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Alfabeto bengalese

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L'alfabeto bengalese (in bengali বাংলা বর্ণমালা, bangla bôrnômala) o scrittura bengalese (in bengali বাংলা লিপি, bangla lipi) è un sistema di scrittura nato nel subcontinente indiano per la lingua bengalese, ed è il quinto sistema di scrittura più usato al mondo. La scrittura è usata anche per le lingue: assamese, chittagonian, Maithili, Meithei e Bishnupriya Manipuri, e storicamente fu usata per scrivere anche il sanscrito nell'area bengalese.

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Lettere e pronuncia

Riepilogo
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Il bengali è scritto nell'alfasillabario bengalese (chiamato anche alfabeto sillabico bengalese o abugida bengali o, in lingua nativa, Bangla lipi), una scrittura della famiglia Brahmi derivato dall'abugida devanagari (usato per l'hindi, il sanscrito, marathi, nepali), con cui condivide parecchie caratteristiche. Si tratta di una scrittura corsiva con 12 segni per le vocali e 52 consonanti. Come in tutti gli alfasillabari, ogni consonante ha a prescindere una vocale intrinseca, cioè un suono vocalico racchiuso in sé. Solo un diacritico sotto alla consonante può toglierlo. la vocale inerente (o "vocale di default") è una /ɔ/, cioè una "o" chiusa e breve. Per affiancarvi un'altra vocale, accanto alla consonante si inserisce il suono vocalico interessato in forma di diacritico. Per limitarsi a togliere la vocale inerente, a volte in scrittura è usato un diacritico detto hôsôntô (্ ), che deriva dalla Virama/"Killer Stroke" del devanagari. Le vocali possono trovarsi anche in forma isolata se seguono un'altra vocale o sono a inizio parola o completamente isolate.

I nessi consonantici (cosiddetto “cluster”), cioè gruppi di sole consonanti affiancate, sono tipicamente indicati tramite la fusione calligrafica, dotata di regole tranne per 21 cluster irregolari. L'alfabeto ha inoltre dei diacritici che aggiungono altre caratteristiche fonetiche. Tra essi c'è la nasalizzazione delle vocali con la chôndrôbindu, cioè la "mezzaluna" del devanagari . La nasalizzazione, che in IPA si segnala con una tilde sulla vocale (ex. /ɔ̃/), avviene rilassando il velo palatino (cioè la parte morbida del palato), in modo tale che il suono esca dal naso. Un altro importante da segnalare è l'ônushshor , che si inserisce dopo una consonante. Essa deriva dall'anusvara del devanagari ma in bengali si limita ad aggiungere il suono /ŋ/. Il Bangla lipi infine ha anche un sistema di romanizzazione. In bengalese, il punto fermo si scrive come una sbarra verticale: ৷ . Se la pausa è più lunga, essa raddoppia: ॥ . Questa punteggiatura è ripresa dal Devanagari.

Il sistema di scrittura bengalese è basato su una varietà molto più antica della lingua e così non considera alcune fusioni di suono che hanno avuto luogo nella lingua parlata. Per esempio l'abugida ha due lettere per il suono /dʒ/ e due-tre per il suono /ʃ/; i suoni si differenziano solo in casi particolari. Al contrario, un numero di lettere adesso hanno più di una possibilità di pronuncia: la lettera può rappresentare o la vocale bassa /æ/ o la vocale medio-alta /e/. Le parole bengalesi in ortografia hanno una differenza tra vocali lunghe e brevi, ma a livello fonetico non esiste più sin dai tempi più remoti (idem nella lingua assamese). Inoltre molte lettere e diacritici sono diventate "silenziose" nella lingua parlata. La parola per "salute" ad esempio è pronunciata /shastho/, ma è scritta /swaysthyo/. A volte la vocale inerente a fine parola cade, ma in scrittura di solito non si registra la caduta del fono con l'hôsôntô. Con queste inconsistenze e ridondanze minori, la scrittura bengalese non può essere descritta come interamente fonetica.

Esattamente questa scrittura, con poche modifiche, è usata anche per scrivere l'assamese. Altre lingue imparentate della regione fanno uso dell'abugida bengalese. Il meithei, una lingua sino-tibetana fu scritta per secoli in abugida bengalese finché negli anni '80 tornò ad essere nuovamente di uso comune il meetei mayek (il sillabario meithei). Per secoli la lingua sylheti ha usato una scrittura diversa, basata sul sistema devanagari. Questa scrittura, detta scrittura sylheti, non è al momento più in uso, poiché la maggior parte delle persone che parlano sylheti ha adottato la scrittura bengalese.

