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forma di governo politico Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
L'anocrazia è una forma di governo che possiede in parte caratteristiche di democrazia e in parte di dittatura,[1][2] oppure come regime che mescola democrazia e caratteristiche autocratiche senza soddisfare né l'una né le altre. In scienze politiche viene chiamata anche semidemocrazia, democrazia difettiva o regime pretoriano.
Un'altra definizione classifica l'anocrazia come un regime che consente alcuni mezzi di partecipazione democratica del gruppo di opposizione, ma che ha uno sviluppo incompleto di tali mezzi per rimediare alle lamentele.[3][4] Gli studiosi hanno anche distinto le anocrazie dalle autocrazie e dalle democrazie nella loro capacità di gestire autorità, dinamiche politiche e programmi politici.[5] Allo stesso modo, queste tipologie di governo hanno istituzioni democratiche che consentono la quantificazione nominale dell'opposizione.
Queste tipologie di governo sono particolarmente sensibili allo scoppio di conflitti armati e a cambiamenti inattesi o avversi nella leadership[6] La transizione dalla democrazia all'anocrazia, che è uno stato solo parzialmente autocratico, "è contraria alle aspettative pubbliche di democrazia e progresso, aumentando così le probabilità di instabilità, guerra civile e rovesciamento del governo. L'analisi statistica dei tipi di regime e delle transizioni, storicamente, fornisce supporto per questa teoria", che dimostra la transitorietà di questa tipologia di potere, strutturalmente precaria e destinata ad evolvere verso uno dei due poli, la democrazia piena o l'autocrazia dittatoriale[7].
È un neologismo di origine anglosassone: "a(n)" è un privativo (come nella parola "anarchia") e la radice è presa in prestito dal greco κρατία ("kratia") che significa "forza/potere/governo". "Anocrazia" significa che il governo come entità esiste (il potere è esercitato, in capo ad un soggetto ovvero ad un gruppo) ma la governance (in termine di regole di prevedibilità) è assente. Come per la democrazia totalitaria coniata da Giovanni Sartori, questa definizione rientra nel concetto di autoritarismo competitivo - «convivenza di elementi democratici e autoritari all'interno di un modello che potremmo definire come democrazia ristretta o in altri termini dittatura costituzionale» (Mauro Burato in Visioni latinoamericane, 2010) - di recente[8] volgarizzato in democratura.
La definizione operativa di anocrazia è ampiamente utilizzata dagli studiosi Monty G. Marshall e Benjamin R. Cole presso il Center for Systemic Peace e ha ottenuto gran parte della sua diffusione attraverso la pubblicazione dei Polity data series. Questo set di dati mira a misurare la democrazia in diversi stati e cita l'anocrazia tra i suoi metodi di classificazione per tipo di regime.[9] In un'anocrazia chiusa, i rappresentanti sono scelti da un'élite. In un'anocrazia aperta, anche altri possono competere.[6]
Predrag Matvejević indicò nel post-comunismo balcanico il «non luogo ambiguo col nome di "democratura"»: ciò perché la transizione «non ha ancora "raggiunto" nel livello di vita e di produzione gli ex regimi comunisti. In molti luoghi persiste un cattivo odore di ancien régime. C'è una diffusa atmosfera di avaria. Si crea uno iato tra passato e presente, tra presente e avvenire, ibrido di un desiderio di emancipazione e di un residuo di assoggettamento»[10].
Secondo Paul Valéry già nella prima metà del secolo scorso «è bizzarro come oggi la dittatura sia contagiosa quanto lo era un tempo la libertà»: è massima che secondo alcuni polemisti "potrebbe essere ripetuta ai giorni nostri quando, per passi successivi, anche nell'Europa che dovrebbe essere stata vaccinata contro i totalitarismi, la democrazia si piega in democrazia "illiberale", declina in "democratura" e la conquista dello Stato di diritto non è più un valore. Folle angosciate dall'incertezza soprattutto economica dei tempi si abbandonano a un supposto salvatore rinunciando a quote sempre più ampie di libertà nella chimera di un riscatto. Delegano persino la fatica di pensare"[11].
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