Ratko Mladić
militare e criminale di guerra serbo-bosniaco / Da Wikipedia, l'enciclopedia encyclopedia
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Ratko Mladić (in serbo Ратко Младић?; Kalinovik, 12 marzo 1942) è un generale e criminale di guerra jugoslavo e poi serbo-bosniaco, comandante militare dei serbo-bosniaci durante la guerra in Bosnia.[1]
Ratko Mladić | |
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Soprannome | "Il macellaio della Bosnia" "Il boia di Srebrenica" |
Nascita | Kalinovik, 12 marzo 1942 |
Etnia | Serba |
Dati militari | |
Paese servito | Jugoslavia Repubblica Serba di Krajina Republika Srpska |
Forza armata | Armata Popolare Jugoslava Esercito della Republika Srpska |
Anni di servizio | 1961 - 1992 1992 - 1996 |
Grado | Colonnello generale |
Guerre | Guerra di indipendenza croata Guerra in Bosnia |
Campagne | Operazione Vrbas '92 Operazione Corridoio |
Battaglie | Battaglia di Šibenik Assedio di Sarajevo Assedio di Srebrenica |
Comandante di | Capo di stato maggiore generale dell'Esercito della Republika Srpska Quartier generale del 2º Distretto militare dell'Armata popolare jugoslava 9º Corpo d'armata dell'Armata popolare jugoslava |
Studi militari | Scuola militare Zemun Accademia Militare KOV Scuola ufficiali |
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Per molto tempo membro della Lega dei Comunisti Jugoslava, Mladić iniziò la sua carriera nell'Armata Popolare Jugoslava nel 1965.[2][3] Durante le guerre jugoslave ricoprì inizialmente l'incarico di ufficiale di alto livello dell'Armata Popolare Jugoslava, poi di capo di stato maggiore delle forze armate dell'esercito della Repubblica Serba di Bosnia ed Erzegovina durante la guerra in Bosnia, tra il 1992 ed il 1995. Nel 1995 venne accusato dal Tribunale Penale Internazionale per la Ex Jugoslavia di genocidio, crimini di guerra e crimini contro l'umanità. Come capo militare con responsabilità di comando, Mladić fu accusato dall'ICTY di essere responsabile dell'assedio di Sarajevo (5 aprile 1992 - 29 febbraio 1996) e del massacro di Srebrenica, il più grande genocidio in Europa dalla seconda guerra mondiale. È stato spesso chiamato dalla stampa internazionale "Il macellaio di Bosnia"[4][5][6]; un titolo riferito anche a Radovan Karadžić, all'epoca presidente della Repubblica Srpska.
Nel luglio 1996 il tribunale dell'ICTY confermò tutte le accuse iscritte in precedenza, dichiarando che c'erano ragionevoli motivi per credere che avesse compiuto i crimini per cui era accusato ed emanò un mandato di cattura internazionale.[7] Il governo serbo e americano offrirono una taglia di 5 milioni di dollari a chiunque avesse offerto delle informazioni per la cattura e l'arresto di Mladić. In ottobre 2010 la Serbia intensificò la caccia alzando la ricompensa per la cattura di Mladić da 5 a 10 milioni.[8] Mladić riuscì comunque a restare in libertà per 16 anni, protetto dalle forze di sicurezza serbe e serbo-bosniache e successivamente dalla sua famiglia.
Il 26 maggio 2011 fu arrestato a Lazarevo, in Serbia:[9] la sua cattura era considerata una delle condizioni affinché la Serbia potesse candidarsi a diventare membro dell'UE.[2][10] Accusato di aver commesso crimini di guerra, crimini contro l'umanità e genocidio, il 31 maggio 2011, dopo 16 anni di latitanza, Mladić fu estradato all'Aja e processato nel centro di detenzione che ospita gli accusati del Tribunale penale internazionale per l'ex-Jugoslavia (ICTY).[11] Il processo, iniziato il 12 maggio 2012, si concluse il 22 novembre 2017 con la condanna all'ergastolo.[12] La condanna fu confermata anche in appello l'8 giugno 2021, con un inasprimento ed estensione delle motivazioni sull'uso del genocidio.[13]