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Ceculo

personaggio dell'"Eneide" di Virgilio Da Wikipedia, l'enciclopedia libera

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Ceculo, o Cecolo (in latino Caeculus), è un personaggio della mitologia romana, figlio di Vulcano e di Preneste.[1]

Fatti in breve Saga, Nome orig. ...

Preneste, mentre stava seduta presso la fucina del nume, fu colpita da una scintilla che la ingravidò; partorì un bambino a cui diede il nome di Ceculo perché aveva gli occhi piccolissimi. Fu quindi da lei esposto vicino ad un tempio di Giove; le sacerdotesse di quel tempio, avendolo trovato quasi morto di freddo, lo portarono per riscaldarlo vicino ad un gran fuoco, il che fece dire ch'egli doveva la vita a Vulcano[2]. Catone nelle Origines dà una versione leggermente diversa della sua parentela col fabbro divino: alcune vergini, andando ad attingere acqua, trovarono Ceculo in mezzo al fuoco e perciò pensarono che egli fosse figlio di Vulcano[3].

Una volta divenuto adulto, Ceculo si mise a capo di una truppa di ladroni ma, stancatosi presto di questo genere di vita, fondò una città nell'antico Lazio, che chiamò Preneste in memoria di sua madre, e ne divenne re. Con l'aiuto del padre Vulcano, la popolò con abitanti provenienti dai dintorni[2].

Ceculo combatté poi alla testa delle sue milizie nell'esercito di Turno contro i Troiani che Enea aveva condotto in Italia. Assieme al condottiero marso Umbrone, lottò eroicamente prima di venire ucciso da Enea[4].

La gens patrizia dei Caecilii pretendeva di discendere da Ceculo.

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