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film del 1973 diretto da Pietro Francisci Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
Simbad e il califfo di Bagdad è un film del 1973, diretto da Pietro Francisci, al suo ultimo film.
Simbad e il califfo di Bagdad | |
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titolo di testa | |
Lingua originale | italiano |
Paese di produzione | Italia |
Anno | 1973 |
Durata | 87 min |
Genere | avventura |
Regia | Pietro Francisci |
Soggetto | Pietro Francisci |
Sceneggiatura | Pietro Francisci |
Produttore | Umberto Russo di Pagliara |
Produttore esecutivo | Vittorio Russo |
Casa di produzione | Buton Film, Organismo Generale Egiziano del film |
Distribuzione in italiano | Titanus |
Fotografia | Gino Santini |
Montaggio | Pietro Francisci |
Effetti speciali | Paolo Ricci |
Musiche | Alessandro Alessandroni |
Costumi | Maria Luisa Panaro |
Trucco | Sergio Petruzzelli |
Interpreti e personaggi | |
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Doppiatori italiani | |
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Simbad, un giovane marinaio, reduce da innumerevoli viaggi in tutto l'Oriente, approda a Baghdad. Due simpatici imbroglioni lo portano in una taverna, e lì, dopo averlo drogato, lo vendono come schiavo al proprietario della taverna stessa, che lo imbarcherà sulla sua nave. Mentre è stordito, il mercante fa aggredire i due imbroglioni e rende schiavi anche loro, in qualità di cuoco e sguattero di bordo. Mentre Simbad fatica ad accettare la sua nuova condizione, sale sulla nave Sherazade, promessa sposa del califfo di Bagdad, dalla quale rimane affascinato. Ritrovati Firùz e Bamàn, Simbad li costringe ad aiutarlo ad incontrare Sherazade. Anche lei è affascinata da Simbad, ma considera che se fuggissero dal destino comune di schiavitù, il loro amore non li salverebbe da una vita di povertà e dalla paura di essere braccati. E quindi lo respinge. Il capitano della nave scopre che il marinaio si è introdotto nella cabina della preziosa passeggera e lo condanna al taglio della testa. Firùz e Baman, per salvarlo, cercano di prendersi la responsabilità di quanto è successo, ma il loro padrone è spietato e condanna anche loro. Quando sembra che niente possa salvarli, Sherazade interviene, e i tre vengono graziati. Invece di essere decapitati, vengono messi su una scialuppa con pochi viveri e lasciati alla fortuna. Simbad cerca di guidare la sua piccola ciurma verso terra, ma una misteriosa corrente li prende, e li getta su un'isola disabitata e popolata di relitti di navi e resti di marinai. Non ci sono alberi, né sorgenti d'acqua, e la loro sorte sembra segnata. Firùz e Bamán si rassegnano a dare fondo alle scorte di cibo e poi a lasciarsi andare all'oblio dell'hashish, che permette di passare dal sogno alla morte senza accorgersene, e in un primo momento anche Simbad non vede altra via d'uscita dalla terribile situazione. I tre accendono il fornello di uno strano trabiccolo, che sembra una piccola barca naufragata. Quando la barca inizia a sollevarsi si rendono conto di essere su un mezzo che può portarli via dall'isola: una mongolfiera. Arrivano dunque di nuovo a Baghdad.
Dopo altre peripezie, contribuiscono a rovesciare il califfo, gemello perduto di Simbad, e a fuggire con Sherazad, ricchi.
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