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Chemiotassi

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La chemiotassi (o chemotassi) è un tipo di tassia, un fenomeno biologico che consiste nella capacità di cellule, batteri e altri organismi uni- o pluricellulari di orientare i propri movimenti in risposta alla presenza di specifiche sostanze chimiche nell'ambiente circostante. Il termine deriva dal neologismo composto dai vocaboli greci χημεία (chemeia, "chimica") e τάξις (taxis, "schieramento" o "ordine").

Questo meccanismo è fondamentale per i batteri, che possono così individuare fonti di nutrimento – come il glucosio – e muoversi verso le aree a maggior concentrazione di tali molecole. Negli organismi pluricellulari, la chemiotassi riveste un ruolo cruciale sia nelle prime fasi dello sviluppo – ad esempio nel processo di fecondazione, quando lo spermatozoo si dirige verso l'uovo – sia nelle fasi successive, come durante la migrazione dei neuroni o dei linfociti. È una componente essenziale anche per il mantenimento delle funzioni fisiologiche.

Inoltre, si è osservato che i meccanismi che regolano la chemiotassi possono essere alterati in condizioni patologiche, come nella metastasi tumorale, dove vengono sovvertiti per favorire la dispersione delle cellule cancerose.

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Storia della ricerca sulla chemiotassi

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Pietre miliari nella ricerca chemiotattica

La migrazione cellulare è stata osservata sin dai primi sviluppi del microscopio, grazie ai lavori di pionieri come Antonie van Leeuwenhoek. Tuttavia, una descrizione scientifica rigorosa della chemiotassi non comparve prima degli studi di T. W. Engelmann nel 1881), seguiti da quelli di Wilhelm Pfeffer nel 1884 sui batteri e di Herbert S. Jennings nel 1906 sui ciliati. Anche il premio Nobel Il'ja Il'ič Mečnikov contribuì in modo significativo a questo campo, interpretando la chemiotassi come una fase iniziale del processo di fagocitosi.

L'importanza della chemiotassi in biologia e in medicina clinica venne ufficialmente riconosciuta a partire dagli anni Trenta del XX secolo, quando furono formulate per la prima volta le definizioni chiave del fenomeno. Negli anni Cinquanta, H. Harris approfondì i principali aspetti legati al controllo di qualità delle analisi chemiotattiche. Successivamente, negli anni Sessanta e Settanta, i progressi rivoluzionari della biologia cellulare e della biochimica resero disponibili nuove tecniche sperimentali per lo studio del movimento cellulare e delle componenti subcellulari coinvolte nelle risposte chemiotattiche. Tra gli studi più rilevanti si distinguono quelli di Julius Adler, che hanno rappresentato una svolta nella comprensione dei meccanismi di trasduzione del segnale nei batteri.[1]

Più recente, nel 2006, Dennis Bray dell'Università di Cambridge è stato insignito del Microsoft European Science Award per le sue ricerche sulla chemiotassi in Escherichia coli, riconosciute come un contributo fondamentale alla biologia computazionale e alla comprensione dei sistemi di segnalazione nelle cellule.[2]

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Filogenesi e segnali chemiotattici

La chemiotassi rappresenta una delle risposte fisiologiche cellulari più fondamentali. Fin dalle origini della vita, lo sviluppo di sistemi di rilevamento capaci di riconoscere sostanze vantaggiose o pericolose nell'ambiente ha avuto un ruolo cruciale per gli organismi unicellulari. Studi condotti sul protozoo eucariote Tetrahymena pyriformis, insieme all'analisi delle sequenze di comparsa degli amminoacidi nel brodo primordiale, suggeriscono una correlazione tra il carattere chemiotattico di alcune semplici molecole organiche e le fasi della loro formazione sulla Terra. In particolare, si ipotizza che i primi amminoacidi ad apparire fossero fortemente chemioattrattivi – come glicina, acido glutammico e prolina – mentre quelli comparsi nelle fasi successive, come tirosina, triptofano e fenilalanina, avessero proprietà chemiorepellenti.[3]

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Chemiotassi nei batteri

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I batteri come Escherichia coli possiedono tipicamente da 4 a 10 flagelli per cellula. Questi flagelli possono ruotare in due direzioni, determinando diverse modalità di movimento:

  • rotazione antioraria (counterclockwise): i flagelli si allineano in un unico fascio rotante e il batterio si muove in linea retta (run);
  • rotazione oraria (clockwise): il fascio si disgrega, i flagelli puntano in direzioni diverse e il batterio cambia improvvisamente orientamento con un movimento detto tumble.

