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Comunità ebraica di Ancona

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Comunità ebraica di Ancona
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La comunità ebraica di Ancona è una delle più antiche e significative comunità ebraiche d'Italia, risalente ad almeno 2000 anni fa: anche prima della diaspora, gruppi di ebrei, sudditi dell'Impero romano si erano stanziati ad Ancona. Visse i suoi periodi di massimo splendore nel Medioevo, all'epoca della Repubblica marinara di Ancona, e nel Settecento, dopo la concessione del porto franco.

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Prospetto principale e ingresso della sinagoga di Ancona
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Storia

Riepilogo
Prospettiva

L'origine della comunità ebraica di Ancona è antichissima: già in Età antica, all'epoca della Repubblica Romana, era presente in città un folto gruppo di cittadini di fede ebraica, che si accrebbe nel 45 d.C. a causa dell'espulsione da Roma di tutti gli ebrei, accusati di aver provocato tumulti, e ancor più subito dopo la Caduta di Gerusalemme, nell'anno 70[1]. Risale a quest'epoca la diffusione in città del rito italiano, tuttora testimoniato dalla sinagoga di via Astagno[2].

Nel Medioevo, la presenza di ebrei è ricordata già prima del Mille. Nei secoli seguenti essa si andò espandendo per l'importanza del porto e dei rapporti commerciali con il Levante. Nel 1428 venne aperto il cimitero ebraico, attivo sino all'Unità d'Italia. Durante tutta l'epoca della Repubblica marinara la comunità ebraica fu una delle principali della città.

Nel 1532 la Repubblica di Ancona fu assoggettata allo Stato della Chiesa e ciò portò nel 1555 all'istituzione del ghetto, per volontà di papa Paolo IV, e ad episodi di intolleranza che culminarono l'anno successivo nella condanna al rogo di venticinque marrani nell'odierna piazza Enrico Malatesta (Campo della Mostra). L'evento provocò vaste proteste internazionali e un boicottaggio commerciale di due anni del porto di Ancona. Con l'espulsione degli ebrei dai territori della Chiesa del 1569, Ancona rimase con Roma l'unica città pontificia nella penisola in cui essi poterono rimanere.

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Via Astagno, la principale del ghetto di Ancona

La comunità rimase numerosa e prospera nel Seicento e nel Settecento, specie dopo il 1732, in seguito alla concessione del porto franco da parte di papa Clemente XII e l'affidamento all'architetto Luigi Vanvitelli di un progetto di ampliamento del porto e del miglioramento delle sue infrastrutture.

Nel settecento la comunità ebraica di Ancona era demograficamente tra le più importanti d'Italia, insime a quella di Venezia, Mantova, Ferrara e Roma[3].

L'arrivo delle truppe francesi nel 1796 fu salutato con entusiasmo dagli ebrei anconetani, che videro abbattuti i cancelli del ghetto. Tre di essi, Sanson Constantini, David e Ezechiele Morpurgo, furono eletti nel nuovo consiglio comunale. La restaurazione riportò alla chiusura del ghetto e un'ondata di repressione nei confronti della comunità ebraica che terminò solo nel 1831. Trent'anni più tardi Ancona sarà annessa al nuovo Stato italiano e le discriminazioni cessarono. Nella metà dell'Ottocento l'antica area del ghetto fu soggetta ad ampi lavori di rinnovamento che ne alterarono la struttura, ad eccezione dell'area di via Astagno e via del Bagno. Proprio in via Astagno si trovano le due sinagoghe, che rappresentano i più importanti monumenti della presenza ebraica ad Ancona.

Agli inizi del Novecento la comunità di Ancona contava 1.800 persone, oggi ridotte a 400. Hanno pesato l'emigrazione e le persecuzioni razziali dell'Olocausto.[4] Ha avuto come rabbino capo alcuni dei più influenti rabbini italiani come Elio Toaff e recentemente, Giuseppe Laras.

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Le sinagoghe

Lo stesso argomento in dettaglio: Sinagoghe di Ancona.

Sei sinagoghe si sono susseguite nel corso dei secoli ad Ancona: tre di rito levantino e tre di rito italiano. Dal 1876 la sinagoga levantina e quella italiana sono riunite in un unico edificio, in via Astagno.

Il ghetto

Il ghetto di Ancona si estende nel Rione Capodimonte. Il portone principale del ghetto si trovava in via del Calamo, attuale Corso Mazzini, all'inizio di via Lata. Era formato da strette vie che si arrampicavano verso il colle Astagno: via Lata, via Astagno, via del Traffico, via Bagno, vicolo Strettura[5]. Tra i palazzi più notevoli si deve ricordare Palazzo Ajò e Palazzo Buenos Ayres. Con l'apertura di Corso Vittorio Emanuele (attuale corso Garibaldi), nel 1862, e di Corso Stamira, nel 1930, l'area del ghetto si trovò divisa dalle nuove vie. Come in tutti i ghetti, quando la popolazione aumentava, si dovevano alzare le case perché non era possibile abitare all'esterno; ciò portò all'aspetto attuale della zona, con vie strette e palazzi molto alti.

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Il Campo degli Ebrei

Il Campo degli Ebrei

Lo stesso argomento in dettaglio: Parco del Cardeto § Campo degli Ebrei.

Nella città di Ancona esiste un antico cimitero ebraico, il Campo degli Ebrei, situato nell'attuale Parco del Cardeto, nella sella tra il Monte Cappuccini e Monte Cardeto. Sorse nel 1428 e fu attivo sino all'Unità d'Italia. È tra i cimiteri ebraici più grandi e meglio conservati d'Europa. L'ampio prato, a picco sul mare, è dolcemente inclinato verso Gerusalemme, e tutti i cippi hanno le scritte volte ad est, così come vuole la tradizione.

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Note

Bibliografia

Voci correlate

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