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Via Maris
antica via commerciale nel Vicino Oriente Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
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La Via Maris era un'antica via commerciale, risalente all'Età del bronzo, che univa Menfi, nell'antico Egitto, e Damasco, in Siria, dove si collegava ad altre strade che conducevano in Anatolia e in Mesopotamia.

Sul suo percorso sorsero le più antiche e importanti città della Palestina. Ebbe un'importante funzione commerciale, ma anche militare, tanto da essere, insieme alla Via Regia, un primario obbiettivo militare delle forze imperiali nelle diverse epoche (Egizi, Assiri, Babilonesi, Achemenidi).[1]
Assieme alla cosiddetta Via Regia, la Via Maris fu una delle principali strade che collegavano l'Africa con l'Asia e l'Europa. Mentre la Via Maris raggiungeva Damasco lambendo il Mar Mediterraneo, per poi, a Dor, voltare verso Hazor, la Via Regia da Menfi tagliava la penisola del Sinai ad est, fino al Golfo di Aqaba, e poi voltava a nord, verso la Transgiordania.
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Denominazione
Riepilogo
Prospettiva
In Esodo, 13.17[2], la Via Maris era nota come "Via dei Filistei" ('via per la terra dei Filistei', cioè 'che conduce alla terra dei Filistei', secondo il modo, caratteristico nella Bibbia, di indicare le strade),[3] perché attraversava la terra dei Filistei nel tratto comprendente Gaza e la Pianura di Sharon (quella fra Giaffa e Haifa):
«Quando il faraone lasciò partire il popolo, Dio non lo condusse per la strada del paese dei Filistei, benché fosse più corta.»
L'espressione via maris, che in latino significa 'via del mare', è usata in versioni in latino della Bibbia e questo nome è stato poi usato nel Medioevo (ma non in fonti antico-romane).[4]
Il nome via maris appare anche nel Vangelo secondo Matteo:
(latino)
«Terra Zabulon et terra Nephthalim, via maris trans Jordanem, Galilaea gentium.»
(italiano)
«Il paese di Zabulon e il paese di Neftali, sulla via del mare, di là dal Giordano, la Galilea dei pagani.»
«Il paese di Zabulon e il paese di Neftali, sulla via del mare, di là dal Giordano, la Galilea dei pagani.»
Il versetto ricorda la profezia di Isaia (Isaia 8.23[6]), che si riferisce alle rovinose incursioni che, tra il 734 e il 733, effettuò Tiglath-Pileser III nella parte settentrionale del Regno di Israele (Isaia 8.4[7]).[3][8]
«In passato [il Signore] umiliò la terra di Zàbulon e la terra di Neftali, ma in futuro renderà gloriosa la via del mare, oltre il Giordano, Galilea delle genti.»
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Descrizione
Riepilogo
Prospettiva

La Via Maris incrociava altre strade mercantili, favorendo il collegamento fra i centri mercantili dell'Egitto e quelli degli imperi settentrionali in Siria, Anatolia e Mesopotamia. Essa partiva da al-Qantara e giungeva a est di Pelusium, seguendo la costa settentrionale del Sinai attraversando el-Arish e Rafah. Da lì seguiva la costa di Canaan passando per Gaza, Ashkelon, Ashdod, Joppa e Dor.
Tanto la Via Maris quanto le città sul suo percorso si tenevano ad una certa distanza dalla costa (circa 5-6 chilometri), caratterizzata da una striscia di dune a ridosso della spiaggia.[9]
All'altezza di Dor, la moderna Hadera, la Via Maris si divideva in due tronchi: uno diretto lungo la costa mediterranea in direzione di Tiro e dell'Anatolia, l'altro che piegava verso l'interno, attraversando la catena del Carmelo e la valle di Jezreel nei pressi della città di Megiddo, proseguendo poi verso il Mar di Galilea fino a giungere a Tiberiade. Questo tratto costeggiava poi la sponda occidentale del lago, passando attraverso Migdal, Capernaum e Hazor. Da Hazor s'inerpicava bruscamente sulle Alture del Golan e sviluppava serpeggiando il suo tracciato verso nord-est, in direzione di Damasco. Qui i viaggiatori potevano proseguire lungo la Via Regia e dirigersi verso il fiume Eufrate oppure procedere verso nord in direzione dell'Anatolia.
La fonte più ricca di dettagli sull'antica via dei Filistei è una porzione di tenore geografico nella lettera di uno scriba, Hori, del tempo di Ramsete II (contenuta nel cosiddetto Papyrus Anastasi I).[4] Dal testo sembra di capire che la porzione più meridionale della Via Maris era detta dagli Egizi la "Via di Horus", cioè la via del faraone, in quanto incarnazione di Horus in terra. L'estrema importanza militare di questa strada per gli Egizi, nelle loro campagne verso nord, fece sì che vi installassero sul primo tratto diverse fortezze, ma anche stazioni di posta e pozzi a distanze regolari. Oltre al Papyrus Anastasi I, informazioni anche più approfondite sulla Via di Horus sono ricavabili da una serie di iscrizioni del faraone Seti I.[10] Seti menziona una fortezza su cui tace Hori, indicata come m-k-t-r, la seconda stazione dopo la fortezza di Sele (Tjaru). È probabile che questa fortezza m-k-t-r corrisponda alla Migdol citata in Esodo (14.2[11]) e in Numeri (33.7[12])[13]. Thut-mose III, raccontando di una sua campagna, attesta di aver percorso il tratto da Sele a Gaza (poco meno di 250 chilometri) in dieci giorni, una velocità che fa pensare ad una perfetta manutenzione e organizzazione del percorso.[9]
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Note
Bibliografia
Voci correlate
Altri progetti
Collegamenti esterni
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