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Assalto alla caserma Moncada
evento iniziale della rivoluzione cubana Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
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L'assalto alla caserma Moncada è l'evento iniziale della Rivoluzione cubana, avvenuto il 26 luglio 1953 e convenzionalmente indicato come l'avvenimento che diede inizio ai fatti svoltisi nello Stato durante gli anni cinquanta.[1][2]
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Il contesto storico
Riepilogo
Prospettiva
La dittatura di Fulgencio Batista
Il golpe avvenuto nel marzo 1952 aveva permesso a Fulgencio Batista di accentrare gran parte del potere politico nelle proprie mani[3], creando di fatto una dittatura.[3] L'allora venticinquenne avvocato Fidel Castro organizzò, con l'aiuto del fratello Raúl, un gruppo di guerriglieri con il quale tentare di sovvertire il governo.[3] La data scelta per l'attacco fu domenica 26 luglio, approfittando delle celebrazioni carnevalesche previste per sabato 25.[3] La festa avrebbe infatti richiamato persone da ogni parte dell'isola, rendendo più facile ai ribelli confondersi tra la folla.[3]
La rivoluzione cubana e l'assalto
Il piano fu elaborato da Fidel Castro nel più assoluto segreto[3], tenendone all'oscuro dei dettagli persino i propri alleati.[3] Si stima che il loro numero fosse di circa un centinaio, sebbene le varie fonti storiche siano discordi sull'esatta cifra.[3] La composizione del gruppo guerrigliero risultò - a posteri - difettosa, poiché i ribelli (alcuni dei quali troppo anziani per l'arruolamento) non ebbero un adeguato equipaggiamento (principalmente fucili da caccia e armi a corto raggio) e addestramento[3], essendo spinti all'azione soltanto da fattori politici e non militari.[3]
L'assalto ebbe inizio alle 5:15 del 26 luglio[4], quando i guerriglieri (dopo aver indossato uniformi dell'esercito per non destare sospetti) formarono una colonna di auto dirigendosi verso la caserma.[3] I primi uomini a raggiungere la struttura attaccarono le guardie, disarmandole[3]: un soldato accortosi delle auto diede tuttavia l'allarme[3], consentendo al personale della caserma di prendere le armi contro gli assalitori.[3] La pronta risposta dell'esercito impedì a parte dei ribelli di raggiungere il campo di battaglia, generando una superiorità numerica che risultò decisiva.[3] Il rapporto di forze non è numericamente certo, poiché anche su tale aspetto le fonti storiche differiscono.[3] Trovandosi in maggioranza e forti di un miglior equipaggiamento, i soldati vinsero lo scontro a fuoco.[3] L'aggressione fallì dunque miseramente.[3]
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Le conseguenze
Riepilogo
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Le torture ai prigionieri
Oltre ai ribelli rimasti uccisi nel conflitto[3][5], molti altri furono catturati e successivamente uccisi oppure torturati alla morte.[3] I metodi di tortura inflitti ai prigionieri furono alquanto crudi[3]; ad uno di essi (Abel Santamaría) vennero cavati occhi e testicoli[3], mentre altri furono frustati, picchiati, fucilati e bruciati con sigarette.[3]
Il numero di persone uccise tramite le torture è stato calcolato a 61.[3]
Il processo e condanne
Fidel Castro, assieme ai pochi ribelli sopravvissuti, si diede alla fuga sulla Sierra Maestra, ma venne catturato il 1º agosto.[3] Durante il processo che ne seguì, si difese per proprio conto[3]: la sua arringa difensiva - trascritta da un giornalista presente in tribunale - prese il nome La storia mi assolverà.[6] Castro trasformò la sua stessa tesi difensiva in un atto accusatorio verso il regime.[6] Venne condannato a 15 anni di reclusione presso l'Isola dei Pini (attuale isola della Gioventù) ma in seguito, nel 1955, fu amnistiato a seguito di un appello popolare.[6] Medesima sorte toccò agli altri reduci dello scontro giudicati dal tribunale.[6]
La data del 26 luglio
La data in cui si svolse l'evento venne ripresa per indicare il Movimento rivoluzionario condotto da Castro, con il nome di Movimento 26-7 o - in spagnolo - «movimiento 26 de julio».[3]
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La struttura
Riepilogo
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La caserma spagnola Reina Mercedes (20°01′35″N 75°49′09″W ) era stata costruita nel XIX secolo[7], ma cambiò nome nel 1909 in ricordo di Guillermo Moncada che era il generale dell'esercito di liberazione cubano: egli, detto «il gigante nero», vi era infatti stato imprigionato.[8] L'11 dicembre 1937 fu distrutta da un incendio[7], venendo poi ricostruita nel 1938.[7] La superficie si estende per circa 60 000 m² nella parte settentrionale della capitale cubana.[7] Le 5 postazioni, 4 delle quali esterne, erano presidiate da 2 o 3 guardie ciascuna.[7]
All'epoca dei fatti, la caserma ospitava una guarnigione di 374 uomini del reggimento n.1 Antonio Maceo e 26 dello Squadrone 18 G.R. Nel dettaglio, i militari erano così ripartiti:
288 soldati
L'armamento si componeva di[9]:
- 4 mitragliatrici Browning (2 di calibro .50 e 2 di calibro .30)
- 865 fucili Springfield .30
- 10 fucili mitragliatori Thompson calibro .45
- 471 pistole Colt calibro .45
- 500 baionette da fucile N-S calibro .30
- 1 pistola semiautomatica Colt calibro .45
- 2 pistole semiautomatiche Star calibro .45
Era inoltre disponibile un'abbondante scorta di munizioni.[9] Dopo la vittoria del movimento rivoluzionario, la caserma (che ancora oggi conserva tracce dello scontro) fu trasformata in un complesso studentesco e ribattezzata "Città scolastica 26 luglio": è attualmente presente un museo dedicato ai fatti della rivoluzione.[7]
Nella cultura di massa
- Il film del 1982 Banana Joe, con Bud Spencer protagonista, cita la caserma "Zoncada", il cui nome appare una parodia della struttura.[10]
Note
Voci correlate
Collegamenti esterni
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