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Le serate di San Pietroburgo
dialoghi di Joseph de Maistre Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
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Le serate di San Pietroburgo o Colloqui sul governo temporale della Provvidenza (Les soirées de Saint-Pétersbourg, ou Entretiens sur le gouvernement temporel de la Providence), in alcune traduzioni italiane Le serate di Pietroburgo, Le veglie di San Pietroburgo o Le notti di Pietroburgo[1], è un dialogo[2], capolavoro letterario di Joseph de Maistre, pubblicato postumo dal figlio Rodolphe nel 1821. Nell'opera, suddivisa in undici colloqui fra tre personaggi immaginari, (il Conte, piemontese; il Senatore, russo; il più giovane Cavaliere, francese) si mettono in scena discussioni fra i tre detti personaggi, che si trovano ad affrontare i più svariati temi relativi al senso della vita, della morte e della storia, oltre che del bene e del male e delle loro conseguenze.
Probabilmente il personaggio del Conte è il de Maistre stesso e gli altri due personaggi sono ispirati a persone che l'autore conobbe durante il suo soggiorno a San Pietroburgo a causa dell'esilio patito a seguito dei successi napoleonici in Europa, anche se secondo alcuni il De Maistre sarebbe sia il Conte che il Senatore, rappresentandone il primo l'animo cattolico ed il secondo quello esoterico[3].
Il testo è spesso citato per il famoso "elogio del boia" presente al suo interno.
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Contenuto
Riepilogo
Prospettiva
L'opera è considerata il capolavoro del pensiero reazionario e controrivoluzionario. Nello stesso vengono criticate le espressioni politiche, filosofiche, scientifiche e letterarie moderne con i loro ineluttabili eccessi secolaristi e irreligiosi, contrapponendo alle stesse le verità tradizionali, la dottrina cattolica e la filosofia cristiana (platonica e aristotelico-tomistica).
Fra i filosofi più bersagliati dalla pungente penna del de Maistre ci sono soprattutto Voltaire e Locke, esponenti dell'illuminismo che aveva causato la Rivoluzione francese, considerata il peggiore dei mali ed un castigo per i peccati e la poca Fede dell'Europa e della Francia.
Primo colloquio
Nel primo colloquio (la discussione ha inizio per caso mentre i tre amici attraversano su un battello la Neva), il conte si perizia di dimostrare che non è vera l'asserzione comune secondo cui le brave persone sarebbero in questa vita sfortunate e ai farabutti andrebbe invece sempre tutto per il meglio.
Questo colloquio contiene il famoso "elogio del boia".
Secondo colloquio
Si parla del peccato originale e dell'origine del linguaggio.
Terzo colloquio
Si parla del dolore e della malattia come castigo per disordini nell'ambito morale.
Quarto colloquio
Si parla dell'importanza della preghiera e del castigo divino. Si critica Voltaire.
Quinto colloquio
Si parla del rapporto fra materia e spirito e fra fisica e religione. Si ribadisce che ogni male provoca un castigo e che ogni castigo contribuisce a guarire il male che l'ha provocato.
Sesto colloquio
Si parla dell'importanza della preghiera e si critica aspramente il filosofo John Locke.
Settimo colloquio
Si fa un elogio del militare, si affronta il rapporto fra guerra e religione e si parla dei Salmi.
Ottavo colloquio
Si parla dell'utilità delle sofferenze, del Purgatorio e della supremazia della teologia sulla scienza.
Nono colloquio
Si parla della reversibilità delle sofferenze degli innocenti a favore dei peccatori (sull'esempio di quanto fece Cristo), di Seneca e dell'importanza della Rivelazione
Decimo colloquio
Si descrive come il male derivi dalla divisione, citando la torre di Babele e la Pentecoste, si parla della religione, della superstizione e delle indulgenze.
Undicesimo e ultimo colloquio
Si parla di illuminismo, esoterismo, illuminati di Baviera, della Sacra Scrittura, del Paraclito venturo, del protestantesimo e del sacerdozio cristiano. Infine i tre amici si congedano salutandosi affettuosamente e dicendosi addio.
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Note
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