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saggio di Giuseppe Ricciotti Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
Vita di Gesù Cristo è un libro dello storico del cristianesimo e orientalista italiano Giuseppe Ricciotti. Il libro, pubblicato per la prima volta nel 1941, ha avuto molte ristampe fino ai giorni nostri.[1][2]
Vita di Gesù Cristo | |
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Raffigurazione di Gesù nel dipinto Ecce Homo di Guido Reni, Louvre, 1639-1640 | |
Autore | Giuseppe Ricciotti |
1ª ed. originale | 1941 |
Genere | saggio |
Sottogenere | storico, cristianesimo |
Lingua originale | italiano |
Rimasto gravemente ferito durante il servizio militare come cappellano degli Arditi nella prima guerra mondiale, Ricciotti aveva fatto voto di scrivere una Vita di Cristo se fosse riuscito a tornare a casa sano e salvo. Allo scoppio della seconda guerra mondiale Ricciotti decise di mettere finalmente mano al progetto.[3] È lui stesso a raccontarlo nella prefazione alla prima edizione dell'opera: «Quando vidi che la tempesta di una nuova guerra s'addensava sull'umanità, e che l'Europa secondo ogni più facile previsione sarebbe stata nuovamente allagata di sangue, allora mi parve che [...] essendo tornato il sangue sul mondo, bisognava pure che tornasse il Vangelo.» Ricciotti cominciò a lavorare alla Vita di Gesù Cristo nel 1939 e la terminò nel novembre 1940.
La Vita (Milano, Rizzoli, 1941), insieme al volume sulla vita e la dottrina di San Paolo intitolato Paolo Apostolo (Roma, Tipografia poliglotta vaticana, 1946) e alla Storia di Israele (Torino, SEI, 1932-1934, in 2 volumi; ristampata dalla SEI di Torino nel 1997), rappresenta un'unica trilogia, contrapposta a quella di tendenza razionalista e liberale di Ernest Renan, formata dalla Vie de Jésus (1863), Les apôtres (1866) e l'Histoire du peuple d'Israël (1887-1893).
Nel libro Ricciotti risponde criticamente alle teorie della scuola liberale tedesca, rappresentata soprattutto da Bultmann, Harnack e Loisy, come pure alle teorie del mito di Gesù che negano l'esistenza storica di Gesù di Nazareth.[4]
L'opera ottenne l'encomio solenne della Reale Accademia d'Italia ed ebbe fin da subito un enorme successo, arrivando a vendere 40 000 copie tra il 1941 e il 1942.[5] Tradotta in 10 lingue, la Vita di Gesù Cristo fu un successo internazionale e ricevette recensioni positive sulla stampa specialistica.[6][7][8][9][10][11] Molto critica fu invece la recensione che ne fece il teologo modernista Ernesto Buonaiuti, antico amico di Ricciotti, che lo accusava di essere ingeneroso verso la scuola liberale tedesca.[12]
Più critiche sono state invece le recensioni all'opera da parte di alcuni moderni accademici cattolici. In un articolo apparso su Il Sole 24 ORE, l'esegeta e cardinale Gianfranco Ravasi ha definito l'opera "non immune da numerose semplificazione apologetiche".[13] Secondo l'esegeta Giulio Michelini OFM l'opera del Ricciotti contiene diversi problemi che sarebbero tipici dell'esegesi cattolica dell'epoca: una tendenza verso l'armonizzazione evangelica, veementi ed eccessivi attacchi all'esegesi protestante (in particolare Rudolf Bultmann), conoscenza insufficiente del Periodo del Secondo Tempio e persino interpretazioni anti-giudaiche dei Vangeli (vedi richiesta del sangue).[14] L'esegeta Giuseppe Segalla, pur lodando lo stile letterario dell'opera del Ricciotti, l'ha caratterizzata come un'opera apologetica.[15] Il libro è però ancora oggi apprezzato dagli intellettuali cattolici, tra cui lo scrittore Luca Doninelli[16] e Vittorio Messori.[17]
In Ipotesi su Gesù Messori dichiara che il libro fu apprezzato anche da Benito Mussolini. L'ex-duce, prigioniero all'isola di Ponza, lo lesse e ne scrisse un encomio enfatico. Cosa che non mancò di amareggiare a lungo il povero Ricciotti, scrive l'autore.[18]
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