Massimo termico del Paleocene-Eocene
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Il cambiamento più significativo nelle condizioni della superficie terrestre, in tutta l'era del Cenozoico, ebbe inizio in corrispondenza del passaggio tra le epoche del Paleocene e dell'Eocene, all'incirca 55 milioni di anni fa. Questo evento, noto come Massimo termico del Paleocene-Eocene (normalmente abbreviato in PETM, dalla corrispondente terminologia inglese Paleocene-Eocene Thermal Maximum, ma a volte indicato anche come ETM1, dall'inglese Eocene Thermal Maximum 1), fu associato ad un rapido (in termini geologici) riscaldamento globale, a profondi cambiamenti negli ecosistemi e a importanti perturbazioni del ciclo del carbonio.[1]
Le temperature del globo terrestre aumentarono di circa 6 °C in un periodo di circa 20 000 anni, il che corrisponde ad un incremento medio di 0,0003 °C per anno. Il riscaldamento ebbe effetti fortemente letali per i foraminiferi bentonici, molti dei quali andarono incontro ad un sostanziale processo di estinzione. Per i mammiferi terrestri l'aumento della temperatura e dell'anidride carbonica comportò in molti casi una diminuzione delle dimensioni,[2] ma sostanzialmente favorì la speciazione evolutiva che portò allo sviluppo di nuovi ordini biologici e di nuove linee evolutive. Trascorso questo breve periodo, le temperature si riposizionarono su valori in linea con quelli dell'epoca, caratterizzati comunque da un trend in crescita.
L'evento è associato ad un'importante escursione negativa dell'isotopo stabile del carbonio-13 (δ13C) nei reperti fossili e ad una diminuzione dei carbonati depositati nei bacini oceanici. Quest'ultima osservazione suggerisce che una grande quantità di carbonio impoverito dell'isotopo 13C sia entrata in circolo nell'idrosfera e nell'atmosfera terrestre all'inizio del PETM. L'evento è oggetto di attento studio da parte degli scienziati per identificarne con certezza le cause e le possibili correlazioni con l'aumento della concentrazione di gas ad effetto serra nel corso dei millenni.