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Lapide di Polla
lapide di Polla Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
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La lapide di Polla (detta anche marmo di Polla, cippo di Polla),[1] in latino lapis Pollae, è un'epigrafe in lingua latina incisa su una lastra in marmo di 70 cm di altezza per 74 cm di larghezza, il cui nome deriva dal luogo del rinvenimento, avvenuto nella località di San Pietro di Polla (nell'attuale provincia di Salerno). Il reperto è la più importante testimonianza scritta sulla strada romana che univa Capua a Reggio Calabria, comunemente nota come Via Capua-Rhegium (o Via Annia Popilia). Uno studio del contenuto e della sua rilevanza storica, accanto all'annalisi paleografica ed epigrafica la collocano con certezza nella prima metà del II sec. a.C.
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Il corpus dell'iscrizione
Riepilogo
Prospettiva
Il testo dell'iscrizione può essere diviso in diverse parti:
- la prima presenta la struttura di un'iscrizione relativa ad opera pubblica: menziona la costruzione della via, l'edificazione dei suoi ponti e l'apposizione dei miliarii e tabellarii lungo il percorso;
- la seconda parte informa sulle distanze che separano il punto in cui era collocata dalle città di Nuceria e Capua verso nord, Muranum, Cosenza, Vibo Valentia, lo Stretto (vi si menzionano le mansiones[2] "Ad Statuam Ad Fretum") e Reggio verso sud. Infine viene indicata la distanza totale da Capua a Reggio (321 miglia);
- la terza parte contiene un autoelogio in cui l'autore si attribuisce il merito, da governatore della Sicilia, della riconsegna di 917 schiavi sfuggiti ai legittimi proprietari e della prima distribuzione, agli agricoltori, di quote di agro demaniale sottratto ai pastori;
- la quarta ed ultima aggiunge inoltre la notizia della fondazione, in quel luogo e ad opera dello stesso magistrato, di un foro e di edifici pubblici.
Qui di seguito si propone l'immagine, il testo e una traduzione dell'iscrizione:
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Ipotesi di identificazione e datazione
Riepilogo
Prospettiva
Il magistrato non è nominato nell'epigrafe o, più probabilmente, il suo nome era inciso su un altro blocco di testo andato perduto. Sono state avanzate delle ipotesi di attribuzione, per giungere ad una data di costruzione della strada:
- Il riferimento alla riconsegna degli schiavi potrebbe collegarsi alla prima rivolta servile siciliana del 135-132 a.C., mentre le concessioni demaniali agli agricoltori potrebbero riferirsi alle distribuzioni di quote di ager publicus, di cui si ha notizia certa nella regione, avvenute in quell'epoca a seguito della riforma agraria di Tiberio Gracco. Questi elementi sono alla base dell'ipotesi avanzata dal Mommsen, la più autorevole, che individua il magistrato in Publio Popilio Lenate, console del 132 a.C., che avrebbe fondato quel Forum Popilii, segnato sulla Tabula Peutingeriana;
- l'analisi dei caratteri paleografici e linguistici induce altri studiosi a retrodatarla alla prima metà del II secolo a.C. e quindi ad identificare il costruttore in Marco Popilio, console nel 173 a.C.;
- il rinvenimento presso Vibo Valentia di un milliario con il testo "CCLX / T(itus) Annius T(iti) f(ilius) pr(aetor)" [4] e l'esistenza di un forum Anni, fa propendere altri studiosi, tra cui Vittorio Bracco[5], verso una diversa ipotesi: l'artefice dell'opera viaria sarebbe stato il console Tito Annio Lusco, in carica nel 153 a.C., o Tito Annio Rufo, in carica nel 131 a.C.
- il tentativo di superare la discrasia tra le due iscrizioni ha suggerito infine la possibilità che Publio Popilio Lenate, promotore dell'opera, non sia tuttavia riuscito a completarla prima della scadenza del suo consolato del 132 a.C. A terminarla sarebbe stato Tito Annio Rufo, uno dei pretori del 131 a.C. Ciò però sembra molto improbabile, dato che la via sarebbe stata iniziata da Reggio, e l'iniziatore, come si evince dal citato cippo miliare, fu un Tito Annio, figlio di Tito, con la carica di pretore.
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Note
Bibliografia
Voci correlate
Altri progetti
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