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Camera di decompressione

una camera che sopporta l'atmosfera Da Wikipedia, l'enciclopedia libera

Camera di decompressione
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La camera di decompressione (o camera iperbarica)[1] è un apparato in grado di sopportare la pressione di aria al suo interno (superiore a quella atmosferica, da cui il termine "iperbarica") e che permette di ospitare persone che abbiano la necessità di essere sottoposte a un trattamento iperbarico in caso di mancanza di tappa di decompressione, come nel caso di subacquei per inosservanza della medesima.

Le informazioni riportate non sono consigli medici e potrebbero non essere accurate. I contenuti hanno solo fine illustrativo e non sostituiscono il parere medico: leggi le avvertenze.
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Due marinai della US Navy in una camera di decompressione durante un addestramento.

Creata inizialmente per solo uso subacqueo, a causa dei i particolari vantaggi terapeutici dati dalla maggior vascolarità e distribuzione di ossigeno nei tessuti in iperbaria, successivamente è stata adottata ora presso strutture ospedaliere e ambulatoriali per prestazione di terapie di vario genere quali l'ossigenoterapia iperbarica per pazienti affetti da diverse patologie.

Deve il suo nome al fatto che la sua invenzione è derivata dalla necessità di effettuare le soste di decompressione da parte dei palombari; in seguito ha assunto altri nomi a seconda dell'utilizzo: camera di ricompressione, camera per terapia iperbarica, o camera iperbarica; quest'ultima identifica è il nome tecnico dell'apparato, divenuto di uso nel linguaggio comune.

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Storia

Venne inventata nel 1916 da Alberto Gianni, durante la sua attività di palombaro per la Società Recuperi Marittimi (SO.RI.MA.). Dopo aver superato una grave embolia, ideò il dispositivo per evitare le tappe di decompressione in acqua, alla quale erano costretti tutti i palombari all'epoca dopo avere superato i limiti di non decompressione. Inizialmente l'inventore la chiamò cassa disazotatrice, in seguito venne chiamata cassa di decompressione e poi assunse il nome definitivo attuale. La società Drägerwerk, una delle prime imprese produttrici di attrezzature e sistemi di respirazione e di sicurezza per l'industria mineraria e poi subacquea in seguito presentò il primo modello di serie.

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Descrizione e caratteristiche

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Moderna camera di decompressione presso la NASA.

Consiste in un involucro cilindrico generalmente di metallo, ma anche in materiale acrilico trasparente o tessuto, e resistente a seconda delle tipologie alle medie o alte pressioni, chiuso da portelli ermetici e collegato a bombole di aria compressa respirabile e ossigeno ed eventualmente altro gas, (elio), che viene immesso per generare una pressione differente da quella atmosferica e per permettere la respirazione all'interno. Ciò la fine di aumentare la pressione all'interno del corpo al fine di rendere nuovamente solubile l'azoto e gli altri gas, per poi diminuire tale pressione gradualmente in modo che le bolle che si formino all'interno dei polmoni possano essere e poi espulse con la normale respirazione, ed evitare l'embolia.

I modelli utilizzati presso i centri iperbarici sono in grado di ospitare numerose persone e hanno ambienti separati ma collegati, per consentire il passaggio di pazienti e/o personale medico dall'interno verso l'esterno e viceversa permettendo la compensazione degli ambienti. Sono quindi stazioni fisse e di grandi dimensioni e con strumentazione di gestione e monitoraggio molto sofisticata, che comprende sistemi di comunicazione audio video. In certi casi può essere allestita una vera e propria sala operatoria, per delicati e particolari interventi, e nel caso si tratti di intervenire su un embolizzato con traumi e ferite causate durante una immersione.

