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relazione che intercorre fra due lessemi di significato opposto Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
In semantica, l'antonimìa indica la relazione intercorrente fra due lessemi di significato opposto;[1] si contrappone alla sinonimia.
I membri di una coppia antonimica son detti 'antonimi' o 'contrari'. Più propriamente, si dicono 'contrari' termini quali bianco e nero o caldo e freddo, poiché ammettono elementi intermedi (grigio e tiepido), mentre si dicono 'contraddittori' termini come vero e falso o vivo e morto: infatti, a differenza dei termini contrari, non sono graduabili e non ammettono elementi intermedi.[1] Secondo un'altra terminologia, invece, si distingue tra antonimi 'graduabili' e antonimi 'bipolari' (non graduabili).[2]
In aggiunta, su un altro piano rileviamo differenze tra antonimi 'lessicali', la cui opposizione non può essere colta da un punto di vista formale (come tra bello e brutto), e antonimi 'grammaticali', la cui opposizione si ottiene in modo trasparente per derivazione (felice > infelice; caricare > scaricare).[2]
In un enunciato, la relazione di antonimia ha un ruolo non solo sul piano paradigmatico (ove si sottolinea il rapporto associativo tra un dato lessema e altri che potrebbero figurare al suo posto) ma anche sul piano sintagmatico (ove si sottolinea il rapporto combinativo tra lessemi).[3] Di fatto, in base al contesto, un lessema acquista determinati antonimi e non altri: così, l'antonimo di libero potrà essere schiavo, occupato o coniugato, e quindi alcuni dei membri considerati 'antonimie lessicali' potranno essere più o meno contrari ma invero non opposti.[2]
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