Sakineh Mohammadi Ashtiani
donna iraniana / Da Wikipedia, l'enciclopedia encyclopedia
Sakineh Mohammadi Ashtiani (persiano: سکينه محمدي آشتياني; Teheran, 1967) è un'iraniana che dal 2006 al 2014 ha scontato una pena per omicidio volontario.
Il suo caso è salito agli onori della cronaca internazionale dopo che alcune fonti hanno rilanciato la notizia della sua condanna a morte tramite lapidazione per il reato di adulterio e concorso in omicidio ai danni del marito, delitto perpetrato dal presunto amante e da un complice su sua commissione. La magistratura iraniana ha tuttavia negato questa versione e, seppur confermando la sentenza di condanna emessa nel 27 maggio 2007[1], ha dichiarato che la donna potrebbe essere uccisa per impiccagione in quanto colpevole di assassinio, piuttosto che per lapidazione[2].
Una campagna internazionale iniziata dai suoi figli, e resa ampiamente pubblica dal filosofo francese Bernard-Henri Lévy, ha portato a conoscenza del suo caso. Amnesty International sostiene però che i parenti della vittima dimostrarono clemenza e rinunciarono a chiedere la condanna per Sakineh: questo, nel codice iraniano, fa sì che la condanna a morte debba essere revocata[3]. La pena sarebbe stata amnistiata nel 2014.[4]