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Codice fiorentino
manoscritto miniato contenente la "Historia general de las cosas de la Nueva España" di Bernardino de Sahagún Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
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Il cosiddetto Codice fiorentino contiene l'ultima redazione, l'unica bilingue (spagnolo e nahuatl), della Historia general de las cosas de la Nueva España, scritta da frate Bernardino de Sahagún.
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Storia e descrizione
Riepilogo
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Il frate giunse in Messico nel 1529 e dal 1559 iniziò a raccogliere delle testimonianze indigene. Nel 1569 probabilmente terminò la stesura della prima redazione, mentre il codice che possediamo attualmente venne riscritto negli anni 1576-1577. Inizialmente fu inviato a Martín Enríquez de Almansa, viceré della Nuova Spagna, ma il re Filippo II di Spagna ne dispose il sequestro nel 1577,[1] non restituendolo più al religioso nonostante le sue insistenze.
In quegli anni si stava svolgendo la conquista spagnola del Portogallo, in cui il granduca di Toscana Francesco I stava offrendo al re spagnolo un grande aiuto economico e militare. Per questo Filippo II, conoscendo anche la passione per le scienze naturali e le curiosità provenienti da mondi lontani del suo alleato, regalò al granduca il manoscritto di Sahagún, anche come approvazione per la sua decisione di sposarsi pubblicamente con Bianca Cappello il 12 ottobre 1579. Il codice è dunque chiamato "fiorentino" perché è tuttora conservato nella Biblioteca Medicea Laurenziana di Firenze, anche se l'interesse per quest'opera si è risvegliato soltanto di recente.
La Historia general de las cosas de la Nueva España, titolo probabilmente spurio,[1] si compone di dodici volumi: i libri I, II e III trattano degli dei aztechi; i libri IV, V e VII di astrologia e divinazione; i libri VIII, IX e X descrivono la società e la vita quotidiana azteca; il libro XI descrive gli animali, le piante ed i minerali del Messico. Infine, i libri VI e XII non rientrano pienamente nel piano dell'opera originario dell'autore. Sahagún vi riportò del materiale che aveva raccolto prima di iniziare a lavorare alla Historia, ovvero gli huehuetlatolli ("Parole degli anziani"), un insieme di modi di dire che costituivano una sorta di filosofia morale degli Aztechi - libro VI - e la versione indigena del racconto della conquista.[1]
Sebbene Sahagún non rinneghi mai il valore morale della conversione al Cristianesimo delle popolazioni indigene, espresse nella Historia numerose critiche al disordine sociale introdotto dalla conquista spagnola della Nuova Spagna. Per questa ragione, con ordinanza regia fu vietata la lettura e la pubblicazione del manoscritto, e l'opera sarà pubblicata soltanto nel XIX secolo.[1]
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Note
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