Attentati di Volgograd del 2013
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Gli attentati di Volgograd del 2013 sono stati due attacchi suicida compiuti il 29 e il 30 dicembre 2013 presso la città russa di Volgograd, nell'Oblast' di Volgograd. Entrambi gli attacchi, compiuti da terroristi islamici ciscaucasici, causarono 34 vittime, tra cui i due attentatori, e 85 feriti, segnando il peggior attentato terroristico per vittime in Russia dall'attentato all'aeroporto Domodedovo del 2011.
Attentati di Volgograd del 2013 | |
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La stazione di Volgograd il 29 dicembre 2013, subito dopo l'esplosione | |
Tipo | attacco suicida |
Data | 29-30 dicembre 2013 12:45 del 29 dicembre (UTC+3) – 8:30 del 30 dicembre (UTC+3) |
Luogo | Volgograd |
Stato | Russia |
Coordinate | 48°42′45″N 44°30′48.6″E |
Obiettivo | stazione ferroviaria di Volgograd, filobus |
Motivazione | Rivendicazione dell'indipendenza della Ciscaucasia da parte dell'Emirato del Caucaso |
Conseguenze | |
Morti | 34 (compresi i 2 attentatori) di cui:
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Feriti | 85 |
Il 21 ottobre dello stesso anno vi era stato un altro attentato sempre a Volgograd in cui una donna si era fatta esplodere in un autobus causando 8 morti[1].
Gli attacchi accaddero poco più di un mese prima dell'inizio dei XXII Giochi olimpici invernali di Soči (7 febbraio 2014).
Alle 12:45 di mattina (UTC+3) una kamikaze, Oksana Aslanova di 26 anni, si è fatta esplodere con una bomba equivalente a 10 kilogrammi di TNT piena di schegge nell'atrio della stazione ferroviaria di Volgograd nel momento di massimo affollamento, causando 18 morti e 44 feriti[2]. La potenza dell'esplosione è stata devastante: nel video di una telecamera di sorveglianza si vede il monumentale edificio in stile staliniano della stazione sobbalzare e illuminarsi per un attimo dall'interno[3].
Il giorno dopo il primo attentato, alle 8:30 di mattina (UTC+3) un altro kamikaze, Pavel Pechenkin, conosciuto come Ansar Ar-Rusi dopo la conversione all'Islam, si è fatto esplodere all'interno di un filobus, causando 16 morti e 41 feriti. La bomba che portava con sé pesava 4 kilogrammi ed era piena di schegge come quella del giorno precedente[4][5].
Le indagini rilevarono subito la matrice dell'Emirato del Caucaso, in particolare una cellula affiliata del Daghestan chiamata Vilayat Dagestan, di cui appunto i due attentatori facevano parte. Forse lo stesso leader dell'Emirato, Dokka Umarov, fu il mandante degli attentati; in un video dell'estate 2013 aveva esortato i militanti a utilizzare "la massima forza" affinché il presidente Vladimir Putin non potesse acquistare popolarità dai Giochi olimpici invernali che si sarebbero tenuti dal 7 al 23 febbraio a Sochi, sul Mar Nero[4].
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