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fotoreporter italiano Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
Andrea Rocchelli, talvolta chiamato Andy Rocchelli (Pavia, 27 settembre 1983 – Andreevka, 24 maggio 2014), è stato un giornalista, fotoreporter e fotografo italiano. Fotoreporter freelance professionista, è stato fondatore e membro del collettivo di fotografi indipendenti Cesura.[1][2][3]
Secondo la ricostruzione dei giudici italiani, fu ucciso nel corso della guerra del Donbass da un colpo di mortaio sparato dall'esercito ucraino, mentre era impegnato in un reportage tra i separatisti del Donbass.[4][5][6][7][8]
In un'inchiesta giornalistica andata in onda su Rai News 24, un asserito disertore dell'esercito ucraino, col volto oscurato e anonimizzato, ha accusato il comandante ucraino Mychajlo Zabrods'kyj di aver dato l'ordine di sparare contro il gruppo di civili.[9]
Dopo la laurea specialistica in design della comunicazione, conseguita presso il Politecnico di Milano nel 2007, Andy Rocchelli ha cominciato a lavorare in ambito fotografico con un tirocinio presso l'agenzia Grazia Neri ed è in seguito diventato assistente del fotografo di Magnum Photos Alex Majoli. Nel 2008, insieme ad altri quattro fotografi, ha fondato Cesura[10], un collettivo indipendente mirato alla produzione di progetti fotografici senza compromessi commerciali.
Il portfolio fotogiornalistico di Rocchelli è eterogeneo: ha documentato la primavera araba in Libia e Tunisia, le violazioni dei diritti umani in Kirghizistan e Inguscezia e le condizioni dei migranti nel meridione d'Italia e il loro sfruttamento da parte della criminalità organizzata. Ha lavorato in Europa orientale e Russia.
Le sue foto sono state pubblicate da Le Monde, Newsweek, The Wall Street Journal e Novaya Gazeta.[11] Al momento della sua uccisione Russian Interiors, il suo primo libro fotografico, era quasi completo. Il volume è stato pubblicato postumo da Cesura.[12]
Rocchelli è stato ucciso durante la guerra del Donbass il 24 maggio 2014 ad Andreevka, nelle vicinanze di Slov"jans'k, Ucraina orientale. Insieme al fotoreporter, quel pomeriggio vi erano l'attivista per i diritti umani e interprete Andrej Nikolaevič Mironov, anch'egli rimasto ucciso nell'attacco, il fotoreporter francese William Roguelon e l'autista locale, rimasti entrambi feriti, oltre un civile di passaggio, rimasto illeso.
Il gruppo di giornalisti stava documentando le condizioni dei civili che si trovavano tra il fuoco dell'esercito ucraino e le postazioni dell'artiglieria separatista.[6][13][14]
Durante una sosta in prossimità di binari abbandonati, il gruppo è stato fatto oggetto di un tiro di armi da fuoco leggere e di mortai provenienti dalla collina occupata dalle postazioni ucraine. Il tiro di mortaio, che si è sostenuto abbia ucciso Mironov e Rocchelli e ferito Roguelon, è stato riconosciuto da un tribunale italiano come proveniente dalla parte ucraina e non accidentale: la sentenza finale attribuisce interamente la responsabilità alle forze ucraine in questa operazione, ma il principale indiziato, Vitalij Markiv, è stato assolto per non aver commesso il fatto.[15]
Nel maggio 2016 sono state ritrovate le ultime foto scattate da Rocchelli mentre si trovava sotto il fuoco, prima di essere ucciso: queste documentano la durata del bombardamento, la conformazione del luogo ove si trovavano le vittime e il loro abbigliamento civile, con l'assenza di protezioni e di insegne che li distinguessero come giornalisti.[16][17]
Le autorità italiane hanno rivolto una rogatoria internazionale alle autorità ucraine, cui non è seguito alcun risultato significativo per via della mancata collaborazione delle controparti ucraine. Nel luglio 2016, a seguito della denuncia di un avvocato nominato dalla famiglia Rocchelli, il tribunale ucraino di Slov"jans'k ha condannato lo Stato ucraino per aver violato l'articolo n. 6 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, definendo "Illegale l'inattività dell'investigatore nei confronti dell'indagine preliminare nel procedimento penale per il fatto di omicidio intenzionale [...] Per violazione dei limiti di tempo ragionevole nell'indagine preliminare per azione dei limiti di tempo ragionevole allo svolgimento al sopralluogo".[18]
William Roguelon, unico sopravvissuto all'attacco fra i giornalisti, ha dichiarato che il gruppo è stato bersagliato da colpi di mortaio e armi automatiche dalla collina Karachun, ov'erano stanziati militi della Guardia nazionale dell'Ucraina e dell'esercito ucraino.[19]
Nel luglio 2017 le indagini hanno portato all'arresto di Vitalij Markiv mentre rientrava in Italia con cittadinanza italiana; aveva il grado di vice-comandante della Guardia nazionale ucraina al momento dell'arresto[20], ma era soldato semplice all'epoca dei fatti. Markiv è stato sottoposto a misure di custodia cautelare in carcere in attesa del processo.
