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Danae (Tiziano Vienna)

dipinto di Tiziano conservato nel Kunsthistorisches Museum di Vienna Da Wikipedia, l'enciclopedia libera

Danae (Tiziano Vienna)
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Danae è un dipinto a olio su tela (135x152 cm) realizzato nel 1554 dal pittore italiano Tiziano Vecellio.

Fatti in breve Autore, Data ...

È conservato nel Kunsthistorisches Museum di Vienna.

È una delle numerose versioni che nel corso degli anni Tiziano realizzò, a partire dalla prima Danae, conservata presso il Museo di Capodimonte a Napoli.

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Storia

Riepilogo
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Questa versione della Danae è stata per anni ritenuta opera di bottega. Dopo il recente restauro operato dal Kunsthistorisches Museum di Vienna, i critici la ritengono opera di Tiziano e aiuti[1]. Come si sa, il quadro è la rappresentazione del mito di Danae, e la prima versione della tela risale al 1545. Tiziano risentì sicuramente, nella composizione, dei modelli michelangioleschi – la Leda, la Notte – ma anche[2] di analoghe tele del Correggio[3], o del Giorgione[4]. In seguito il tema fu trattato da vari artisti fra i quali Rembrandt[5], Van Dyck[6] e Klimt[7].

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Gustav Klimt, Danae, 19071908, Olio su tela, 77 x 83, Vienna, Collezione privata

È l'unica versione firmata (Titianus. Aeques. Caes.); nulla sappiamo sulla sua committenza. La ritroviamo nel 1600 fra le tele che il Cardinal Montalto inviò all'Imperatore Rodolfo II a Praga. Rispetto alle precedenti versioni possiamo notare:

  • la presenza nella nuvola della testa di Giove;
  • monete d'oro al posto della pioggia dorata;
  • la guardiana, di lato alla Danae, raccoglie le monete con un bacile.

Robert Wald[8] ha studiato la genesi delle varie versioni della Danae servendosi anche dei raggi X. Ebbene, secondo questo studioso, la presenza di cassoni e domestici, poi occultati, sullo sfondo della Danae di Napoli fa pensare ad una diretta derivazione compositiva dalla Venere di Urbino[9]. La Danae successiva, di Madrid, è eseguita con variazioni sulla base del cartone della tela napoletana e servirà come base per questa versione di Vienna: la posizione della megera in radiografia è la stessa della versione spagnola.

È Vasari, del resto, che ci trasmette la percezione di un'avvenuta mutazione. Visitando la bottega di Tiziano nel 1566 ci dice che «il modo di fare che tenne in queste ultime [opere], è assai differente dal fare suo da giovane […] condotte di colpi, tirate via di grosso e con macchie, di maniera che dapresso non si possono vedere, e di lontano appaiono perfette[10]». Anche la tecnica di interventi successivi, confermata dalle recenti radiografie, è già nella testimonianza di Marco Boschini che cita Palma il Giovane quale testimone: Tiziano abbozzava la tela con una gran massa di colore, lasciava il quadro anche per mesi, poi lo riprendeva e «se faceva di bisogno spolpargli qualche gonfiezza o soprabondanza di carne, radrizzandogli un braccio, se nella forma l'ossatura non fosse così aggiustata, se un piede nella positura avesse preso attitudine disconcia, mettendolo a lungo, senza compatir al suo dolore, e cose simili. Così operando, e riformando quelle figure, le riduceva nella più perfetta simmetria che potesse rappresentare il bello della natura, e dell'arte.[11]

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Altre versioni

E ancora:

Note

Bibliografia

Voci correlate

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