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Incontro al Central Park

film del 1965 diretto da Guy Green Da Wikipedia, l'enciclopedia libera

Incontro al Central Park
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Incontro al Central Park (A Patch of Blue) è un film drammatico del 1965 del regista Guy Green.

Fatti in breve Titolo originale, Paese di produzione ...
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Trama

Dopo aver perduto la vista per un incidente occorsole durante una lite fra i suoi genitori, Selina prosegue la sua vita in compagnia della madre, una donna sciupata e inacidita dalle miserie che ha vissuto, e del nonno paterno, un vecchio alcolizzato andato a vivere con loro dopo che il padre della ragazza ha abbandonato la famiglia.

Un giorno Selina convince il nonno a portarla al parco e qui conosce Gordon Ralfe, un giovane afroamericano, istruito ed intelligente, che rimane affascinato da questa ragazza genuinamente intenzionata a non accontentarsi di continuare a vivere nell'ambiente ottuso in cui è sempre stata costretta. Superate le violente proteste della madre, il ragazzo prende Selina con sé e la porta in un istituto per ciechi dove potrà avere un'istruzione e conoscere altre persone, promettendo alla giovane che se, al termine dei suoi studi lo vorrà ancora, allora si sposeranno, ma non prima che ella abbia conosciuto il mondo e si sia accertata che Gordon è davvero il marito che desidera.

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Produzione

Accoglienza

Critica

«[...] Sarebbe un melodramma insopportabile — e in parte lo è — se i rapporti tra i due giovani non fossero descritti con gentilezza e pudore. Più che del regista inglese Guy Green, che ha anche sceneggiato un soggetto, per lui inconsueto, tratto da un romanzo di Elizabeth Kata, il merito è dei due protagonisti: l'esordiente Elizabeth Hartman e l'eccellente Sidney Poitier. Entrambi, nonostante la accumulazione degli effetti o forse proprio per questo, in un'interpretazione da Oscar, come quella — tutta gigioneria — dell'anziano Wallace Ford (il nonno). Ma la statuetta è toccata a Shelley Winters per il personaggio della madre snaturata: a dire il vero, non compare spesso, ma quando le tocca si scatena con una violenza istrionica che riesce persino a non tradire l'artificio. È necessario aggiungere che, nonostante gli scivoloni in un naturalismo da quattro soldi, il film dà la polvere a quelle ignobili birbonate dell'orrore e della violenza che costringono gli spettatori non del tutto abbrutiti a tenersi alla larga dal cinema, e non soltanto in queste settimane di carestia.»
«A Patch of Blue, per «angelicare» Poiter ripesca i più triti luoghi comuni del romanzo naturalista alla Zola: quartieri periferici sporchi e angusti, i due genitori emblematici di una situazione di vizio creata dall'ambiente, la fanciulla vittima incolpevole come una nuova Gervaise, situazioni melodrammatiche a ogni passo. Guy Green, medio regista inglese al suo esordio americano, ha levigato un po' la frusta materia con un ritmo garbato di racconto e una recitazione misurata che riescono in qualche modo ad attutire la letterarietà dell'insieme. (La Winters per questo film ha vinto l'«Oscar» come migliore caratterista, e di fatti offre una consistente rappresentazione della donna di facili costumi sfiorita e sfatta: ma altrove ci è parsa più penetrante ed originale).»
«Meno male che ogni tanto si rende disponibile una pellicola «sociale» per cineforum e circoli della parrocchietta. Guy Green, già autore dell'ignobile La congiura del silenzio [...] offre alle signorine di buona famiglia e ai curati di campagna una nuova occasione: la storia del negro poverino che aiuta un'infelice ragazza bianca cieca (la quale, ovviamente, ignora la sua identità razziale) e che poi si allontana da lei quando questa «verità» esplode. Non c'è peggior razzismo di quello all'insegna del miele e delle rose. Però, frutta un premio Oscar.»
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Riconoscimenti

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Note

Collegamenti esterni

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