Vocali

Si presenta sotto la lista delle vocali e la loro forma legata ad una consonante a caso, la KÔ, kô /kɔ/ (). Si ricorda che ogni consonante ha già in sé la vocale Ô, ô preimpostata e che il tratto orizzontale sopra le lettere di solito si scrive per ultimo, dopo le lettere e i diacritici sopra di esse. Se si scrive su un foglio a righe, la linea orizzontale poggia sulla riga. Oltre alle vocali e dittonghi sotto presentati, c'è un ulteriore dittongo classificato tra le consonanti. Viceversa, nelle vocali tuttora in uso ne è presente una che oggi si legge come una vera e propria sillaba. Quasi tutte le vocali isolate spezzano la linea orizzontale.

Ulteriori informazioni Vocale indipendente, diacritico isolato ...

Consonanti e gruppi irregolari

Le consonanti possono essere sorde o sonore, aspirate o meno, retroflesse o meno. Nelle aspirate sonore, l'aspirazione pure diventa sonora (cioè, quando si emette lo sbuffo d'aria insieme alla consonante, le corde vocali vibrano). Per pronunciare una consonante retroflessa, si arrotola la punta della lingua sul palato, verso la zona tondeggiante. Detto in un altro modo, la lingua si piega all'indietro. Alcune retroflesse oggi si sono trasformate in non retroflesse, ma 5 consonanti (insieme alla loro versione aspirata) sono retroflesse fisse e per assimilazione retroflettono alcune consonanti affiancate a loro. Per pronunciare una consonante nella sua versione fortemente palatalizzata, la punta della lingua si posiziona molto spinta in avanti, in posizione di "gn" di "gnomo". Alcune consonanti convergono verso un'unica pronuncia, tuttavia l'ortografia sia per queste consonanti che per vocali convergenti va rispettata. I dubbi sulla pronuncia o scrittura corretta si sbrogliano con un vocabolario. Si ricorda nuovamente che la vocale di default è la Ô breve e aperta e che il tratto orizzontale si scrive per ultimo. All'interno della frase, in presenza di alcune lettere la linea orizzontale si spezza. Si ricorda infine che ci sono 21 cluster avulsi da regole calligrafiche (nel devanagari ce ne sono quattro). L'apprendimento di questi ultimi avviene a memoria. Per comodità, sono indicati in fondo alla tabella.

Ulteriori informazioni Consonante, Pronuncia IPA ...

A conclusione della tavola delle consonanti/cluster irregolari, si ricorda che la grafia di /u/ è irregolare in pochi casi. Per la precisione, essi sono: "gu", "ru" (anche nel devanagari), "hu" (in alcuni font), "shu" (গু রু হু শু). La vocale-sillaba ha una grafia irregolare solo nel caso "hri": হৃ. Come si vede, è completamente diversa da . Con , che non ha né base tondeggiante né una riga verticale, si scrive ছৃ .

in apparenza sembra una nuova consonante retroflessa, in realtà è il simbolo del টাকা (ṭaka), la moneta bengalese. La sua abbreviazione in alfabeto latino è "Tk".

Nessi consonantici regolari

In generale, tutti i cluster consonantici (quindi successioni di pure consonanti senza vocale inerente) su supporto informatizzato si digitano inserendo l'hôsôntô dopo la prima consonante. I cluster, reperibili in parole sanscrite o in prestiti, hanno massimo tre consonanti di fila. Per digitarne un cluster triplo, bisogna digitare nuovamente l'hôsôntô dopo la seconda consonante. Anche le consonanti doppie/geminate (come nell'italiano "carro") sono rappresentate da un cluster doppio. Le doppie che sono pure aspirate in grafia si formano affiancando [non aspirata+aspirata], con l'eccezione dell'irregolare ট্ট, non aspirato. Non si possono creare cluster semplicemente affiancando le consonanti: ad esempio, per ottenere "kkô" si scrive ক্ক, non কক: quest'ultimo è "kôkô". Non tutti i cluster componibili si reperiscono nei vocaboli e alcuni cluster non hanno fusione calligrafica. Con non esiste nessun cluster. Si indicano qui alcune regole di fusione, che cadono in presenza dei 21 irregolari già citati:

