]

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Denominazione

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Per la malattia, nel corso degli anni è stata proposta una grande varietà di denominazioni. Le più utilizzate sono state encefalomielite mialgica (ME) e sindrome da fatica cronica (CFS), oggi per lo più riunite sotto la denominazione comune ME/CFS.[4][66] In italiano è anche conosciuto come CFS/ME[67][68][69].

La denominazione sindrome da fatica cronica così come l’espressione talvolta usata sindrome da stanchezza cronica vengono criticate dai pazienti, poiché banalizzano la gravità della malattia e contribuiscono così alla stigmatizzazione e alla minimizzazione.[4][66]

Nei criteri diagnostici più datati, che utilizzavano esclusivamente la denominazione Sindrome da Fatica Cronica (Chronic Fatigue Syndrome), il PEM non era un criterio necessario. Dal 2003 il PEM è diventato obbligatorio e si è affermata la denominazione ME/CFS.[4]

La National Academy of Medicine (in precedenza Institute of Medicine) concluse nel 2015 che la denominazione di Sindrome da Fatica Cronica non dovrebbe più essere utilizzata e propose il nome Malattia Sistemica da Intolleranza allo Sforzo (Systemic Exertion Intolerance Disease, SEID). Questa denominazione pone in primo piano il sintomo cardine PEM, ma non si è affermata.[4][66]

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Storia

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Descrizioni precoci della malattia

Malattie da affaticamento senza causa precisa o chiara erano già descritte nel XIX secolo e venivano normalmente ricomprese sotto la dizione di nevrastenia o neurastenia (termine coniato nel 1869), ossia astenia ritenuta un tempo di origine nervosa e psicosomatica.[70] Se ne occupò anche il celebre psichiatra e neurologo svizzero-tedesco Otto Binswanger.

Focolai nel XX secolo

Dopo il 1934 si verificarono ripetuti focolai di una malattia sconosciuta. In un primo momento fu ritenuta poliomielite, in seguito venne chiamata neuromiastenia epidemica. Negli anni ’50, a seguito di un focolaio simile al Royal Free Hospital di Londra, fu utilizzato per la prima volta il termine encefalomielite mialgica benigna. Il termine “benigna” si riferiva alla bassa mortalità, ma venne in seguito abbandonato per le significative disabilità osservate nei pazienti.[71]

I singoli focolai differivano nei dettagli, ma le malattie erano apparentemente sempre infettive e indicavano una possibile encefalomielite. Con l’aggettivo benigna si voleva sottolineare la scarsa letalità, ma in seguito fu eliminato a causa delle gravi limitazioni dei pazienti.[71]

Nel 1969 la malattia fu inclusa dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (ICD-8) come disturbo del sistema nervoso con il nome di benign myalgic encephalomyelitis.[8][9]

Nel 1970, sulla base dei resoconti disponibili dei focolai storici, due psichiatri britannici proposero un’interpretazione psicogena, considerandoli episodi di isteria collettiva o errori di valutazione clinica. Questa ipotesi psicogena fu criticata da altri ricercatori, tra cui il dottor Melvin Ramsay, che aveva seguito da vicino il focolaio di Londra. La controversia segnò l’inizio di un dibattito sulla natura della malattia.[71]

Negli anni ’80, a seguito di ampi focolai in Nevada e a New York, che clinicamente ricordavano una mononucleosi, la malattia tornò sotto i riflettori. I casi furono inizialmente associati al virus di Epstein-Barr e discussi con la denominazione di sindrome da virus di Epstein-Barr cronico.[71]

Sviluppo dei criteri diagnostici

Nel 1986 il dottor Melvin Ramsay pubblicò i primi criteri diagnostici per l’encefalomielite mialgica.[71]

Nel 1987 un gruppo di lavoro dei Centers for Disease Control and Prevention (CDC) pubblicò una nuova definizione di caso (criteri di Holmes) e introdusse il nome più generale di sindrome da fatica cronica. Nel 1994 i criteri di Holmes furono sostituiti dai criteri di Fukuda. Sebbene questi ultimi siano stati criticati per non includere la post-exertional malaise (malessere post-sforzo, PEM) e altri sintomi fondamentali, risultando quindi molto vaghi, furono successivamente utilizzati in numerosi studi.[4]

Nel 2003 furono pubblicati i cosiddetti Criteri Canadesi di Consenso (Canadian Consensus Criteria, CCC).[37] Questi erano più stringenti rispetto ai criteri di Fukuda e resero la PEM un criterio necessario per una diagnosi di ME/CFS. Successivamente furono spesso utilizzati.[4]

Nel 2006 il CDC avviò una campagna per sensibilizzare sulla gravità della malattia.[72]

Controversia intorno allo studio PACE

Nel 2011 è stato pubblicato su The Lancet un controverso studio britannico denominato PACE trial, che sembrava sostenere l’efficacia della terapia di attivazione fisica e della terapia cognitivo-comportamentale. nel sindrome da fatica cronica (CFS).[73] Questo studio è stato successivamente contestato dalla comunità scientifica.[2][74][75] Un’importante critica è stata che nello studio il sintomo principale PEM non era un criterio di inclusione necessario e che quindi i partecipanti potevano non avere realmente la ME/CFS.[2] Dopo che i dati dello studio, nonostante l’opposizione degli autori, sono stati resi pubblici in seguito a una decisione giudiziaria,[76] le rianalisi non hanno confermato l’efficacia delle terapie.[2][77][78][79][80]

