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verso della Divina Commedia di Dante Alighieri Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
Amor, ch'a nullo amato amar perdona è il verso 103 del canto V nell'Inferno della Divina Commedia di Dante Alighieri. Si tratta di uno dei versi più celebri del poema e dell'intera letteratura italiana.
Il verso fa parte della seconda di tre terzine dall'andamento anaforico:
La terzina completa è invece così costituita:
Inoltre il verso centrale racchiude tre volte la parola "Amore", donando così all'anafora una struttura simmetrica che ne rafforza l'enfasi.
Il canto che lo contiene, il quinto, è in gran parte dedicato alla figura di Francesca da Rimini, amante di Paolo Malatesta e sposata con il fratello di lui, Gianciotto. La storia dice che il marito di lei scoprirà il tradimento e li ucciderà entrambi. Per questo motivo le anime dei due amanti sono confinate nel secondo girone infernale, quello dei peccatori carnali, e inseriti nella schiera dei morti per amore, quella di Didone, condannati alla dannazione eterna.
Il verso appartiene al primo intervento di Francesca e narra del perché lei si innamorò di Paolo. Come altri versi del canto si presta a molteplici letture.
L'amore è dunque per Dante permeato da contraddizioni naturali ed esiti anche tragici, tanto che pochi versi dopo lo indica come causa della morte di entrambi. Francesca non potrebbe, essendo sposata, amare altri se non suo marito; è però l'amore stesso a costringerla a farlo, e a ricambiare il sentimento sincero di Paolo.
Questa contraddizione tra precetto religioso e forza naturale dell'amore, contornata dalle tragiche e innocenti spiegazioni di Francesca, struggono Dante muovendolo a un forte sentimento di pietà e comprensione, evidenziata dal finire del canto:
Così tanta è la pietà, che Dante stesso sviene per la partecipazione emotiva alla storia appena udita.
Amor, ch'a nullo amato amar perdona
Riassumendo l'esegesi corrente è: "L'amore, che a nessuno risparmia, se amato, di riamare"; "L'amore, che obbliga chi è amato ad amare a sua volta".
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