  • Le doppie, che non hanno forma calligrafica se sono entrambe aspirate, si appendono l'una sotto l'altra e hanno la riga verticale in comune (ex. ক্ক গ্গ ণ্ণ ন্ন ল্ল প্প), tranne "tt" ত্ত. Se non ne hanno una, si affiancano molto vicine e senza staccarsi dalla riga orizzontale. Alcune di esse in realtà conservano la riga, ma questo modo di scrivere è ricorrente in tutti i seguenti casi: চ্চ জ্জ ড্ড ব্ব ম্ম; স্স in alcuni font. Si ricorda che i due irregolari sono ট্ট e দ্দ . ণ্ণ (retroflesso) e ন্ন si distinguono dal fatto che il primo ha la linea orizzontale spezzata.
  • La "z" al 2º membro da diventa ্য (ex. ল্য ত্য ঝ্য ন্য).La regola vale anche per la sua versione geminata, য্য. Si ricorda che, in presenza di vocali, si può riferire ad un prestito fonetico dall'aspetto di circonflesso.
  • Se dopo un cluster di consonanti si inserisce il matra /i/, quest'ultimo va sempre in prima posizione e si riferisce a tutto il gruppetto (ex. ট্টি). Anche i matra circonflessi si riferiscono sempre a tutto il cluster, per logica (ex. জ্জৌ).
  • La "R" র come 1º membro di un cluster si trasforma in un tratto obliquo sopra il tratto verticale della seconda consonante o in mezzo alla parte superiore. Tutto il cluster si legge dall'alto in basso (ex. র্ক র্খ র্গ র্ঘ র্চ র্ছ র্জ র্ঝ র্ভ র্ম র্ল র্শ র্ষ র্স র্ণ র্ত র্ন র্প র্ফ র্ব র্ভ ; in র্ট lo svolazzo sopra la lettera è tagliato dal diacritico di "r" e in র্ঠ lo svolazzo e il diacritico partono dallo stesso punto). Il raddoppio "rr", র্র, non è esente dalla regola. Se uno di questi cluster è seguito dal matra /i:/, il nastrino del matra è tagliato dal diacritico "r", ex. র্কী.
  • La "-R" come 2º membro di un cluster si trasforma in una piccola onda sotto la lettera. Quest'ultima si attacca alla riga verticale e, in alcuni font, se scritta in grassetto (bold type) ha un aspetto più lineare. Se la riga verticale non è presente, l'ondina sviluppa un piccolo tratto verticale che si incolla alla lettera. Come al solito, il cluster con una "r" (che muta sempre) si legge dall'alto al basso (ex. গ্র ব্র ল্র শ্র ষ্র প্র স্র ন্র ম্র ণ্র ষ্র ফ্র ঘ্র; ট্র ঞ্র). Nelle lettere e , che nell'alfabeto bengalese sono le uniche due ad avere la forma a spirale e ad essere nello stesso tempo staccate dalla linea orizzontale, non si aggiunge la "-r" come diacritico ma la spirale si trasforma direttamente nella tipica forma di onda del diacritico. In quanto non hanno la riga verticale, la parte bassa della lettera diventa verticale e squadrata, senza contraddire le regole (ত্র e ভ্র). Si ricorda che ক্র è invece irregolare.
  • Se una consonante è seguita da "-B, -L, -N, -Ṇ, -DH, -T, -M, -K, -G, -JH, -BH, -CH" al 2º membro, queste ultime si scrivono rimpicciolite sotto la riga verticale della prima consonante (ex. ক্ব গ্ব জ্ব শ্ব ল্ব ম্ব হ্ব; ক্ল গ্ল ব্ল ম্ল; ক্ন গ্ন; প্ত শ্ত; ন্ত ha la riga di "n" leggermente piegata; ল্ক; ব্ভ che è sia doppia che aspirata; দ্ভ ম্ভ). "-B" come 2º membro si trova in prestiti sanscriti ed è spesso muta. "-DH" ধ si stilizza trasferendo il ricciolino in alto dietro di sé e piegandolo verso il basso (গ্ধ ন্ধ; দ্ধ che è doppia aspirata) e "-M" amalgama la sua curva in alto con la sbarra verticale della prima consonante (ex. ত্ম ক্ম শ্ম ল্ম গ্ম ণ্ম ন্ম দ্ম). Con "-JH" ce n'è uno solo regolare possibile ed è জ্ঝ, con cui si scrive "J" geminato e aspirato insieme. Anche con "-CH" e possibile solo চ্ছ oltre all'irregolare ঞ্ছ. Anche "-G" è possibile solo con ল্গ a parte l'irregolare ঙ্গ. Anche "-ṇ" è possibile solo con il suo stesso raddoppio ণ্ণ a parte l'irregolare হ্ণ. Con queste undici lettere al 2º membro, si nota che la consonante al 1º non perde la riga verticale, se la possiede. Detto in altre parole, poiché si scrivono rimpicciolite sotto la prima, la prima resta inalterata. "-Ṭ" come 2º membro ha una particolare grafia con le lettere e : la diventa la gamba della prima consonante (ক্ট ফ্ট) perché entrambe, in tutto l'alfabeto sono le uniche che hanno una lunga riga verticale che si trova in mezzo alla lettera ed è completamente sotto la riga orizzontale. Quando le lettere si appendono, la prima in alto si comprime. Se la "m" al 1º si rimpicciolisce parecchio (ex. ম্ব), la , la e la si schiacciano ancora di più (ex. স্ন স্ব স্ম স্ত স্ক; ষ্ব ষ্ম ষ্ক; ঙ্ক e ঙ্গ irregolare) tranne in স্ল, স্র, ষ্র e in "sṭ" স্ট (irregolare). Bisogna sempre ricordarsi i cluster irregolari, come "kt" (ক্ত).
  • La "m" e la "n" al 2º membro sono inconfondibili perché la "-m" non perde la sua riga verticale, il suo ricciolo è sempre incollato alla prima consonante e le due righe prima citate si "amalgamano" completamente: ক্ম è diverso da ক্ন.
  • Viceversa, una consonante seguita da una qualunque lettera diversa dalle undici indicate sopra perde la riga verticale, se ce l'ha (e senza dimenticarsi della grafia di raddoppi come "bb"). Le tipiche consonanti al 1º colpite sono প, ন, ব, গ, শ, ল, ষ e (queste due in più si stilizzano), (quest'altra, anche se perde la riga, interrompe sempre la linea orizzontale, che si scrive sempre per ultima). la al 1º, tranne con i cluster irregolari, non è colpita da questa regola perché la riga verticale attraversa la lettera. Degli esempi di cluster misti sono স্প ন্ড ন্ঠ ণ্ঠ ল্ড ষ্প ব্জ ব্দ ষ্ফ চ্ঞ ণ্ট ন্ট প্ট ল্ট ষ্ট (questo cluster tutto retroflesso ha il secondo membro incurvato; si noti poi come "-t" semplicemente si affianchi). Si ricorda nuovamente che esistono grafie completamente irregolari come স্ট e ক্স. Se il cluster è formato al 2º membro da una lettera che spezza la linea orizzontale, la prima parte di linea orizzontale ospita la prima consonante.
  • Anche se a livello ortografico non sono presenti legature, se si affianca la ad una consonante o come matra della consonante si inserisce la silalba , dal punto di vista fonetico si ottiene un cluster consonantico.