Sviluppi recenti

Nel 2015 l’Institute of Medicine (IOM) ha pubblicato un rapporto in cui la ME/CFS viene descritta come una malattia sistemica, complessa, cronica e grave. Vi vengono inoltre proposti nuovi criteri diagnostici, in cui la Post-exertional Malaise (PEM) è obbligatoria.[4]

Nel luglio 2017 il CDC ha aggiornato la sua scheda. Da allora viene utilizzata la denominazione ME/CFS e per la diagnosi sono raccomandati i criteri IOM. Le raccomandazioni per la terapia basata sull’attività e per la terapia cognitivo-comportamentale sono state rimosse. La ME/CFS viene descritta come una malattia cronica e grave, che colpisce molti apparati dell’organismo, riducendo o impedendo le normali attività dei pazienti, talvolta costringendoli a letto.[81]

Dal 2016 al 2020 la Cooperazione Europea in Scienza e Tecnologia (COST) ha finanziato la Rete Europea sull'Encefalomielite Mialgica/Sindrome da Stanchezza Cronica (EUROMENE) al fine di valutare le conoscenze e l'esperienza esistenti sull'erogazione dell'assistenza sanitaria per le persone affette da Encefalomielite Mialgica/Sindrome da Stanchezza Cronica (ME/CFS) nei paesi europei e migliorare la ricerca coordinata e la fornitura di assistenza sanitaria in questo campo. A seguito di questo progetto, che ha coinvolto decine di ricercatori europei, nel 2021 sono stati pubblicati risultati e raccomandazioni per la diagnosi clinica, i servizi sanitari e la cura per le persone con ME/CFS in Europa[13].

Il 29 ottobre 2021, l'Istituto Nazionale per l'Eccellenza della Salute e dell'Assistenza (NICE), un organismo non dipartimentale del Regno Unito che fa capo al Ministero della salute, ha pubblicato delle linee guida che coprono la diagnosi e la gestione dell'Encefalomielite Mialgica ME/CFS in bambini, giovani e adulti, che mirano a migliorare la consapevolezza e la comprensione della patologia e quando sospettarla, in modo da favorirne la diagnosi precoce. Nelle linee guida sono comprese raccomandazioni sulla diagnosi, la valutazione e la pianificazione delle cure, la salvaguardia, l'accesso alle cure e la gestione di ME/CFS e dei suoi sintomi.[7]

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Situazione dei pazienti

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Per quanto riguarda lo stato fisico, psichico e sociale dei pazienti, una ricerca europea[48] ha dimostrato che i pazienti di ME/CFS patiscono una qualità della vita correlata alla salute peggiore rispetto ai malati di molte gravi patologie più conosciute. Anche il già citato rapporto dello IOM rileva nei pazienti ME/CFS, con e senza comorbidità, punteggi dei parametri di vitalità fisici e mentali (VT - MOS SF-36) costantemente molto più bassi rispetto ai controlli sani e ai pazienti con altre malattie croniche[82].

Molti pazienti lottano con i sintomi per anni prima di ricevere una corretta diagnosi.[83][84]

Secondo il succitato rapporto dello IOM molti operatori sanitari sono stati a lungo scettici circa la gravità della ME/CFS, scambiandola erroneamente con disturbi psicologici o psicosomatici. L'assenza di particolari segni esteriori può infatti indurre i clinici a confonderla con sindromi d'ansia o depressione, con cui la malattia condivide alcune caratteristiche biologiche, pur essendo una patologia completamente distinta e indipendente[85]. Da qui la sollecitazione dello IOM e dei CDC a formare e informare sempre più i sanitari sulla ME/CFS come una grave malattia biologica che richiede diagnosi e cure adeguate e tempestive.

In Italia, la ME/CFS non è riconosciuta, salvo eccezioni[86], nonostante il continuo impegno di informazione e sensibilizzazione da parte delle Associazioni dei malati[87][88][89][90].

Nel 2019 la Regione Veneto ha presentato una proposta di legge nazionale di iniziativa regionale per il "Riconoscimento dell’Encefalomielite Mialgica ME/CFS quale malattia invalidante che dà diritto all'esenzione dalla partecipazione alla spesa sanitaria".[91][84]

Il rapporto conclusivo del gruppo di lavoro socioeconomico della rete europea sulla ME/CFS ha concluso che l'incredulità e la mancanza di conoscenza e comprensione della ME/CFS sono diffuse tra i medici di base e che i ritardi diagnostici che ne derivano costituiscono un fattore di rischio per malattie gravi e prolungate e rendono problematici i tentativi di determinarne la prevalenza e quindi l'impatto economico[92].

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Altro

Ogni anno il 12 maggio ricorre la giornata mondiale della ME/CFS, nell'anniversario di nascita di Florence Nightingale, fondatrice dell'assistenza infermieristica moderna, che si suppone l'abbia contratta la ME/CFS.[93]

La malattia ha ottenuto una certa notorietà in Italia dopo che l'ex presidente della Repubblica Francesco Cossiga dichiarò che ne soffriva (nel suo caso assieme alla sindrome bipolare) da molti anni.[94][95]

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Note

Voci correlate

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