Queste rotazioni sono descritte dal punto di vista di un osservatore esterno che guarda verso la cellula.

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Correlazione del comportamento durante il nuoto e la rotazione flagellare di E. coli

Comportamento motile

Il movimento globale di un batterio risulta da un'alternanza di fasi di nuoto rettilineo e tumble. In un ambiente uniforme, questo genera una traiettoria apparentemente casuale simile a un random walk, con brevi tratte diritte interrotte da cambi di direzione casuali.

I batteri non sono in grado di mantenere una traiettoria diritta per più di pochi secondi, a causa della diffusione rotazionale, e non possono scegliere in anticipo la direzione da seguire. Tuttavia, sono capaci di orientare il proprio movimento in presenza di un gradiente chimico, tramite il processo di chemiotassi. Se percepiscono di muoversi verso un attrattante (ad esempio una fonte di cibo), prolungano la fase di movimento rettilineo; se invece si allontanano dalla sorgente desiderata, interompono presto il movimento con un tumble, per cambiare direzione. Questo comportamento si basa sulla percezione temporale della concentrazione chimica: i batteri confrontano continuamente la situazione presente con una recente, determinando se "le cose stanno migliorando o peggiorando".

Questo sofisticato sistema di navigazione, basato su una semplice alternanza di run e tumble, consente ai batteri di individuare e mantenere la posizione grazie a minime variazioni del gradiente di concentrazione.

Struttura del flagello e risposta immunitaria

Il movimento è reso possibile dalla struttura elicoidale del flagello, formato da unità ripetute di una proteina chiamata flagellina, altamente conservata tra i batteri flagellati. L'evoluzione ha dotato i vertebrati di un recettore immunitario (TLR5) che riconosce questa proteina, permettendo loro di rilevare infezioni batteriche.

Alcuni batteri, come quelli del genere Vibrio, possiedono un singolo flagello polare e adottano una strategia chemiotattica diversa. Altri presentano flagelli completamente alloggiati all'interno della parete cellulare e si muovono ruotando l'intera cellula come una vite.[4]

Trasduzione del segnale chemiotattico

I batteri percepiscono i gradienti chimici tramite recettori transmembrana chiamati MCP (methyl-accepting chemotaxis proteins), ognuno dei quali è sensibile a specifiche molecole attrattive o repulsive. Questi recettori trasmettono segnali alla membrana citoplasmatica, dove attivano una cascata di proteine chemiotattiche, note come proteine Che.

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Dimero recettore dell'aspartato

Regolazione dei flagelli

La proteina CheA, una chinasi a istidina, si associa al recettore MCP insieme a CheW. In assenza di attrattanti, CheA si autofosforila e trasferisce il gruppo fosfato a CheY e CheB. Quando CheY è fosforilata, interagisce con la proteina del motore flagellante FliM, inducendo il tumble. In presenza di attrattanti, la fosforilazione di CheA viene inibita, impedendo la fosforilazione di CheY, che non interagisce con il flagello: il batterio continua quindi la sua fase di nuoto rettilineo.

Regolazione dei recettori

CheB, una volta fosforilata da CheA, rimuove gruppi metilici dai residui di glutammato sui recettori, mentre CheR aggiunge gruppi metilici ai medesimi residui. Questo bilanciamento modula la sensibilità del recettore e permette al batterio di adattarsi a diverse concentrazioni di attrattanti nel tempo, creando una sorta di "memoria chimica".