Tabella di nessi consonantici

Per completezza, si inserisce la tabella di tutte le combinazioni di due consonanti in bengalese. Si ricorda che sono presenti in prestiti e che si può arrivare a tre consonanti di fila. Non esistono cluster con e non tutte le combinazioni sono reperibili nei vocaboli e/o si leggono così come sono scritte. Nella colonna verticale è presente il primo membro del cluster. A parte le eccezioni date dai font, valgono le regole sopra, che alleggeriscono il carico mnemonico e/o facilitano la consultazione e la lettura. Poiché la tabella è un quadrato con le due file di lettere disposte in modo speculare, la diagonale contiene tutti i cluster di consonanti doppie. Per comodità, la diagonale delle doppie è in grassetto.

Ulteriori informazioni -, ক ...

Numeri

I numeri in bengalese e assamese sono scritti sotto forma di simboli e tra essi c'è pure la cifra "zero", di cui si hanno le prime tracce storiche in India. Nei numeri che superano il migliaio, al posto del punto fermo si usa la virgola come separatore.

Ulteriori informazioni Sanscrito-hindi +nome in sanscrito, Bengali ...

Per fare un esempio di prezzo in bengalese, "47.000 ṭaka" si scrive "৳৪৭,০০০". A questo proposito, si ricorda che e sono falsi amici delle cifre arabe moderne.

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Standardizzazione

Romanizzazione

Bibliografia

  • Syed Ali Ashraf e Asia Ashraf, Bengali Diphthongs, in Dil A. S. (a cura di), Shahidullah Presentation Volume, Lahore, Linguistic Research Group of Pakistan, 1966, pp. 47-52.
  • Suniti Kumar Chatterji, Vasha-prakash Bangala Vyakaran (A Grammar of the Bengali Language), Calcutta, University of Calcutta, 1939.
  • Munier Chowdhury, Shahitto, shônkhatôtto o bhashatôtto (Literature, statistics and linguistics), in Bangla Academy Potrika, vol. 6, n. 4, Dhaka, 1963, pp. 65-76.
  • Djordje Kostic e Rhea S. Das, A Short Outline of Bengali Phonetics, Calcutta, Statistical Publishing Company, 1972.
  • Muhammad Abdul Hai, Dhvani Vijnan O Bangla Dhvani-tattwa (Phonetics and Bengali Phonology), Dhaka, Bangla Academy, 1964.
  • William Jones, Orthography of Asiatick Words in Roman Letters (PDF), in Asiatick Researches, Calcutta, Asiatick Society, 1801.[collegamento interrotto]
  • Pabitra Sarkar, Bangla Dishôrodhoni (Bengali Diphthongs), in Bhasha, 4–5, Calcutta, 1987, pp. 10-12.
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