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Vista interna di una camera iperbarica multiposto per ossigenoterapia iperbarica in ambito ospedaliero

Vi sono poi modelli portatili monoposto o a due posti che trovano sistemazione a bordo di imbarcazioni, furgoni, elicotteri e aerei, alcune sono direttamente equipaggiate con sistema di traino omologato e quindi carrellabili e trainabili dai mezzi di soccorso e/o ambulanze che permettono il recupero di embolizzati e il relativo trasporto presso il centro e successivamente il trasbordo nella camera iperbarica principale del centro tramite le flangiature di connessione e successiva compensazione della pressione. Sono stati costruiti e sono attualmente commercializzati anche modelli di camera di decompressione gonfiabili, realizzate con tessuti non traspiranti ad altissima resistenza, e chiusura con cerniera stagna del tutto simile a quelle delle mute subacquee speciali. Molto utili per essere trasportate ovunque, vengono utilizzate per poter effettuare terapie iperbariche a domicilio e talvolta per immersioni esplorative in ambienti carsici molto vasti e poco accessibili. Queste ultime hanno un prezzo molto competitivo e sono una soluzione alternativa molto valida soprattutto nel caso di emergenze dove non vi siano centri iperbarici o non sia possibile trasportare il paziente.

Spesso i termini camera di decompressione, camera di ricompressione o camera per terapia iperbarica o camera iperbarica sono usati a seconda dell'uso:

  • una camera di compressione viene utilizzata per trattare, ad esempio, la malattia da decompressione dei subacquei;
  • una camera per terapia iperbarica viene utilizzata negli ospedali o nei centri iperbarici per trattare i pazienti che possono trarre giovamento da questa terapia particolare.
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Applicazioni ed utilizzo

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Barocomplesso subacqueo "Salvatore" della flotta russa del Pacifico

Nel caso dei subacquei sportivi o sommozzatori professionisti, la camera iperbarica viene usata a seguito di permanenze subacquee oltre i limiti di non decompressione, per eseguire ricompressioni e successive decompressioni, atte a evitare rischi e complicazioni relative nel caso di mancato rispetto dei tempi limite di immersione, ed eventuali terapie iperbariche nel caso si siano verificati sintomi di malattia da decompressione e sia necessario sottoporre i subacquei colpiti da embolia gassosa arteriosa e/o traumatica (sovradistenzione ed enfisema polmonare), e comunque nei casi in cui sia richiesta una pressione differente da quella atmosferica. Consente quindi di eliminare i disagi e i rischi di una lunga decompressione subacquea in acqua, in casi di pericolo o di situazioni estreme quali quelle necessarie per immersioni professionali o attività esplorative soprattutto in acque fredde.

Attività sportive

Per usare una camera iperbarica in ambito sportivo e professionale per l'effettuazione di decompressioni standard non ci sono particolari limitazioni, tutte le grandi aziende di lavori subacquei, i corallari, alcuni centri di immersione e talvolta navi da crociera per turismo subacqueo operanti in località distanti dai centri iperbarici ne possiedono una. In ambito terapeutico e ospedaliero le norme sono molto esplicative ed è necessaria la presenza di un medico esperto in terapia iperbarica, con almeno cinque anni di esperienza documentata nella specialità (vedi Normativa ISPESL sulle Camere Iperbariche). La direzione dell'impianto deve essere affidata a uno specialista in Anestesia e Rianimazione o a uno specialista in Medicina del Nuoto e delle Attività Subacquee, per la conduzione terapeutica è necessario anche un tecnico iperbarico abilitato; è quindi evidente che l'esecuzione di terapie iperbariche è demandata esclusivamente a personale fornito dei requisiti previsti dalla legge, proprio per la particolarità della branca specialistica e la tipologia dei pazienti che a essa afferiscono.

Attività subacquee

Le prime camere erano state ideate per permettere la decompressione del sommozzatore in ambiente confortevole, soprattutto in seguito a delle lunghe immersioni.