Oltre a questo sistema di metilazione, altre strategie regolatorie – come il clustering dei recettori e le interazioni tra recettori – contribuiscono a mantenere la precisione del segnale in un'ampia gamma di condizioni ambientali.

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Regolazione del recettore
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Chemiotassi eucariotica

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Il meccanismo mediante il quale le cellule eucariotiche effettuano la chemiotassi è profondamente diverso da quello utilizzato dai batteri; tuttavia, in entrambi i casi la percezione dei gradienti chiici rimane un passaggio cruciale.

Nei procarioti, le ridotte dimensioni cellulari impediscono una percezione diretta dei gradienti di concentrazione. Per ovviare a questo limite, essi esplorano l'ambiente mediante un movimento continuo, alternando sequenze di nuoto lineare (run) e rotazioni sul posto (tumble), durante le quali valutano i cambiamenti nella concentrazione chimica.

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A differenza di gradiente rappresentante nei procarioti e negli eucarioti

Al contrario, le cellule eucariotiche, grazie alle loro dimensioni maggiori, sono in grado di rilevare differenze di concentrazione sui due lati della cellula, e quindi di percepire direttamente un gradiente. Ciò porta a una distribuzione asimmetrica e dinamica dei recettori sulla membrana plasmatica: l'attivazione differenziale di questi recettori da parte di molecole chemoattrattive o chemiorepellenti determina la direzione della migrazione cellulare.

Le cellule eucariotiche impiegano diversi meccanismi effettori per muoversi: organismi unicellulari come Amoeba o Tetrahymena utilizzano, rispettivamente, la locomozione ameboide e il movimento ciliato o flagellare.[5][6] Nelle cellule eucariotiche dei vertebrati, in particolare nelle cellule del sistema immunitario (granulociti, monociti, linfociti), la chemiotassi guida lo spostamento verso i siti in cui sono necessarie, analogamente agli organismi unicellulari.

Anche altre cellule, tradizionalmente considerate stazionarie nei tessuti (come mastociti, fibroblasti, cellule endoteliali), possono diventare mobili in particolari condizioni fisiologiche o patologiche, come durante processi infiammatori o metastasi tumorali.

La chemiotassi svolge inoltre un ruolo fondamentale nelle prime fasi dell'embriogenesi: i gradienti di molecole segnale guidano processi cruciali come la formazione e il posizionamento dei foglietti germinativi.

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Motilità

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A differenza dei batteri, il processo mediante il quale le cellule eucariotiche realizzano la chemiotassi non è ancora completamente compreso. Si ritiene che un gradiente di sostanze chemioattrattive esterno venga percepito e tradotto in un gradiente intracellulare di PIP3, che a sua volta attiva vie di segnalazione responsabili della polimerizzazione dei filamenti di actina. L'accrescimento distale di actina determina la formazione di connessioni con la faccia interna della membrana plasmatica, tramite peptidi specifici, portando alla protrusione degli pseudopodi.

Anche i flagelli o le ciglia delle cellule eucariotiche possono contribuire alla chemiotassi, sebbene in questo il meccanismo sia per lo più dipendente da variazioni di concentrazioni di ioni calcio che influenzano l'attività dei microtubuli nei corpi basali e nel tipico fascio 9×2+2 dei microtubuli ciliare. Il movimento coordinato di centinaia di ciglia è sincronizzato da un complesso sistema di connessioni sottomembrana tra i corpi basali. Tuttavia, i dettagli di questa via di segnalazione rimangono ancora in gran parte sconosciuti.