La versione proposta da un'inchiesta ucraina diverge dalla ricostruzione delle indagini delle istituzioni italiane. I giornalisti, secondo questa versione, sarebbero rimasti uccisi in un bombardamento condotto da "forze terroristiche sostenute dalla Russia".[21]
Nel 2017 la polizia penitenziaria ha scoperto un piano di evasione di Markiv, il quale fu pertanto trasferito nel carcere di Opera.[22][23][24]
Le indagini in Italia sono state svolte dalla procura in stretta collaborazione con l'unità investigativa dei carabinieri del Raggruppamento operativo speciale (ROS), e si sono state ufficialmente concluse il 28 febbraio 2018.
Il consigliere del capo del Ministero degli affari interni dell'Ucraina, Anton Heraščenko, ha dichiarato che "la detenzione in Italia di Markiv, un soldato di un battaglione della Guardia nazionale ucraina, con l'accusa di aver ucciso un fotoreporter italiano, potrebbe essere un'altra provocazione dei servizi speciali russi".[25]
Il processo si aprì a Pavia nel maggio 2018. Markiv fu anche accusato dentro e fuori l'aula di simpatie neonaziste.[26] Markiv fu difeso dall'avvocato Raffaele della Valle e per la sua innocenza si schierò Emma Bonino[27] insieme con il partito dei Radicali Italiani, i quali ritenevano che il processo fosse di tipo indiziario e che la corte potesse essere influenzata dalla politicizzazione del caso e dalle relazioni fra Italia e Russia, che consideravano costantemente inquinate dall'influenza di Vladimir Putin.[28][29]
Successivamente all'udienza dell'8 febbraio 2019, l'interprete di lingua ucraina rinunciò all'incarico.[30] La difesa di Markiv richiede l'annullamento di tutto il lavoro svolto nel processo da parte della donna.[31] Un anno dopo, una testimone dichiarò di essere venuta a conoscenza delle reali motivazioni dietro l'abbandono dell'incarico da parte della traduttrice, dichiarando che quest'ultima era stata minacciata al telefono da un ignoto, in lingua ucraina, che le avrebbe chiesto di ritrattare le proprie traduzioni.[32]
Il 12 luglio 2019 la corte penale di Pavia ha giudicato Vitalij Markiv colpevole dell'omicidio di Rocchelli e Mironov e lo ha condannato a 24 anni di reclusione.[33][34][35]
L'esito del processo di primo grado ha sollevato perplessità da una parte della stampa italiana[7][14][17][36] e dal magistrato Enrico Zucca,[8] per le modalità con cui sono state svolte le indagini, per la costruzione dell'ipotesi accusatoria dell'omicidio volontario, per le prove portate dalla procura a sostegno della stessa e per le motivazioni della sentenza.
