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scrittore, poeta e commediografo italiano (1878-1928) Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
Ferdinando Paolieri (Firenze, 2 maggio 1878 – Firenze, 4 maggio 1928) è stato uno scrittore, poeta e commediografo italiano.
Giovanissimo si dedicò alla pittura, nella scia dei macchiaioli, esponendo anche a Berlino, ma presto si volse alla scrittura, rimanendo estraneo alle mode letterarie dell'epoca, restando per istinto un poeta domestico e proseguendo sul solco tracciato da Renato Fucini, senza apportarvi le innovazioni di Giovanni Papini o di Curzio Malaparte.[1]
Il 31 agosto 1905 fu iniziato in Massoneria nella Loggia Lucifero di Firenze e il 13 marzo 1906 divenne "Compagno".[2] Scrive per l'editore Nerbini romanzi a sfondo erotico dietro lo pseudonimo Leon Delmar, comparendo però come traduttore. Partì da posizioni anticlericali, poi si avvicinò al cattolicesimo reazionario, fondando nel 1913, insieme a Federigo Tozzi e a Domenico Giuliotti, il settimanale d'ispirazione cattolica La Torre, a Siena.[3] Militò durante la guerra 1915-1918.
Fu l'ultimo cantore della Maremma, allora selvaggia, abitata da butteri, cacciatori, briganti. Coperta di boschi intricati e di paludi e canneti. Lì e all'Isola del Giglio, all'Impruneta ambientò le sue storie di cui sono protagonisti bracconieri, doganieri e contrabbandieri, guardiani di faro, butteri, briganti, contadini illetterati ma sapienti, ergastolani in fuga dai bagni penali delle Isole toscane (Elba, Pianosa). Il suo linguaggio è semplice e al tempo stesso prezioso, in un italiano perfetto.
Nel poemetto Venere agreste (1908) ha cantato una sensualità e una sana vita campestre, a contatto con la natura.[4] Per lunghi anni tenne una rubrica di lettere e di arte, sul quotidiano La Nazione di Firenze. Fu autore teatrale, anche in collaborazione con Giovacchino Forzano e librettista di operette.
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