Forme correlate di locomozione cellulare

Oltre alla chemiotassi, esistono altre forme di migrazione cellulare indotte da segnali chimici:

  • chemiochinesi: è la risposta locomotoria indotta da molecole nell'ambiente, ma priva di orientamento direzionale. L'intensità e la frequenza del movimento non mostrano relazione con un gradiente spaziale;
  • aptotassi: a differenza della chemiotassi classica, il gradiente della sostanza attrattiva è legato a una superficie e non disperso in soluzione. La matrice extracellulare (ECM) rappresenta la principale superficie biologicamente attiva nella quale avvengono processi aptotattici, come la migrazione transendoteliale e l'angiogenesi;
  • necrotassi: è una forma particolare di chemiotassi guidata da sostanze rilasciate da cellule necrotiche o apoptotiche. A seconda delle molecole coinvolte, può attrarre o respingere altre cellule, sottolineando il rilevante impatto fisiopatologico di questo meccanismo.
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Risposte migratorie correlate alla chemiotassi

Recettori coinvolti

Le cellule eucariotiche percepiscono i segnali chemiotattici principalmente tramite recettori accoppiati a proteine G di tipo serpentino (a 7 domini transmembrana, una classe molto ampia che rappresenta una porzione significativa del genoma. Alcuni membri di questa famiglia agiscono nella visione (rodopsine) o nell'olfatto.

Tra le principali categorie di recettori chemiotattici troviamo:

  • recettori per formil-peptidi (FPR), attivati da peptidi di origine batterica;
  • recettori per chemiochine (CCR, CXCR), responsabili della risposta diretta a specifiche chemiochine;
  • recettori per leucotrieni (BLT), associati ai mediatori lipidici prodotti dalla via dell'acido arachidonico.

Anche recettori destinati ad altri ligandi (ad esempio amminoacidi, insulina, peptidi vasoattivi) possono indurre migrazione cellulare.

Selezione chemiotattica

Alcuni recettori chemiotattici sono espressi in modo costante, determinati geneticamente; altri invece vengono assemblati rapidamente solo in presenza del ligando. Questa differenza permette di distinguere, tramite specifici test sperimentali, se una molecola non caratterizzata agisce tramite un recettore stabile o inducibile. Il termine "selezione chemiotattica" è inoltre utilizzato per indicare una tecnica di separazione cellulare che discrimina tra cellule eucariotiche e procariotiche in base alla loro risposta ai ligandi.[7]

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Schema di selezione chemiotattica

Ligandi chemiotattici

I ligandi chemiotattici sono numerosi e comprendono sia molecole primarie che secondarie. Tra i principali tipi:

  • formil-peptidi: piccoli peptidi derivanti da batteri, come l'N-formilmetionil-leucil-fenilalanina (fMLF), capaci di richiamare granulociti e monociti;
  • complemento C3a e C5a: frammenti della cascata del complemento, coinvolti nella chemiotassi dei neutrofili e monociti;
  • chemiochine: citochine con dominio strutturale specifico e distinta specificità cellulare; le CC agiscono sui monociti (es. RANTES), le CXC sui neutrofili (es. IL-8). La loro struttura tridimensionale spesso prevede la formazione di dimeri che ne amplifica l'attività;
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Struttura delle classi di chemiochine
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Struttura tridimensionale delle chemiochine
  • leucotrieni: mediatori lipidi, tra cui il leucotriene B4 (LTB4), con potente effetto chemioattrattante sui leucociti, soprattutto nei processi infiammatori e allergici.
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Adattamenti dei raggi d'azione chemiotattici (CRF)

Le risposte chemiotattiche derivanti dall'interazione ligando-recettore sono generalmente caratterizzate dalla concentrazione ottimale ed efficace del ligando, che induce la massima risposta cellulare. Tuttavia, non è solo la concentrazione a determinare la risposta: anche l'ampiezza del segnale – espressa sia come intensità che come proporzione di cellule che reagiscono rispetto al totale – rappresenta un parametro distintivo nel comportamento chemiotattico.

Studi condotti su diverse famiglie di ligandi, come amminoacidi e oligopeptidi, hanno evidenziato che esiste una correlazione tra l'estensione del raggio d'azione (ossia lo spazio entro cui si manifesta la risposta) e la natura del segnale: le sostanze chemiotattiche tendono a generare ampi raggi d'azione, coinvolgendo un numero maggiore di cellule, mentre le sostanze chemiorepellenti inducono risposte più localizzate, con raggio d'azione ristretto.