Il 3 novembre 2020 la Corte d'assise d'appello di Milano, pur ritenendo colpevoli le forze armate ucraine dell'omicidio dei giornalisti,[4], escludendo alcune testimonianze chiave dall'impianto accusatorio per un vizio di forma processuale, ha assolto Vitalij Markiv per non aver commesso il fatto; lo stesso è stato successivamente scarcerato.[37][38] Contro l'assoluzione la procura generale e le parti civili hanno promosso ricorso in cassazione.
Il 9 dicembre 2021 la Corte di cassazione ha ritenuto inammissibile il ricorso, confermando la sentenza di assoluzione di secondo grado.[39]
Rocchelli era stato schedato sul sito Myrotvorec', affiliato con il Ministero degli affari interni dell'Ucraina. Sulla foto della sua scheda, consultabile online, i gestori del sito applicarono la scritta rossa in sovraimpressione "Liquidato",[40] riportando inoltre una nota in cui si affermava che il fotoreporter stava "cooperando con organizzazioni terroristiche filo-russe" e che aveva violato il confine di stato dell'Ucraina per penetrare nel territorio occupato da "bande terroristiche russe".[41][42] Anche sulla scheda di Andrej Mironov fu applicata la medesima scritta "Liquidato", mentre nella nota si specificò che il soggetto "cooperava con i terroristi filo-russi per creare materiale di propaganda anti-ucraino".[43]
Successivamente all'assoluzione di Markiv, il tribunale del distretto di Basmanny a Mosca, in Russia, emanò un ordine di cattura per il militare ucraino con l'accusa dell'omicidio dei due giornalisti.[44]
«In questi anni le istituzioni politiche e giudiziarie ucraine hanno respinto ogni addebito nella vicenda: dapprima eludendo e boicottando ogni richiesta di indagine, poi, a processo avviato, denigrando la magistratura italiana come asservita al governo russo, minacciando le interpreti ucraine e i loro familiari, costruendo ad arte una narrazione autoassolutoria e in ogni modo cercando di influenzare il processo nel suo corso. Infine, a processo concluso, glorificando con grande impegno mediatico l'operato dell'esercito e della GN [Guardia Nazionale], eroi e benemeriti della difesa della patria dai suoi nemici interni ed esterni.»
Nel febbraio 2022, in un'inchiesta andata in onda su Rai News 24, vengono riportate le dichiarazioni di un asserito disertore della 95ª Brigata d'assalto aereo dell'esercito ucraino, fuggito nell'Unione Europea, in cui questi afferma che l'arma impiegata contro il gruppo di giornalisti sarebbe il "2B9 Vasilek", un mortaio automatico capace di sparare quattro colpi in sequenza. Nell'inchiesta vengono riportate le dichiarazioni di Andrej Antonishak, uno dei capi della Guardia nazionale ucraina, in cui afferma che sul monte Karačun le truppe filogovernative usavano proprio i mortai tipo Vasilek. Nelle testimonianze di William Roguelon e Maksym Tolstoj, il civile che si trovava insieme al gruppo di Rocchelli durante il bombardamento, viene riportato che i colpi contro di loro impattavano sul terreno in rapida successione, cosa che confermerebbe la dichiarazione fatta dall'asserito disertore ucraino circa l'arma usata.[46]
Costui accusa infine il suo superiore, il comandante Mychajlo Zabrods'kyj, di aver riconosciuto il gruppo di civili nei pressi della ferrovia e di aver dato loro l'ordine di sparare con l'artiglieria per eliminarli.[47] Zabrods'kyj è un militare e deputato ucraino, membro del gruppo per le relazioni interparlamentari con la Repubblica Italiana.[48][9] Durante lo svolgimento dell'inchiesta, i parenti dell'ex militare, che si trovano ancora in Ucraina, sarebbero stati avvicinati da uomini della polizia ucraina.[9]
Il libro fotografico Russian Interiors è un intimo ritratto dell'universo femminile nei paesi ex-sovietici: il volume è stato pubblicato postumo a fine 2014. Apprezzato dalla critica internazionale, è stato citato da Martin Parr come uno dei migliori 10 libri fotografici del 2014, British Journal of Photography.
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