Attualmente nel caso di immersioni subacquee professionali e militari, le camere iperbariche sono ospitate a bordo dei mezzi navali addetti alle attività. I sommozzatori dopo le immersioni le usano per poter effettuare le lunghe soste di decompressione, e nel caso per ottenere eventuali trattamenti di ricompressione direttamente sul posto. La presenza della camera iperbarica in questi casi è indispensabile soprattutto considerando la lontananza o la inesistenza di centri iperbarici presso i luoghi di operazione. Vengono usate le tabelle di decompressione che stabiliscono una esatta e specifica tempistica di sosta e permanenza alle varie quote per un determinato periodo di tempo e pressione a seconda del tempo di permanenza sul fondo e di profondità massima raggiunta. Generalmente nelle immersioni lavorative per scopi civili o militari è prevista per legge la presenza di un impianto iperbarico sul mezzo appoggio, che oltre a eventuali scopi terapeutici ha la finalità di diminuire i tempi di decompressione degli operatori subacquei

La gestione delle operazioni a bordo è tenuta da personale specializzato, spesso gli stessi sommozzatori, con monitoraggio e gradi di allerta elevati e costanti quando i sommozzatori sono in immersione durante le operazioni, e in seguito all'interno della camera durante la soste decompressive.

Con il progresso tecnologico nel campo delle immersioni professionali, essa ha trovato largo utilizzo nelle immersioni in saturazione. Con questa tecnica il sommozzatore è in grado di lavorare per diversi giorni a profondità notevoli e utilizzare la camera da decompressione, o meglio la stazione iperbarica, dotata dei vari necessari comfort, come abitazione, solitamente sistemata sulla nave appoggio e collegabile con campana presurizzabile di trasporto verso il fondo marino (vedi il recupero del Polluce presso l'Isola d'Elba), ed effettuare una sola decompressione alla fine del ciclo di operazioni.

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Una camera iperbarica usata per le immersioni in saturazione

Trattamenti terapeutici

Lo stesso argomento in dettaglio: Ossigenoterapia iperbarica.

L'ossigenoterapia iperbarica viene prescritta dai medici per svariate patologie per alcune delle quali rappresenta colpa grave il mancato ricorso alla Terapia Iperbarica; in Italia l'elenco completo delle patologie trattabili in ambiente iperbarico è stato stilato dalla "Società Italiana di Medicina Subacquea ed Iperbarica" (SIMSI) e recepito dal Ministero della Sanità; vi sono alcune patologie che vengono trattate in fase sperimentale.

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Precauzioni mediche

Nel caso di insorgenza di patologia da decompressione dopo una immersione è opportuno contattare il centro Iperbarico più vicino, avendo cura di idratare l'infortunato (se cosciente far bere almeno 2/3 litri di acqua) e somministrargli ossigeno normobarico a flussi elevati (almeno 10 litri/minuto), sino al trattamento in camera di decompressione. Nel caso di trasporto presso il centro iperbarico con mezzo aereo, il volo deve essere tenuto a bassa quota, per la diminuzione progressiva di pressione atmosferica verso le alte quote e relativo rischio di accelerazione dell'insorgere di embolie.

Nel caso di sospetto di patologia da decompressione, in attesa di raggiungere il più vicino centro iperbarico o di arrivo dei soccorsi, deve essere posizionato in decubito laterale sinistro evitando assolutamente di sollevare le gambe del paziente per il grave rischio di embolizzazione massiva dei territori cerebrali.

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Pericoli e misure di sicurezza

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Nonostante questa serie di utili benefici c'è da considerarne anche la potenziale pericolosità: ci sono stati infatti negli anni diversi incidenti.[2][3]

La pericolosità delle camere iperbariche è data dalla presenza di ossigeno in alte concentrazioni in un ambiente iperbarico. Essendo comburente rende la combustione dei materiali combustibili molto più facile. Un evento di questo tipo nello spazio ristretto della camera e l'impossibilità spesso di aprire rapidamente il portello, tenuto bloccato dalla pressione interna, rende questi incidenti spesso mortali.

Normalmente la camera iperbarica, sia per questioni di sicurezza sia di costi, non viene riempita con ossigeno puro, ma con normale aria compressa. L'ossigeno, se somministrato, viene fornito solo tramite mascherine o erogatori a richiesta molto simili a quelli dei subacquei[4]. Nelle moderne camere iperbariche esiste un sistema di recupero dell'espirato che permette di eliminare al di fuori della camera l'ossigeno espirato in modo da non alterare l'aria interna.

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Camere di decompressione esposte al Museo Navale di Imperia.