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Rappresentazione schematica dell'intervallo di adattamento chemiotattico (CRF)
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Significato clinico

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Un'alterazione del potenziale migratorio delle cellule può avere un ruolo determinante nello sviluppo di numerosi sintomi e sindromi cliniche. La chemiotassi disfunzionale di patogeni, sia extracellulari (come Escherichia coli) sia intracellulari (come Listeria monocytogenes), costituisce a sua volta un importante bersaglio terapeutico. La modulazione farmacologica della capacità chemiotattica di tali microrganismi può, infatti, ridurre o inibire l'insorgenza e la diffusione di infezioni.

Oltre alle patologie infettive, esistono anche condizioni nelle quali una chemiotassi ridotta rappresenta il fattore eziologico primario. Un esempio significativo è la sindrome di Chédiak-Higashi, una rara malattia genetica in cui la formazione di vescicole giganti all'interno delle cellule compromette la normale capacità migratoria dei leucociti, determinando un aumento della suscettibilità alle infezioni.

Ulteriori informazioni Tipo di malattia, Chtx. aumentata ...
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In via di pubblicazione

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La ricerca sulla migrazione cellulare – così illustrato nel capitolo "Storia della ricerca sulla chemiotassi" – richiede l'impiego integrato di tecniche classiche e moderne. L'esistenza di un archivio dedicato offre l'opportunità di raccogliere e rendere accessibili nuovi dati, utili tanto alla ricerca di base quanto alle applicazioni climiche e biotecnologiche.

Negli ultimi 20-25 anni, in conseguenza dei fattori precedentemente descritti, si è assistito a un notevole incremento delle pubblicazioni dedicate specificamente alla chemiotassi. Tuttavia, anche studi condotti in altri ambiti – come genetica, biochimica, fisiologia cellulare, patologia e scienze cliniche – spesso contengono dati pertinenti al fenomeno della migrazione cellulare o, più nello specifico, della chemiotassi.

Una curiosità emerge dall'analisi della letteratura scientifica sulle diverse forme di tassia: tra le molteplici varianti – come termotassi, geotassi e fototassi – gli studi sulla chemiotassi risultano di gran lunga più numerosi. Questo dato sottolinea chiaramente la centralità della chemiotassi nella biologia e nella medicina, dove rappresenta un processo chiave tanto nei meccanismi fisiologici quanto nelle patologie.

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Ricerca della migrazione cellulare - Attività in pubblicazioni
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Misura della chemiotassi

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Un vasto insieme di tecniche è oggi disponibile per valutare l'attività chemiotattica delle cellule, nonché il carattere chemioattrattivo o chemiorepellente dei ligandi. Alla base di una corretta misurazione devono essere soddisfatte le seguenti condizioni:

  1. i gradienti di concentrazione devono potersi formare relativamente e mantenersi stabili per un periodo adeguato;
  2. le attività chemiotattiche devono essere chiaramente distinguibili da quelle chemiocinetiche;
  3. le cellule devono poter migrare liberamente lungo l'asse del gradiente, sia verso che lontano dal punto di massima concentrazione;
  4. le risposte osservate devono derivare unicamente dalla migrazione attiva delle cellule.

Sebbene non esista ancora un esperimento chemiotattico "ideale" che soddisfi tutte queste condizioni in modo assoluto, sono disponibili diversi protocolli e dispositivi che vi si avvicinano in modo soddisfacente. Le tecniche più comunemente utilizzate includono:

  • esperimenti su piastre di agar – ad esempio le camere PP;
  • tecniche a due camere – come la camera di Boyden (o filtro di migrazione), la camera di Zigmond, le camere di Dunn e altri sistemi multilivello o basati su capillari;
  • altri approcci sperimentali – come il sistema a T (T-maze), la tecnica dell'opalescenza o esperimenti di orientamento.

Note

Voci correlate

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