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Vǫlva
sciamana degli antichi popoli germanici Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
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La vǫlva (o vala, plurale vǫlur) è una maga esperta nella divinazione e negli oracoli: veniva consultata anche dagli dèi, ai quali predisse le vicissitudini future della famiglia divina (cioè la morte di Baldr e la fine dell'universo).

Illustrazione di Carl Larsson (1893).

È una veggente e una sacerdotessa presso il popolo dei Germani e nei paesi nordici.
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Etimologia
In norreno vǫlva significa "portatrice della bacchetta" o "portatrice del bastone magico"[1]. Deriva dal proto-germanico *walwōn, collegato alla parola "wand", bacchetta (in norreno vole, vǫlr).[2] Vala, viceversa, è una forma letteraria di Vǫlva[2].
Spákona o spækona è "veggente, colui che vede", dal norreno spá o spæ, radice comune con il termine inglese "spy", col latino specio (io vedo"), tramite il proto-germanico *spah- e il sanscrito spáçati, páçyati ("vede"), quindi col protoindoeuropeo *(s)peḱ (vedere, osservare)[3].
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Rituali
Le vǫlur erano deputate al seiðr, una pratica estatica e di divinazione che può implicare anche comportamenti giudicati ambigui o vergognosi se praticati da uomini.[4] Lo stesso Odino, anche se dio delle arti magiche, preferiva praticarli raramente; nonostante ciò, Loki, nella Lokasenna, accusa per questo Odino di avere "modi effeminati".
Per quanto rari, è riportato qualche vǫlva di sesso maschile (seiðmaðr), visto come non virile ed effiminato, perciò chiamato ergi (o argr) e niðr, una delle peggiori accuse che potessero essere rivolte a un uomo.

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