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Amministrazione finanziaria
insieme delle strutture amministrative che si occupano della gestione delle entrate di uno Stato Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
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L'amministrazione finanziaria (identificata anche come fisco) è l'insieme delle strutture amministrative che si occupano della gestione delle entrate di una organizzazione privata o pubblica (come ad esempio uno Stato).
Storia
Il termine fisco (fiscus in latino, "cesto", "cassa") indicava originariamente la cassa ed il tesoro privato dell'imperatore romano, distinto dall'aerarium (da aes, aeris, cioè "rame, bronzo, denaro, tesoro")
Terminologia
Nel linguaggio corrente questo tipo di pubblica amministrazione viene indicata con i termini:
Nel mondo
Italia
Al vertice vi è il Ministero dell'economia e delle finanze (MEF).
Al MEF sono collegate tre Agenzie, dette Agenzie Fiscali, in stretto coordinamento con il Ministro ma del tutto autonome:
- Agenzia delle entrate, che si occupa dei tributi dello Stato (dal 2012 incorpora l'Agenzia del territorio, che gestisce i servizi catastali e cartografici, i servizi di pubblicità immobiliare, i servizi tecnici estimali e l'Osservatorio del Mercato Immobiliare);
- Agenzia del demanio, che si occupa dei beni demaniali dello Stato;
- Agenzia delle dogane e dei monopoli, che gestisce l'ambito doganale dello Stato, che dal 2012 incorpora anche l'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato (AAMS).
Un particolare settore dell'Amministrazione delle Finanze è rappresentato dalla Guardia di Finanza, Corpo di polizia economico-finanziaria e giudiziaria.
Il Rapporto tra Fisco e contribuente
Riepilogo
Prospettiva
Il comma 1 dell'articolo 10, L. 212/2000 (Statuto dei diritti del contribuente), recita che i rapporti tra contribuente e amministrazione finanziaria sono improntati al principio della collaborazione e della buona fede, formalizzando l'evoluzione di tale rapporto.[1]
Il sistema tributario infatti si è evoluto verso un modello che attribuisce al contribuente un ruolo più attivo, rispetto alla previgente normativa, L. 14 luglio 1864, n. 1830, secondo la quale il rapporto tra contribuente e amministrazione era caratterizzato da un’impostazione prevalentemente unilaterale[2]. Oggi l'accento è posto sulla dinamica collaborativa.
Rileva, altresì il principio della buona fede oggettiva, scolpito nell'articolo 10. La buona fede oggettiva è dunque divenuta un principio guida non solo nei rapporti tra privati, ma anche nei rapporti pubblici. In particolare nel rapporto tra contribuente e Amministrazione finanziaria. Infatti, il comma 1 dell'art. 10, L. 212/2000 recita quanto segue: “I rapporti tra contribuente e amministrazione finanziaria sono improntati al principio della collaborazione e della buona fede.”[3]
Tale norma prevede dunque che i rapporti tra amministrazione e contribuenti debbano essere improntati al rispetto della buona fede, elevando quest'ultima a regola di comportamento, in vista di un rapporto tributario più funzionale ed efficiente. Tale regola si risolve essenzialmente nel divieto di approfittare dell'errore del contribuente causato dall'agire dell'amministrazione.[4]
Questa norma rappresenta un vincolo giuridico concreto per l’Amministrazione, che deve quindi conformare la propria azione ai principi di correttezza, prevedibilità e coerenza, di cui agli artt. 3, 23, 53 e 97 Cost.[5]
Tali principi impongono all’Amministrazione comportamenti tali da non deludere le aspettative legittimamente generate nel contribuente.[6]
Il legittimo affidamento si configura, quindi, come una situazione soggettiva meritevole di tutela, in presenza di comportamenti dell’Amministrazione suscettibili di generare una ragionevole aspettativa circa la correttezza di una determinata condotta.[7]
In particolare, il comma 2 dell’art. 10[8] prevede che non siano dovuti sanzioni e interessi quando l’inadempimento del contribuente derivi da:
- atti dell’Amministrazione poi modificati;
- ritardi dell'Amministrazione;[9]
- omissioni o errori dell'Amministrazione.[10]
La buona fede oggettiva richiede comportamenti leali, coerenti, trasparenti e rispettosi delle aspettative legittime altrui.[11]
Come ha affermato, anche recentemente, l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato 4 maggio 2018, n. 5: "Nello svolgimento dell’attività autoritativa, l’amministrazione è tenuta a rispettare oltre alle norme di diritto pubblico [...], anche le norme generali dell’ordinamento civile che impongono di agire con lealtà e correttezza."[12]
Il sopracitato comma 1 dell'art. 10, L. 212/2000 è anche espressione del principio di collaborazione.[13]
Tale norma formalizza infatti l'evoluzione del rapporto tra Fisco e contribuente, verso una prospettiva più collaborativa. Il sistema tributario si è evoluto verso un modello che attribuisce al contribuente un ruolo più attivo, rispetto alla previgente normativa, L. 14 luglio 1864, n. 1830, secondo la quale il rapporto tra contribuente e amministrazione era caratterizzato da un’impostazione prevalentemente unilaterale.[14]
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Note
Voci correlate
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