Le camere monoposto, utilizzate per particolari patologie, utilizzano un'atmosfera arricchita in ossigeno; si tratta di camere intrinsecamente meno sicure per via della presenza di ossigeno compresso in tutto il volume della camera.[3]

Sono stati fatti diversi studi sulla casistica degli incidenti avvenuti nelle camere iperbariche. Fino agli anni 1960 venivano utilizzati all'interno della camera tessuti infiammabili, seggiolini in legno, lampade a incandescenza, non esistevano sistemi antincendio e l'olio dei compressori entrava nella camera sotto forma di aerosol e si depositava sulle pareti. Prima del 1980 più di metà degli incidenti era causato da problemi elettrici, ma da allora in Europa e Nordamerica sono state prese tutte le precauzioni necessarie tanto che il problema è stato praticamente eliminato.[3]

Attualmente tutte le camere devono soddisfare norme di sicurezza e anche le attrezzature mediche eventualmente da utilizzare (defibrillatori, elettrocardiografi, rianimatori) devono essere dedicate e progettate in modo da non produrre scintille. Il sistema di illuminazione è all'esterno e la luce viene portata all'interno da speciali oblò. L'umidità dell'aria viene mantenuta alta per ridurre l'accumulo di cariche elettrostatiche.[3]

Il pericolo maggiore, in particolare nelle camere monoposto, rimane l'introduzione di oggetti in grado di generare fiamme o scintille. È sufficiente anche indossare abiti o copertine fatte in materiale sintetico che per sfregamento generano elettrostaticità e quindi fiamme.

Per evitare incidenti si sono sviluppate una serie di procedure in grado di ridurre qualsiasi rischio di incendio: da un lato si cerca di ridurre al minimo la quantità di ossigeno nella camera, dall'altro si è migliorato il controllo degli oggetti introdotti dai pazienti, anche attraverso sofisticate tecniche di analisi dell'aria in grado di individuare tracce anche minime di prodotti di combustione. Ai pazienti è assolutamente vietato indossare abbigliamento sintetico e portare con sé qualunque tipo di oggetto che produca o possa produrre una combustione come ad esempio accendini e scaldamani a carbonella. Inoltre a scopo precauzionale si fanno depositare all'esterno anche telefoni cellulari, orologi non subacquei, chiavi, torce, dispositivi alimentati a batteria e in genere tutto ciò che possa essere fonte di calore.

Allo scopo di individuare sul nascere qualunque tipo di combustione in alcune camere è installato un sistema di rilevazione di fumo che attraverso appositi condotti analizza costantemente l'aria della camera.[4]

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Incidenti famosi

  • Nel 1987 Salvatore Iannelli, un bimbo di quattro anni di Napoli sottoposto a trattamento in una camera a ossigeno puro, installata nel 1971, presso l'Ospedale Santobono Pausilipon morì in seguito a un incendio causato da un giocattolo in grado di generare scintille che gli era stato lasciato per farlo stare buono.[5]
  • Il 31 ottobre 1997 presso all'istituto ortopedico "Galeazzi" di Milano, a causa del malfunzionamento del sistema antincendio di una camera iperbarica undici persone furono arse vive e morirono intrappolate all'interno.[6]
  • Il 1º maggio 2009, avvenne un incidente negli Stati Uniti, a Lauderdale-by-the-Sea presso l'"Ocean Hyperbaric Neurologic Center" della Florida, Centro di terapia iperbarica neurologico del Dott. Neubauer, per un incendio verificatosi all'interno della camera iperbarica, e ha coinvolto due cittadini italiani: Francesco Pio Martinisi, di quattro anni, rimasto ustionato sul 90% del corpo e deceduto l'11 giugno e la nonna, Vincenza Pesce, che lo assisteva, anche lei è morta in seguito alle gravissime ustioni riportate. Il fatto ha destato notevole scalpore poiché per il bambino, affetto da una particolare disfunzione neurologica, era stata creata una petizione di raccolta fondi con la creazione di un sito web e di un blog, e per cui si era interessato anche l'ex-presidente della Repubblica Giorgio Napolitano.[7]
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Note

Voci correlate

Altri progetti

Collegamenti esterni

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