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Casa del Fascio (Bolzano)
edificio di Bolzano Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
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L'ex Casa del Fascio di Bolzano (anche Casa Littoria) fu costruita tra il 1939 e il 1942 in stile razionalista su progetto degli architetti Guido Pelizzari, Francesco Rossi e Luis Plattner, quale sede del Partito Nazionale Fascista e delle organizzazioni collaterali del fascismo, in piazza del Tribunale (in ted. Gerichtsplatz; già piazza Arnaldo Mussolini). Dal dopoguerra ospita gli Uffici finanziari dello Stato ed altri enti statali che operano in Provincia di Bolzano.
L'edificio, a forma convessa, si rapporta al Palazzo di Giustizia, posto di fronte, a sua volta eretto tra il 1939 e il 1956 su progetto di Paolo Rossi De Paoli e Michele Busiri Vici, a forma concava.
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Storia
Riepilogo
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L'ex Casa del Fascio conserva sul suo frontone, posto sopra un arengario, un monumentale bassorilievo di Hans Piffrader con al centro il duce a cavallo e nell'atto del saluto romano e con il racconto del «trionfo del fascismo», opera commissionata dal PNF stesso. Essa è costituita da 57 pannelli di larghezza variabile, alti 2,75 metri, posti su due file sovrapposte, per uno sviluppo lineare di 36 metri, una superficie di 198 metri quadrati e un peso totale di circa 95 tonnellate. Tre dei pannelli furono applicati solo nel 1957, essendo rimasta l'opera incompiuta con la caduta del fascismo nel 1943.[1] Le dimensioni complessive del fregio ne fanno probabilmente il bassorilievo più imponente realizzato durante il fascismo e ancora esposto al pubblico.
Nel 2017, analogamente al Monumento alla Vittoria, anche il fregio di Piffrader è stato sottoposto, su iniziativa dell'Amministrazione provinciale altoatesina, a un intervento di storicizzazione e depotenziamento, su progetto artistico di Arnold Holzknecht e Michele Bernardi e con la supervisione di una commissione storica, con l'apposizione di una scritta illuminata che reca una citazione della filosofa Hannah Arendt in tre lingue (ladino, tedesco austriaco, italiano) - «Nessuno ha il diritto di obbedire» - contrapposta al dogma fascista del Credere, obbedire, combattere tuttora presente sul bassorilievo.[2] Sulla piazza stessa è stato installato un infopoint con testi esplicativi, resi in quattro lingue, che spiegano la storia dell'edificio, dell'opera di Piffrader, del contesto urbanistico più complessivo nonché della citazione di Hannah Arendt.[3]
Il progetto di contestualizzazione, oltre a incontrare consensi, fra cui quello del britannico The Guardian, è pure stato avversato, oltre che dai partiti della destra, dalla sezione locale dell'associazione Italia Nostra, arrivando financo a un esposto in Procura contro l'operazione stessa,[4] nonché dal critico d'arte Vittorio Sgarbi.[5]
D'altro canto è stato sottolineato, anche nella percezione internazionale, che il tentativo bolzanino abbia effettivamente superato la sterile dicotomia tra abbattere o invece mantenere in forma invariata i relitti fascisti, con la filosofia dell'aggiungere, risemantizzare, ironizzare e umiliare gli artefatti totalitari, facendone delle risorse democratiche.[6][7]
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Note
Bibliografia
Voci correlate
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